Sono videogiochi? Sono film? Sono entrambe le cose? Una risposta univoca che stabilisca una definizione di Full Motion Videogames valida per tutti non c’è ed è giusto che sia così, d’altronde perché dovremmo etichettare sempre tutto? L’importante è che queste opere riescano a lasciare una traccia, a rimanere impresse nella memoria e nei ricordi di chi le guarda, gioca, ascolta. E non è semplice trovare tra i FMV titoli con questa capacità espressiva e o artistica, perché questi spesso sono relegati a un target molto di nicchia sul lato videogames e, allo stesso tempo, vengono considerati (a ragione in parecchi casi) troppo poco autoriali ed equiparabili a prodotti amatoriali.
Su questo scenario si erge una figura che negli anni ha saputo rendere onore al genere portandolo all’attenzione di una platea più ampia e dei media specializzati: Sam Barlow. L’autore britannico che ha lavorato anche a due capitoli della serie Silent Hill – Origins e Shattered Memories – è il creatore dei due FMV più rinomati, Her Story e Telling Lies. Non pago, Barlow si fa più ambizioso e propone con Immortality, il suo terzo lavoro che fonde videogioco e cinematografia, un’opera più complessa e strutturata. Il risultato finale ve lo raccontiamo nella nostra recensione.
Marissa Marcel è una giovane modella che inizia a lavorare nel mondo televisivo con lo spot di un sapone, nulla di eclatante, ma un regista, Arthur Fischer, la nota e decide di farla diventare l’interprete principale del suo prossimo film, Ambrosio. La carriera di Marissa sembra decollare all’improvviso, ma il film non verrà mai distribuito nelle sale. Poco male, la Marcel conosce sul set di Ambrosio il direttore della fotografia John Durick con il quale dirigerà un secondo film, Minsky. Anche stavolta qualcosa va storto e il film non vedrà mai la luce. Dopo anni di pausa forzata, Marissa Marcel si dà una terza chance con un altro film diretto da Durick, nel mentre diventato un regista di successo.
Two of Everything, questo il titolo del terzo lungometraggio, questo il titolo del terzo mistero cinematografico che ha per protagonista l’attrice francese, perché anche stavolta nessuno vedrà Marissa Marcel recitare in un film. Two of Everything non viene distribuito decretando la fine di una carriera che avrebbe potuto far risplendere la figura di Marissa, ed invece, non avviandosi mai davvero, la condannerà all’oblio. Dopo la terza delusione, di lei si perdono le tracce, non solo sulle scene, ma in generale. Che fine ha fatto Marissa Marcel? Sembra non essere mai esistita.
Dopo svariati anni, un gruppo di appassionati rinviene una serie di pellicole che vengono raccolte e digitalizzate in un software che consentirà di portare alla luce i tre film “maledetti” e, forse, di svelare il mistero che si cela dietro alla loro mancata distribuzione e alla scomparsa dell’attrice. Ovviamente, tutto ciò è falso, non esiste alcuna attrice di nome Marissa Marcel (d’altronde, se non sei su Wikipedia non esisti), è interpretata da Manon Gage, e quei tre lungometraggi sono degli pseudofilm, sulla falsariga degli pseudobiblia, tipo il Necronomicon scritto dall’arabo pazzo che dà avvio al ciclo di Cthulhu.
Questa è la premessa narrativa che giustifica le azioni del giocatore in Immortality, cioè visionare filmati più e più volte e manipolarli per cercare risposte. Affascinante, così possiamo descrivere questa premessa, e non solo, perché, proseguendo, il pretesto narrativo diventa a tutti gli effetti un impianto di tutto rispetto, un enorme puzzle composto da clip e filmati inediti che permettono al giocatore/spettatore di scoprire sempre qualcosa di nuovo su ogni singolo personaggio, mettendo a nudo la natura di Immortality, cioè quella di un thriller inquietante e morboso.
In Her Story e Telling Lies i filmati andavano a delineare una storia che, a tratti, poteva avere brusche frenate causate dal fatto che non tutte le clip generavano lo stesso interesse nel giocatore poiché avevano molto meno da raccontargli. Immortality ha invece una struttura più complessa che conduce il fruitore dell’opera in un viaggio sempre diverso perché le centinaia di clip visionabili passano in rassegna l’intera carriera di Marissa Marcel, dalla fine degli anni ’60 alla fine degli anni ’90, mostrando non solo scene dei film, ma anche i backstage, i bloopers, le riunioni, gli eventi per la promozione e tanto altro. Tutto questo materiale non è mai fine a se stesso, perché serve a scavare fino in fondo alla ricerca di risposte, ma allo stesso tempo è intrattenente, perché lo spettatore sta effettivamente guardando dei contenuti audiovisivi credibili.
