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Recensioni

Martha is Dead: l’orrore della morte e quello della guerra | Recensione (PS4)

È un momento bellissimo per il fantastico italiano, non solo digitale: dopo decenni di oblio, generi come horror, fantascienza, avventura e fantastico stanno tornando in superficie, ma con decisione.

La letteratura, per esempio, ha ricominciato a spaventare; tanti sono gli esponenti emergenti del genere “orrore all’italiana” che con convinzione hanno iniziato a costruire una nuova voga della paura, convincente e appassionante. E, notizia ancor migliore, hanno iniziato a farlo partendo dal folklore popolare, dalle leggende delle loro terre, sulle quali hanno iniziato a delineare le loro storie.

Da oggi quella voga ha un esponente in più, digitale. Un esponente uscito fuori da uno degli studi nostrani più interessanti dell’ultimo decennio, quell’LKA che qualche anno fa ci ha raccontato la dolorosa storia dei manicomi italiani con lo struggente The Town of Light, e che oggi ha deciso di portarci al centro un altro periodo cupo della nostra Storia, quello della Seconda Guerra Mondiale.

Seguiteci alla scoperta di Martha is Dead, uno dei giochi tricolori per cui ricorderemo questo 2022.

Benvenuti in Toscana

L’orrore della guerra e quello del soprannaturale

Dintorni di Firenze, campagna Toscana, luglio del 1944.

La guerra infuria, gli Alleati risalgono la penisola italica combattendo contro i tedeschi, i partigiani muoiono per la libertà.

Mentre il mondo va avanti nel modo peggiore, Giulia, una ragazza di una ventina d’anni figlia di un generale tedesco e di un’italiana, conosce un altro orrore: scopre il cadavere di sua sorella gemella, Martha, assassinata e lasciata alla deriva nel lago vicino casa.

È la goccia che fa traboccare un vaso che già dalle prime battute del gioco sembra troppo pieno, colmo com’è di rancori sopiti fra una madre con tante, troppe stranezze, un padre tormentato dagli orrori della guerra e due figlie dal rapporto pressoché unico. Una famiglia distrutta da un atto brutale, barbaro, violento, rappresentato dai programmatori senza fronzoli e con la voglia di osare.

Il mondo di gioco di Martha is Dead sa essere davvero angosciante

A proposito di ciò, senza entrare troppo in profondità, sappiate che io, appassionato di horror in maniera viscerale, adoratore anche di esempi estremi (Martyrs), ho letteralmente applaudito al coraggio dimostrato da LKA per mettere in scena la sua storia dell’orrore. Martha is Dead è un vero horror, coraggioso, intenso, spaventoso, che provoca e più di una volta mette a disagio.

Se a questo sommiamo i ritratti psicologici dei personaggi costruiti con mano ferma e seguendo in modo convinto le migliori linee guida per la scrittura di storie del genere, nonché uno scenario storico cupo e ritratto con capacità di trasmetterne tutto l’orrore, allora ci ritroviamo davanti un piccolo tesoro: un horror psicologico che non ha paura di essere ciò che vuol essere, con convinzione e senza la voglia di scendere a troppi compromessi o contaminazioni, proponendo un prodotto che nello spirito si avvicina a film come La Spina del Diavolo di Guillermo del Toro, oppure ad alcuni racconti in cui il grande Carlo Lucarelli si è divertito a contaminare racconto dell’orrore e storico.

Aggirandovi per la fattoria, sarà difficile per molti non riconoscere atmosfere “di casa”

A livello di sceneggiatura, Martha is Dead è un thriller riuscito, la storia di un’indagine in solitaria che diventa indagine sull’interiorità della protagonista e del mondo che la circonda, ricco di elementi angoscianti che mescolano ingredienti e stilemi di generi diversi, dalle storie di guerra al racconto onirico, passando soprattutto per il puro dramma psicologico.

Una scrittura ferma e stratificata, che porta il giocatore a seguire febbrilmente l’evolversi degli eventi, ma di cui è meglio non parlare troppo: a scoprirne la profondità non può che essere il giocatore con la sua run.

