Vi manca Elden Ring?
Ci avete passato ventordicimila ore e ora siete vittima di horror vacui?
Provate The Tarnishing of Juxtia!
Ok in realtà i due giochi non centrano granché.
Cito il titolo di FromSoftware solamente perché sono gli stessi autori del gioco a farlo: nella pagina Steam si dice che il gioco “combina un’estetica dark fantasy e una colonna sonora di struggente bellezza con un impegnativo gameplay action RPG 2D ispirato ai Souls“.
Tutto vero, anche se alla prova dei fatti il sistema di combattimento dei due giochi risulta profondamente diverso.
Per questo motivo non farò quasi alcun riferimento ai Souls nel corso di questa recensione, anche perché credo che The Tarnishing of Juxtia non ne abbia bisogno, se non per ragioni di marketing: il “metroidvania” (non lo è propriamente, ci arrivo subito) sviluppato da Actual Nerds ha tutte le carte in regola per stare in piedi da solo, senza essere spacciato per emulo di altre IP.
Non è un titolo perfetto, ma può regalare ore di sano divertimento a tutti coloro che amano gli action 2D frenetici.
Voglio iniziare questa recensione parlando proprio del gameplay poiché in The Tarnishing of Juxtia è questa la componente principale, non certo la narrativa né il comparto artistico, per quanto ispirato. L’impianto è quello di un metroidvania, anche se con delle semplificazioni sotto l’aspetto esplorativo: il focus è infatti tutto sul combattimento. Partiamo però dal primo aspetto.
In The Tarnishing of Juxtia il nostro compito è esplorare le terre di un regno misterioso e decadente, diviso in tante regioni diverse. Ognuna ha la propria caratterizzazione estetica e conformazione, costituita di un numero variabile di stanze. Queste stanze hanno grandezze differenti, ed un numero non inizialmente noto.
Come in qualsiasi metroidvania, sta a noi esplorare il mondo e scoprirne tutti gli anfratti, aiutandoci nell’orientamento grazie ad una mappa che si aggiorna in tempo reale e che possiamo richiamare in qualsiasi momento. La mappa mostra i nomi delle regioni, ne evidenzia le stanze con colori diversi, sottolinea la presenza di elementi chiave ed eventuali collegamenti tra stanze non contigue.
Ciò che viene meno rispetto ai classici esponenti del genere sono la struttura labirintica e il backtracking necessario: entrambi questi aspetti sono molto limitati, intenzionalmente. Per quanto piacevoli da esplorare, le stanze hanno una interattività quasi nulla, non dispongono dei classici passaggi segreti che il genere propina sovente (pareti illusorie in primis) e appaiono molto straightforward: tutt’al più è presente qualche scorciatoia apribile trovando la leva corrispondente. Vi basterà fare avanti e indietro un paio di volte per le stesse stanze per memorizzarne struttura interna ed importanza. Gli oggetti sparsi nella mappa di gioco sono presenti in numero piuttosto esiguo, non sono nascosti agli occhi del giocatore e soprattutto non sono quasi mai fondamentali: gli oggetti chiave necessari ad avanzare nell’avventura sono forniti dai boss sconfitti, il che rende spesso futile il backtracking, al di fuori di motivi di completismo o farming.
A livello di macrostruttura, la mappa si presenta costruita grossomodo a raggiera, con un hub centrale da cui dipartono percorsi esplorativi in tutte le direzioni. Le regioni sono oltre una decina ed esplorarle da cima a fondo vi richiederà un buon quantitativo di ore, che ovviamente dipendono in gran parte dalla vostra abilità in combattimento. Solitamente una stanza contiene un numero variabile di avversari, uno o al massimo due oggetti e un qualche ostacolo ambientale, siano essi burroni, spuntoni, sbarramenti o altro.
Ci sono anche stanze più particolari: oltre alle arene dei boss, vi sono quelle che contengono un oggetto raro e quelle delle orde. Le prime sfidano il giocatore a delle prove di abilità, ovvero attraversare spazi pieni di trappole e/o nemici in cui è necessario muoversi con il giusto tempismo per evitare di fare una brutta fine; a questo proposito va segnalata una scelta degli sviluppatori a mio parere molto intelligente, ovvero il mancato game over in seguito alla caduta in un precipizio: in questo caso infatti si perde solamente un po’ di energia e si respawna sull’orlo del baratro, evitando inutili e frustranti tempi morti.
