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Chorus | Recensione (PS5) | Il lato oscuro della galassia

Se c’è un genere che sembra essere un po’ caduto nel dimenticatoio è proprio quello degli sparatutto a tema spaziale. Riflettiamoci un attimo: qual è stato l’ultimo videogame di questo genere a cui ci sia capitato di giocare in tempi recenti? Probabilmente molti risponderanno Star Wars Squadrons, che è effettivamente l’esempio più attuale (qui trovate la recensione del nostro ineccepibile Astropate); ma se il titolo EA è del 2020, a quali altri space combat possiamo dire di aver giocato negli ultimi anni? Probabilmente le nostre risposte potrebbero essere le seguenti, e non fanno che avvalorare la nostra tesi: Everspace (2017), No Man’s Sky (2016), EVE: Valkyrie (2016), Elite: Dangerous (2014), e pochi altri (e se vi state chiedendo perché non abbia citato Star Citizen, forse avete già la risposta e non volete ammetterlo).

Come è possibile constatare, il genere non è più di moda già da un po’. Proprio per questo, ritrovarsi tra le mani un prodotto come Chorus stupisce non poco. Sappiamo benissimo quanto l’industria di settore sia decisamente refrattaria a qualsiasi tipo di “esperimento”, soprattutto quando questi non si avvicinino neanche un po’ ai trend del momento.

E allora la domanda sorge spontanea: come mai Deep Silver ha voluto fare una scommessa del genere? Che cosa avrebbe Chorus di così originale per emergere, soprattutto in un genere che sembrerebbe aver detto già tutto? Non preoccupatevi: siamo qui per questo.

L’unica anticipazione che possiamo darvi sugli interrogativi di cui sopra è che, rispetto ai suoi illustri “colleghi”, Chorus riesce ad appassionare chi lo gioca grazie ad una caratteristica prevalente: il ritmo.

Una donna e la sua astronave

Alla (ri)scoperta del passato perduto.

La nostra storia inizia in una galassia non si sa quanto lontana e devastata da un’enorme guerra scatenata dalla Cerchia, una fazione dai modi fanatici ed animata dal desiderio di portare la pace nell’universo, e poco importa se, per realizzare lo scopo, si dovrà spezzare un numero incalcolabile di vite. Al vertice della Cerchia troviamo il Profeta, una figura misteriosa e risoluta, capace tanto di ispirare una fede incrollabile quanto di ordinare la distruzione di interi pianeti per il perseguimento dei suoi fini.

A noi giocatori toccherà vestire i panni di Nara, un ex membro di spicco della Cerchia che, a seguito di determinati eventi, ha deciso di abbandonare il verbo del Profeta e di ricominciare una nuova vita al servizio dell’Enclave, uno degli ultimi baluardi di resistenza ancora in piedi.

Dopo qualche anno di pace, il passato torna a bussare alla porta della nostra protagonista. La zona in cui risiedono le poche forze dell’Enclave devono vedersela con le navi della Cerchia; sin dalle prime schermaglie, appare chiaro che la differenza tra i due contendenti è troppa, obbligando Nara a fare che non avrebbe mai desiderato: ricongiungersi con una sua vecchia “conoscenza”.

No, non stiamo parlando di un essere umano, ma di Forsaken (o Forsa, per gli amici), un’astronave senziente, quella su cui la nostra eroina ha compiuto tutte le gesta di cui non va fiera. Dopo le prime vittorie, appare chiaro che la guerra raggiungerà tutti coloro che non sono ancora stati soggiogati dal Profeta; proprio per questa ragione, Nara e Forsa decidono di partire, nel tentativo di fermare i propositi di distruzione della Cerchia e nel tentativo di trovare la redenzione.

Alla ricerca del proprio passato

Sua maestà, l’universo.

Sin dall’inizio, la trama di Chorus si presenta come frammentata e criptica. A seguito di eventi non meglio specificati, Nara ha dimenticato intere parti del suo passato, che riaffioreranno man mano che proseguiremo nella main quest e, ovviamente, ogni volta che rientreremo in possesso dei poteri che hanno reso la nostra protagonista il braccio destro del Profeta. Nel corso delle nostre esplorazioni, potremo inoltre trovare dei Ricordi: si tratta di veri e propri collezionabili, dalle sembianze di sfere luminose che, non appena ci interagiremo, sveleranno alcuni particolari dell’universo di gioco, aiutandoci a trovare il bandolo della matassa.

Inoltre, la notevole quantità di missioni secondarie ci aiuterà a caratterizzare un po’ meglio l’universo in cui ci troviamo, che comunque scopriremo poco alla volta, così come poco alla volta ci relazioneremo con Forsa, svelando i motivi che hanno spinto Nara a questa dolorosa separazione e, soprattutto, capendo quanto profondo sia il legame tra loro due.

