Ci sono volti che, più che essere dei semplici visi, sono dei veri e propri marchi a fuoco: rimangono impressi nella mente di ognuno di noi in maniera indelebile, pronti a scaraventarci indietro nel tempo non appena riusciamo a scorgerne i lineamenti in un trailer, sulla copertina di una rivista, sul cartone del latte o, addirittura, in un videogame!
Scienziati di comprovata competenza hanno ulteriormente dimostrato che, in alcuni casi, la vista del personaggio da idolatrato, qualunque sia il contesto, causa uno strano ed incontrollabile movimento delle mani che, con ineluttabile precisione, si dirigeranno verso il portafogli, con il solo scopo di elargire il “giusto tributo” per assaporare l’agrodolce gusto della nostalgia canaglia.
Con il passare del tempo, in molti, troppi, hanno sfruttato questo meccanismo per le più bieche operazioni di marketing, con lo scopo di mungere un’utenza non più di primo pelo sfruttandone il punto debole: i miti della loro giovinezza.
Che si tratti di un merch di dubbia qualità, di un sequel di cui nessuno sentiva il bisogno, di una linea prodotti per l’igiene personale, il messaggio è sempre il medesimo: spremere, fino all’ultima goccia ed anche oltre!
Non posso nascondervelo: è con questo spirito che ho accolto la notizia della recensione in cui mi sarei dovuto imbarcare.
“Cla, non puoi dire di no a Bruce Campbell!”
Hai ragione, Simone (il nostro irreprensibile PR), hai dannatamente ragione, mi conosci troppo bene; io sono esattamente come la categoria descritta poche righe più su: mi è bastato leggere Evil Dead per convincermi. Tuttavia, lo scetticismo di fondo rimaneva intatto: a cosa serve l’ennesimo multiplayer asimmetrico, soprattutto in un mondo in cui esiste già Dead by Daylight? Dietro la rassicurante motosega di Ash c’è solo fanservice, oppure c’è anche un po’ di qualità?
In parole povere, alla luce di quanto finora esposto: abbiamo veramente bisogno di Evil Dead The Game?
Se anche voi siete pervasi dagli stessi dubbi, non vi resta che scorrere le righe che seguono, alla scoperta di tutto ciò che la creatura di Saber Interactive ha da offrirci.
Un gameplay diretto e divertente
Un breve tutorial ha il compito di catapultarci all’interno di Evil Dead The Game, spiegandoci che cosa dovremo esattamente fare per giungere alla vittoria finale. Dopo aver scelto se schierarci dalla parte degli umani o del demone, saremo trasportati in una delle mappe di gioco; il nostro equipaggiamento sarà ridotto all’osso e, per questa ragione, dovremo subito metterci alla ricerca di qualcosa di più utile ai nostri scopi e, fortunatamente, non dovremo faticare molto per trovare ciò di cui abbiamo bisogno.
Esplorando i luoghi circostanti, potremo raccogliere oggetti curativi, fiammiferi, talismani e, ovviamente, armi bianche e da fuoco. Come in ogni multiplayer che si rispetti, gli oggetti che compongono il nostro arsenale avranno diverse rarità, con un diverso colore che ce le farà immediatamente distinguere; ovviamente, ritroveremo molte delle armi più note della saga, tra cui la motosega ed il fucile a pompa di Ash, ma ci soffermeremo in seguito su questo aspetto.
Il nostro scopo sarà quello di trovare e distruggere il Necronomicon, e per farlo dovremo compiere tutta una serie di step, tra cui recuperare tre pezzi della mappa, una pagina mancante del famigerato libro dei morti e l’anello kandariano, che ci consentirà di affrontare il boss finale e di ottenere la vittoria.
Va da sé che, in tutto questo, i nostri nemici non staranno di certo a guardare!
Se decideremo di prendere le parti del demone kandariano, il nostro scopo sarà quello di mettere i bastoni tra le ruote agli altri personaggi, disseminando trappole nei vari scenari, aprendo portali per evocare scheletri, demoni minori o altre creature mostruose o, in alcuni casi, scendendo direttamente sul campo di battaglia.
Come vedremo tra breve, i compiti delle due fazioni sono radicalmente diversi, e questo si tradurrà in diverse strategie da elaborare, l’una basata sull’azione e sulla cooperazione, l’altra sull’attesa e sul colpire al momento giusto, quando si possono causare più danni.