Le stanze delle orde sono invece delle aree in cui saremo momentaneamente rinchiusi fino a che non avremo sbaragliato i nemici; questi ultimi appariranno in diverse ondate. Si tratta di sfide dalla difficoltà crescente che, specie nelle fasi finali dell’avventura, possono mettere a dura prova. Nulla di insormontabile comunque, se ce l’ho fatta io…
L’interconnessione tra stanze e regioni diverse è presente ma piuttosto limitata.
Questa carenza di scorciatoie alla lunga finisce per diventare un peso: è vero che occasionalmente troveremo degli ascensori per accelerare i percorsi verticali, o dei punti di trasporto rapido, ma questi sono pochissimi e piazzati in posizioni non troppo comode; questo porta ad un semplice risultato: il giocatore sarà incoraggiato ad esplorre completamente una data area prima di passare alla successiva. A venir premiato è il metodo, in sostanza, invece di un approccio più libero.
Questo è sicuramente un difetto riguardante il level design poiché vanifica in parte la suddetta interconnessione (ribadisco, piuttosto limitata): tanto per fare un esempio, non avremo più alcun motivo di ritornare nelle prime due regioni, una volta superate la prima volta.
Quanto alla struttura delle stanze in sé, esse sono sempre piacevoli da navigare: la mobilità del nostro avatar consente di compiere acrobazie piuttosto velocemente, cosicché attraversare aree abbastanza grandi richieda solo pochi secondi, alternando con grazia corsa, capriole e scalate. Certo, spesso le spazi pullulano di nemici perciò non potremo andare a zonzo a cuor leggero, ma comunque il gioco mi ha sempre restituito una sensazione di leggiadria che ha reso gradevoli i miei vagabondaggi.
L’attività in cui The Tarnishing of Juxtia ci impegna per la maggior parte del tempo è il combattimento.
Come detto all’inizio dell’articolo, il gioco è un action RPG, nello specifico build-oriented: le statistiche su cui è possibile investire livelli sono Forza, Destrezza, Costituzione, Potenza Magica e Difesa Magica (i nomi li ho dati io dato che nel gioco tali attributi sono semplicemente rappresentati da simboli colorati).
Le scelte di build alla fin fine sono ridotte all’osso: forza pura, destrezza pura, forza/destrezza mista (ci sono armi quality), magia pura (estremamente difficile causa scarsità di equipaggiamenti) o un misto di tutti gli attributi che però mi sento di sconsigliare perché si rischiano problemi di vario genere come dps o difesa nelle fasi più avanzate.
Nello specifico all’interno della mia run ho optato per una build Dex e mi sono trovato molto bene: la curva di difficoltà si è dimostrata equilibrata per tutta la partita, con la giusta alternanza di momenti più facili ed altri più impegnativi, boss fights appaganti e assenza di frustrazione.
Detto questo, io gioco abitualmente i Souls e morire spesso non mi spaventa: dicendo che il gioco è equilibrato sto comunque mettendo in conto un buona dose di trial&error, muri momentanei che obbligano il giocatore a farmare per un minimo, studio di moveset e hitbox dei nemici e soprattutto un elemento: la padronanza della meccanica principale di tutto il combat system, denominata dagli sviluppatori Energy Rush.
The Tarnishing of Juxtia vi incentiva a rischiare: dare un colpo in più o in meno fa molta differenza in uno scontro. Non si tratta solo della classica meccanica di gestione stamina ed equilibrio, che funzionano grossomodo come nei Souls (ogni colpo/azione consuma stamina, che va sempre tenuta d’occhio; un numero sufficiente di colpi può stunnare una avversario per una manciata di secondi) ma anche del riempimento di un indicatore.
Una volta riempita la barra sarà possibile attivare la Energy Rush, ovvero un boost di mana e stamina.
In sostanza avremo una finestra di qualche secondo con tali parametri al massime, avendo quindi la possibilità di poter utilizzare continuamente incantesimi o menare fendenti per infliggere danni fuori scala. Ovviamente questo non ci rende invincibili quindi non si può certo spegnere il cervello e limitarsi a menare a più non posso: il vantaggio ottenuto sarà comunque sufficiente a spazzar via molti nemici con potenti sequenze di attacchi.
L’indicatore di riempimento dell’Energy Rush, però, si azzera nel giro di pochi secondi: dunque per riuscire ad attivarla dovremo prima piazzare un buon numero di colpi in un breve lasso temporale. Il numero di colpi necessario dipenderà dal tipo di arma e dal suo peso: le armi leggere come coltelli e fioretti richiederanno un numero di colpi inferti maggiore rispetto ad armi pesanti come spadoni e martelli.