Non ci girerò troppo intorno: la trama di Chorus non riesce a “bucare lo schermo”. Quanto ora detto è da attribuire ad una narrazione spezzettata, spesso troppo enigmatica ed in cui i personaggi secondari sono praticamente accennati, rendendo quindi impossibile qualsiasi empatia. Il team di sviluppo ha comunque cercato di caratterizzare l’universo di gioco attraverso i ricordi, plasmando una lore carina, ma che comunque non lascia il segno.

Gameplay vario e tendente al veloce

Qualcuno ha detto “combattimenti”?

A differenza della maggior parte dei suoi “colleghi”, Chorus riesce a vantare una formula ludica abbastanza varia che, tuttavia, ruota attorno a due elementi cardine: l’esplorazione ed il combattimento.

Per quanto riguarda il primo fattore, è bene chiarire subito un punto: non intendiamo l’esplorazione come quella vista in No Man’s Sky. Nel caso del titolo Fishlabs, non ci saranno pianeti da visitare o risorse da raccogliere (se escludiamo le casse di crediti sparse qua e là); nel caso del videogame edito da Deep Silver, invece, l’esplorazione è tutto ciò che accade viaggiando da un punto A ad un punto B. Nel corso dei nostri viaggi nell’immensità della mappa di gioco, non sarà raro imbattersi in tutta una serie di missioni secondarie, che ci sottoporranno richieste di vario genere: dal ritrovamento di una nave scomparsa alla classica difesa dal nemico invasore, passando per la raccolta di determinati oggetti e finendo con la risoluzione di piccoli enigmi.

Non mancheranno ovviamente casse con crediti e pezzi per potenziare Forsa, ma il grosso dell’esplorazione passa proprio per la raccolta di queste due risorse, ottenibili anche risolvendo le summenzionate side quest.

Le sezioni più intriganti del gameplay, al di fuori dei combattimenti (di cui parleremo a breve), sono quelle collocate all’interno di luoghi chiusi. Per riottenere i suoi poteri, Nara sarà costretta a visitare tutta una serie di Templi che, per svelare i loro segreti, ci chiederanno di risolvere dei puzzle, impegnativi il giusto e mai frustranti.

È bene chiarire sin da subito che la mappa di gioco messa a disposizione è veramente ampia, con delle distanze da coprire spesso non indifferenti; fortunatamente, Chorus riesce ad escogitare delle soluzioni (viaggio nell’iperspazio su tutte) per evitare che il giocatore avverta la “pesantezza” dei viaggi interstellari, rendendoli molto più leggeri e piacevoli.

Combattimenti mozzafiato e… all’ultimo drift!

Quando l’astronave con il gatling incontra l’astronave con il lanciamissili, l’astronave con il gatling è un’astronave morta!

Chiedo umilmente venia per questa mia “licenza poetica”, ma prometto che è funzionale a ciò che sto per dirvi.

Dicevamo che i combattimenti rappresentano il cuore pulsante di Chorus, ed è arrivato il momento di parlarne. Nel corso delle circa 15 ore di gioco (limitatamente alla main quest) che vi condurranno all’epilogo delle vicende di Nara e Forsa, saranno parecchie le occasioni in cui dovrete ricorrere alla forza bruta che, nel nostro caso, è direttamente proporzionale alla vastità dell’arsenale. Le armi su cui potremo fare affidamento sono fondamentalmente di tre tipologie: il gatling è quella con cui inizieremo la nostra avventura, dotata di grande cadenza di fuoco ma capace di infliggere danni ridotti; successivamente troveremo i laser, con un minor rateo di fuoco ma capaci di abbattere gli scudi difensivi avversari in men che non si dica; infine, sarà la volta del lanciamissili, di sicuro l’arma più distruttiva del gioco, ma dotata di pochi colpi, facile al surriscaldamento e piuttosto esosa in termini di cooldown.

Armati, pericolosi e pronti all’azione.

Va da sé che ciascuna di queste armi è più funzionale per una specifica categoria di nemici piuttosto che per altre. Facciamo qualche esempio: i Raven, navi della Cerchia piccole e sguscianti, saranno difficilissime da centrare con laser e lanciamissili, ma potrete sbarazzarvi di loro con una scarica ben assestata di gatling; all’opposto, invece, abbiamo le navi più pesanti, tanto capaci di infliggere danni elevati quanto lente negli spostamenti, bersagli perfetti per laser e lanciamissili. Non mancheranno poi bersagli più “complessi”, in cui sarete costretti a cambiare arma a seconda del momento, attraverso la croce direzionale del pad.

A quanto ora detto, si aggiungono i poteri di Nara, che ci garantiranno dei vantaggi tattici non da poco. Avete bisogno di avvicinarvi rapidamente al vostro bersaglio? Premete un tasto e gli sarete addosso in men che non si dica! Il vostro nemico si muove troppo velocemente e non riuscite a colpirlo? Nessun problema, premete un tasto e lo immobilizzerete per qualche istante!

