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Recensioni

Saturnalia | Recensione (PC) | Una Sardegna horror disorientante

Tra i videogiochi italiani in uscita in questo periodo, Saturnalia è sicuramente uno di quelli che personalmente aspettavo di più: un titolo horror ambientato in Sardegna, dove leggende e miti del folklore isolano si mescolano a omicidi, racconti di vendette e passati oscuri, in un paesino fittizio di nome Gravoi dove scalinate e vicoli si intrecciano tra loro.

Santa Ragione, lo studio indie italiano che ha realizzato questo titolo, si è già fatto notare in passato nel panorama internazionale per il suo stile molto autoriale e sperimentale nel produrre videogiochi, come abbiamo già approfondito nell’intervista a Pietro Righi Riva, creative director di Saturnalia e fondatore dello studio.

L’anima indie di Santa Ragione si riesce a percepire anche nella fine degli anni ’80 rappresentati in Saturnalia, dove è possibile notare un bel sottotesto critico sociale e perfettamente attuale, trainato da un’atmosfera folk horror leggera ma fascinosa. Pur non essendo esente da difetti, Saturnalia si è rivelato un videogioco di grandissima ispirazione in grado di raccontare molto grazie a efficaci soluzioni narrative, stilistiche e ludiche. Il tutto, mostrando al giocatore le perfette dinamiche da paesino italiano, sebbene le sue prospettive siano distorte ed esagerate da un apparato horror.

Ho avuto il piacere di esplorare già le strettoie di Gravoi un anno fa, quando ho provato Saturnalia in anteprima per Player.it. Ora che Saturnalia sta per uscire su PC e console il 27 ottobre, mi è toccato addentrarmi negli anfratti più neri e oscuri del folklore sardo per circa una settimana.

A proposito di messe in scena, attenzione ad Halloween, perché per quel giorno ci sarà una piccola maratona di Saturnalia sul nostro canale Twitch.

Storie che si intrecciano

La storia di Saturnalia è un racconto corale, dove un gruppo di amici fortuiti si ritrova casualmente in vicende sedimentate nei loro passati. Anita, Paul e Sergio sono di stanza in un B&B nel paese di Gravoi, tutti e tre con differenti motivazioni.

Anita è una geologa che sta facendo ricerche nelle vecchie miniere del posto ma che è rimasta incinta del sacrestano, Paul è alla ricerca di informazioni sui suoi genitori che sembrerebbero averlo abbandonato anni fa, e Sergio invece è tornato a Gravoi per accudire il padre, ex minatore costretto a letto per le intossicazioni degli scavi in miniera. A loro, a un certo punto dell’avventura, si unirà anche Claudia, una ragazzina nata in questo posto ma allontanatasi per vicende che verranno chiarite più in là.

Il caso ha voluto che la loro permanenza a Gravoi coincidesse con la Festa di Santa Lucia, il 21 dicembre. Il nome “Saturnalia” deriva proprio dalle celebrazioni pagane che cadevano in quella data, per festeggiare il solstizio d’inverno, radicatesi nei secoli anche nella cultura sarda. Proprio quella notte leggende del folklore, pettegolezzi di paese, rapimenti ed omicidi si mescolano in un turbinio caotico mentre un mostro mascherato si aggira per il villaggio.

Per aiutarsi nell’esplorazione al buio, il giocatore può avvalersi di consumabili come i fiammiferi, cercando di conservarli con parsimonia perché sono presenti in quantità limitate. In più, ogni personaggio ha una sua abilità peculiare che spinge il giocatore a pensare bene chi utilizzare per i suoi spostamenti e le sue indagini: Anita ha una bussola, Paul è un bravo fotografo, Sergio ha un telefono satellitare, Claudia può infilarsi tra le inferriate dei cancelli.

Nelle sue 10-15 ore di gameplay, il giocatore si imbatte costantemente in game over quando perde tutti i personaggi a disposizione, ma una componente roguelite ben incastrata nell’architettura paesana permette di ricominciare le indagini mantenendo tutti i progressi di trama e gli oggetti chiave, mentre Gravoi ricombina la disposizione di edifici e di vicoli, cambiando completamente fattezze e disorientando sempre di più il giocatore. La Sardegna, decantata per le sue spiagge candide e i suoi mari limpidi, diventa in Saturnalia un incubo nero dal quale i personaggi non riescono a svegliarsi.

