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Recensioni

I Was A Teenage Exocolonist | Recensione (PC) | Adolescenza eterna in una visual novel sci-fi

Quali sarebbero i primi passi di una civiltà umana in una colonia fuori dal pianeta Terra? I Was A Teenage Exocolonist, visual novel sviluppata da Northway Games e pubblicata da Finji, cerca proprio di raccontare le difficoltà dei primi 10 anni di sopravvivenza, ma dal particolare punto di vista di un bambino che cresce tra le sfide sociali dell’adolescenza e le insidie di un mondo alieno e ostile.

Northway Games ha scelto di far vivere al giocatore questo percorso sci-fi con l’utilizzo di meccaniche di time management, sfide da card game e statistiche RPG, mescolate alla perfezione nella narrazione tipica di una visual novel fatta di scelte dal forte impatto di gioco ed emotivo. Un impatto emotivo che, ci tengo a sottolineare, è talmente maturo e crudo che va in contrasto con la piacevole grafica colorata e rilassante del gioco, infatti questo contenuto è perfino allertato con un disclaimer nel menu principale.

Alcuni eventi, soprattutto nella prima metà di gioco, hanno proprio avuto un sapore acre che ho dovuto mandare giù con molto rancore e incomprensione prima di arrivare a capire cosa volesse comunicare ludicamente questa scelta di game design.

In fin dei conti, non è stata un po’ questa l’adolescenza per molti di noi?
Quante incomprensioni abbiamo avuto nella nostra crescita da bambini ad adulti?
Quante scelte di vita e quanti eventi che ci sono accaduti si sono rivelati traumatici, o più semplicemente degli sbagli incomprensibili?
Quanto questi avvenimenti dolorosi, nonostante tutto, ci hanno in qualche maniera aiutato a comprendere noi stessi?
E quanti di noi tornerebbero indietro per cambiare il corso degli eventi con la maturità e il pensiero adulto che abbiamo oggi?

Ogni mondo è paese

In un non meglio precisato vicino futuro, l’umanità è in grado di percorrere grandi distanze spaziali in tempi ragionevoli. Colonizzare un nuovo pianeta, tuttavia, significa avere comunque un’astronave in grado di sostenere la vita nel vuoto cosmico per il suo equipaggio e per i loro discendenti, generazione dopo generazione. Con queste prerogative, nei panni di un bambino di 10 anni nato nello spazio assistiamo all’instaurazione della prima assoluta colonia extrasolare, su un pianeta che all’apparenza sembra un mondo idilliaco, florido e ospitale.

Dopo aver creato il nostro adolescente ideale, ci accorgeremo ben presto che sotto la patina di estrema abitabilità si nascondono minacce e insidie pericolosissime, e che contemporaneamente la nostra stessa colonia di appartenenza nasconde backstory con segreti, personaggi dalla dubbia morale e prese di posizione discutibili. Crescere in questo mondo significa muoversi tra maestose meraviglie, ma anche tentare di resistere a orrori inqualificabili ed evitare disastri più o meno annunciati.

Il tempo della nostra nuova casa è regolato da 4 stagioni principali, dotata di 3 mesi ciascuna: una stagione quieta, caratterizzata da precipitazioni simil-nevose di un materiale caldo e acido, una stagione dominata da pollini e spore fungine riconducibile a una sorta di primavera, una stagione secca e arida come la nostra estate, e una stagione umida e piovosa. Prima che un anno passi, tuttavia, c’è da affrontare un particolare periodo di transizione chiamato “The Glow”, una stagione buia e notturna illuminata dalle sole bioluminescenze degli esseri viventi nativi di questo pianeta.

Se le scelte dei dialoghi sono in pieno stile visual novel, caratterizzate da testi prolissi, scelte multiple e artwork dei personaggi a rappresentare i nostri interlocutori, l’esplorazione dei dintorni invece utilizza i meccanismi di una normalissima avventura punta e clicca, benché le opzioni possibili siano legate alla raccolta sporadica di oggetti, all’avvio di dialoghi con i personaggi che si possono trovare in giro, e soprattutto al tipo di occupazione da svolgere per un intero mese, il quale in base alle nostre scelte può influenzare la crescita delle nostre abilità.

