Francia, 1349… o Italia, 2022? Non fa poi molta differenza. Estesa su ogni dominio dell’uomo, ma situata da nessuna parte, la cattedrale del sapere, conosciuta come Eternumnet è la casa di milioni di fedeli che ogni giorno vanno alla ricerca del proprio credo.
Noi Mosaicisti, ad esempio, crediamo nella Grande Redazione, un triumvirato di entità che ci affida il compito di portare a chi verrà le grandi storie e le esperienze di cui ci fa dono. Per anni ho posato innumerevoli mosaici (o recensioni come piace chiamarli a chi verrà) in modo che diventassero parte integrante dell’Eternumnet.
Alcuni sono ancora lì, luminosi come un tempo. Altri invece sono nascosti da strati di polvere, ormai dimenticati in qualche nicchia della cattedrale. E ce ne è persino qualcuno che è stato raschiato via per far spazio a opere moderne. Nonostante questo però ho sempre portato a termine la posa di ogni mia opera, lavorando anche di notte se necessario.
Questa volta però non riesco a trovare le tessere per concludere la recensione di A Plague Tale: Requiem. Ma vi prego, lasciatemi raccontare…
Correva l’anno 1348 (o 2019 come preferite) e Asobo Studio narrava le gesta di Amicia De Rune in una Francia devastata dalla piaga. All’epoca, l’avventura di Amicia fu qualcosa di inatteso, tanto che nessuno nella cattedrale avrebbe mai pensato di dedicargli un posto nella navata centrale. Eppure Asobo Studio stupì tutti, creando un’epopea dark fantasy medievale che non solo si guadagnò quel posto, ma riuscì anche a crearsi un posto nel cuore della gente.
Proprio per questo motivo, l’annuncio del ritorno delle avventure di Amicia è stato accolto con grande trepidazione dai fedeli di tutto il mondo, me compreso, che per l’occasione ho deciso di tornare dopo anni di inattività al mio ruolo di mosaicista. Come sempre, avevo portato con me i miei ciottoli colorati e la cera, per incollare e rifilare le tessere, ma devo ammettere di essere stato troppo frettoloso. Quello che mi sono trovato davanti non meritava ciottoli e cera, ma tessere d’oro e d’argento, ceramiche pregiate e marmi dai colori più brillanti.
La prima avventura di Amicia era intrappolata in una patina di oscurità e sporco che soffocava i personaggi, ma anche le potenzialità del gioco. Come se ogni cosa fosse ricoperta da una cenere persistente che era impossibile da soffiare via. In Requiem la cenere se ne è andata, rivelando paesaggi molto più ampi, luminosi e dettagliati di quanto visto in passato e di quanto si vede ora nelle varie esperienze che ci vengono vendute come “next-gen”.
Nella posa qualche tessera del mosaico si è incrinata e non è riuscita ad inserirsi precisamente in quadro, ma si tratta di piccolezze che non vanno ad intaccare la bellezza generale dell’opera. Permettetemi di usare un po’ di gergo del domani per spiegarmi meglio: ci sono piccoli problemi di compenetrazione dei modelli poligonali, alcune animazioni poco rifinite e legnose (come ad esempio quella della corsa) e il riciclo, a tratti eccessivo, di alcuni PNG di sfondo.
Nel complesso però mi sono trovato davanti ad un livello grafico mostruosamente elevato, che farà sicuramente sfigurare qualsiasi altro mosaico dell’Eternumnet e che su PC (io l’ho testato su Series X con TV Samsung 4K OLED a 120 Hz) raggiunge gli 8K.
Un plauso particolare va alla gestione della luce, che mostrava le sue potenzialità già nel primo episodio, ma che in Requiem esplode, come i vasi incendiari lanciati da Amicia, rifrangendosi su ogni tipo di superficie e restituendo a chi guarda un effetto reale. Per inserire nel mosaico gli occhi dei personaggi della storia ho infatti dovuto usare i vetri più pregiati in commercio perché i loro sguardi risultano estremamente veritieri, lucidi e vivi. Così come appare realistica la loro risposta visiva al fuoco, alle emozioni e a qualsiasi altro stimolo.
Le ambientazioni sono poi il tocco di classe. Mai mi ero trovato ad usare tante tessere tanto pregiate per comporre panorami di questa bellezza. La Provenza è un emozionante ed evocativo microcosmo di colori e suoni. Ci sono decine e decine di ambientazioni diverse, con dettagli che fanno la differenza in ogni angolo. Dal fiore più piccolo alla città più grande ogni cosa è stata realizzata per catturare l’occhio: montagne, porti, mari, campi sconfinati, castelli in rovina, grotte perdute o villaggi devastati dal fascino della distruzione. Persino ambienti che si visitano per una manciata di secondi hanno sempre qualcosa da regalare.
