Nel duemilaventi, anno zero della pandemia mondiale, il mercato videoludico mobile ha rappresentato la fetta più grossa della torta, aggiudicandosi circa il 50 percento del fatturato dell’industria. Nel breve tale settore si accinge a doppiare i ricavi del mondo console per una stima superiore ai 100 miliardi di indotto entro il 2024.
L’estrema semplicità di accesso e la convenienza di un intrattenimento a portata di palmo sono due dei motivi che hanno spinto sempre più persone su questa strada.
Dal lato opposto, le compagnie di sviluppo hanno saputo ampliare i propri orizzonti puntando fortemente sull’advertising, raccogliendo le pietre di quell’El Dorado che risponde al nome di Free-to-play.
In un mercato dinamico che schizza verso l’oro con la velocità di Marcel Jacobs, in cui non vince il più forte ma proprio quello che ci arriva prima, fa strano tirare in ballo l’immaginario della tartaruga.
Perché se anche ponessimo l’ ipotetico esemplare più veloce della specie in gara, sortiremmo comunque un effetto controintuitivo, quasi provocatorio.
Chissà a cosa pensavano mentre si sceglievano il nome quelli di QuickTurtle, team di sviluppo indie Sudcoreano in grado negli anni di sfornare giochi polemici, parodistici e degni di nota sulla tematica del lavoro, aspramente considerata sotto la loro lente. La frase che hanno scelto come slogan recita :”Alla nostra velocità, creiamo il gioco che vogliamo fare“.
Ai piedi di un alto grattacielo, un omino carico a mille si dice pronto a iniziare la sua carriera nel mondo aziendale e ad affrontare il suo primo colloquio di lavoro. Qualche secondo di pausa con la scritta “Interview Pending“, poi un verdetto ci annuncia che non siamo stati assunti rivelandoci un po’ sfacciatamente le chance di successo che avevamo: 0 percento.
Si vede che era questo il gioco che volevano fare.
Come regola, in Non farti licenziare! ogni fallimento accrescerà le nostre possibilità di un po’. Così alla terza o quarta azienda cui il nostro indefesso avatar autonomamente si rivolgerà riusciremo a strappare un contratto, da stagista. Nel silenzio di un ufficio laborioso dovremo precipitarci a cliccare sulle scrivanie dei nostri superiori, generosamente propensi a appiopparci le loro pratiche, da accumulare e poi smaltire facendo tap sul nostro desk, nella speranza della promozione fino all’ambito ruolo di presidente. Ho difficoltà a immaginare però esista cosa più complicata, siccome ogni scusa sarà buona per licenziarci.
I pretesti saranno numerosi, strampalati, spesso inaspettati e assurdi – uno fra tutti: il nostro capo non esiterà a licenziarci perché abbiamo assistito a un advertising – e ogni volta dovremo riprende le redini della nostra carriera in un’azienda diversa con un paio di posizioni in meno, dopo le dovute ripetizioni della pantomima iniziale del colloquio.
Il succo passa dunque sullo scoprire e collezionare tutte le cause di licenziamento, un po’ come se il gioco ci ricompensasse con il fallimento stesso. Per carità, esiste l’alternativa, e per quanto spaventoso possiamo provare il salto mortale, senza demordere, a tenere vive le nostre ambizioni con resilienza, vedere le notti e i giorni alternarsi dai finestroni dell’ufficio, ricevere aumenti allo stipendio e vederlo dilapidato sotto telefonate di creditori assettati di sangue e nostra madre, vedere il nostro avatar che ad ogni scatto di carriera ingrassa, perde i capelli, diventa sempre più stressato, finisce per trattare i suoi sottoposti nella stessa brusca maniera in cui veniva maltrattato…
Che vi ricorda?
Non Farti Licenziare! sembra uno di quei colpi di coda più figli della disperazione che dell’intuito. Gli acquisti in-app sono disponibili ma considerata la natura caotica del tutto conviene di più assistere a qualche ad pubblicitario per dei guadagni in nero . Buona disoccupazione!
La seconda fatica di Quickturtle ci mette seduti alla scrivania, stavolta dal lato giusto (?).
