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Teenage Mutant Ninja Turtles: Shredder’s Revenge-‘na spremuta di anni ’80 | Recensione (PS4)

Partiamo dalla fine: Teenage Mutant Ninja Turtles: Shredder’s Revenge, l’ultimo gioco dedicato al fortunato brand anni ‘80, è l’apoteosi dell’omaggio cultura pop di quel decennio, in tutti i suoi aspetti.

Dalla grafica al mood di gioco, tutta la costruzione di questo beat ‘em up è quel che si dice una “spremuta” di quel decennio, un omaggio integralista che finisce per risucchiare il giocatore nel puro nostalgismo. Il che è un’arma a doppio taglio, soprattutto oggi, soprattutto in un 2022 in cui gli anni ‘80, ragazzi, sono ovunque! 

C’è Cobra Kai (con relativo videogioco beat ‘em up), c’è Stranger Things, c’è tutta una branca di “tributi” che hanno ispirato parte di tutto quel di cui stiamo parlando in queste righe e che potrebbero far definire Shredder’s Revenge come l’ennesimo gioco celebrativo.

È così? Si tratta di qualcosa di dimenticabile? 

Proviamo a scoprirlo assieme.

Cowabunga, sempre!

Shredder’s Revenge è un perfetto esempio di beat ‘em up, tutto incentrato sull’affrontare dei livelli che sembrano dei campi di battaglia, lineari e a scorrimento come nostalgia comanda.

Il gioco permette al giocatore di affrontare le varie sfide in solitaria o in team, scegliendo di volta in volta quale delle quattro tartarughe usare per pestare a sangue gli scagnozzi del caro vecchio Shredder (che, come al solito, passa il suo tempo portando il terrore sulle strade di NYC).

Si tratta di una formula talmente collaudata da apparire quasi stantia, soprattutto se messa a confronto con operazioni simili come il recente Cobra Kai: The Karate Kid Saga Continues. C’è anche da sottolineare che questo è un problema relativo perché, probabilmente, il giocatore medio di Shredder’s Revenge desidera esattamente questo genere di prodotto. Un videogioco con meccaniche quasi archetipiche, che costituiscono l’architrave di un omaggio ai tempi che furono, senza infiltrazioni dal futuro.

La formula è senza dubbio molto semplice, complice la mappatura dei comandi intuitiva ed immediata che permette al giocatore di dare mazzate a destra e manca senza particolari problemi. Di barra della vita in barra della vita, il giocatore si troverà ad affrontare ondate della vita da sinistra a destra; GO RIGHT di Streets Of Rageiana memoria preso alla lettera, insomma.

Da questo punto di vista è piacevole constatare che la formula di gameplay di Shredder’s Revenge, con tutto il suo integralismo, riesca perfettamente nel ricreare il mood di un altro tempo mettendo a disposizione del giocatore giusto tre vite. Questo è tutto quello che separa il giocatore dal game over: questo elemento, unito alla lunghezza e varietà dei livelli, finisce per andare a ricostruire per il bene l’animo da coin op che ha ispirato il titolo. Proprio per questo, anche se non possiamo certo dire che Shredder’s Revenge sia un titolo “difficile”, i suoi livelli sono impegnativi e appaganti al punto giusto.

Come potrebbe essere già chiaro, complici anche le caratteristiche sopra elencate, TMNT è in grado di dare il meglio di sé in cooperativa, specie se il party si scatena al punto da trovare combo e sinergie per poter portare a termine i vari livelli nella maniera più indolore possibile. Shredder’s Revenge, in sostanza, è un gioco in grado di dare il meglio di sé in compagnia di amici, patatine e coca cola. In solitaria, invece, questo titolo rischia di spazientire in breve tempo i giocatori poco avvezzi alle crudeltà tipiche della sala giochi.

Dentro gli anni ‘80

Il fronte dove forse più di tutti quest’ultimo videogioco a tema tartarughe ninja si muove con grande perizia è il comparto tecnico e sonoro.

Anche da questo punto di vista partiamo subito con il dire che il titolo chiaramente non rivoluziona niente con la sua estetica o pixel art; sono entrambi elementi di richiamo per chi è interessato all’aspetto nostalgico della cosa.

Senza però dover puntare su una disamina profondamente tecnica vorrei sottolineare lo sguardo sull’aspetto emotivo. Quello messo in piedi da Tribute Games è uno strumento per ricreazione delle sensazioni appartenenti al passato.

È bastato avviare il gioco per avere una dolce epifania e tornare indietro nel tempo, ad un pomeriggio invernale di metà anni novanta, con al posto del Dualshock 4 un pad del Super Nintendo. A dare questo non è tanto la presenza di animazioni stilizzate o sagome cartoony, né l’utilizzo dei vezzi stilistici dei fumetti per far alzare le nuvole di polvere alla corsa. È la somma di mille elementi: la mappa che compare tra un livello e l’altro, le forme degli edifici, le prospettive un po’ sghembe o persino l’user experience un po’ datata. Tutto è old school, in maniera quasi sfacciata e confusionaria.

Come in vari prodotti analoghi, si tratta di una serie di scelte artistiche ben precise costruite con cura, che elevano tantissimo l’atmosfera e l’immedesimazione, agendo su un piano più profondo rispetto alla semplice ricostruzione d’epoca. 

Esperimenti come questi servono anche a far comprendere quanto siano potenti determinate correnti artistiche, se utilizzate nella maniera corretta, per avere un piglio emotivo ed efficiente sui giocatori. È l’utilizzo del dettaglio come mezzo funzionale, l’instaurazione di feeling con il giocatore: tutta una serie di elementi in grado di rendere l’opera tanto pop quanto intensa, specie se ricolleghiamo il tutto al brand a cui appartiene.

Nato come fumetto indipendente negli anni ‘80 (il collettivo che lo disegnava voleva realizzare una amorevole parodia delle opere di Frank Miller come Daredevil o Ronin), TMNT si è evoluto in base alle linee editoriali delle varie testate su cui è stato pubblicato finendo poi per partorire anche uno dei cartoon più apprezzati dell’epoca. Da li in poi film, serie televisive, gadget, altri fumetti e soprattutto videogiochi. Teenage Mutant Ninja Turtles è solo l’ultimo tassello di questa storia.

Un progetto che ha finito per rappresentare un periodo d’oro dell’intrattenimento americano fra anni ‘80 e ‘90, e che richiama con forza la forza espressiva delle prime console da casa, portando con sé sfumature della cultura pop del tempo con sfacciataggine e stile. Riportare il tutto a una dimensione di rappresentazione videoludica come quella di Shredder’s Revenge è un assoluto atto d’amore  e un omaggio potentissimo a quella golden age, in grado di dare ai giocatori un perfetto modo per sfogare genuinamente l’amore per quell’epoca. 

E questo significa tantissimo, gameplay “manieristico” o meno. 

Shredder’s Revenge è un ottimo esempio di omaggio al passato, tanto sotto il profilo di gameplay quanto di quello artistico. è di sicuro un prodotto di nicchia e costruito anche attraverso una certa intransigenza, ma che riesce a colpire il bersaglio grazie a una direzione creativa adeguata, che riesce a rispettare tutte le sue premesse.

This post was published on 15 Giugno 2022 17:00

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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