Il giocatore si ritrova a scappare costantemente da questa presenza mostruosa che si aggira per Gravoi, e nel tentativo di fuggire e di trovare risposte a quanto accade, i personaggi diventano dei detective al buio di un labirinto fatto di scale, vicoli, gallerie, persone e indizi. La proceduralità con cui Gravoi si rimescola ogni volta è un lavoro mutuato dai giochi da tavolo, e non a caso a questo sistema di gioco ci ha lavorato Lorenzo Silva di Horrible Guild, celebre casa editrice di board game.

Saturnalia non è un horror da jumpscare né da emozioni gore, piuttosto è un concentrato di ansia e disorientamento scandito da una narrazione che va avanti a rompicapi mentali, indizio dopo indizio, persona dopo persona, evento dopo evento. Per fare un paragone illustre, la sensazione di giocare a un titolo del genere è un po’ come vivere costantemente una centrale di polizia di Resident Evil 2, senza sparatorie, ma con un Mr. X sempre a qualche passo dai talloni del giocatore.

Intrigante anche la scelta di rendere procedurale la costruzione dei dialoghi tra i personaggi, generando il tutto in base al contesto dell’avanzamento di trama, delle persone presenti e del luogo in cui si trovano. A volte, tuttavia, si possono notare alcune incongruenze e bug in questo sistema di dialoghi, speriamo presto risolvibili con una patch al day one.

Congiunzioni astrali

Intrecci che diventano labirinti

In Saturnalia la narrazione è aggrovigliata all’architettura disorientante di Gravoi, e ai personaggi di gioco tocca sbrogliare la matassa. Il titolo accompagna il giocatore fin dall’inizio nello sciogliere i primi nodi di trama relativi ai personaggi, attraverso il menu degli indizi, un intrigante sistema di catalogazione e tracciamento dei progressi di gioco.

In questa schermata il giocatore viene a contatto con tutti gli elementi chiave della narrazione, chiamati nodi. Ogni nodo ha i suoi collegamenti, messi in evidenza nell’interfaccia qualora ci si concentri a estrapolare dettagli dalle informazioni che abbiamo. Nell’immagine sottostante, per esempio, ho selezionato l’icona-personaggio di Paul, e il menu mi ha messo in risalto 3 indizi e 1 personaggio a lui collegati.

Il menu degli indizi in realtà ha anche l’equipaggiamento

Il labirinto che troviamo fuori nelle strade e sotto le gallerie minerarie di Gravoi, e che scopriamo man mano che accumuliamo informazioni e indizi, si ripercuote su questa mappa concettuale fatta di iconcine collegate in maniera serpentesca tra loro, in un groviglio che diventa via via sempre più grosso e apparentemente caotico.

Questo tipo di rappresentazione degli indizi fornisce un nuovo tipo di approccio a narrazioni noir o d’indagine che sinceramente non ho mai visto in un videogioco. È una scelta che ho davvero apprezzato tantissimo per il suo stile grafico e per la meticolosa rappresentazione di diverse storyline, attuali e passate, che si intersecano continuamente tra loro.

Il grandissimo lavoro fatto sulla narrazione e sulla dislocazione di oggetti e indizi in giro per la mappa di gioco, viene enfatizzato dalla rappresentazione concettuale di questa mappa, la quale alimenta continuamente di curiosità e domande il giocatore perfino nelle battute finali.

Anzi, è proprio qui, con la mappa ormai satura di iconcine, che mi sono sentito un vero e proprio detective da B Movie, davanti alle sue lavagne di legno con gli indizi inchiodati e collegati da fili di spago, assorto nello studio di quel luogo o di quell’oggetto specifico per avanzare teorie sul mostro, cercare spiegazioni a determinati e venti e capire come fuggire da Gravoi.

Aprite spesso il menu degli indizi altrimenti vi trovate una schermata del genere e non sapete dove mettere le mani

Tuttavia questo sistema di tracciamento degli indizi ha anche i suoi limiti. Se da un lato rende lo studio delle informazioni qualcosa di più simile a un puzzle incentivando la curiosità e l’analisi, dall’altro lato costringe i giocatori a cercare di non perdersi nemmeno un cambiamento del menu, rompendo il ritmo di scoperta del singolo momento visto che alcune di queste informazioni si possono trovare nello spazio di qualche secondo mentre si gira per Gravoi.

