Quando nel 2017 i Rabbids fecero un salto nel mondo di Super Mario, l’impatto del loro atterraggio fu enorme e non solo in termini di vendite.
Kingdom Battle era un videogioco con un’idea folle, basato su un genere che in quel periodo era considerato di nicchia, prodotto da uno studio in Italia: una combinazione di elementi abbastanza inusuale per qualcosa che si rivelerà poi essere un successo.
Oggi l’industria videoludica italiana, anche per merito della risonanza avuta da Mario + Rabbids, è più attiva e nota che mai mentre a livello globale ogni momento fioccano nuovi RPG tattici sia nel mondo dei publisher acclamati, sia tra gli autori indipendenti.
Di quest’ultima affermazione, potete ritrovare un riscontro proprio in questo articolo.
Mario + Rabbids: Sparks of Hope, sequel diretto di Kingdom Battle, si assume quindi il compito di portare avanti quanto messo in piedi nel Regno dei Funghi. E possiamo dirlo fin da subito, dopo aver passato un’intera settimana con Mario, Luigi, Rabbid Peach e tanti altri personaggi strampalati, la missione si può dire piacevolmente compiuta.
In uscita il vicino 20 ottobre 2022 in esclusiva su Nintendo Switch, Mario + Rabbids: Sparks of Hope rientra a pieno titolo tra i videogiochi must have per la piattaforma ibrida.
Tutto in Mario + Rabbids: Sparks of Hope è più grande e ambizioso, onestamente anche più di quanto ci si sarebbe aspettati. Dal Mondo dei Funghi di Super Mario, già in fase di tutorial si viene catapultati in un conflitto inter-dimensionale che minaccia l’intera galassia: neanche il tempo di festeggiare la sconfitta di Megabug, il nemico principale di Kingdom Battle, che un misterioso orrore cosmico di nome Cursa comincia a rapire gli Spark, l’unione tra Rabbids e gli Sfavillotti di Rosalinda.
A Mario, Peach, Luigi e i loro doppioni Rabbids non resta che partire alla volta della galassia per fermare il nuovo nemico e salvare gli Spark. Come in Kingdom Battle, anche in Sparks of Hope vediamo elementi del mondo di Super Mario venire distorti e usati per i più disparati scopi, in un remix che stavolta, però, coinvolge anche tantissimi elementi del tutto nuovi.
Da questo contesto emerge una galassia nuova, fatta di luoghi originali dove i Rabbid e la stessa Cursa si sono evoluti nel corso di secoli. Viene lecito domandarsi a questo punto da quanto tempo esiste questa dimensione in cui gli universi Nintendo e Ubisoft collidono, dato che stiamo vivendo gli eventi narrati esattamente un attimo dopo aver salvato il Regno dei Funghi. Domande di questo tipo costellano un po’ tutta la trama, ma viene praticamente lasciata a noi stessi l’interpretazione di risposte.
Mentre il gruppo di raffazzonati eroi viaggia da un pianeta all’altro, si respira quindi una narrativa semplice e basilare, efficace però nel far risaltare ogni personaggio, soprattutto i Rabbids. Mario, Peach, Luigi e un incredibile Bowser, gli unici eroi appartenenti alla schiera Nintendo, restano quasi sullo sfondo mentre di volta in volta incontriamo i nuovi personaggi creati da Ubisoft e ne condividiamo le loro storie.
Dispiace aver perso da Kingdom Battle personaggi come Yoshi e Rabbid Yoshi, ma ne abbiamo guadagnati tanti altri che meritano la nostra attenzione. Ogni Rabbid, specialmente quelli compresi nel nostro party eroico, incarna una precisa estremizzazione di una personalità, e le risate sono assicurate in ogni momento.
Rabbid Mario è uno sbruffone che mette in mostra i muscoli alle belle ragazze e schiaccia il cinque sputandosi su una mano, Rabbid Peach è una smorfiosa che non si stacca dallo smartphone e nelle sue animazioni di vittoria si fa alzare al cielo da dei ballerini come Beyoncé, e la new entry Rabbid Rosalinda è la tipica ragazza pigrona a cui piace solo leggere e passare le giornate a non fare nulla.
C’è anche la nuova e misteriosa Edge, una Rabbid armata di spadone che arriva improvvisamente in nostro soccorso, e le cui origini e motivazioni scopriremo man mano lungo le nostre avventure. Non mancano inoltre i Boss, anche loro dotati di spiccate personalità, oltre che qualità di gameplay e level design di cui discuteremo tra poco.
Ogni pianeta che gli eroi visitano ha un suo Rabbid Guardiano, le cui storie vengono narrate in parte dal dipanarsi dell’avventura e dal completamento delle missioni del mondo di turno, in parte dall’interazione con dei quadri nei luoghi chiave delle missioni principali. A completare il cast, anche tanti personaggi secondari legati ai singoli mondi che sapranno riempire le ore di gioco con note di colore, fetch quest, missioni impossibili e battute sagaci.