Nelle zone popolate da più PNG si nota però una mancanza d’interazione: sembra quasi di girare all’interno di uno splendido dipinto di epoca medievale (o di un mosaico visto che ci siamo) e allo stesso tempo essere il visitatore del museo che lo ospita. Si può ammirare tutto, ma non si può toccare niente. E ogni tanto si inciampa anche in qualche brutto muro invisibile che poteva essere evitato con qualche accortezza in più.
Nonostante queste piccole incertezze, credo comunque di poter affermare a gran voce che A Plague Tale Requiem è la prima vera grande esperienza next-gen che giunge ai nostri occhi! Un lavoro visivo colossale che vi farà perdere ore nella modalità foto.
Se siete arrivati sin qui avrete sicuramente letto che il mosaico presenta delle piccole incrinature e alcune tessere più grossolane, ma niente che tutto sommato mi abbia impedito di continuare la mia opera. Dopo aver inquadrato i personaggi in paesaggi più ampi e più strutturati, Asobo ha ampliato l’esperienza anche per quanto riguarda il gameplay, un’altra parola del domani ma che sono sicuro non faticherete a comprendere, come il discorso che segue.
Ancora una volta il confronto con Innocence è necessario. Il primo capitolo aveva un gameplay “povero” e su binari davvero ristretti che permettevano un minimo di variazione solo durante le fasi stealth. Nelle sezioni con i ratti, Amicia doveva risolvere enigmi ambientali per proseguire usando la fionda e le abilità fornite dall’Alchimia. Nelle sezioni con le guardie invece si doveva andare da un punto A a un punto B possibilmente senza farsi vedere dai nemici. Non c’erano vere e proprie fasi di combattimento, ma una sorta di fasi stealth ibride dove tutto quello che si poteva fare era mettere fuori gioco le guardie.
In Requiem il tutto è stato ampliato, ma soprattutto, ripensato. Il level design pone il giocatore in ambienti più grandi che offrono numerose possibilità di avanzamento e luoghi in cui nascondersi, il tutto senza fastidiosi indicatori che mostrano dove andare o cosa fare. La sensazione di ripetitività che si avvertiva nel primo episodio è completamente scomparsa nel secondo capitolo.
La scelta su come affrontare una determinata sezione ora non è più imposta dal gioco, ma decisa dal giocatore. Si potrà procedere in maniera stealth, combattere sfruttando un parco armi molto più profondo del primo episodio, approfittare di numerosi vantaggi offerti dall’alchimia o un mix di queste possibilità. Non esiste più infatti una sola soluzione per procedere ma tante metodologie che rendono ricca l’azione.
Volete attirare delle guardie tra la paglia secca e poi usare l’Ignifer per bruciarle insieme al cespuglio? Potete farlo! Volete colpire a morte tutti i vostri nemici rimanendo nell’ombra e sfruttando erba alta, carri e altri ripari per nascondervi? Potete fare anche questo! E potete persino affrontare i nemici a viso aperto, contrattaccando e piantandogli una freccia nel costato. Le possibilità offerte da Requiem su questo sono davvero interessanti così come risulta interessante l’albero abilità di Amicia.
Requiem è un gioco che finalmente dice addio ai classici punti exp o ad oggetti specifici per potenziarsi. Sceglie invece di puntare tutto sullo stile di gioco, d’altronde il metodo migliore per diventare bravi in qualcosa è fare pratica. Quindi, ogni volta che userete l’alchimia per superare le sezioni di combattimento, il parametro alchimia salirà abbassando il costo di risorse per creare munizioni alchemiche e facendo diventare Amicia più veloce nella creazione. Ogni volta che supererete un’area senza farvi notare da nessuno, diventerete più silenziosi, più veloci e potrete tendere agguati agli avversari. Mentre se sceglierete di combattere ogni avversario aumenterete le vostre statistiche di combattimento, diventando più resistenti agli attacchi.
In Requiem infatti Amicia non perirà più appena colpita dai nemici, anzi potrà rialzarsi e contrattaccare. Se il nemico è senza elmo dopo un contrattacco potrà anche strangolarlo con la fionda oppure attaccarlo con un coltello, a patto di averne uno. Alle abilità alchemiche viste nel primo episodio – Ignifer, per creare il fuoco e bombe incendiare, Odoris, per attirare i ratti ed Extinguis per spegnere le fiamme – si aggiunge quella di poter creare proiettili e vasi di Catrame. Questo composto chimico crea della zone incendiarie che serviranno sia ad incendiare gruppi di nemici che ad allontanare i ratti.
Come armi invece, oltre alla classica fionda col sistema di mira guidato, si aggiunge anche la balestra capace di eliminare i nemici semplici in un colpo solo, mentre quelli corazzati vanno prima privati di armatura a fiondate. Le frecce della balestra possono poi essere combinate con tutti i proiettili alchemici visti sino ad ora creando delle soluzioni di combattimento ancora più esplosive.