Ed è proprio qui che entra in campo il management del proprio tempo personale, per cercare di costruire un individuo che sappia tener fronte a sfide che possano sfruttare questa piuttosto che quella avversità. Può sembrare qualcosa di banale da affrontare, ma va tenuto conto anche di un indicatore di stress: se troppo alto, l’unica azione possibile sarà spendere un intero mese di relax per azzerare il contatore… e ciò significa tempo rubato a un’abilità da apprendere.

Le sfide universali della crescita personale

Mese dopo mese, stagione dopo stagione, anno dopo anno, vedremo il nostro avatar crescere in fattezze fisiche, abilità e perfino maturità. Affronteremo infatti le diverse fasi della vita adolescenziale come le ribellioni, la pubertà, le rivalità, le scappatelle per disobbedire agli adulti e gli innamoramenti, mentre sullo sfondo politico-sociale della colonia succede di tutto.

Questi contenuti sono resi da I Was A Teenage Exocolonist con una credibilità che, personalmente, mi ha fatto sentire più volte una certa punta di nostalgia, perché si trattano di momenti che tutti abbiamo attraversato: un esempio simpatico è perfino segnato da quei momenti in cui gli adulti sottovalutavano la nostra comprensione della realtà circostante perché per loro eravamo solo dei semplici ragazzi, ignari del fatto che, ormai cresciuti anche in maturità, riuscivamo a comprendere i motivi di certe decisioni che magari ci volevano nascondere.

I personaggi che ci accompagneranno durante la nostra crescita extraterrestre incarnano stereotipi perfetti delle personalità che ognuno di noi incontra nella vita reale, permettendoci di misurarci con le loro credenze e i loro stili di vita. Come ogni visual novel che si rispetti, ci è permesso approfondire i rapporti con loro, soprattutto con quelli con l’età simile alla nostra, per arrivare a instaurare anche rapporti di amicizia o perfino romantici.

Svolgere compiti e instaurare rapporti ci porterà ad accumulare ricordi, visualizzati come carte che vengono poi utilizzate nel minigioco che governa le Challenge, le sfide. Ogni volta che dovremo affrontare una, sarà nostro compito adagiare delle carte con differenti valori numerici dallo 0 in poi, e appartenenti a 3 diversi semi basati sulle 3 macro-aree delle abilità del personaggio: sociale, mentale e fisica. Attraverso il calcolo dei loro punteggi che può risentire anche di bonus per scale, coppie o colore, si decreterà se la sfida viene superata o meno. Qualunque sia l’esito, il giocatore otterrà comunque ricompense che possono essere ricordi, aumenti di skill e crediti.

Purtroppo, proprio questo gioco di carte implementato in I Was A Teenage Exocolonist sembrerebbe essere il suo punto debole: sebbene alcune sfide, una volta attivata la modalità difficile, possono risultare anche ostiche da superare, nel complesso questo minigioco non sembra mai divertente, ma solo un puzzle molto blando che ruba tempo alla nostra sete di trama, di dialoghi e di scoperta.

Paradossi temporali e sindrome della crocerossina

Dall’approfondimento dei rapporti sociali deriva poi la sorpresa che più mi ha colpito, almeno personalmente. Tra i più di 30 finali possibili, nella mia prima run ne ho raggiunto uno soddisfacente, ma alcuni suoi punti sono stati per me un mezzo disastro: diverse morti non volute, mentre la persona di cui il mio personaggio era innamorato è finita con un altro tizio che poi si è rivelato essere anche un compagno molto abusivo.

In quel momento, però, I Was A Teenage Exocolonist mi ha rivelato la sua vera essenza. Già dai primi minuti di gioco si era capito che l’adolescente viveva un qualche fenomeno paranormale, dovuto a un trauma cerebrale procurato dall’attraversamento di un wormhole per arrivare al pianeta di destinazione.

Sembrava infatti che il personaggio vivesse momenti di estraniazione in cui vedeva allucinazioni, ma nelle battute finali del gioco era ormai chiaro che fossero visioni del futuro: la stessa scena vista a inizio gioco l’ho dovuta riaffrontare alla fine, durante i 20 anni del mio personaggio.

Questo episodio si è rivelato un’introduzione all’elevata rigiocabilità di I Was A Teenage Exocolonist: dalle run successive è infatti possibile accedere a nuove opzioni di scelta in momenti topici del gioco, contrassegnate da un’iconcina viola a forma di wormhole, che tengono conto delle nostre scelte fatte in run precedenti.

