Di videogiochi ispirati all’antica Roma ne esistono tanti, specialmente su PC, dove il genere strategico ben si presta ad un setting storico quale quello dell’impero romano, con le sue numerosissime, enormi battaglie campali.
Con un passato da giocatore prevalentemente console, non avevo mai messo mano su uno di questi titoli; la mia unica incursione nella Roma videoludica era costituita da Shadow of Rome, un action adventure che alternava fasi esplorative nella capitale imperiale a fasi di combattimento nelle arene gladiatorie.
Quel gioco incarnava al 100% il concetto di titolo AA: un prodotto a medio budget, con un concept di game design accattivante ma limitato nella sua realizzazione, afflitto da una certa ripetitività di fondo e perciò adatto a sessioni di gioco estemporanee, o come alleggerimento dopo aver completato un titolo di più elevata caratura.
Applicare questa stessa definizione anche a Expeditions: Rome non sarebbe certo sbagliato, ma risulterebbe tuttavia ingeneroso: si tratta di un titolo con dei limiti e non privo di difetti, una produzione di medio livello che aggiunge poco al genere di riferimento; e tuttavia non può sfuggire quanto di buono ci sia in questo titolo, e quanto i suoi pregi contribuiscano a renderlo un’esperienza ludica piacevole, di lunga durata, e impegnativa quanto basta da essere gratificante.
Sviluppato dallo studio danese Logic Artists e distribuito da THQ Nordic, Expeditions: Rome è il terzo capitolo della serie GDR tattica Expeditions. I giochi presentano ambientazioni e storie slegate tra loro (il primo, Conquistador, affronta le conquiste spagnole in America nel XVI secolo; il secondo, Viking, presenta invece lo scenario dell’invasione vichinga dell’Inghilterra), cosicché non sia assolutamente necessario recuperare i titoli precedenti per godersi questo.
Nel gioco impersoneremo un giovane rampollo di una casata nobiliare romana, caduta vittima di giochi di palazzo: un misterioso mandante ha assassinato nostro padre e rapito nostra sorella, cosicché nostra madre ci ha inviato lontano, per mare, nella speranza di sfuggire al massacro. Sotto l’ala protettiva del nostro servo filosofo Syneros, ci arruoleremo nell’esercito imperiale, occupato in una campagna di conquista in Asia Minore.
Questa sarà solo la premessa di una vicenda molto articolata che si dipanerà nel corso di 3 lunghe campagne militari (oltre all’Asia, l’Egitto e la Gallia, passando ovviamente per Roma caput mundi) e ci porterà a confrontarci con personaggi storici del calibro di Cicerone, Cleopatra e Vercingetorige, solo per citarne qualcuno: una gioia per tutti gli appassionati di storia antica, che assisteranno ad una rilettura fantastorica di eventi celebri per l’evoluzione di Roma dalla tarda Repubblica del primo secolo a.C. alla nascita dell’Impero.
La narrativa è forse l’aspetto migliore del gioco: sempre varia, articolata nella scrittura dei personaggi principali e delle loro motivazioni, è un accattivante mix di intrigo politico e cliché di epica guerriera. I dialoghi sono interamente doppiati (in inglese), altro punto a favore del coinvolgimento del giocatore, e la volontà di sapere “come andrà a finire?” è il carburante che fa viaggiare il gioco per le oltre 50 ore necessarie ad ultimare la main quest (io ne ho impiegate 63 prendendomi tutto il tempo del mondo per completare la maggior parte degli incarichi secondari).
Da buon GDR occidentale, Expeditions: Rome prevede una ramificazione dei binari narrativi in conseguenza della scelte compiute dal giocatore: siano esse dialogiche (con opzioni che variano in base ai tratti caratteriali del protagonista, scelti in fase di creazione del personaggio) o pragmatiche (uccidere o risparmiare la vita, contrattare o estorcere, tradire o essere leali), le scelte che siamo chiamati a compiere si proporranno nel corso di tutto il gioco, ed avranno conseguenze più o meno importanti e più o meno a lungo termine, dal che si denota un’accurata pianificazione in fase di scrittura dei numerosi possibili esiti delle nostre decisioni.