Non aprire il menu dopo aver trovato 3 o 4 indizi di fila, potrebbe trovare il giocatore un po’ confuso nel vedere che la mappa concettuale si è espansa di una caterva di informazioni dislocate tra loro. Similmente, se si lascia il gioco in disparte per qualche periodo di tempo prolungato, è facile dimenticarsi delle informazioni ottenute, e quando si tornerà a guardare quel groviglio di nodi e simboletti potrebbe essere un’attività faticosa.

I miei consigli per godersi appieno la prima run di Saturnalia sono di avere un occhio di riguardo per la mappa degli indizi, di evidenziare sempre una missione da seguire per capire quali sono i nodi chiave collegati, e di non lasciar correre troppo tempo tra una giocata e l’altra.

Disperso a Gravoi

La vera protagonista di Saturnalia è Gravoi, città fittizia inventata da Santa Ragione dopo intensi studi effettuati sul territorio sardo negli anni passati. Gravoi nella sua staticità, nella sua ripetitività e nella sua piccolezza, riesce comunque a raccontarsi in maniera eccellente.

Ho già avuto modo di raccontarlo nell’anteprima di Saturnalia e nell’intervista al suo director, ma una cosa che mi ha sempre colpito della Sardegna fin dalle estati passate nella mia infanzia in questa regione, era che tutti quei paesini in cui passeggiavo avevano vicoli strettissimi, scalinate a caso, ed edifici l’uno sopra l’altro. Gli stessi interni delle case avevano strane geometrie e scale in giro, anche sullo stesso piano di appoggio.

Vi giuro che i paesini sardi sono esattamente così

L’identità sarda di Gravoi, chiaramente riconoscibile anche nella sua estetica, è portata all’estremo da Santa Ragione, grazie all’importante contributo della scenografa teatrale Marta Gabas. Il suo apporto al progetto ha estremizzato i connotati dei paesini sardi allungandone le forme e spegnendone i colori, traendo dichiaratamente ispirazione dalla corrente espressionista tedesca del cinema (film come il Dottor Caligari o Nosferatu per intenderci).

Il risultato è che Gravoi risulta un luogo disorientante già prima che il paese rimescoli le sue fattezze per i game over. L’unico modo per trovare la retta via è affidarsi alla flebile luce dei fiammiferi, alle mappe turistiche sparse in giro che fanno tenere a mente una posizione per un determinato periodo di tempo, e alle abilità dei singoli personaggi… sempre che li abbiate ancora a disposizione.

Riuscite a vedere quella sagoma incatenata sul fuoco lì in fondo?

L’estetica di Gravoi stupisce e intrattiene per la maggior parte del tempo, ma arriverà per forza di cose un momento in cui le geometrie semplici dei modelli 3D cominceranno un po’ a stancare nella loro continua ripetizione. Il trucco è continuare a farsi coinvolgere dalla trama in perenne disvelamento.

A mantenere questo incanto estetico, ci pensa sicuramente un comparto tecnico-grafico davvero molto particolare: il rendering e l’illuminazione degli asset di gioco non sono applicati normalmente alle texture, altresì sono spalmati in post-produzione sulle superfici 3D a una velocità di circa 12 FPS mentre tutto il mondo attorno e i movimenti di camera scorrono fluidi.

In questa maniera, l’effetto che si crea è un po’ come guardare un vecchio film in bianco e nero dove però la pellicola viene colorata proprio nel momento in cui la guardate proiettata. Questa tecnica, unita a una saggia scelta di colori violenti e ombre fatte di tratteggi neri grossi e trascinati, dona un carattere intrigante da fumetto noir all’intera opera.

Un ulteriore grado di immersione nel caos di Gravoi viene offerto dal lavoro svolto sui suoni. In assenza di doppiaggio e di espressioni facciali, Santa Ragione ha scelto di comunicare le emozioni e i cambi di atmosfera di Saturnalia con lampi di colore, ma anche con suoni diegetici ed extra-diegetici che accompagnano continuamente il giocatore nelle sue fughe e nelle sue scoperte. Così i sonagli e i campanacci ci avvisano della vicinanza del mostro, violini tesissimi ci avvisano di un inseguimento forsennato, mentre il suono delle campane e gli squilli dei telefoni ci riportano ad attimi di attesa.

Una Sardegna nera e oscura

Siamo autori che vogliono raccontare storie legate al territorio e alla propria cultura. Questo deriva sia da esigenze di sensibilità personale, sia da un senso di responsabilità: bisogna condividere le storie dei nostri genitori, dei nostri luoghi, perché se non le raccontiamo noi, chi le racconterà più? E poi c’è anche la pura curiosità nello scoprire e nel fare ricerca sulle nostre radici.