Azione, attesa e strategia
Volendo scendere più nel dettaglio, chiunque si avvicinasse per la prima volta ad Evil Dead The Game inizierà sicuramente con lo scegliere uno dei personaggi umani, che rappresentano la fazione più semplice ed immediata da utilizzare, in cui prevarrà l’elemento del gioco di squadra. Come apprenderemo presto, avventurarsi da soli nella mappa di gioco significherà essere un bersaglio perfetto per un agguato del demone kandariano e, proprio per questa ragione, faremo meglio restare in compagnia, soprattutto di un personaggio votato al corpo a corpo.
Anche in questo caso, infatti, i personaggi saranno divisi per ruolo, tra leader (con abilità capaci di influenzare le statistiche degli alleati), guerrieri, cacciatori e ruoli di supporto; nel corso del match (della durata complessiva di circa 30 minuti), potremo ottenere dei punti abilità, con cui potenziare alcuni tratti dell’eroe da noi scelto. Vogliamo più sicurezza in corpo a corpo? Non abbiamo che da aumentare i danni in mischia! Vogliamo evitare di essere messi al tappeto? Potenziare i punti vita è di sicuro la scelta migliore!
Inoltre, l’oscurità non è decisamente nostra alleata: tutte le trappole in cui finiremo, tutti gli agguati nemici ed il semplice rimanere troppo a lungo al buio (specialmente se si è da soli) faranno aumentare la barra della paura che, una volta che si sarà riempita del tutto, ci renderà esposti alle possessioni del demone kandariano, che potrà prendere il controllo del nostro personaggio per un po’ di tempo ed attaccare i nostri alleati. L’unico modo per prevenire questo rischio consiste nell’accendere le lanterne ed i falò che troveremo sparsi nella mappa di gioco, anche se i fiammiferi saranno sempre merce rara e, perciò, da usare con cautela.
Se sceglieremo di impersonare il demone kandariano, invece, la situazione che ci si presenterà non sarà chiaramente intellegibile, o almeno non da subito. All’inizio, dovremo recuperare delle sfere di energia, con cui piazzare le trappole nei luoghi in cui gli eroi umani dovranno dirigersi per recuperare gli oggetti chiave della missione. Ogni volta che scatterà uno dei nostri trabocchetti, ogni volta che riusciremo a colpire Ash e compagni con le nostre abilità, ed ogni volta che li faremo spaventare, otterremo dei punti esperienza che faranno salire di livello il demone, sbloccando punti esperienza con cui potenziarci, ad esempio riducendo l’energia necessaria per le trappole, aumentando la potenza degli attacchi dei demoni evocati, e via discorrendo, così da rendere ancora più letali le nostre prossime mosse.
Fanservice in quantità industriali
Come ampiamente sottolineato in apertura, questo è forse l’aspetto più scontato di Evil Dead The Game ma, allo stesso tempo, quello su cui il team di sviluppo sarebbe stato maggiormente esposto alle critiche dei fan di vecchia data. Su questo fronte, fortunatamente, possiamo tutti tirare un sospiro di sollievo: l’opera di Saber Interactive è quanto di più fedele alla saga ideata da Sam Raimi.
Il primo aspetto su cui fondiamo questa nostra affermazione riguarda proprio il cast, sia umano che demoniaco. Possiamo trovare ben tre versioni di Ash (basate sulle sue diverse “incarnazioni” nei vari film del franchise) ed altri personaggi che ogni appassionato sicuramente riconoscerà: da Enrico il Rosso a Scotty, da Amanda Fisher a Cheryl Williams, passando per Lord Arthur ed arrivando ad Ed Geteley. Se invece il vostro cuore ha sempre battuto per i villain di Evil Dead, anche in questo caso non avrete di che preoccuparvi: le tre versioni del demone kandariano (Necromante, Signore della Guerra e Burattinaio), insieme al loro “corredo” di evocazioni, rendono giustizia a quanto da noi visto nelle serie di film, e scommettiamo che proverete più di un brivido quando sarete chiamati ad affrontare (o ad impersonare) la versione malvagia di Ash, o quando muoverete i primi passi con il demone kandariano, con quell’inquadratura in prima persona che riconduce subito alle opere di Raimi.