Non dimentichiamoci degli Spark – o gli Sbrilli come voleva fossero chiamati il robot Beep-o che ci guida nelle avventure galattiche – protagonisti adorabili i quali, oltre a fornire nuovi poteri utili al gameplay, smuovono i filmati di missioni principali e secondarie con le loro personalità. A dare un ultimo tocco di colore, c’è anche la nuova intelligenza artificiale che fa da spalla intelligente a Beep-o, Jeanie, un prisma dalle orecchie da coniglio onnipresente anche nelle guide al gioco.
A differenza del precedente capitolo, l’esplorazione di Mario + Rabbids: Sparks of Hope è stata ampliata dalla semplice ricerca di lotte a una vera e propria giocabilità open map ricca di puzzle ambientali, elementi da sbloccare, sfide a tempo, missioni secondarie, incarichi e indovinelli.
Dal solo Regno dei Funghi di Kingdom Battle, siamo arrivati in Mario + Rabbids: Sparks of Hope a interfacciarci con ben 5 pianeti diversi, mondi che sono vivi e cangianti lungo il corso della trama, finché non esauriremo ogni segnalino presente. Ogni mondo inoltre ha anche un dungeon, anche questo ricco di puzzle ambientali e sfide.
Personalmente in 33 ore di gioco, tra secondarie e backtracking sono riuscito a completare al 100% solo il primo mondo, il più piccolo di tutti. Stiamo dunque parlando di un titolo in cui si arriva ai credits dopo circa 25-30 ore di gioco, e la cui godibilità può arrivare fino alle 50 ore nette se si cerca il completismo.
L’esplorazione dei mondi è anche subordinata al collezionismo di monete utili ad acquistare oggetti, skin delle armi e pagine di codice di Jeanie, e al guadagno di astroschegge che funzionano da risorsa spendibile nel livellamento degli Spark. Le battaglie si attivano quando si incontrano nemici vaganti, come in un classico JRPG, o quando si incorre nell’Oscutiferio, un’emanazione nera e appiccicaticcia di Cursa in grado di attirarci in una dimensione oscura e che, finché non viene debellata, ostacola la naturale progressione di gioco, o semplicemente delimita determinate aree.
Se le lotte con i nemici vaganti sono quasi un impiccio da evitare perché sono affrontabili in pochi secondi e rallentano la nostra sete di trama e di completismo, le vere sfide sono poste proprio dall’Oscutiferio e da alcune missioni secondarie, nonché dalle battaglie con i Boss di turno.
Una delle più grandi qualità di Mario + Rabbids: Sparks of Hope è proprio il level design esemplare, che si manifesta in tutta la sua sagacia sia nell’overworld con i tanti puzzle da risolvere a incastro e che incentivano l’esplorazione, sia soprattutto nelle singole lotte. Ogni qual volta si pensa che il gameplay comincerà a stufare per la riproposizione di nemici ridondanti e ambienti simili, ecco che Ubisoft ci stupisce con qualche twist, con la composizione dei livelli di gioco o con l’obiettivo delle battaglie.
Da questo lato dispiace vedere uno scarso numero di mob originali. Le versioni “ricolorate” dei mob riproposte di ognuno hanno pur sempre qualche elemento diversificato che spinge il giocatore a pensare a nuove strategie, tuttavia pur sempre di nemici simili si parla. Speriamo che nei DLC programmati per il futuro vengano aggiunte anche nuove minacce.
Quando fu annunciato per la prima volta il nuovo sistema di combattimento di Mario + Rabbids: Sparks of Hope, da cultore dei giochi tattici, ammetto di aver storto un po’ il naso. Com’era possibile che il gioco che aveva rivitalizzato il genere volesse togliere la griglia, un fondamento dei videogiochi tattici?
La formula trovata da Ubisoft tuttavia aveva la mia curiosità, e adesso, dopo aver finito il gioco, ha la mia assoluta comprensione.
Sparks of Hope ha trasformato l’impianto classico a turni in un sistema più dinamico, senza snaturare l’approccio tattico insito in questo genere. Nel proprio turno, il giocatore può direzionare in tempo reale i suoi personaggi, permettendogli di compiere azioni entro un raggio di movimento che prescinde da vincoli legati alla staticità di una griglia quadrata.
Il fascino old school della griglia quadrata perde completamente valore di fronte alle maestranze tecniche di level design di Mario + Rabbids Sparks of Hope, anzi, la griglia diventa una ragnatela polverosa da cui ci si può auspicare una nuova evoluzione dell’intero genere dei TRPG.
Avere completa mobilità e tempismo nel proprio turno, oltre a poter potenzialmente avvicinare nuovi giocatori estranei al genere, rende la fruibilità del gameplay meno pesante, più dinamica e sinceramente anche più strategica.
