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Lost in Play | Recensione (PC)

Non ho nostalgia dell’infanzia. Sono una persona razionale e pragmatica, adoro l’indipendenza e il poter decidere della mia vita. Ho avuto un’infanzia felice e la ricordo con piacere, ma non mi mancano i tempi in cui ero dipendente in tutto e per tutto dai miei genitori.

C’è però un aspetto di quel periodo della vita che rimpiango essere scomparso, o per lo meno fortemente attenuato: il senso di meraviglia costante. Il cervello che va a 1000 all’ora, la realtà di tutti i giorni che continuamente si trasfigura, davanti ai miei occhi aperti e alla mia mente lucida, in un mondo fantastico e pieno di infinite possibilità.

Lo sguardo che nei ripiani di una mensola vede le scarpate di una montagna che danno su un precipizio; l’immaginazione che mi fa afferrare un peluche con il quale vivere avventure incredibili che prendono corpo davanti a me e si autoalimentano, per ore, senza cenni di volersi esaurire. Il flusso di coscienza che, parlando con un amico, un fratello o una cuginetta, riveste ciò che mi circonda di un sostrato fantastico che mi fa essere qui ed ora ma allo stesso tempo altrove.

Perdersi nella propria immaginazione: un fenomeno tipicamente infantile che tutti siamo in grado di richiamare alla memoria, e che vorremmo ogni tanto poter rivivere. Proprio ciò che Lost In Play si propone di fare.

C’era una volta l’infanzia

La nostra storia inizia con una bambina e un pesce con tre occhi in una prateria. E non c’è niente di strano.

Una sorellina e un fratellino. La cartella stampa mi rivela i loro nomi, ma il gioco non ne fa menzione. Come non fa menzione di null’altro, essendo privo di testi. Questi due personaggi sono i protagonisti di un’avventura rocambolesca, anabasi e catabasi dal mondo reale al fantastico, in cerca della strada di casa. L’immaginazione al potere, come detto: il passaggio tra i piani di realtà avviene prima col favore del sonno, poi con la sola immaginazione dei bambini.

Fratello e sorella condividono lo stesso piccolo mondo quotidiano, fatto della solita casa, il solito giardino, i soliti animali domestici, il solito vicinato. Un piccolo universo monotono che ai loro occhi si rivela pieno di possibili interpretazioni. Interpretazioni che prendono corpo davanti ai nostri occhi, trasfigurando luoghi, animali e oggetti e precipitandoci in un susseguirsi di location da fiaba: un bosco fatato abitato da folletti, un oceano popolato da pesci mostruosi, un deserto dalla notte perenne e molto altro.

Alla deriva!

La trama di Lost In Play quindi è tutta qui: fratello e sorella devono tornare a casa attraversando le terre della fantasia. La varietà, come detto, non manca, sebbene le location non siano mai troppo grandi , anzi forse proprio per questo: non passerà mai molto tempo prima che siate catapultati in un contesto completamente differente rispetto a quello in cui vi trovavate poco prima, di conseguenza è davvero impossibile annoiarsi. L’occhio è continuamente catturato dai colori, dalle forme, dalle animazioni dei personaggi che, con un’estetica cartoon (gli sviluppatori citano le serie Gravity Falls, Hilda e Over the Garden Walls tra le fonti di ispirazione) e senza una parola di dialogo, sono perfettamente in grado di restituire emozioni ed intenzioni.

Il doppiaggio esiste, ma è limitato ad una sorta di grammelot che il giocatore è chiamato ad interpretare per cogliere il mood della situazione di turno. Occasionalmente questa non-lingua è corredata da balloons con silhouette di oggetti che rendono più espliciti alcuni concetti, con il risultato di non lasciare mai spaesati circa l’obiettivo da perseguire. Il flusso di gioco scorre che è un piacere e dimostra come un design ben calcolato sia perfettamente in grado di garantire un gameplay fluido senza ricorrere continuamente a suggerimenti, indicatori o soverchianti HUD.

Svegliare il cane. Ricevuto.

Classico Moderno

Lost In Play è un’avventura grafica con un impianto da punta-e-clicca ed una forte componente puzzle. Il mondo di gioco è suddiviso in schermate , nelle quale muoviamo il personaggio (la sorellina o il fratellino, a seconda del momento; in alcuni casi avremo facoltà di passare da uno all’altro) lungo gli assi x e z, quasi mai y. Come ogni punta-e-clicca che si rispetti, abbiamo a disposizione un inventario nel quale riporre gli oggetti che raccogliamo in giro. Alcuni di essi si combinano tra loro (ma questo avviene automaticamente) e tutti dovranno essere utilizzati in situazioni ben precise che spetta a noi capire.

Solitamente la sfida di ogni scenario consiste nel reperire alcuni oggetti chiave da consegnare a personaggi le cui azioni ci permettono di avanzare nella storia. A volte è semplice capire dove e come reperire tali oggetti, altre volte la cosa è meno intuitiva, comunque sia la già citata dimensione contenuta degli ambienti farà sì che difficilmente vagheremo in giro senza sapere cosa fare. Esplorando gli ambienti, diverse icone contestuali appariranno in prossimità degli elementi interagibili, lasciando la schermata di gioco in massima parte libera da orpelli di qualsiasi genere. Solo due icone permangono in sovrimpressione, lo zaino dell’inventario e la lampadina dei suggerimenti. Di quest’ultima non dovreste mai avere bisogno nelle fasi esplorative. Ma il discorso può essere differente per quanto riguarda le numerose fasi rompicapo proposte dal gioco.