Va da sé che la personalità del protagonista che andremo a definire a inizio gioco non potrà essere completamente stravolta: alcune scelte di dialogo o di azione ci saranno insomma precluse, a seconda che abbiamo scelto di prediligere la logica, la violenza o la dialettica come nostro metodo privilegiato di interazione col prossimo. Questo aspetto può apparire limitante in alcuni frangenti, ma in generale ci sarà garantita sempre più di una singola modalità di approccio a ciascun nodo narrativo, cosicché non ci sentiremo mai vittime di scelte obbligate.
Restando sul tema della creazione del personaggio, si tratta di una fase preparatoria snella, caratterizzata dall’assenza di parametri classici da GDR cartaceo: niente attributi da potenziare insomma, bensì classi di combattimento da scegliere e conseguenti rami di abilità da sbloccare tramite level up. La classe di partenza, nostra e dei compagni che ci affiancheranno nell’avventura, non è modificabile (potremo scegliere solo quella del nostro protagonista, senza possibilità di cambiarla in seguito), ma ogni ramo delle abilità è liberamente perseguibile e completabile.
Ad esempio, la classe Veles (fanteria leggera) ha in sè i rami Assassino, Duellante e Picchiatore: ciascun ramo comprende abilità attive e passive. La scelta se concentrarsi nel padroneggiare uno specifico ramo o optare per un mix di abilità di rami diversi è totalmente nelle mani del giocatore, con il caveat che le abilità di alto livello si sbloccheranno solo investendo un certo numero di punti abilità in un ramo specifico. Il gioco insomma sembra indirizzare il giocatore verso la specializzazione piuttosto che il pout-pourri, ma il consiglio è comunque quello di sperimentare varie combinazioni, potreste scoprirne alcune davvero letali! Sarà comunque necessario adoperare del raziocinio nelle scelte in virtù del fatto che potremo “equipaggiare” solo un massimo di 6 abilità attive in battaglia.
La scelta di eliminare gli attributi classici di forza, destrezza eccetera, elementi presenti nei precedenti titoli della serie, può far storcere il naso ai maniaci della gestione parametrica. È però una scelta coerente con la filosofia di fondo del titolo, che cerca di combinare profondità strategica ad immediatezza di gameplay.
Come vedremo, questa scelta paga in termini di accessibilità ma non in quella di struttura di gioco, che è incapace di emanciparsi da una ripetitività di fondo che contrassegna l’intera esperienza.
Come detto, Expeditions: Rome consta di 3 grandi campagne militari: Asia Minore, Egitto e Nord Africa, Gallia. In quanto comandanti di legione, avremo il compito di sconfiggere gli eserciti avversari ed avanzare nella conquista di questi immensi territori, per la gloria nostra e di Roma. Qui si esprimono le meccaniche strategiche del titolo.
Ognuna di queste regioni è divisa in settori, ciascuno contenente risorse cui attingere, roccaforti nemiche da espugnare e altri punti sensibili. Ogni operazione che coinvolge la legione ha come centro operativo il castrum, il campo base dove la legione è stanziata: in tale luogo possiamo parlare con i nostri compagni e sottoposti, ordinare la costruzione di miglioramenti di vario tipo, commerciare, reclutare truppe ed ufficiali e altro ancora. Tutte attività propedeutiche alla nostra campagna di conquista: se il nostro esercito è troppo debole non sarà in grado di espugnare alcunché, men che meno liberare territori occupati dai nemici; se non dispone di schiavi, non potrà costruire alcun miglioramento; e se non ha abbastanza cibo, gli uomini potrebbero iniziare a morire d’inedia! Le risorse di cui disponiamo, insomma, si consumano costantemente, a ritmi precisi giornalieri, così da rendere necessaria una continua attività di conquista e consolidamento.