È proprio nella credibilità del materiale che Immortality eccelle. Per regia, fotografia e sceneggiatura le clip potrebbero davvero sembrare materiale estrapolato da film reali, le comparsate in tv appaiono verosimili, le riunioni aziendali sono naturali; questa credibilità è aiutata anche dall’attenzione ai dettagli che Sam Barlow e il suo team hanno dimostrato in ogni singolo aspetto. Le clip risalenti agli anni ’60 hanno una grana che le fa apparire vintage e un po’ rovinate, quelle degli anni ’70 riflettono la cultura dell’epoca attraverso l’abbigliamento degli attori fuori dalle scene, e così via. Notevolissimo il livello attoriale di ogni personaggio con grande risalto, ovviamente, a Manon Gage che interpreta Marissa Marcel (il doppiaggio è inglese, ma ci sono i sottotitoli in italiano). Ogni attore è al suo posto, chi interpreta i registi lo fa in modo convincente, i macchinisti sembrano macchinisti, l’addetta al ciak sembra l’addetta al ciak e non un’attrice che cerca di far credere al pubblico di essere colei che dice ciak all’inizio di ogni scena. Crediamo di essere stati chiari su questo punto.
Ma è sulla plausibilità dei film mai distribuiti che Sam Barlow ha lavorato in modo magistrale. Ambrosio è una storia di intrighi e passione ambientato in epoca medievale in un’abbazia spagnola, una versione erotica de Il nome della rosa. Ambrosio è un monaco che crede ciecamente nella sua devozione al Signore, ma cade in tentazione quando incontra il personaggio di Marissa Marcel. Il film è un cocktail esplosivo di sessualità esplicita e forte misticismo. La seconda pellicola è Minsky, un thriller che parla di un pittore ucciso dalla sua musa, la quale seduce il detective chiamato a investigare, in una storia fortemente ispirata a Basic Instinct. Il terzo film, Two of Everything, è quello più debole, ma per chiara scelta narrativa, infatti, venne girato nel periodo di declino di John Durick. La storia è quella di una star della musica e della sua sosia in balia del successo e dei torbidi vizi di un mondo patinato, ma crudele.
Se il giocatore dimentica per qualche secondo che tutto ciò che sta vedendo è creato ad arte, facendo affidamento alla sospensione dell’incredulità, può rimanere davvero ipnotizzato e particolarmente colpito dalle rivelazioni che riuscirà a scoprire di clip in clip. Tra l’altro, sospendere l’incredulità in un’opera del genere non è poi così assurdo, quanti complotti e presunti misteri che aleggiano sul mondo del cinema e dello spettacolo hanno generato negli anni strambe teorie con migliaia di sostenitori? La presunta morte di Paul McCartney, Kubrick che avrebbe diretto l’allunaggio del 1969, Keanu Reeves è un vampiro, e infine, che fine ha fatto Marissa Marcel? Detto ciò, va dato atto anche a Sam Barlow di aver avuto il coraggio di spingere su tematiche che nei videogiochi sono ancora un po’ un taboo. Primo fra tutti, il sesso.
Immortality è pieno di scene di sesso, e anche abbastanza esplicite, ed è giusto che sia così. Nel cinema il sesso è ormai divenuto la norma, che si tratti di un horror, di un drama o di una commedia, una scena di sesso è quasi sempre presente. Pertanto, perché in un film che viene però distribuito come un videogioco il sesso dovrebbe essere bandito? Tutto ciò che abbiamo detto fino ad ora riguarda la parte narrativa e visiva dell’opera, ma in Immortality il giocatore cosa può fare oltre a guardare i video? Il “gameplay” del gioco di Barlow all’inizio può lasciare spaesati perché può apparire un po’ più ingarbugliato di quello di Her Story e Telling Lies, in realtà dopo aver fatto pratica con un paio di clip tutto diventa più chiaro e accessibile.
Noi, assumendo il ruolo di uno di questi appassionati che hanno rinvenuto le pellicole, possiamo mandare avanti e riavvolgere il nastro a due differenti velocità, diciamo 2x e 4x, mettere in pausa e visionare ogni singolo fotogramma. I video che inoltre ci sembrano più significativi possono essere spostati nella cartella dei preferiti per poterli rivedere in un secondo momento più facilmente. Le caratteristiche fondamentali del gameplay sono due. la modalità immagine e la ricerca delle clip nascoste. Nei titoli precedenti, il giocatore poteva sfruttare il sistema delle keywords da inserire in un motore di ricerca interno per trovare le clip in cui fossero citate quelle parole chiave; Immortality invece basa tutto sugli screen, con la pressione di un tasto si entra in modalità immagine, questo farà sì che la scena selezionata diventi uno screenshot navigabile con il cursore. Il nostro compito è passare col cursore su elementi importanti e cliccarli per cercare screen relativi ad altre clip dello stesso tipo o simili, come se stessimo usando un motore di reverse image search.