Il sistema di selezione armi e combinazione con i vari proiettili, che nel primo capitolo risultava poco curato, specie per cambiare proiettili in fretta, in Requiem diventa estremamente fluido, tanto che con le frecce direzionali si possono persino combinare proiettili e armi senza entrare nel menù. Il sistema di potenziamento delle armi invece rimane invariato con i classici banchi di potenziamento per migliorare armi e proiettili a patto di avere le risorse necessarie. Anche su questo fronte i miglioramenti sono stati notevoli visto che nel primo episodio la gestione delle risorse nel gioco lasciava spesso il giocatore o con troppo o con poco, impedendo di fatto di potenziare a dovere il proprio armamentario. In Requiem invece è stata inserita una risorsa apposita, chiamata Rottami, che serve esclusivamente al potenziamento delle armi e dei banchi chiusi da un lucchetto, da rompere con un coltello, che contengono Rottami aggiuntivi. Volendo muovere una piccola critica lato potenziamenti, li ho trovati leggermente sbilanciati perché, già dai primi capitoli, è possibile sceglierne un paio che permettono di fare a meno dei banchi e degli strumenti di potenziamento semplificando parecchio l’esperienza.
Persino il più grande mosaico non può reggere su un solo personaggio, ma ha bisogno di eroi secondari di alto livello. Ecco quindi che ad Amicia si affiancano dei coprotagonisti con abilità uniche e molto più profonde di quelle viste in Innocence. Lucas l’alchimista, vecchia conoscenza del primo episodio, torna anche in Requiem e diventa un aiuto fondamentale capace di stordire le guardie con il suo Extinguis. Arnaud invece offrirà la sua spada, e il suo scudo, sia per risolvere enigmi ambientali sia per combattere a singolar tenzone i nemici più forti. Sophia, è il compagno più interessante a livello di abilità. Grazie ad un particolare prisma è in grado di riflettere la luce delle fiamme creando delle zone di luce per far proseguire Amicia in mezzo ai ratti come se reggesse una torcia.
Il piccolo Hugo, anche se non potrà essere controllato direttamente come Amicia, diventa ancora più protagonista di quanto non lo fosse già nel primo capitolo. Hugo infatti può controllare i ratti, guidarli attraverso le ambientazioni e sfruttarli per eliminare i nemici. Ci sono sezioni in cui le abilità alchemiche di Amicia possono essere sfruttate per spegnere le torce e creare un “tunnel d’ombra” per i ratti. In questo modo le abilità di controllo di Hugo potranno scatenare la piaga contro gli avversari. Hugo può anche sfruttare il suo legame con i ratti per individuare i pericoli nelle vicinanze (topi e nemici) che rimangono evidenziati per alcuni secondi anche attraverso le pareti.
Nonostante il gameplay sia stato notevolmente migliorato, ampliato e affinato – anche con una mappa aperta che può essere esplorata in lungo e in largo e in cui risiede uno degli enigmi più interessanti del gioco – alcune idee sono come rimaste a metà. Ci sono infatti delle offerte ludiche inserite come per aumentare il numero delle cose da fare e che non hanno occasione di essere portate veramente al massimo del loro potenziale. È il caso, ad esempio, della sezione con il falconiere in cui Amicia deve scappare, di riparo in riparo, evitando il letale falco del nemico. Si tratta di una sezione che viene introdotta con tanto di tutorial, una di quelle cose che poi è lecito aspettarsi potenziate nelle fasi più avanzate del gioco, ma che invece non ritorna.
Quella del falconiere però non è l’unica idea a dare questa sensazione. Ci sono infatti anche alcune meccaniche che hanno poco spazio di manovra e che, oltre alla sezione in cui vengono inserite, sembrano non trovare il giusto tempo per esprimersi (a meno di non ricominciare l’avventura che stavolta è dotata di un NG+). Il gioco dura circa 18 ore e può arrivare alle 25 se volete esplorare ogni zona alla ricerca dei collezionabili (piume, souvenir e fiori). Tutte queste idee a metà danno però la sensazione che doveva esserci qualcosa di più che invece è stato condensato e ridotto all’osso lasciando solo un vago sentore di ciò che poteva esserci. Una sensazione di incompiutezza che si ritrova anche nella storia.
Siamo ormai giunti alla fine del mosaico e al motivo per cui sono ancora qui senza riuscire ad inserire gli ultimi tasselli. Molti di voi saranno rimasti straniati dal fatto che ho inserito la storia solo come ultimo paragrafo di questo racconto, ma come in ogni mosaico che si rispetti la storia arriva per ultima, tassello dopo tassello, dopo il colpo d’occhio e la tecnica di messa in posa.
