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Thymesia | Recensione PC | Souls-like e pestilenza

Negli ultimi anni abbiamo osservato un’ondata di souls-like e giochi che traggono ispirazione dal successo della saga From Software. Ma la triste realtà è che pochi realmente sperimentano o implementano correttamente il genere. Troppo spesso si ha la sensazione di giocare un Dark Souls con una skin diversa invece di un gioco con una propria identità.

Thymesia è un gioco sviluppato da OverBoarder Studios, uno studio Taiwanese di sette persone, e pubblicato da Team 17. Nonostante sia un piccolo progetto indie, Thymesia riesce a trovare una sua identità, almeno per il suo gameplay. Personalmente credo che in giro ci dovrebbero essere più giochi come Thymesia: più giochi coraggiosi che tentano di innovare generi e meccaniche ormai già stabilite.

Detto questo ahimè, Thymesia non è tutto così, ora vi spiego.

Frenesia portami via

Si possono potenziare le cure, esattamente come nei souls

Partiamo con la punta di diamante: Il gameplay è dannatamente divertente.

Tutto il gioco gira attorno ad un concetto originale: La pestilenza ha donato alle creature una potente rigenerazione. Infatti i nemici rigenereranno le ferite col tempo se non infliggeremo dei danni. A tutti gli effetti questo dona agli avversari due barre della vita, una fisica e una pestilenziale. Quella pestilenziale rappresenta quanto può ancora rigenerare.

Per farmi un esempio, se un nemico avesse 100 HP, e noi gli infligessimo 40 danni fisici, avrebbe 60HP fisici e 100 pestilenziali. Dopo qualche escondo senza subire danni, gli HP fisici si rigenereranno raggiungendo quelli pestilenziali. 

Avremo a disposizione due macro-tipi di attacchi: 

  • Fisici. Fatti con la sciabola, faranno prevalentemente danno fisico ma anche una piccola percentuale di danno pestilenziale.
  • Pestilenziali. Fatti con l’artiglio pestilenziale, infligeranno un enorme quantità di danni pestilenziali ma nessun fisico.

Il combattimento è quindi un costante bilanciamento tra i due attacchi e le barre della vita risultando veloce e incalzante. In più le animazioni sono veloci e la responsività dei comandi è elevata. 

Ad aumentare l’effetto frenetico del combattimento vi è una gestione furba del parry. In un gioco dove la velocità è l’obiettivo, il parry è uno strumento veloce che devia completamente l’attacco, anche quelli ad area ed infliggere danni al nemico che ha eseguito l’attacco deviato. Il risultato è divertente ma forse un po’ troppo forte.

In più avremo un attacco a distanza che potremo usare per colpire creature particolarmente dannose a distanza ravvicinata e per rompere la guardia di alcuni nemici durante degli attacchi speciali.

La ciliegina sulla torta del combattimento di Thymesia è la possibilità di usare delle armi pestilenziali, cioè le armi possedute dai nemici che ci permetteranno d’imitare alcuni dei loro attacchi. Ammetto che colpire i nemici con la loro stessa medicina è particolarmente divertente.

Il più grande difetto del combattimento è invece una casuale e controintuitiva gestione della postura. La postura negli action RPG e nei souls-like e la capacità dei nemici di non essere interrotti nelle loro azioni dopo esser stati colpiti. Tutti i nemici di Thymesia, senza distinzione alcuna, hanno una postura altissima. Ancora ora, dopo averlo finito, non ho ben realizzato cosa rompa la postura se non azzerrare gli HP fisici o usare attacchi speciali. Questo comporta che molto spesso verremo colpiti da combo dei nemici perché non è possibile interromperli il che può risultare estremamente frustrante. Giocando però è facile adattarsi a questo problema e il nostro caro amico overpowered “il parry” ci verrà in aiuto.

Tutti questi elementi sono conditi da una crescita veloce e intuitiva. Ci sono tre statistiche principali che migliorano i danni e la salute, ogni livello dona un punto per le statistiche e un punto abilità. Vi sono diversi alberi abilità che offrono approcci alternativi alle stesse meccaniche e attacchi. Potremo rimuovere e reinserire i punti abilità nelle abilità a ogni punto di respawn risultando molto facile sperimentare prima di prendere una scelta. Ad esempio, io cambiavo i talenti a ogni boss fight rendendomi la vita molto più facile. Inoltre i punti abilità non sono abbastanza per sbloccare tutte quelle fornite, il che è stato una piacevole sorpresa.

Il resto della struttura è presa a piè pari dai Souls Like. Livelli labirintici con distribuiti punti di rinascita simili ai “falò” in cui sarà possibile potenziare le proprie cure, salire di livello, acquisire nuove abilità, riposare ecc.

Le cure nello specifico vengono sotto forma di tre tipi di pozioni che possiamo equipaggiare (di cui spesso finiremo a utilizzare solo una) e che potremo potenziare non solo in termini numerici ma con degli ingredienti che troveremo nelle mappe di gioco che daranno ulteriori bonus, quali resistenza al danno, danni aumentati ecc.

Enorme nota di demerito per le cutscene che partono a ogni boss fight rendendo riprovarle tedioso e irritante.

Insomma Thymesia cerca una sua identità e la ottiene, sperimenta e riesce, eppure in alcuni punti casca come se nulla fosse, andando ad intaccare un gameplay che rimane comunque eccellente ma che poteva (e doveva) essere meglio. 