Nati dal terzo matrimonio del facoltoso Chairman Oak, vestiamo i panni di un allenatore di Workémon che ha appena ereditato la sua prima azienda. La missione affidataci è subito espressa: catturare i lavoratori senza speranze e senza sogni e scoprire i modi migliori per sfruttarli tutti!
Questa è una dissacrante parodia del celebre monster-catching con tanto di soundtrack a tema. I poveri malcapitati che andranno a compilare il nostro WorkeDex sono la raffigurazione stereotipata di gente vera che gravita nell’universo lavoro, con i loro crucci e patemi, magari i nostri amici o i nostri colleghi li rispecchiano.
All’incontro con un workémon selvatico una bella revisione al curriculum sarà utile a giustificarne l’assunzione al minimo salariale; alzare i toni servirà a sminuirne l’orgoglio e ammansirlo quando gli tireremo addosso il contratto a mo’ di pokéball. Caratteristiche tipo l’affinità al lavoro notturno o nei weekend gioveranno all’income passivo della nostra compagnia, per farne sempre di più.
La statistica di entusiasmo indicherà invece quante volte ci sarà possibile allenare un workémon. L'”allenamento” si risolve in una animazione che vede il dipendente inondato da sermoni tipo “i giovani della tua età” oppure “è una questione di volontà” o “ai miei tempi…” piuttosto che “ma non ti servono i soldi?” e “non vuoi avere successo?“. Avverto i brividi ripensando alle volte che con frasi del genere, probabilmente sono stato allenato anch’io.
Workemon è un ibrido tra un idle game e il titolare del call center in cui hai passato le mattinate durante l’ultimo anno di specialistica. Il sistema di monetizzazione fornisce i tipici strumenti per velocizzare la scalata al bilione, qualora si volesse dedicare qualche soldo in più al capitalismo.
Il più recente lavoro della compagnia è praticamente un Candy Crush dove a scoppiare non sono caramelle ma i sogni di una vita. Giocando, la vena cupa della premessa viene fuori tutta decretando l’abbandono degli sviluppatori della chiave parodistica in favore di una più sottile critica sociale, un gioco deprimente ottenuto attraverso la decostruzione di uno dei gameplay più casual nell’immaginario comune.
A inizio partita ci verrà assegnata una famiglia di appartenenza, quasi sempre una povera, raramente una normale, quasi mai una ricca. Accederemo poi alla griglia, al di sopra della quale sarà posta l’immagine di un neonato. I blocchi saranno di tre colori più un quarto a forma di orologio. Allineare tre o più di questi orologi sancirà l’avanzare del tempo, che farà mutare il neonato attraverso le fasi della crescita fino all’età adulta, raggiunta la quale la partita terminerà.
Far scoppiare i blocchi colorati riempirà dei contatori che a ogni tot rilasceranno una propensione, ad esempio dopo i primi venti blocchi rossi allineati potremmo scoprire che la nostra passione è disegnare. Continuare ad alimentare il nostro interesse facendo scoppiare altri blocchi, trasformare la passione in un talento e il talento in un lavoro è la sfida, ma il gioco è di quelli meschini e i blocchi tempo si allineeranno in fretta sfuggendo al nostro volere. In più arrivati a una certa età altre cose si metteranno di mezzo, come il ripagare i debiti per gli studi che ci costringerà a rinnegare uno dei nostri sogni per salvare gli altri.
Raggiunta l’età adulta il gioco ci mostrerà un finale, un epilogo in base al risultato che abbiamo raccolto. Quasi sempre una breve storia deprimente di chi è arrivato troppo in la con gli anni, non ce l’ha fatta a realizzarsi come sognava e si è dovuto arrangiare in qualche maniera. Il gioco è uscito sia per android che per iOS, ma nel momento in cui ve ne scriviamo è stato ritirato dal play store per motivi oscuri.
Life Crush Saga è il tile-matching game più cupo che avrai l’occasione di sperimentare. Con gli acquisti opzionali sarà possibile ottenere dei portafortuna, e fidati, ne servirà tantissima.
This post was published on 15 Febbraio 2022 14:00
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