Un estratto dall’intervista a Pietro Righi Riva

L’identità sarda del gioco si percepisce ovviamente anche da tutti i riferimenti al folklore e alla cultura della Sardegna, che sia da un banale FORZA CAGLIARI scritto su un muro, o che si tratti della creatura maligna antagonista di Saturnalia, chiaramente ispirata ai Mamuthones, esseri mascherati vestiti di pellicce nere e pieni di campanacci sulla schiena.

A proposito dei Mamuthones, devo raccontarvi un aneddoto…

Come potete notare dalle immagini qui in basso, Santa Ragione ci ha donato un’edizione particolare di Saturnalia, con maschera artigianale del mostro, artbook del gioco e vinile della colonna sonora. Quando è arrivato il pacco a casa e ho preso in mano la maschera, mia madre che non conosce assolutamente nulla né di Saturnalia né di qualunque altro videogioco esistente sulla faccia della Terra, l’ha presa in mano, l’ha guardata e mi ha detto: “Sembra la maschera di un Mamuthones, ti ricordi quando li abbiamo visti in Sardegna? Forse eri troppo piccolo.

Si ringrazia Franz Sangiovanni e lo studio Octa per le foto

Risvolti horror della mia vita a parte – ero effettivamente troppo piccolo per ricordarmi una cosa del genere – sono rimasto letteralmente senza parole dallo scoprire che l’identità sarda di alcune componenti di gioco è talmente forte da riuscire a farsi notare anche a chi di videogiochi non ne mastica assolutamente nulla.

Tutto ciò è stato possibile anche grazie alla partecipazione della Fondazione Sardegna Film Commission, di solito impegnata a finanziare progetti cinematografici ma che in questo caso non ha saputo resistere alle idee di Santa Ragione (e come non darle torto!). Visto che stiamo parlando di collaborazioni, vanno menzionati anche i dialoghisti Chris Remo (Firewatch, Half Life Alyx) e Nick Breckon (The Walking Dead), nonché Nicolò Sala, UI designer che ha lavorato al già decantato menu degli indizi ma anche autore della splendida colonna sonora folk assieme a Roberta Valle, una cantante d’opera.

La cosa che mi ha stupito di più di Saturnalia è la naturalezza con cui Santa Ragione ha incastrato in Gravoi il folklore sardo, l’italianità e immobilità dei paesini in cui si vive di pettegolezzi e pregiudizi, ed elementi mutuati da film e giochi da tavolo, riuscendo comunque a lanciare qualche sassolino come critica sociale.

In Saturnalia il genere horror e le componenti roguelite fanno da tetra cornice a eventi passati che hanno segnato la storia della Sardegna e dell’Italia, ma che restano attuali strumenti di giudizio dal respiro internazionale e moderno nonostante siano filtrati da racconti fittizi.

Mentre il giocatore cerca di capire chi si nasconda sotto la maschera del mostro di Saturnalia, e mentre si diverte a districarsi tra labirinti 3D al buio e grovigli mentali fatti di indizi e persone, arriverà un momento in cui non farà altro che chiedersi anche quanti altri mostri ha incontrato lungo il suo cammino nelle stradine buie di Gravoi.

This post was published on 27 Ottobre 2022 17:00

Alessandro Colantonio

Game designer in erba e chitarrista a tempo perso. Nasce all'ombra del Vesuvio nel 1991, muove i suoi primi passi nel mondo dei videogiochi su un Windows 95 all'età di 5 anni, e diventa presto un Allenatore di Pokémon. Bazzica tra radio web e band durante i suoi studi universitari tra Napoli, Roma e Milano, si parcheggia nella fan-community di Pokémon Milennium dove instaura il suo regime dittatoriale da caporedattore, costruendo una macchina da recensioni e contatti e diventando inconsapevolmente PR. Oggi, oltre a prestare le sue dita a Player.it per articoli, recensioni e approfondimenti, figura anche come streamer di Twtich, content creator di TikTok e PR abusivo. I suoi generi preferiti sono i gestionali, gli strategici, i tattici e i GDR. Ma essendo un accumulatore seriale di videogiochi, cerca sempre di giocare ogni titolo che gli capita sotto mano. Ha una perversione per le pratiche fandom, i cani e la birra artigianale. Adora D&D, va in ira e carica.

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