Un mondo angosciante

Com’è ovvio, per quanto un prodotto del genere si basi sulla scrittura, essa non è tutto, e Martha is Dead se ne ricorda benissimo.

Prima di tutto, le dovute premesse. Stiamo parlando di un piccolo team di sole dieci persone, con grandi ambizioni ma, ovviamente, limiti evidenti dovuti alle risorse umane e probabilmente economiche a disposizione. Che Martha is Dead si un gioco “piccolo” si vede a più riprese, sia chiaro.

Gotico italiano, olio su tela, 2022

Però vi prego: fregatevene, davvero, perché è un limite che LKA ha superato alla grandissima, sbattendosene allegramente delle limitazioni e saltando gli ostacoli con gran coraggio ottimizzando tutto quello che avevano a disposizione durante lo sviluppo.

E per saltare, LKA sceglie la miglior arma in mano a un piccolo team: la cura artistica.

Graficamente, Martha is Dead è un gioco mid-gen nel miglior senso del termine, solido, senza capi di frame troppo vistosi, buoni effetti di luce e una resa degli scenari adeguata.

Ci sono imperfezioni, com’è logico che ci siano, a cominciare da modelli farraginosi e dai dettagli scarni, qualche pop-up di troppo, da alcuni caricamenti troppo lunghi e nella seconda parte, su PS4, freeze e crash hanno disturbato non poco la mia giocata.

Nulla di insormontabile, però frustra.

Però ripeto, fregatevene, perché l’obiettivo che il team si è posto-realizzare un mondo pregno di suggestioni, atte a ospitare una storia spaventosa-è assolutamente raggiunto. Ambientato nella torrida estate del 1944, Martha is Dead presenta una Toscana, viva, dettagliata, suggestiva. Ogni location di questa sperduta fattoria è ricca di dettagli, elementi d’ambientazione che chiunque sia cresciuto in campagna (come il sottoscritto, più o meno) riconoscerà: casali spartani ma accoglienti, abbelliti con aratri o altri oggetti da lavoro, piccole stalle caotiche, boschetti… l’horror di Martha is Dead è vivo soprattutto per questo, per il suo uscire da scenari in cui tanti, tantissimi giocatori italiani potrebbero arrivare a identificarsi.

Infine, se la chiave per il successo di un buon racconto dell’orrore audiovisivo sta nella soundtrack, allora preparatevi a rimanere molto soddisfatti da una colonna sonora dai toni cupi, ispirata ai canoni del genere e per questo perfetta per il contesto e per gli obiettivi narrativi.

Funzionale infine il doppiaggio, e ben curata l’effettistica sonora.

Sulle tracce del mistero

Infine, veniamo al succo: Martha is Dead è un buon gioco, in termini strettamente ludici? Diverte? Cade nella purtroppo sempre in agguato trappola del gioco narrativo pronto a trasformarsi in un walking simulator fuori posto?

No. Anzi.

Di una lunghezza variabile all’incirca fra le sei e le dieci ore (prendendocela comoda e magari trovando qualche difficoltà in alcuni enigmi un po’ impegnativi), l’ultima fatica di LKA è un gioco che convince soprattutto per la sua formula di buon investigativo narrativo, basata su uno schema che non rinuncia a dare al giocatore sfide succulente.

Partiamo dal presupposto che in Martha is Dead avremo di fronte a noi un piccolo mondo stile esplorabile abbastanza vivo, in cui farci strada liberamente un’intera proprietà in una storia scandita da capitoli la cui successione aggiungerà elementi da scoprire e forniranno nuovi obiettivi al giocatore.

La fotografia è, senza dubbio, una delle feature meglio costruite di tutto il gioco

Proprio a proposito di obiettivi, la cosa davvero inusuale rispetto ad altri giochi del genere è come MiD vari l’esperienza di gioco dandoci in pasto numerose quest e side-quest (ovviamente intrecciate) con obiettivi da raggiungere. Uno schema che annienta completamente la paura di vivere l’ennesimo gioco narrativo in cui il giocatore quasi subisce passivamente il gioco-non gioco, e che ci immerge in un’investigazione a mondo aperto in cui perderci per almeno un buon weekend di paura.

