Capcom ci sta viziando con remake, nuovi capitoli e contenuti aggiuntivi che permettono ai suoi giochi di avere vita più lunga di altri single player. Con Resident Evil VII Capcom aveva già mostrato questa sua propensione al supporto a medio termine dei suoi giochi con un buon numero di DLC sia narrativi sia di stampo più giocoso e scanzonato.
Ora è arrivato il momento di Village, l’ottavo capitolo continua il suo ciclo vitale grazie alla Gold Edition che contiene la Winters’ Expansion, una serie di contenuti aggiuntivi che accontentano un po’ tutti. In essa sono presenti il DLC narrativo Le Ombre di Rose, la modalità in terza persona e nuove missioni per la modalità Mercenaries.
La modalità in terza persona, in modo particolare, è stato un colpo di coda niente male da parte di Capcom perché ha esaudito il desiderio di migliaia di giocatori (forse milioni?) di voler tornare a giocare un Resident Evil in terza persona (a parte i remake) ora che lo standard della serie e dei survival horror moderni è la visuale in soggettiva. Analizziamo questa Winters’ Expansion in ogni sua componente.
Avviso: se non avete mai giocato Resident Evil: Village e volete sapere com’è il gioco base, potete leggere la nostra recensione pubblicata ai tempi dell’uscita del gioco. Sarebbe inutile ripetersi, in questo articolo andiamo ad esaminare esclusivamente i contenuti della Gold Edition. Infatti, la terza persona non cambia il gioco nella sua essenza, ci sono le stesse aree, gli stessi enigmi, gli stessi nemici. È solo un cambio di visuale.
All’avvio di una nuova partita, ci viene chiesto di scegliere tra prima e terza persona, inoltre il gioco ci dà un importante avviso: la terza persona riguarda solo il gameplay, non le parti narrative. Insomma, le cutscene rimangono in prima. Capcom ha optato per questa saggia scelta per non dover rifare le scene con un Ethan in bella vista, tra l’altro la visuale in soggettiva in molte situazioni narrative del gioco (gli incontri con Alcina Dimitrescu, ad esempio) risulta non bisognosa di una modifica in tal senso.
La terza persona di RE: Village risulta fin da subito non un cambio rabberciato tanto per accontentare gli irriducibili del vecchio corso, d’altronde questa deve seguire il nostro gameplay per tutta la durata del titolo, non solo per poche porzioni. Pertanto, si nota il grande impegno profuso da Capcom per offrire un’esperienza che possa sembrare nativa in terza persona: obiettivo riuscito.
La telecamera dà forti vibes di Resident Evil 2 Remake, con questa più lontana rispetto alle spalle di Ethan e spostata verso destra, cosa che permette di non avere lo schermo occluso né in fase di esplorazione né durante il puntamento delle armi. Le animazioni del protagonista sono state riviste per non incappare in movimenti buffi o semplicemente buggati visto che in soggettiva certe animazioni possono risultare più sbrigative e dato che il giocatore deve solo eseguire l’azione, non vederla compiere dal personaggio.
In terza, invece, l’animazione deve essere completa, pienamente reattiva e visivamente appagante nel momento in cui il giocatore impartisce il comando. Entrando più nello specifico, la terza persona è impeccabile durante l’esplorazione libera del villaggio o dei luoghi caratteristici dell’avventura, come il castello Dimitrescu e le paludi di Moreau, e durante la mira perché non toglie nulla all’esperienza di chi lo ha giocato in prima persona in precedenza. Un nuovo giocatore, invece, avrà i déjà-vu dei capitoli nati in terza persona. Inoltre, le opzioni che avevamo prima, le abbiamo anche adesso, come la mira assistita, il livello di oscillazione, il colore del reticolo. Nulla è cambiato, dipende solo da ciò che si preferisce.
Dove forse la visuale in soggettiva rende meglio è durante le fasi di fuga. In Village, ci sono sezioni in cui Ethan sarà obbligato a scappare, azione che in soggettiva risulta più naturale e, in un certo senso, più ansiogena. Si tratta anche di abitudine e gusti, poiché gli horror moderni ormai hanno dinamiche comuni tra di loro, una delle quali è, appunto, la fuga in soggettiva. Basti pensare ad Outlast, Amnesia e a tutti quegli horror che omaggiano P.T. per farsi un’idea di come l’horror ci abbia abituati a un certo modo di compiere un’azione.