Ingannare un famelico cervo-orso con un ologramma per liberare il re ranocchio? Fatto!

I puzzle sono molteplici, tutti diversi e proposti a getto continuo nel corso dell’avventura. Si tratta della componente che ho gradito più di tutte, proprio in virtù della varietà delle sfide proposte: non si tratta di enigmi impossibili, anzi il livello di difficoltà è piuttosto permissivo, seppure mai triviale. I rompicapi possono essere di tipo matematico, logico o “intuitivo”, ovvero la cui soluzione si può trovare pensando un po’ fuori dagli schemi. Come detto, se proprio la soluzione ci sfugge, si può ricorrere alla lampadina che ci offrirà un indizio visivo sul da farsi.

Alcuni puzzle sono dei veri e propri minigiochi, che ci vedranno impegnati, ad esempio, in una mano di simil-poker o in un’esperienza di bricolage in cui dovremo interpretare correttamente un manuale di istruzioni in stile Ikea. Ciascuno di questi puzzle sarà in grado di strapparvi un sorriso e farvi spremere un po’ le meningi, insomma vi sapranno intrattenere senza mai risultare frustranti e facendovi divertire. Se siete genitori, rappresentano delle ottime occasioni per divertirsi assieme ai propri bambini, alla ricerca della soluzione.

Questa specie di Forza 4 coi granchi mi ha fatto odiare quel pennuto sbruffone!

Malgrado l’impianto da classica avventura grafica, quindi, Lost In Play presenta diversi elementi che lo rendono un’esperienza fresca, immediata e gratificante: HUD quasi assente, gameplay che alterna punta-e-clicca e puzzle, enigmi dalle logiche sempre diverse. Il tutto compattato in una manciata di ore: personalmente ne ho impiegate 5 per completare l’opera, prendendomi il tempo necessario per contemplare i bellissimi ambienti e le eccellenti animazioni (quasi mai riciclate). Andando spediti ne basteranno 4 per arrivare ai titoli di coda e, malgrado la durata oggettivamente risicata, allungare il brodo sarebbe potuta risultare una mossa controproducente.

Il problema vero è tuttavia la scarsa rigiocabilità: nulla incentiva ad una seconda run, se non la volontà di farlo sperimentare agli amici. In questo senso, avrebbe giovato la presenza di qualche extra, ad esempio poter rigiocare i minigiochi più complessi in una modalità a sé stante, magari in multigiocatore, anche solo locale. Così invece i ragazzi di Happy Juice Games rischiano che la loro opera tanto ben confezionata sparisca in un battibaleno dalla libreria degli utenti, il che è un vero peccato. Speriamo a questo punto in qualche espansione.

A livello tecnico ho registrato un’ottima pulizia generale: l’estetica gradevolissima beneficia dell’assenza di bug (almeno io non ne ho trovati), per un’esperienza complessiva estremamente fluida. Nota di merito per la piacevole colonna sonora, la quale ricorre anch’essa a vocalizzi disarticolati per creare pseudo-canzoni pop accattivanti, e in generale sviluppa temi rilassanti con occasionale ricorso al Mickey Mousing in pieno stile cartoon.

Il tema principale di Lost In Play

Giudizio finale

Lost in Play è un’opera prima decisamente riuscita, che compie in modo eccellente la sua missione: tradurre in videogioco la magia dell’infanzia. Se il mood onirico-fiabesco non fa per voi, lasciate perdere. Se invece avete voglia di evadere per una manciata di ore dai graficoni e dalle narrative “adulte” ed iperrealistiche, vi troverete immersi in un mondo accogliente, con un gameplay rilassante nella sua semplicità ma allo stesso tempo ricco di idee e mai ripetitivo, che potrebbe riuscire a farvi tornare bambini. O, qualora ne aveste, a far divertire i vostri!

This post was published on 22 Agosto 2022 14:00

Alessandro Giovannini

Puoi scrivermi in modo sicuro a: alessandro.giovannini.1990@proton.me Cinema e videogiochi: le mie due più grandi passioni. Da bambino mi alzavo presto la mattina per giocare con il Sega Mega Drive II prima di andare a scuola; passavo i pomeriggi a guardare Terminator 2 fino a consumare il nastro della VHS; impiegavo le serate a cimentarmi nelle avventure grafiche di Lucas Arts su un glorioso PC con Windows 95 in compagnia di mio fratello. Poi è venuta la laurea in cinema, nonché le esperienze di redattore presso siti di informazione cinematografica e gaming. Su Player mi sono specializzato in analisi di mercato e monografie su developers e franchise storici della gaming industry. Ho anche lanciato la newsletter Gamer's Digest che offre una rassegna settimanale della principali novità dell'industria del gaming. Primo videogioco: The Adventures of Captain Comic (DOS) Videogioco console casalinga preferito: Final Fantasy VII (PSX) Videogioco console mobile preferito: Advance Wars (GBA) Piattaforme di gioco possedute: Super Famicom, Game Boy Color, Mega Drive II, PSX, PS2, PS3, PS4, Xbox One S, PC.

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