Cliccare sul volto di un attore, ci farà trovare un ulteriore filmato in cui egli è presente, ma si tratta della ricerca più basilare. Possiamo cliccare davvero su tantissimi elementi di scena, anche quelli che potrebbero apparire insignificanti, ad esempio un bicchiere. Il software troverà la clip in cui è presente lo stesso bicchiere o uno simile, ripetendo l’azione sarà possibile sbloccare una gran quantità di materiale. Il nostro occhio è stato catturato da un quadro? Facciamo uno screen e cerchiamo qualcosa di simile, potrebbe aprirsi un mondo di opportunità. Il software, che alla fin fine si limita a un’interfaccia abbastanza pulita, è preciso e riesce a fare le associazioni per immagini senza intoppi e senza creare “falsi positivi”.
È nella ricerca delle clip nascoste che però viene il bello. Si tratta, tra l’altro, di gameplay emergente, perché il tutorial non vi spiega che potrebbe accadere di sentire una vibrazione in punti specifici di alcune clip. Cosa significa? Che in quel punto si nasconde qualcosa. Alcune clip non sono quello che sembrano, non mostrano la verità, o almeno, ne mostrano solo una parte. Mandando avanti o riavvolgendo sarà dunque possibile scoprire clip nascoste, filmati extra che hanno l’obiettivo di dare una spiegazione al mistero dei film mai usciti e del destino di Marissa e degli altri attori. Spesso, però, le clip si mostrano criptiche, con tratti quasi sovrannaturali, elemento che in Her Story e Telling Lies mancava. Questa cosa può lasciare perplessi all’inizio, ma fa tutto parte del disegno di Sam Barlow.
Ecco, abbiamo sentito la mancanza di un’impostazione del software che ci permettesse di mettere tutte le clip nascoste in un’unica posizione, infatti, per ritrovarle abbiamo dovuto salvare i filmati originali nei preferiti, riguardarli, arrivare al punto in cui si avverte la vibrazione e smanettare di nuovo con il fast forward e il rewind. Un’altra opzione che avrebbe potuto migliorare la quality of life del titolo sarebbe potuta essere la modifica manuale dei titoli delle clip per dare la possibilità al giocatore di archiviarle seguendo il proprio ordine mentale. Questi sono solo piccoli accorgimenti che, pur mancando, non intaccano più di tanto la qualità dell’opera. Immortality è a nostro parere il miglior titolo di Sam Barlow.
Per portarlo a termine ci vogliono circa 7 ore, o forse 8, non possiamo dare un numero di ore preciso perché dipende da giocatore a giocatore, anzi, da spettatore a spettatore, da quanto tempo ognuno di noi impiega a trovare l’informazione che cerca, da quanti rewatch di una stessa clip vengono fatti. Quel che è certo è che se avete amato gli altri giochi di Barlow, allora rimarrete ammaliati da Immortality.
Immortality è la miglior opera di Sam Barlow, è più complessa, presenta una struttura più solida e coinvolgente, con un maggior coraggio nelle scelte stilistiche e tematiche. La premessa narrativa è affascinante e più clip si visionano più questa diventa magnetica, tutto grazie a prove attoriali di altissima caratura e una credibilità dei filmati davvero incredibile. La storia di Marissa Marcel e dei suoi film maledetti è talmente convincente da far immedesimare il giocatore in uno degli amatori che hanno rinvenuto le pellicole, portandolo quasi a credere che quei film siano reali e che davvero non siano stati distribuiti chissà per quali misteriose coincidenze. Sono davvero poche le cose che non funzionano in Immortality, un titolo che appartiene a un genere un po’ bistrattato perché difficilmente declinabile e non ricco di perle inestimabili. Immortality lo è, è una produzione seria sia dal punto di vista ludico sia da quello cinematografico. Alcune mancanze sul fronte quality of life e la presenza di elementi narrativi a volte difficili da interpretare perché meno ancorati alla realtà non inficiano il prodotto finale. Uno dei migliori di quest’anno.
Nota a margine*: il voto per la direzione artistica non si riferisce alla grafica o all’estetica, concetti più vicini al videogioco, ma alla già citata credibilità dei filmati dal punto di vista scenico e stilistico.
This post was published on 30 Agosto 2022 10:00
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