Nella mappa principale potremo in qualsiasi momento muovere sia la legione che il nostro protagonista. Mentre con quest’ultimo possiamo procedere in qualsiasi direzione, e di fatto saremo spinti ad esplorare le porzioni di mappa ancora sconosciute, la nostra legione dovrà essere inviata in missioni orientate ad obiettivi specifici: prendere possesso di una miniera abbandonata; strappare una fonte di legname all’esercito nemico; assediare una roccaforte avversaria. Ogni missione che affideremo alla nostra Legione partirà dal castrum, e ad esso tornerà una volta completata la spedizione; solo allora potremo assegnare una nuova missione ai nostri uomini, e via di questo passo. Ovviamente, il nemico non aspetterà di farsi ammazzare, e organizzerà di tanto in tanto spedizioni punitive o di riconquista, cui dovremo farci trovare preparati: in caso di sconfitta, infatti, ci vedremo sottratti territori faticosamente conquistati con il sangue dei nostri soldati. Viceversa, la conquista di un avamposto avversario ci permetterà di effettuare una decisiva missione di pacificazione in quella regione. In caso di successo, la regione in questione sarà posta stabilmente sotto il nostro controllo.
Quando inviamo la nostra legione alla guerra, le battaglie non saranno rappresentate con modelli poligonali, né da noi condotte in tempo reale: ci verrà offerta una rappresentazione stilizzata delle forze in campo, e dovremo risolvere il conflitto tramite la scelta delle tattiche di combattimento da adottare in ciascuna delle 4 fasi di cui ogni schermaglia è composta: questi stratagemmi ci verranno presentati a gruppi di tre, tra i quali potremo sceglierne di volta in volta uno solo; ciascuno stratagemma comporta degli effetti particolari, da una variazione del morale delle truppe all’aumento del numero di dispersi e feriti avversari, alla maggior percentuale di ricchezza del bottino finale.
Una volta scelto lo stratagemma, ne osserveremo l’effetto tramite un’animazione di battaglia non interagibile, fino alla scelta dello stratagemma successivo: così per 4 volte fino alla fine dello scontro che, oltre a vittoria o sconfitta, avrà come esito una diminuzione più o meno marcata della nostra potenza d’attacco (in funzione del numero di morti, feriti e dispersi), un eventuale bottino di guerra o, nei casi più nefasti, la morte di uno o più dei nostri comandanti. Gli stratagemmi che ci compaiono di volta in volta sono estratti casualmente da una pool che potrà essere incrementata da alcuni miglioramenti edificabili nel castrum, tramite cui potremo ottenere saltuariamente dei “super stratagemmi” dagli esiti particolarmente favorevoli, da usare nelle schermaglie più impegnative o comunque quando vogliamo la vittoria a tutti i costi. Essi non sono però riutilizzabili, quindi servirà sceglierli con cognizione di causa.
La profondità strategica offerta da queste fasi è, purtroppo solo apparente: sarà valida nelle primissime fasi di gioco, quando ci si deve impratichire con interfaccia e parametri vari, ma appena avremo un minimo di dimestichezza con gli stratagemmi (e un numero di truppe decenti) sapremo riconoscere in un batter d’occhio quelli vincenti, con il risultato di riuscire a risolvere ogni schermaglia nell’arco di pochissimi secondi. C’è insomma un certo pressapochismo nel design di questa meccanica, che dà metà gioco in avanti risulterebbe tediosa se non fosse affrontabile in tempi così rapidi.
Infine, nella world map incapperemo spesso in eventi casuali: essi possono arrecare danno o beneficio, spesso in conseguenza delle azioni che decideremo di porre in essere a seguito di una premessa che viene offerta in forma testuale (ad esempio: incontri un misterioso individuo lungo la strada che ti fa cenno di avvicinarti: lo ignori o prosegui?) Quando va bene, questi eventi possono garantirci risorse extra, denari o truppe aggiuntive; quando va male possono dare origine ad una battaglia, provocare infortuni a un nostro personaggio (che dovrà quindi essere curato in ospedale) o farci perdere risorse.
Anche questi frangenti non riescono ad offrire chissà quale varietà, anche perché sono decisamente pochi e tenderanno inesorabilmente a ripresentarsi ciclicamente, sempre uguali: una volta imparata l’azione che ci garantisce il maggior vantaggio, ci basterà usarla sempre per ottenere sempre lo stesso esito positivo. Insomma anche questi eventi finiscono per risultare un intralcio, un rallentamento nella nostra opera di conquista territoriale di cui avremmo fatto volentieri a meno e che invece ci faranno compagnia per tutta la durata dell’avventura.