Veramente belle anche alcune sfide ben inserite nel contesto di gioco: non capita molto spesso, in questo ambito, di dover passare ore a capire come codificare un messaggio cifrato in codice morse, a tutti gli effetti uno degli elementi di gameplay più divertenti del gioco.

E non è l’unica chicca peculiare; nel corso dell’esplorazione dovremo infatti esplorare liberamente la nostra proprietà orientandoci con mappe e diari, e ad avere importanza sarà uno strumento in particolare, ovvero la nostra fidata macchina fotografica. Utilizzarne una per investigare non è certo un’invenzione (qualcuno ha detto Fatal Frame?), ma in MiD, nel qualche sono stati ricreati anche tutti i passaggi dello sviluppo delle foto (un po’ come in The Medium di Blooper Team), la feature acquista un fascino tutto suo e dà anche al giocatore un bel minigame che ci accompagnerà nel corso dell’intera avventura.

Se proprio un pelo dell’uovo occorre trovare in una formula di gioco brillante, è forse la non immediatezza di alcune indicazioni di obiettivo, dovuta al susseguirsi di eventi e quest intrecciate: al termine di alcune di esse, l’impressione che si può avere è di non sapere subito cosa fare o dove andare, a causa di alcuni meccanismi non sempre intuitivi.

Nulla, comunque, che intaccherà troppo il gioco.

Martha is Dead: okay, e le censure?

Prima di congedarci, e lasciarvi al dubbio se dare o meno una chance a Martha is Dead, occorre trattare un ultimo punto, abbastanza cruciale e che è bene non nasconderci: il gioco di LKA ha infatti suscitato polemiche per i suoi contenuti, e su console Sony ha subito dei content cut, vere e proprie censure di sequenze ritenute non propriamente adatte al pubblico.
È un argomento che va affrontato, tenendo presente un paio di elementi.
Primo: in uno store online, la dirigenza di quest’ultimo ha legittimo controllo su cosa può esserci e cosa no, su cosa nel caso specifico posso trovare nella line-up terze parti di PlayStation e cosa no.
Si tratta di standard valutativi complessi, figli di vari fattori, da quelli “base” (il giudizio oggettivo sul contenuto tagliato) a quelli “di narrazione”, l’immagine che l’azienda vuole dare di sé e dei suoi prodotti (semplificando, “Io sono Sony e voglio che la mia console sia un posto “safe”, un posto dove certi temi o modalità di gioco non entrano”). E, ripetiamolo, sono meccanismi di controllo legittimi, figli di scelte.
In questo caso, Sony ha deciso di agire in due modi. In primis, eliminare tutta una serie di sequenze particolarmente forti anche per lo standard già particolarmente alto del gioco (vedere sopra), variando l’esperienza del giocatore rendendo alcuni contenuti non interattivi. Contenuti che ho visto, e giudicato.
In secundis, ha inserito in game una sorta di filtro che se attivato consente al giocatore di saltare altre le poche sezioni “hardcore” (n.b.: alcune lo sono, davvero).