In battaglia il giocatore può esplorare diverse soluzioni in movimento prima di compiere azioni effettive, accentuando il suo pensiero strategico. Questa caratteristica non è assolutamente da trascurare, è un cambio di prospettiva importante nel mondo dei TRPG. Per il resto, il combattimento utilizza il solito sistema di coperture e di traiettorie già presenti in Kingdom Battle, potenziato da scivolate, trampolini e tubi di collegamento che incentivano proprio il movimento dinamico nei propri turni.
Prima di ogni combattimento e durante le passeggiate nell’overworld, il giocatore può accedere al menu di modifica dei personaggi e della squadra, dove può avere accesso agli alberi delle abilità dei singoli eroi, tutti potenziabili e de-potenziabili in qualsiasi momento a patto di aver raggiunto i livelli giusti e le risorse necessarie.
C’è anche una schermata dedicata interamente agli Spark, dato che anche loro entrano in battaglia come una sorta di equipaggiamento degli eroi. Ci sono un’infinità di questi esserini, e offrono tutti un valore strategico in più grazie ai loro poteri utilizzabili in battaglia. Alcuni di questi, tra l’altro anche parecchio potenti, possono essere trovati solo attraverso missioni secondarie.
Contando che in battaglia si possono portare normalmente 3 personaggi, ognuno dotato di 2 Spark ciascuno, è intuibile come le tante possibilità di build prima di ogni singola lotta possano essere praticamente infinite. A differenza di Kingdom Battle dove personalmente ero abituato a usare quasi sempre gli stessi personaggi (Yoshi nel cuore), Sparks of Hope invece incentiva il continuo rimescolamento del proprio mazzo di opzioni, tutto questo grazie sempre all’eccellente level design.
Dopo aver appurato l’enorme successo di Kingdom Battle con annesso DLC, era matematico che sarebbe arrivato anche un sequel. Ed è encomiabile che Ubisoft abbia deciso di investire molto nel progetto, affidando il ruolo di direttore creativo all’autore Davide Soliani, coinvolgendo di nuovo gli studi di Parigi assieme a quelli di Milano, e avvalendosi anche del supporto di Ubisoft Chengdu, Ubisoft Montpellier e Ubisoft Pune.
Mario + Rabbids: Sparks of Hope è un progetto pensato in grande e la cui qualità è facilmente riscontrabile in sostanzialmente ogni suo ambito. L’ampliamento dei sistemi di gioco è stato accompagnato anche da una grafica cartoon arrotondata e ben spremuta su Nintendo Switch, sebbene qualche sbavatura si faccia sentire ogni tanto per i limiti hardware della console ibrida: un mob in particolare, per esempio, è un po’ glitchato graficamente, ma lo incontrerete solo in uno degli ultimi mondi, quando immagino sarà già arrivata una patch correttiva.
Sotto l’aspetto grafico, la caratterizzazione dei pianeti di gioco va al di sopra di ogni aspettativa. I creativi di Ubisoft hanno realizzato mondi vibranti di colori e di forme, ognuno caratterizzato da elementi contraddistintivi che creano le giuste atmosfere per ognuno di essi, dove gli enigmi ambientali si incastrano su misura pur restando riconoscibili nei loro schemi di mondo in mondo. Anche i campi di combattimento si adattano alla perfezione allo stile del mondo di appartenenza.
A dare man forte all’impianto visivo non poteva mancare un’impalcatura audio che non potesse fare uso dei suoni tradizionali di Super Mario e compagnia, sui quali poi i Rabbids ci mettono del loro con i loro versetti. Stavolta Ubisoft ha anche investito nel doppiaggio, portando una voce a Rabbids vecchi e nuovi. Tale doppiaggio funziona in maniera riassuntiva durante i dialoghi di gioco dove il Rabbid di turno pronuncia a voce solo la prima fase, sia in forma estesa nelle voci di Beep-O e Jeanie, i quali fungono da guide costanti del giocatore e narratori.
Come ciliegina sulla torta del comparto audio, le musiche composte da Grant Kirkhope stavolta sono accompagnate anche dalle opere di Gareth Coker, celebre per i lavori effettuati su Ori, Halo, Ark e Immortals Fenyx Rising, e Yōko Shimomura, compositrice storica giapponese che si è destreggiata tra tanti titoli tra Nintendo e Square Enix.
Mario + Rabbids: Sparks of Hope è disponibile esclusivamente su Nintendo Switch a partire dal 20 ottobre, ed è possibile anche acquistare la Gold Edition comprensiva di un Season Pass: tra i DLC programmati c’è il ritorno inatteso e incredibile di Rayman, mascotte di Ubisoft. Siamo molto curiosi di scoprire quali saranno i prossimi!
Mario + Rabbids: Sparks of Hope conferma la sua essenza di RPG tattico, e la ingrandisce, la esagera e per certi versi la rivoluziona anche, scardinandosi da vecchi pre-concetti legati al genere e da meccaniche vintage, ma tenendo inalterato il suo cuore tattico.
This post was published on 17 Ottobre 2022 18:00
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