Il discorso cambia con le battaglie che coinvolgono il nostro party, ove si esprime il cuore del gameplay GDR tattico di Expeditions: Rome. Si tratta di battaglie a fasi, non a turni: sul campo di battaglia, diviso in celle esagonali come i precedenti capitoli, ci saranno sempre almeno 2 schieramenti, il nostro e quello avversario, con la saltuaria presenza di altri due, ovvero alleati e neutrali. Il gioco risolve tutte le mosse a disposizione di uno schieramento per poi passare ad un altro. Questo significa che, all’interno della fase del giocatore, non dovremo compiere azioni in un ordine specifico, ma avremo totale libertà nella scelta di quale azione far compiere a quale personaggio vogliamo e in quale momento.
Fintanto che un personaggio ha dei punti azione a disposizione, potrà agire. Tali punti possono essere spesi per muoversi ed utilizzare una o più abilità; oppure per muoversi e basta; oppure per usare tutte le possibilità consentite dal totale dei punti azione di quel personaggio. Qui il pensiero tattico la fa davvero da padrone: potremo ordire manovre offensive e difensive complesse nello spazio di un’unica fase di combattimento, per esempio circondando o chiudendo a tenaglia un gruppo di avversari, o adottare una guerriglia mordi e fuggi fatta di attacchi fulminei e ritirate istantanee.
Gli approcci alla battaglia sono assai variegati, anche in virtù delle mappe stesse, spesso sviluppate verticalmente con conseguenti bonus e/o malus derivanti dalla presenza di armi a distanza: gli arcieri avranno bonus significativi se riusciranno a guadagnarsi un punto sopraelevato da cui colpire, ad esempio, anche se avranno un cono d’ombra nelle celle immediatamente ai piedi della proprie alture. Gli sviluppatori hanno anche studiato un intelligente posizionamento di oggetti interagibili all’interno di queste mappe: che si tratti di barili di petrolio e torce con cui incendiare intere porzioni di mappa o i nemici stessi; oppure giavellotti da scagliare contro gli avversari corazzati per romperne gli scudi; o ancora bombe velenose e grappoli di spuntoni in grado di azzoppare chi vi cammina sopra, avremo spesso modo di cambiare repentinamente la configurazione dello spazio sulla mappa e quindi dei rapporti di forza tra gli schieramenti. Questo ci permetterà di avere ragione di grossi gruppi di nemici anche con un pugno di uomini, o un party non particolarmente livellato.
Va aggiunto poi che le battaglie hanno spesso obbiettivi multipli, che si discostano dal classico “uccidi tutti i cattivi”: fra compiti di salvataggio, di mantenimento di posizione, di infiltrazione o di ritirata strategica la varietà non manca, e il gioco riesce egregiamente nel compito di farci sudare ogni vittoria e di gratificarci per ogni piano ben riuscito.
Per quanto riguarda la difficoltà delle battaglie, essa è ondivaga: a inizio gioco si può scegliere tra 4 livelli di difficoltà, la quale può essere cambiata anche in corso d’opera. Ci sono poi un paio di modificatori attivabili da chi è in cerca di emozioni forti: Combat Death, ovvero il permadeath degli uomini caduti in combattimento, se non si ferma il dissanguamento entro un tempo limite; e Iron Man, che consente un solo slot di salvataggio. Allo stadio attuale del gioco, sconsiglio vivamente di attivare tale modalità a causa di un numero non indifferente di bug, tra cui uno game breaker in cui sono incappato in fase di review e che avrebbe compromesso la partita in mancanza di salvataggi multipli.
Avendo effettuato la prova a difficoltà normale, ho trovato la curva di difficoltà piuttosto incostante: mediamente impegnativa nel primo terzo della campagna, si abbassa progressivamente tanto che da metà gioco in poi si procede un po’ a pilota automatico, senza curarsi eccessivamente di pianificazioni e strategie, a patto di aver espugnato territori ed ottenuto risorse e level up con regolarità. Gli avversari, nella seconda parte dell’avventura, non saranno più al nostro livello in quanto a numero di abilità a disposizione, e costituiranno un pericolo solo in virtù di qualche occasionale colpo di reni dell’IA che proverà a renderci la vita difficile con manovre di accerchiamento e applicazione di status negativi. Per risolvere questo inconveniente, però, è sufficiente avere nel proprio party un paio di guaritori, più che sufficienti per rendere inoffensive buona parte delle manovre nemiche.