Esplorando la mappa di gioco, non potremo non riconoscere molti dei luoghi cult dei tre film, così come le inconfondibili armi imbracciate dal nostro impavido eroe e dai suoi alleati, che sono doppiati dagli attori originali della saga. Le stesse musiche aiutano non poco a calarsi alla perfezione in quelle atmosfere tanto horror quanto ironiche che hanno da sempre caratterizzato uno dei franchise più apprezzati degli anni ’80.
Realizzazione tecnica e contenuti
Eccoci arrivati a due dei punti più problematici del gioco. Se abbiamo parlato bene del gameplay, sottolineando quanto fosse relativamente facile da apprendere (almeno nei panni dei Sopravvissuti), esso non è comunque esente da criticità, soprattutto sul versante del combat system. Questo si rivela essere piuttosto scarno, fondato unicamente su due tipi di attacchi in mischia e delle finisher move che, nella gran parte dei casi, non uccidono il nemico di turno. Se la linearità di quanto ora descritto appare evidente, questa si trasforma in un chaos in piena regola quando si affrontano dei nemici in gruppo, finendo col mettere in piedi il “festival degli attacchi a vuoto”.
La presenza di veicoli da guidare appare inizialmente enigmatica, in quanto le distanze da coprire tra un punto di interesse ad un altro non saranno mai eccessive; tuttavia, viene quasi automatico utilizzarle come arma con cui falciare intere schiere di nemici in men che non si dica.
Il matchmaking funziona decisamente bene: trovare giocatori disponibili sarà relativamente semplice (anche grazie alla presenza del cross-platform) e, qualora non ci si riesca, si potrà sempre contare sull’intelligenza artificiale.
Dal punto di vista squisitamente tecnico, l’esperienza di gioco è piuttosto fluida, con un framerate stabile e senza grossi cali; tuttavia, il tallone d’achille risiede nella componente estetica che, sotto diversi aspetti, non sembra in linea con quella della maggior parte dei titoli current gen.
Sul fronte contenutistico, l’offerta di Evil Dead The Game sembra essere un pochino striminzita, almeno nel momento in cui vi scriviamo. Le mappe disponibili sono fondamentalmente due (di cui una è la versione alternativa di quella principale), i personaggi sono tredici, mentre sono disponibili anche cinque missioni single player che, di base, ci serviranno tanto per fare pratica con alcune delle meccaniche di gioco quanto per sbloccare alcuni eroi del roster.
Nonostante il titolo riesca decisamente a divertire e ad intrattenere (che dovrebbe essere il fine ultimo di ogni videogame), il timore è che la sua formula, dopo un po’, possa mostrare i suoi limiti, anche a causa della poca varietà contenutistica, che però non è improbabile che possa essere rimpolpata nei prossimi mesi.
Giudizio finale
Evil Dead The Game riesce in ciò che è (o dovrebbe essere) il mantra di ogni videogame: divertire chi gioca. Chiunque abbia amato la saga cinematografica di Sam Raimi non potrà che amare il gioco targato Saber Interactive, che riesce a piazzare tutti i colpi necessari per scatenare l’effetto “nostalgia canaglia” che chiunque sia nato tra gli anni ’80 ed i ’90 conosce benissimo. Il titolo è senza dubbio capace di ritagliarsi il suo spazio in un genere già piuttosto affollato come quello dei multiplayer asimmetrici, grazie a delle meccaniche anche piuttosto originali, ma mostra dei limiti (combat system su tutti) che, insieme ad un’offerta contenutistica un po’ stringata, potrebbero penalizzarne il successo nell’immediato futuro. Nonostante quanto ora scritto, ci sentiamo di consigliare di provare l’esperienza, soprattutto a coloro che siano cresciuti con il poster di Bruce Campbell in camera, l’unico che abbia il phisique du rôle per sgominare un’armata delle tenebre, anche sulle nostre console domestiche.
PRO
- Un multiplayer asimmetrico con feature originali
- Divertimento assicurato, a nostalgici e non
- Il miglior tributo a Evil Dead che si potesse desiderare
CONTRO
- Qualche incertezza realizzativa di troppo, combat system su tutte
- Alcune meccaniche non sono immediate da padroneggiare
- I contenuti, almeno al momento, sembrano essere un po' pochi
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