Ma come sono i combattimenti in Chorus? Volendo usare una metafora: è come essere a bordo di una “fuoriserie volante” armata di tutto punto. Nonostante un pizzico di strategia sia comunque presente (prettamente incentrato sulle armi da utilizzare e sugli scudi nemici da abbattere), gli scontri con altre navicelle sono un’esperienza prettamente arcade, sotto certi aspetti simile a quanto visto in Doom Eternal, dove siamo obbligati a rimanere sempre in movimento.

Nara e Forsaken dovranno sempre sfrecciare ad alta velocità, pronti ad agganciare il nemico e sfuggire ai suoi colpi caricati, aggirandolo alle spalle con dei drift che, più dalle profondità dello spazio, sembrano usciti direttamente da Fast & Furious.

Tecnica ed estetica

Avete mai desiderato tuffarvi all’interno di un… buco nero?

Come sempre, anche l’occhio vuole la sua parte e, stando ai trailer pre-lancio, Chorus sembrava bello da vedere. Pad alla mano, la sensazione è rimasta più o meno quella anche se, scendendo nel dettaglio, alcune sbavature si notano eccome. Le poche volte in cui avremo modo di vedere la nostra Nara, ad esempio, potremo notare delle animazioni facciali non esattamente al passo coi tempi. La definizione con cui sono realizzate le mappe “spaziali” è a dir poco sbalorditiva: gli scenari in cui avrà luogo la nostra avventura saranno sempre diversi e tutti perfettamente riconoscibili. La musica, però, cambia quando ci avvicineremo a questo o quell’elemento della suddetta mappa o, ancora di più, quando entreremo nei luoghi chiusi, dove non sempre troveremo una definizione altrettanto curata, anche se l’illuminazione e gli effetti particellari tendono a nascondere questo tallone d’Achille.

Sotto l’aspetto puramente tecnico, invece, Chorus può contare su un frame rate di 60 fps a dir poco granitico, capace di supportare un’azione veloce come meglio non si potrebbe; anche nelle zone con più nemici su schermo, ad esempio, non si sono registrati cali significativi.

Per abbattere nemici più grossi, dovremo agire d’astuzia.

Volendo soffermarci sui comandi, invece, c’è da registrare un “sovraccarico” da parte della mano sinistra rispetto alla destra. Ci spieghiamo meglio: i tasti della croce direzionale, come detto in precedenza, serviranno per effettuare lo switch tra le tre armi principali, lo stick analogico sinistro ha il compito di direzionare la nostra navicella spaziale ed infine i due dorsali sinistri sono delegati, rispettivamente, all’accelerazione ed alla derapata. Già da questo si capisce che, fuoco e telecamera a parte, tutti i comandi più vitali sono collocati sulla parte sinistra del pad; se a questo aggiungessimo che, per eseguire un drift, dovremo utilizzare i due stick (uno per virare e l’altro per ruotare la telecamera, altrimenti non otterremmo alcun effetto) più il tasto L1, capirete quanto fosse auspicabile una migliore mappatura dei comandi.

Sempre a proposito di comandi, possiamo dire che la nostra astronave è paragonabile ad una saponetta: scivola che è un piacere, ma basta una curva per renderla quasi indomabile. Certo, con un po’ di esperienza, riuscirete a padroneggiare Forsa ma, per le prime ore, vi capiterà molto spesso di sbattere contro pressoché qualsiasi ostacolo, soprattutto nelle aree chiuse.

Aggiungete a quanto ora detto altre indecisioni tecniche e stilistiche, come la presenza di tantissimi marker sulla mappa (che confondono non poco sulla direzione in cui si trovi un obiettivo secondario), l’assenza di una vera e propria interazione ambientale, la velocità che spesso fa rima con confusione (dio benedica il tasto R3, che riesce a farci capire dove stia il “su” e dove il “giù”) e capirete come certi aspetti di Chorus siano ancora da levigare.

Giudizio finale

In un genere come quello degli space combat, che sembrava aver già sparato tutte le sue cartucce, Chorus riesce a portare un po’ di aria fresca. Forte di una giusta varietà e di un approccio semplice, il titolo Fishlabs riesce ad intrattenere per tutta la sua durata, grazie ad un’azione adrenalinica ed a quel pizzico di “follia arcade” che non guasta mai. Detto questo, l’avventura di Nara e Forsa non è esente da sbavature, riscontrabili tanto nel comparto tecnico quanto in quello ludico, probabilmente anche frutto di limiti di produzione. Padroneggiare il nostro fido Forsaken non sarà un’impresa semplicissima, così come non sarà immediato comprendere una trama volutamente criptica (soprattutto all’inizio); quanto ora detto, però, non sarà d’intralcio allo scopo finale del titolo: coinvolgerci in scontri al cardiopalma.

Sotto questo aspetto, Chorus è la risposta al quesito “come potrebbe essere un shooter arcade della vecchia scuola se fosse sviluppato oggi”, riuscendo sempre a mettere il divertimento prima di ogni altra cosa. E questo è decisamente un bene.

This post was published on 3 Dicembre 2021 16:00

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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