Una passeggiata, insomma?
Quasi, se non fosse per un picco assolutamente improvviso nelle fasi finali della campagna, in una missione in particolare che ci obbligherà a calcolare le mosse al millimetro per essere sicuri di riuscire a portarla a termine. Insomma, giocato a difficoltà normale il titolo presenta qualche problema nel bilanciamento delle sue fasi, con un incipit equilibrato, una lunga parte centrale troppo facile ed un’impennata stranamente ostica nel finale. Nulla di irrisolvibile con qualche aggiornamento, ma sarebbe stato meglio spingere meno sulla personalizzazione della difficoltà per limarne i picchi ascendenti e discendenti, risultando così in un’esperienza di gioco complessivamente più omogenea.
I guerrieri sono divisi in quattro classi: Sagittarius (arcieri), Veles (fanteria leggera), Princeps (fanteria pesante) e Triarius (guaritori). Una varietà esigua, compensata tuttavia dai numerosi rami di abilità di cui si è già detto, tramite cui potremo plasmare personaggi molto versatili, anche perché ognuno è equipaggiabile con due set di armi. Oltre alle abilità di classe, infatti, vi sono le abilità di combattimento legate ad ogni singola arma, molto diverse tra loro: a mano singola o doppia, da lancio o da corpo a corpo, le armi compongono un assortimento di spade, daghe, bastoni, archi, lance, scudi e altro ancora.
Vi sono diversi gradi di rarità delle armi, ed ovviamente ne esistono di uniche, spesso ottenibili al completamento di missioni di trama o secondarie. Le armi sono inoltre modificabili, smontabili e potenziabili, a patto di costruire una forgia nel castrum, e di potenziarla a dovere. Ogni arma porta in dote specifici colpi che sarà possibile sferrare: essi funzionano come delle abilità e possiamo sceglierne al massimo 3 per battaglia, anche qualora l’arma ne abbia di più. Alcuni di questi colpi possono essere utilizzati all’infinito, altri invece hanno un numero limitato di cariche, esaurite le quali dovremo aspettare il termine della battaglia in corso per vederle ripristinate (a meno di colpi particolari che possono ricaricarsi in battaglia in determinate condizioni). Una corretta strategia non potrà quindi prescindere dal numero e dal tipo di colpi che abbiamo a disposizione, in ogni momento della battaglia.
Il fatto che spesso i nemici spawnino a ondate costanti aggiunge pepe ad ogni sfida, e soprattutto motiva lo sforzo del giocatore di elaborare una strategia vincente per completare il proprio obiettivo, per raggiungere il quale non sempre lo scontro frontale è la soluzione migliore: adottare dei diversivi o sparpargliare le nostre forze sul campo potrebbe rivelarsi la mossa vincente per superare uno sbarramento nemico apparentemente insormontabile. Anche gli occasionali alleati possono rivelarsi utili, a patto di non abbandonarli a loro stessi e valutare volta per volta se convenga dar loro man forte o utilizzarli come diversivo.
Ci sono poi missioni più articolate, specialmente in chiusura delle 3 campagne, in cui dovremo dividere il nostro party in gruppi più piccoli, con compiti differenti: qui purtroppo non c’è modo di intuire appieno la portata e pericolosità delle singole missioni, dunque il consiglio è di formare squadre il più possibile equilibrate e variegate a livello di classi, per esser pronti a fronteggiare qualsiasi evenienza. Complessivamente, gestione del party e combattimento sono senz’altro gli aspetti più riusciti della produzione, e saranno in grado di divertirvi offrendovi nella maggior parte dei casi sfide divertenti e quasi mai frustranti.
A fare da tramite tra la world map e le battaglie con il party vi sono alcuni compiti intermedi, che si potrebbero definire esplorativi: essi consistono appunto nell’avventurarsi nelle cittadine che di volta in volta espugneremo, luoghi in cui intraprendere alcune attività di corredo, soprattutto da espletare in forma di dialoghi con NPC: intrattenere rapporti con i personaggi farà non solo avanzare la trama principale, ma potrà anche darci accesso a compiti secondari, o semplicemente fornirci maggiori informazioni sul background dei nostri compagni di viaggio o di altri comprimari.