Ho grandi aspettative a riguardo per i prossimi giochi di OverBoarder Studios.

Alla ricerca di una panacea

L’NPC citato qui sotto

Thymesia vede protagonista Corvus, un oscuro e misterioso individuo alla ricerca di una cura alchemica per la pestilenza.

Tristemente, Thymesia non sembra sperimentare e innovare nel comparto narrativo come con il gameplay. La trama è confusa e spiegata male, manca completamente di contesto e risulta dunque anonima. Non solo, cavalca l’onda di molti tropoi (stereotipi narrativi legati al genere) e risulta a tratti anche imbarazzante.

Mentre giocavo infatti pensavo in continuazione che la trama fosse la trama generica di un souls like generando un me un rapporto di amore (verso il gameplay) e odio (verso la trama). 

Essendo anche un gioco breve, finito in 7 ore quasi al 100%, c’è realmente molto poco da dire.

Ad esempio, da qualche parte vi è anche un NPC che incontrete una sola volta, vi dirà due cose in croce e poi sparirà senza rivederlo mai più.

La sensazione che ho provato in generale è che OverBoarder Studios pianificasse di fare le cose molto più in grande ma si è scontrato con la mole di lavoro decisamente fuori obiettivo.

Thymesia ha molteplici finali, raggiungibili tramite una scelta (che potremo ripetere, cambiando finale senza dover completare di nuovo il gioco) che il gioco si dimentica completamente di spiegare. Non nascondo che quando ho scoperto ci fosse la scelta mi sono sentito tradito dagli sviluppatori che non mi avevano avvisato che leggere gli ottocento documenti sparsi per le mappe sarebbe servito. Menomale che esiste il registro che permette di consultarli in qualunque momento, ma il tradimento rimane.

L’obiettivo generale della trama sembra quello di creare quest’alone di mistero e meraviglia grazie all’alchimia, la disciplina che dovrebbe essere origine della cura ma anche della malattia stessa. L’idea sulla carta è interessante, ma l’esecuzione è superficiale e povera.

La trama di Thymesia è dunque non solo anonima ma ha tratti irritanti. Se ignorata, ed è facile farlo considerata la natura del gameplay, l’esperienza di Thymesia rimane intoccata. 
Insomma, se cercate il senso di meraviglia e scoperta dei souls like vi consiglierei di cercare altrove.

Paesaggi Pestilenziali e labirintici

Uno degli ambienti più interessanti

Il comparto tecnico e visivo risulta decisamente migliore di quello narrativo. Per essere un indie risulta generalmente piacevole all’occhio, in parte grazie al motore grafico di Unreal, in parte grazie al design di alcuni dei livelli.

Thymesia sotto questo punto di vista non innova, non sperimenta ma non fa neanche passi indietro, rimane esattamente come ci si aspetta un action RPG creato da 7 persone sia: sufficiente a fare il suo lavoro. 

Il design dei nemici e dei boss è accattivamente e si nota quasi subito la differenza di attenzione data a questi piuttosto che ai luoghi, favorendo i primi.

Per quanto riguarda le prestazioni, Thymesia è un gioco che a me non ha dato nessun problema, ma potrebbe, e dovrebbe, avere un’ottimizzazione migliore. Fare 70FPS con tutto al massimo e una RTX 2070 SUPER non è esattamente giustificato dalla qualità grafica. Faccio più framerate su Metro Exodus che ha qualità decisamente più elevata.

Ho trovato un solo bug, abbastanza game-breaking, che ha reso immortale un nemico obbligandomi a fuggire. Mi è capitato una sola volta e mi aspetto che lo fixino relativamente presto.

Musiche altalenanti e doppiaggio fantasma

Il bug del nemico immortale, in questo caso era anche bloccato

Il comparto sonoro è invece di qualità altalenante: la maggior parte dei brani è adatta e ottima qualità, qualcuna più di altre.

Gli effetti sonori seguono la stessa scia e contribuiscono il giusto a dare la giusta pesantezza ai colpi.

Ciò che mi ha lasciato perplesso è la mancanza assoluta del doppiaggio. Non so se è dovuto alla copia in anteprima ricevuta o alla versione definitiva (nel caso aggiornerò la recensione), ma le cutscene così come i dialoghi hanno solo i sottotitoli senza doppiaggio. 

Ora, come potete ben immaginare, combattere una bossfight dove bisogna effettuare dei parry con un timing preciso e leggere i sottotitoli non vanno d’accordo. Un altro elemento che mi ha dato un leggero retrogusto di superficialità.

La traduzione italiana invece l’ho trovata adeguata con eccezione alcuni elementi non tradotti, non capisco perché.

Giudizio finale

Thymesia è un ottimo inizio per OverBorder studios: nonostante la trama pessima e alcuni difetti di superficialità, le innovazioni e le idee brillanti di gameplay sostengono il titolo e lo rendono un cocktail divertente e frenetico, colmo di botte da orbi e pestilenza, donando al giocatore un’esperienza diversa e piacevole. Ho grandi aspettative per il futuro di OverBorder Studios.

This post was published on 16 Agosto 2022 14:00

Pasquale Monniello

Game designer, Dungeon master nonché Informatico. Ho imparato a giocare al computer prima di saper leggere, imparando a memoria i tasti da premere e le icone da cliccare. Passo almeno metà della mia esistenza a giocare o a creare esperienze di gioco.

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