Una cosa che non mi è mai piaciuta del modo di approcciarsi comune alle visual novel è quello di caricare continuamente i salvataggi precedenti quando qualcosa va storto, per provare a fare scelte differenti. I Was A Teenage Exocolonist invece permette di avere modo di ripercorrere e cambiare in maniera originale i propri passi a run conclusa, evitando di armeggiare con i salvataggi di gioco.

In questo modo I Was A Teenage Exocolonist rompe la quarta parete come meccanica, permettendo al giocatore di fare metagaming e di ragionare al di fuori delle scelte tradizionali, accedendo a “ricordi” di un suo passato o futuro alternativo. A livello di narrazione, ciò viene rappresentato come una sorta di loop temporale.

Grazie a questa meccanica delle scelte temporali, nella mia seconda run sono riuscito a migliorare il tiro, salvando alcune delle persone che ho perso nella mia vita adolescenziale precedente, e riuscendo a ottenere l’amore della persona di cui ero invaghito. Eppure, anche questo non è stato abbastanza, rendendo palese come ci fosse bisogno di una terza run, manifestando in questa maniera che per comprendere ancora al meglio i percorsi narrativi di questo gioco e le sue infinite variabili in campo c’è bisogno di diversi tentativi.

Tra l’altro, finali e scelte particolari possono sbloccare artwork e altri oggettini collezionabili, quindi si è sempre più stimolati a provare nuovi tentativi!

Colore e spessore

A sostenere la grande e labirintica struttura narrativa ricca di variabili c’è un comparto grafico piacevole, che tuttavia, con la sua atmosfera di rilassatezza e comfort, va in nettissimo contrasto con i contenuti crudi e con i traumi emotivi in cui finiremo inconsciamente incontro. Sebbene i disegni siano nel complesso gradevoli nel mondo tridimensionale che ci ritroveremo a esplorare, le animazioni invece lasciano un po’ a desiderare.

Di grande spessore è anche il comparto sonoro, la cui colonna sonora originale è venduta anche come DLC da Finji con tantissime tracce di artisti indipendenti. Alcune di questi brani sono anche sbloccabili in gioco unicamente se riusciamo ad accedere a determinati stadi di alcuni percorsi narrativi.

A proposito di DLC, confidiamo che vengano aggiunti presto nuovi contenuti per arricchire ancora di più i nostri loop temporali, magari con nuovi personaggi e nuove sfide.

I Was A Teenage Exocolonist è un’interessante storia sci-fi che utilizza l’elemento fantastico e alieno per raccontare la crescita di una persona da bambino ad adulto tra insidie, casualità, rapporti e disgrazie, cercando di farcele vivere e “sentire” con tutta la loro potenza grazie a un’impalcatura narrativa di rilievo. Proprio questo sistema narrativo permette di navigare nei nostri ricordi, sia reali che di gioco, per poter affrontare al meglio la nostra prossima crescita personale. Crescere significa imparare non solo dai nostri sbagli, ma anche dagli eventi – purtroppo – casuali della nostra vita. Questo è, a parer mio, uno dei significati più profondi di I Was A Teenage Exocolonist.

This post was published on 25 Agosto 2022 19:00

Alessandro Colantonio

Game designer in erba e chitarrista a tempo perso. Nasce all'ombra del Vesuvio nel 1991, muove i suoi primi passi nel mondo dei videogiochi su un Windows 95 all'età di 5 anni, e diventa presto un Allenatore di Pokémon. Bazzica tra radio web e band durante i suoi studi universitari tra Napoli, Roma e Milano, si parcheggia nella fan-community di Pokémon Milennium dove instaura il suo regime dittatoriale da caporedattore, costruendo una macchina da recensioni e contatti e diventando inconsapevolmente PR. Oggi, oltre a prestare le sue dita a Player.it per articoli, recensioni e approfondimenti, figura anche come streamer di Twtich, content creator di TikTok e PR abusivo. I suoi generi preferiti sono i gestionali, gli strategici, i tattici e i GDR. Ma essendo un accumulatore seriale di videogiochi, cerca sempre di giocare ogni titolo che gli capita sotto mano. Ha una perversione per le pratiche fandom, i cani e la birra artigianale. Adora D&D, va in ira e carica.

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