In generale quindi il gioco tiene sempre sull’attenti, spronando il giocatore ad adottare un approccio aggressivo al combattimento, tanto più che non si possono parare i colpi/incantesimi degli avversari (anche se esistono alcuni rari incantesimi di deflessione): ogni scontro è quindi una danza attorno all’avversario, per schivare i suoi fendenti e sfruttarne le finestre per concatenare colpi il più velocemente possibile. Un’impresa appagante, sebbene particolarmente ardua contro le già citate orde e ancor più durante le molte boss fights.
Infine, l’Energy Rush riempie anche la carica del potere speciale: ognuno di essi è legato a una reliquia diversa, che otteniamo quando sconfiggiamo un boss; queste reliquie hanno effetti variegati, tendenzialmente distruttivi e tendenzialmente divertenti da vedere in azione.
Alcuni hanno tempi di lancio piuttosto elevati quindi sarà sempre necessario attendere il momento giusti per scagliarlo, ma ne vale quasi sempre la pena. Sta al giocatore capire quale possa essere più efficace in quale situazione, ed organizzarsi di conseguenza: tanto il potere quanto gli incantesimi vanno equipaggiati, e si può farlo solo quando ci troviamo ad una fontana, equivalente dei falò dei Souls: presso queste fonti possiamo inoltre ripristinare i nostri valori di salute e mana, salire di livello e respawnare in caso di morte.
Nella mia esperienza di gioco la meccanica dell’Energy Rush si è rivelata uno degli elementi più riusciti del titolo: funziona bene ed è ciò che rende i combattimenti davvero adrenalinici.
Sferrare un colpo o attendere? Farsi prendere dalla fretta rischiando una tremenda rappresaglia o agire con più tattica aspettando il momento più opportuno? Ogni scontro, dal più banale al più impegnativo, tiene costantemente impegnati in questa dialettica attendi-o-colpisci, facendo spesso maledire la propria ingordigia. In effetti si innesta una dinamica curiosa in cui il giocatore deve lottare in primis contro sé stesso, ovvero contro l’impulso di mollare quel colpo in più che spesso fa la differenza tra vittoria e sconfitta.
Personalmente l’ho trovata una dinamica molto divertente e stimolante, tiene sull’attenti senza mai annoiare né essere troppo punitiva in caso di fallimento, se non contro boss particolarmente ostici.
Per quanto riguarda avversari e boss nello specifico, essi sono piuttosto variegati e difficilmente vi faranno annoiare: che siano da soli o in compagnia, qualsiasi avversario può dare potenzialmente filo da torcere, disponendo magari di pochi attacchi ma spesso temibili. Fra nemici terrestri e volanti, melee e ranged, più o meno aggressivi, la varietà non mancherà mai, specialmente durante gli scontri con le orde.
Anche le boss fights sono appaganti, richiedono di studiare i moveset degli avversari con una certa attenzione. Ce ne sono di più facili e più difficili da affrontare e molto cambia in base al tipo di arma che utilizzate: con la mia build Dex ho avuto ragione degli avversari più agili, magari soffrendo di più contro quelli puramente magici o impiegando più tempo del normale contro quelli corazzati. Mi sono comunque sembrate tutte delle sfide ben calcolate, anche alla portata del videogiocatore non hardcore, al netto di un discreto numero di retry utili a trovare la combinazione più efficace di arma/magia/potere da equipaggiare.
Ho riscontrato occasionalmente qualche piccola criticità nell’individuazione delle hitbox avversarie e le finestre per le schivate, specie contro gli attacchi ad area o spazzata. A questo proposito può essere molto utile cambiare il tipo di schivata: all’inizio disponiamo solo della capriola ma più avanti potremo scegliere, sotto forma di accessorio equipaggiabile, di adottare uno scatto fulmineo ma a più corto raggio. Se gli attacchi dell’avversario di turno continuano a colpirvi, provate semplicemente a switchare il tipo di schivata: potrebbe risolvere molti problemi.
Infine, oggetti ed equipaggiamenti sono numerosi e variegati, anche se non tutti utili allo stesso modo: questo problema riguarda soprattutto alcuni artefatti (accessori equipaggiabili che offrono bonus attivi o passivi), i cui bonus che si sono rivelati quasi inutili: basti menzionarne uno che garantisce un regen talmente lento da essere completamente inutile, o altri che garantiscono boost a danni o statistiche troppo irrisori per costituire una valida scelta. Intendiamoci, nulla che non si possa risolvere con qualche patch correttiva: mi auguro che lo facciano perché è poco soddisfacente trovare un oggetto di cui ben presto capisci che non ti servirà a niente.