Se parliamo di abitudine, vanno spese due parole anche su altri elementi che potrebbero far preferire la prima persona. All’inizio del gioco, dopo la parte ambientata nella nuova casa di Mia ed Ethan, dovremo muovere i primi passi nella neve, in un luogo impervio e avvolto dall’oscurità. Sarà la nostra percezione che è cambiata negli anni, ma facendo un confronto tra le due visuali, quella camminata ci è sembrata maggiormente d’atmosfera in prima. Ribadiamo, va a gusti, non è un criterio universale.
La sezione, però, particolarmente sensibile al cambio di visuale è quella che ha luogo in casa Beneviento. Probabilmente, è il segmento dell’avventura di Capcom ad essere rimasto maggiormente impresso nella mente dei giocatori perché propone uno stile completamente differente dal resto del gioco, tanto da venir considerato esso stesso un omaggio al playable teaser di Silent Hills sviluppato da Kojima. Nei titoli horror del sottogenere P.T.-like, è dato ormai per scontato che ci si debba muovere in soggettiva, quindi anche in questo caso potremmo essere di fronte alla forza dell’abitudine che ci fa preferire la prima persona. In terza, l’effetto horror potrebbe sembrare ridimensionato, ma la prova del nove devono farla coloro i quali non hanno mai giocato a Village e non sanno a cosa stiamo alludendo.
Come vedete, non possiamo certo dire cosa sia meglio e non è questo lo scopo. Questa è una recensione e una recensione deve rispondere, tra le altre, a una domanda: ciò che abbiamo giocato funziona? Ebbene, la terza persona di Resident Evil: Village è solo un altro modo per di vivere questa esperienza, altrettanto divertente e funzionale. Il gioco, in linea generale, non perde il suo fascino e rimane di altissimo livello.
Shadows of Rose è il completamento e la fine dell’arco narrativo che ha visto protagonista la famiglia Winters. Il DLC ci fa vestire i panni di Rosemary, figlia di Ethan e Mia, ormai diventata un’adolescente con qualche problema in più rispetto alle ragazze della sua stessa età. Per lei socializzare a scuola non è mai stato semplice, la sua esposizione alla muffa è visibile sul suo corpo, cosa che la rende bersaglio facile delle cattiverie degli altri ragazzini.
Rose, confrontandosi con uno dei membri dell’organizzazione di Chris Redfield, viene a sapere dell’esistenza di un oggetto dalle proprietà tanto potenti da arrestare gli effetti della muffa fungina ed eliminare ogni traccia dei suoi poteri da essa derivati: il cristallo purificante. Per riuscire a trovarlo è necessario utilizzare il frammento di Megamicete, l’organismo che ben conosciamo fin dal settimo capitolo in grado di catturare la coscienza di chi entra in contatto con esso.
Sembra davvero l’ultima opportunità per Rose di avere una vita normale, così la ragazza decide di “entrare nel mondo” del Megamicete, in tutti i sensi. Infatti, toccando il frammento è come se si entrasse in un’altra dimensione composta dalle coscienze dei malcapitati che hanno avuto la sfortuna di averci a che fare. Rose si ritrova dapprima in una specie si prigione sotterranea in cui incontra una ragazza del tutto uguale a lei e da cui è costretta a scappare per l’arrivo di creature orrendamente mutate dalla muffa. Rose non può fare altro che proseguire alla ricerca del cristallo.
La base narrativa di Shadows of Rose è molto old school, sembra quasi arrivare da un gioco di ruolo giapponese in cui il protagonista parte per un lungo viaggio alla ricerca di un oggetto che può cambiare le sorti dell’umanità. La storia, ovviamente, si riempie di contenuti man mano che si avanza, anche se la sua ridotta durata (circa 3/4 ore), in linea con i DLC narrativi che di solito rilascia Capcom, non permette di approfondire alcuni punti. Uno di questi è rappresentato dalla figura del Duca, un personaggio che dimostra di essere ben più di un semplice mercante. Ne Le Ombre di Rose vediamo il Duca sotto tutto un altro punto di vista, tuttavia la sua caratterizzazione non ci è sembrata completa al cento percento.
Un elemento narrativo particolarmente interessante è la presenza di un’entità che aiuta Rose nella sua avventura. Questa di tanto in tanto si manifesterà sotto forma di luce lasciandoci dei messaggi e facendoci trovare delle risorse extra. In Resident Evil tutto è giustificato dalla pseudoscienza e dalla fantamedicina che compongono la lore della serie, pertanto anche la presenza di questa entità viene spiegata. Lì per lì, però, potrebbe sembrare qualcosa di sovrannaturale che stona con il contesto del gioco.