In alcuni frangenti saremo chiamati a risolvere piccoli enigmi ambientali (comunque estremamente guidati), in altri e prendere parte a discussioni per questa o quella alleanza, che si potrà ottenere o meno a seconda di come condurremo la discussione e reagiremo agli imprevisti. La varietà non manca, sebbene il tutto si riduca il più delle volte a scorrere linee di dialogo e spuntare qualche opzione. Si può comunque godere di un impianto artistico gradevole, improntato al realismo delle architetture e, di converso, ad una certa esasperazione della palette cromatica, con intenti espressivi riusciti nel conferire ad ognuno dei tre continenti esplorati una connotazione fortemente personale.
Non manca, ovviamente, la Città Eterna: a Roma torneremo negli intervalli tra le campagne, ed ovviamente per la fase finale dell’avventura. Qui avvengono i principali snodi di trama, tirando le fila delle decisioni prese di volta in volta in Asia, Africa e Gallia. Sono i momenti più rilevanti a livello narrativo, ma anche più fiacchi a livello di gameplay. La città non è liberamente esplorabile, potremo muoverci solo in location ben precise, spesso estremamente ridotte, ed anche le nostre azioni saranno limitate allo stretto indispensabile: per far proseguire gli eventi. È un peccato che gli sviluppatori non siano riusciti a concepire niente di più originale, ad esempio minigiochi extra o semplicemente missioni secondarie che valorizzassero l’unicità della location in questione. Così, la visita a Roma si traduce in un pugno di schermate in cui vivere i pochi eventi rilevanti che fanno da collante fra un capitolo e l’altro della vicenda. Peccato.
Nonostante i piccoli o grandi difetti che lo punteggiano, è nell’insieme delle sue parti che Expeditions: Rome acquisisce compiutezza. Vero, nessuna delle sue meccaniche è particolarmente innovativa, la sua scrittura è scorrevole ma non memorabile, le battaglie sono appaganti anche se non perfettamente bilanciate, ed il comparto artistico non riesce a brillare di luce propria, anche dal punto di vista del sonoro: a fronte di un doppiaggio che come detto è discreto, la colonna sonora consiste di pochi temi con funzione di accompagnamento, tanto efficaci quanto anonimi, nonostante la gradevolezza timbrica di alcuni strumenti musicali insoliti, provenienti dalle aree geografiche visitate in game, come la cetra greca e il flauto persiano. Limiti senza dubbio figli della sua natura di titolo AA, una produzione abbastanza grande da poter implementare tante meccaniche, ma non abbastanza da concedersi il lusso di sperimentare con esse, sviluppandole in modo inedito o semplicemente rifinendole per ottenere un’esperienza ludica perfettamente bilanciata.
E tuttavia, si tratta di un titolo dai molti pregi: il mix di meccaniche offre una discreta varietà che sopperisce alla ripetitività di alcuni compiti; le battaglie col party sono stimolanti, impegnative quanto basta per spronare sempre il giocatore alla ricerca delle tattiche migliori per avere ragione del nemico; la semplificazione delle meccaniche GDR e l’estrema scalabilità della difficoltà lo rendono accessibile per qualsiasi tipo di giocatore, anche il totale neofita del genere. È un titolo che, preso per quello che è, ovvero un prodotto dignitosamente medio, sa divertire e intrattenere per un elevato numero di ore, e che può costituire la premessa per un futuro quarto capitolo della serie davvero in grado di compiere il salto di qualità verso l’eccellenza.
Expeditions: Rome è un buon titolo con cui avvicinarsi al genere GDR tattico: le sue meccaniche non eccessivamente complesse e la difficoltà ampiamente personalizzabile lo rendono un gioco alla portata di tutti. Allo stesso tempo si tratta di un titolo dalla profondità strutturale sufficiente a renderlo appagante anche per i giocatori più navigati, a patto che siano disposti a chiudere più di un occhio sui molti, piccoli difetti che lo trattengono al di sotto dell’eccellenza. Chiunque sia appassionato di storia antica, e storia romana in particolare, non dovrebbe farsi scappare un titolo che gli permetterà vivere un’epica vicenda di guerra e vendetta all’alba dell’Impero.
This post was published on 18 Gennaio 2022 17:00
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