Senza scendere nel dettaglio, si tratta di contenuti di violenza più psicologica che fisica, più “interiori” che legati alla natura di racconto horror di Martha is Dead, e che forse sono contenuti in grado di far emergere il gioco con un gioco da provare assolutamente se si è appassionati di prodotti in grado di scavare in profondità.
Ora, veniamo al primo provvedimento, quello più forte. Sony ha fatto bene a rimodulare o rimuovere quei contenuti, a differenza di quanto avvenuto su console Microsoft e PC?
Secondo me no, e lo scrivo non soltanto in un’ottica di difesa delle libertà creative, che già avvalorerebbe questa tesi pur entrando in contrasto con i codici generali della piattaforma.
Lo scrivo perché in questo caso Sony rischia di apparire ammantata nell’ipocrisia, e, peggio ancora, perché Sony uccide indirettamente alcuni grandi traguardi che la poetica di alcuni suoi giochi first-party hanno raggiunto negli ultimi anni. Anzi, leviamoci d’impaccio e facciamo titoli: The Last of Us-Parte II, pur non arrivando forse alla brutalità di Martha is Dead, è un titolo che spinge il giocatore a far fare al proprio PG delle azioni terribili, raccontandoci in questo modo quanto la violenza sia brutta, e faccia schifo.
Cosa fa, in termini ludici? Spinge il videogioco un pochino più in là, costruendo una nuova via di narrazione interattiva. Lo continuerò a sostenere fino alla morte: alcune di quelle sequenze sono splendidi cazzotti nello stomaco, in grado di spingere il giocatore a riflettere, a ragionare, ad assorbire quella storia in modo ancor più efficace, vere pietre miliari del genere e del medium.
Personalmente, per quanto un gioco con Martha is Dead appartenga un’altra galassia videoludica rispetto al kolossal Naughty e si basi su contenuti più estremi e boardline (ma non poi di così tanto, imho), di fatto io in alcune sequenze ho visto delle intuizioni perfettamente in linea con lo spirito del titolo Sony e, ancor di più, con alcuni giochi “maturi” usciti quasi senza problemi sul nostro mercato. Cosa voglio dire? Semplice: correndo dietro la sua narrazione di compagnia in casi come questi, per me Sony rischia di perdere di vista quanto in altri contesti lei stessa riesca a essere provocatoria, ambiziosa, rivoluzionaria e in grado di far progredire il medium da un punto di vista espressivo.
Quindi non so, ma fatico a non provare un senso di sconfitta.

Atteso con crescente curiosità, Martha is Dead è esattamente quello che LKA aveva promesso fin dal suo annuncio: una possente evoluzione della personalissima poetica dello studio. Da un lato si tratta di un mistery narrativo ambizioso e molto coraggioso, che ha la sua forza in un buon connubio fra gameplay vario e ispirato, confezione artistica rifinita nei particolari e un comparto audiovisivo che pur scontando i limiti economici non si arrende ed emerge come forte. D’altro lato, la cosa migliore: Martha is Dead è un vero gioco d’autore, in grado di utilizzare i meccanismi della storia “di genere” (fantasmi, leggende del folklore e meccanismi del thriller) per parlare dell’animo umano, di quanto sia profondo, contorto, tetro e ricco di orrori, nonché per trattare di uno dei momenti più tragici ed epici della Storia italiana coniugando mistery/horror, introspezione e memoria in modo eccellente. Un deciso e convinto passo avanti nella giusta direzione rispetto a The Town of Light, altre buone fondamenta per i progetti futuri, che saranno ancora più avvincenti. Intanto, lasciatevi cullare da un gioco che non ha paura di provocare, confondere e narrare prendendo spunto dai migliori narratori del genere.

This post was published on 28 Febbraio 2022 16:00

Fabio Antinucci

30 anni (anagraficamente, in realtà molti di più) ha alle spalle esperienze come copywriter, redattore multimediale e critico cinematografico, letterario e fumettistico, laureato con una tesi triennale su Il Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan e una magistrale su From Hell di Alan Moore. Appassionato di letteratura horror e fantastica, divoratore di film di genere di pessima lega (ma ha nel cuore pezzi da novanta come Kubrick, Mann e Kurosawa), passa le sue giornate fra romanzi di Stephen King, graphic novel d’autore e fascicoletti di Batman. Scrive (male) da una vita, e ha pubblicato un romanzo breve (Cacciatori di morte) e due librigame (quelli della saga di Child Wood). Crede che il gioco sia una forma di creazione e libertà, capace di farti staccare la spina e al contempo di far riflettere, ragionare, commuoverti e socializzare. Per questo gioca di ruolo da dieci anni (in particolare a Sine Requie, D&D, Vampiri la Masquerade e Brass Age) per questo adora perdersi di fronte alla sua Play. È innamorato del videogioco grazie a Hideo Kojima e al primo Metal Gear Solid, al quale ha giurato amore eterno, ma col tempo ha imparato ad amare gli open-world, gli action-adventure, gli rpg all’occidentale, i punta e clicca, a una condizione: che raccontino una bella storia.

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