In soldoni, l’esperienza del DLC non si discosta da quella avuta nell’avventura principale con Ethan come protagonista. Rose è impegnata a esplorare, trovare oggetti e sparare come da tradizione, mentre si muove in ambienti che i giocatori hanno ben presenti nella loro memoria. La riproposizione delle ambientazioni del gioco base fa sì che non ci si senta spaesati, anche se in un horror forse dovrebbe accadere, ed è altresì giustificata dalle proprietà del Megamicete. Rose deve esplorare quegli scenari perché condivide, in un certo senso, con i suoi genitori la conoscenza di quei luoghi.
Le meccaniche fondamentali sono dunque rimaste invariate, ma ne è stata aggiunta una specifica per i poteri di Rose. Con il tasto R1, è possibile incanalare il potere di Rose e sprigionarlo per distruggere gli sclerozi, dei bulbi di muffa simili a delle piante che ostruiscono il passaggio. Questo potere ha effetti anche sul combat system, ma in modo fortunatamente marginale, permettendoci di rallentare i nemici per prendere meglio la mira e di respingerli in caso di venissimo stretti dalle loro grinfie. Diciamo “fortunatamente” perché la preoccupazione di alcuni fan è che il potere di Rose potesse essere così potente da trasformare RE: Village in Control o addirittura in Prototype. Non è così.
I DLC narrativi di RE: VII erano nettamente più fuori dagli schemi rispetto all’avventura base, soprattutto La fine di Zoe in cui il protagonista, il fratello di Jack Baker, prendeva letteralmente a cazzottoni le creature. Con Shadows of Rose, invece, Capcom è riuscita a non cadere nel ridicolo, offrendo un’esperienza di buon livello. Avremmo preferito qualche puzzle in più, e invece, a parte due enigmi molto basici, il gioco risulta abbastanza lineare, complice anche il fatto già citato della conoscenza pregressa degli scenari.
La modalità Mercenaries di Resident Evil: Village si amplia con nuove missioni e nuovi personaggi. Oltre a Ethan, i giocatori possono selezionare, Chris e, dopo averli sbloccati, due villain del gioco: Karl Heisenberg e Alcina Dimitrescu.
Mercenaries è una sequela di aree che vanno completate nel minor tempo possibile uccidendo il maggior numero possibile di nemici che arrivano a orde. Si tratta di una modalità non certamente nuova per la serie, la prima volta è infatti apparsa in Resident Evil 3: Nemesis. Si parte dalla stanza del Duca in cui è possibile fare rifornimento e una volta usciti è nostro compito ripulire l’area con i mezzi a nostra disposizione entro un tempo massimo.
Nelle aree, sono presenti sfere gialle e sfere blu con cui interagire durante la battaglia: le prime aumentano il tempo a disposizione, le seconde sbloccano delle abilità accumulabili di stage in stage. Ogni personaggio, inoltre, ha una propria abilità speciale che può essere scatenata al riempimento di una barra con la pressione simultanea di L1 e R1. Chris, ad esempio, entra in modalità Furia durante la quale è più veloce e potente. Più siamo veloci a terminare uno stage, più alta sarà la ricompensa, come nuovi livelli, nuovi personaggi e risorse aggiuntive.
Mercenaries è quel che è: un modo per buttarsi nella mischia sfidando noi stessi e gli altri. Si tratta della classica modalità da endgame in cui divertirsi dopo aver visto tutto del gioco, per fare qualcosa di diverso, senza fronzoli. Con gli Additional Orders, Capcom ha ampliato un’offerta ludica che, se vi ha intrattenuto negli anni precedenti, continuerà a farlo grazie all’introduzione di due personaggi particolarmente adatti alla carneficina come Alcina e Heisenberg, mentre non vi dirà poi molto, se non per qualche partita rapida, se non avete mai avuto il piacere di vivere un’esperienza action caciarona nell’universo di Resident Evil.
La Winters’ Expansion contenuta nella Gold Edition di Resident Evil: Village amplia tantissimo l’offerta ludica del gioco di Capcom. La terza persona è un’aggiunta gradita da tutti coloro che sono rimasti orfani della visuale usata nei capitoli classici della serie, è inoltre un’opportunità, per chi non lo ha mai giocato, di vivere l’esperienza di Village nel modo che meglio si preferisce senza avere una conoscenza pregressa del gioco. Il contenuto più succulento dell’espansione è senza dubbio Shadows of Rose, il DLC narrativo con protagonista la figlia di Ethan e Mia, La nuova campagna è in linea con l’avventura base sia stilisticamente sia nelle meccaniche e risulta un completamento più che degno e coerente della saga dei Winters. Mercenaries – Additional Orders è invece un’ulteriore aggiunta che può far piacere a chi questa modalità la gioca abitualmente.
This post was published on 24 Ottobre 2022 17:00
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