Detto tutto questo, sì, c’è anche una storia. Qui il titolo mostra un po’ il fianco: sebbene la premessa sia interessante e la trama riservi qualche colpo di scena, la narrativa rimane ancorata a canovacci troppo classici, e la sua misterizzazione alla FromSoftware non ne aumenta il fascino, anzi la rende ancor più superflua. È un peccato perché tanto valeva renderla più esplicita, avrebbe forse coinvolto di più il giocatore rendendolo più partecipe degli avvenimenti. Invece così rimane sarete quasi tentati di far avanzare i dialoghi velocemente (fortunatamente sono tanto brevi da farsi leggere senza timore di annoiarsi).
In sostanza ci troviamo a vestire i panni (anzi le bende) di un essere creato dal nulla da Juxtia, un dio decaduto, che ci nomina suo campione e ci affida il compito di reclamare le terre ormai in rovina del suo regno, devastato dall’invasione di Drelium, divinità rivale. Nel corso delle nostre peregrinazioni ci imbatteremo in altri personaggi, scoprendo un pochino di più sulla storia del mondo e svelando qualche altarino. Il problema con questa narrativa è che sembra in buona parte abbozzata, specie riguardo gli NPC: essi sono spesso portatori di storie che non vengono mai davvero raccontate, si limitano a poche righe suggestive dalle quali dovremmo ricavare chissà quale backstory.
La mia sensazione è che gli sviluppatori avessero voluto elaborare trame più dettagliate, forse vere e proprie quest legate ad alcuni personaggi, ma tali propositi sono stati poi abbandonati: così si spiegherebbe il fatto che molti di questi li incontriamo una volta e mai più; che solo una piccola parte di essi si sposti all’hub centrale e comunque il loro arrivo non inneschi nessun altro evento particolare; che il fatto di incrociare ripetutamente un guerriero itinerante non si traduca mai in alcuna interazione specifica con esso, né in senso cooperativo né oppositivo. Da questo punto di vista si doveva fare di più.
Niente da dire invece sul fronte del notevole design artistico: il 2D fa grande uso di parallasse per restituire scenari dettagliati, ognuno con una sua personalità, fatta di scorci evocativi, percorsi insidiosi e dominanti cromatiche che li distinguono chiaramente uno dall’altro. Tra rovine sommerse, fortezze diroccate, giardini lussureggianti e alti castelli la varietà non manca di certo e contribuisce a restituire l’impressione di un vasto reame decaduto, ormai al suo crepuscolo.
Anche gli sprite del nostro eroe e degli avversari sono sufficientemente caratterizzati e piacevoli alla vista. I capi di equipaggiamento sono numerosi e componibili e veri e propri set che donano al nostro eroe un gamma di uniformi utili al gameplay tanto quanto allo spirito fashion che alberga in ognuno di noi. Gli avversari più grossi sono spesso un tripudio di dettagli colorati, che permettono di apprezzare tanto gli ingranaggi di un automa quanto le escrescenze di un mostro repellente.
Buoni risultati anche sul fronte sonoro, seppur meno esaltanti: il sound design in generale fa uso di pochi effetti, ama buoni, anche se alla lunga un po’ ripetitivi. La colonna sonora è molto discreta, nel senso che interviene solo in alcuni momenti salienti e durante le boss fights, lasciandoci immersi nel silenzio per la maggior parte dell’avventura. È una scelta autoriale comprensibile e che aggiunge atmosfera all’esperienza, pur alimentando un sospetto di lassismo: i temi non sono particolarmente memorabili e, combattimenti a parte, durano lo spazio di qualche decina di secondi. Rimane un commento sonoro efficace, anche se probabilmente fatto al risparmio.
Infine il fattore longevità: gli sviluppatori dichiarano una ventina di ore di durata per l’avventura, ed è più o meno azzeccato. Personalmente ne ho impiegate poco più di 18, con un discreto numero di retry. Va da sé dunque che la rapidità di completamento dipende in grandissima parte dall’abilità del giocatore. La presenza di due finali possibili e del New Game +, che consente il mantenimento di statistiche ed equipaggiamento a fronte di un sensibile aumento di difficoltà, giustifica senz’altro almeno una seconda run, per un’esperienza complessiva che sarà in grado di intrattenervi per diverse decine di ore.
The Tarnishing of Juxtia è solido action RPG, basato su una meccanica tanto semplice quanto intrigante: la brama di voler sferrare quel colpo in più talvolta vi costerà caro, talaltra vi garantirà la vittoria. Attorno a questa idea vincente Actual Nerds ha imbastito uno pseudo-metroidvania dalla pregevole estetica e dalla sicura rigiocabilità. Qualche difetto di contorno – narrativa in primis – non pregiudica il divertimento.
This post was published on 2 Agosto 2022 18:30
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