Le gesta di Amicia raccontate in Requiem partono l’anno successivo a Innocence. Ci troviamo sempre in Francia, nella Provenza del 1349. Hugo, Amicia e la loro madre Beatrice, insieme al giovane alchimista Lucas, stanno vivendo dei mesi di pace anche se le ferite dei traumi di Innocence hanno lasciato cicatrici profonde. La Macula però è sempre in agguato nel sangue del piccolo Hugo e sempre più difficile da contenere. Scappare di luogo in luogo non fa altro che far diffondere più rapidamente la piaga e i suoi untori, i topi, collegati alla malattia di Hugo. Serve una soluzione e in fretta. L’ordine degli alchimisti propone una prigione contenitiva per limitare i danni, ma Hugo ha la visione di un’isola con una fonte in grado di curarlo. Sogno? Follia? Amicia non se lo domanda nemmeno e sfugge alla madre pur di portare il fratello su questa misteriosa isola, sempre che esista.
Per non rovinarvi altre sorprese mi fermo qua, ma vi posso dire che la storia del gioco è una caccia al tesoro oscura, infestata dalla corruzione della malattia e da quella che alberga nell’animo umano. Il livello di scrittura della trama è altissimo come quello dei personaggi.
Amicia è una protagonista vera, piena di conflitti interiori e coinvolgente, molto differente dalla ragazzina messa alle strette di Innocence. È stanca e arrabbiata. Ha perso l’innocenza del primo gioco e ormai non uccide più perché è costretta o per difendersi ma lo fa per vendetta. Un sentimento che la consuma, che la fa stare male e che man mano arriva a consumare anche suo fratello Hugo, già divorato dalla Macula.
Come anticipato però lei e il fratello non sono i soli eroi di questo grande mosaico. C’è anche Arnaud, conosciuto come “Il Muro”. Una vittima e, allo stesso tempo, un ingranaggio della guerra che combatte. E anche Sophia la piratessa, una donna calma e fredda come il mare, l’unica casa che conosce.
Gli antagonisti invece, seppur abbastanza intriganti, non hanno lo stesso fascino che aveva Vitalis nel primo capitolo, fatta eccezione per i topi. I ratti della piaga sono infatti uno dei “personaggi” più interessanti della saga e in Requiem diventano talmente ingombranti e spaventosi da distruggere interi edifici. Una marea oscura che incute puro terrore e che il nuovo motore grafico muove in maniera spaventosa e fluida renderizzando più di 300.000 ratti in una volta sola.
Ad Asobo Studio non scherzavano quando hanno detto di essersi ispirati a The Last of Us. Qui nella cattedrale dell’Eternumnet è pieno di mosaici dedicati all’opera dei Naughty Dog e, soprattutto, alla sua seconda parte. The Last of Us – Parte II infatti è un titolo che ha alzato l’asticella della narrazione videoludica talmente in alto che adesso, se si vuole fare un buon action-adventure story driven bisogna quantomeno ripartire da lì. A Plague Tale: Requiem è il primo gioco capace di tanto. Un titolo che apprende e fa sue le “linee guida” lasciate da TLOU 2 per costruire un racconto profondo, denso di avvenimenti e autentico. E allora perché, giunti a questo punto non riesco a chiudere il mio mosaico? Perché non riesco a mettere le ultime tessere invece di lasciare dei buchi in un’opera tanto grande?
La risposta è che A Plague Tale: Requiem, come nel gameplay, ha voluto mettere troppa carne al fuoco anche nella storia finendo per perdersi in una delle sottotrame, poi riallacciata frettolosamente al finale. Superato un certo punto della storia si ha infatti la sensazione che ci sia ancora troppo da raccontare e troppo poco tempo per farlo. Dopo un inizio abbastanza lento, ma con la giusta crescita di ritmo, il racconto subisce alcuni sbalzi dove si sente che il tutto è stato affrettato o tagliato. Alcune linee narrative vengono chiuse in maniera troppo sbrigativa lasciando il giocatore incapace di elaborare al meglio il tutto. Un po’ come le tessere mancanti di un meraviglioso mosaico che lascia solo intravedere l’opera perfetta che avrebbe potuto essere. Ma forse i mosaici più belli non sono proprio quelli incompiuti?
A Plague Tale: Requiem è un capolavoro visivo e narrativo che espande quanto visto nel primo capitolo per creare un action-adventure story driven che sfiora la perfezione. Un lungo requiem all’innocenza, recitato e musicato in maniera eccellente, che porta i personaggi oltre i propri limiti e trascina i giocatori con essi. Un gioco imperdibile che ripaga di ogni minuto passato in compagnia di Amicia e Hugo.
This post was published on 17 Ottobre 2022 20:00
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