Non è stato facile elaborare Metroid Dread senza lasciarsi trasportare. 19 anni sono passati dall’ultima iterazione originale di un classico Metroid bidimensionale con Fusion su Game Boy Advance e 11 dall’ultima della saga, con Other M su Wii.
Ancora una volta Samus si reca in missione in un pianeta sconosciuto, ZDR, un pianeta in cui per la prima volta non è lei ad essere la cacciatrice, ma la preda, in quella che risulta essere l’avventura più terrificante vissuta dagli albori della serie
L’annuncio di Dread scosse un bel po’ la community globale, che da ormai due anni aspettava novità riguardo all’attesissimo Metroid Prime 4, e invece si è vista recapitare un titolo del tutto nuovo e con un rilancio previsto da lì a pochi mesi.
E ora che è arrivato nelle nostre mani ed abbiamo potuto sviscerarlo, oh ce ne sono di cose di cui discutere, andiamo con ordine.
Come non iniziare da colei che rappresenta la saga di Metroid da ormai 35 anni. Samus Aran la cacciatrice di taglie intergalattica è tornata più in forma che mai in questa ultimo titolo della serie.
Partendo dall’aspetto estetico la nuova tuta di Samus è una perfetta combinazione tra il vecchio ed il nuovo, una combinazione della tuta semi organica di Fusion mista alle più avanzate tecnologie Chozo, che risulta in un aspetto molto più slanciato e longilineo rispetto a quanto visto per esempio in Samus Returns.
Ma l’abito non fa il monaco ed è qui che entra in gioco il vastissimo arsenale della nostra protagonista. Alle abilità storiche della serie, presenti in quasi ogni capitolo, come i vari potenziamenti per il braccio cannone, la morfosfera, l’astrosalto se ne aggiungono molte di nuove, che vanno ad ampliare il numero di opzioni a disposizione del giocatore.
La nuova copertura spettro, fulcro dell’esperienza e delle fasi “stealth” permette un approccio mai visto prima nei precedenti capitoli che si basavano principalmente su una costante prova di forza. Questa volta dovremo invece affrontare gli E.M.M.I. dei robot praticamente indistruttibili ed il cui contatto ci porterà alla morte in una manciata di secondi.
Si aggiunge poi una scivolata, che ci permette di attraversare spazi angusti a patto che questi si trovino a livello del terreno e di schivare gli attacchi nemici passando loro al di sotto oltre che al classico saltare oltre. Questa in combinazione con lo scatto lampo sarà fondamentale per affrontare le varie battaglie contro i boss che in questo titolo sono più agguerriti che mai.
Ultimo ma non per importanza tra le grandi novità è un miglioramento del contrattacco corpo a corpo, che ora può essere usato anche in movimento risultando in un potente montante che non serve solo a contrattare ma anche ad infliggere pesanti danni e ad accorciare la distanza dal nemico.
Questo, insieme alla modalità di mira libera, introdotti entrambi in Samus Returns, sono due graditi ritorni che portano la firma di Mercury Steam e sembra che da ora in poi non ne potremo più fare a meno in capitoli futuri.
Metroid Dread è senza dubbio un’esperienza tosta anche a livello di difficoltà standard (sì, c’è anche una modalità difficile che viene sbloccata dopo il primo completamento del gioco), sicuramente la più ardua tra tutti i capitoli finora, ed il merito è dei suoi nemici che vanno studiati ed affrontati con astuzia ed un occhio sempre attento.
E sì, parlo di merito, poiché benché Dread offra un alto livello di sfida, nessuna di esse è ingiusta ed una volta imparatone il pattern non esiste nemico che non possa essere sconfitto senza subire alcun danno.
Questa stessa regola si applica in particolar modo ai numerosi boss che vengono affrontati durante la nostra esplorazione del pianeta ZDR.
Tutti i boss, da quelli colossali ai mini boss in cui si può incappare all’improvviso, sono studiati alla perfezione per interagire con il nuovo arsenale che Samus ha a disposizione.
Dove nelle scorse iterazioni questi erano per di più statici, per adattarsi alla scarsa mobilità della nostra protagonista, in Dread abbiamo nemici agili, con un vasto arsenale di attacchi, mosse e varie abilità a loro disposizione… e picchiano forte.
Superare una boss fight al primo tentativo non è cosa facile e necessita di riflessi fulminei, ma una volta apprese le mosse e capito il modo in cui evitarle ogni battaglia diventa uno scontro dinamico, con un costante scambio di colpi, laser, missili il tutto condito da fantastiche cutscene che si possono innescare effettuando un contrattacco in specifici istanti della battaglia e durante le quali è possibile continuare a colpire il nemico nel modo in cui si preferisce, utilizzando missili o colpi caricati.
Gli E.M.M.I. sono poi i “nemici di copertina” del titolo, e per un motivo ben preciso.
Per la prima volta nella serie la meccanica dello stealth viene inserita come parte integrante del gameplay. Nati come evoluzione degli scontri con SA-X di Fusion, gli incontri con gli E.M.M.I portano l’asticella della difficoltà e della tensione ad un livello superiore.
Come affrontare un robot creato con il materiale più resistente dell’universo? È presto detto ed il game design scaltro ce lo insegna in una sequenza obbligatoria ma perfettamente integrata nell’esperienza, pochi minuti dopo l’inizio della nostra avventura. Soltanto l’energia Omega proveniente dalle Unità Centrali i “controlli remoti” di questi robot è in grado di fondere le loro placche protettive e sferrare un potente colpo per distruggere il loro nucleo.
Nelle aree pattugliate dagli E.M.M.I utilizzare la copertura spettro è fondamentale per passare inosservati senza fare alcun rumore e altrettanto è pianificare i nostri spostamenti. Una volta percepito un nostro rumore i robot si sposteranno verso la nostra posizione ed entrati nel loro campo visivo inizieranno l’inseguimento bloccando tutte le uscite finché non ci perderanno di vista. Inutile dire che essere raggiunti comporta quasi sempre il game over, questo può essere evitato effettuando una parata durante l’animazione di cattura, ma la casualità di tale animazione (creata di proposito per evitare di essere “exploitata”) rende tale pratica molto ardua, per non dire che non è il modo inteso di affrontare la sfida.
Benché gli E.M.M.I siano praticamente identici nell’aspetto ognuno di essi va affrontato con un differente approccio, alcuni possono infilarsi negli spazi angusti mentre altri no, alcuni sono in grado di rilevarci anche se siamo invisibili ad altri ancora sono praticamente impossibili da seminare una volta che ci hanno individuati. La sfida contro questi robot quindi può sembrare in primo luogo ripetitiva, causa il loro aspetto, ma si rivela presto differente ad ogni sua nuova iterazione rendendo sempre più complesso raggiungere l’Unità Centrale che racchiude l’energia Omega.
In Metroid Dread ci rechiamo, in seguito ad una comunicazione radio, ad esplorare il pianeta ZDR.
Già dal primo istante si può definire la differenza tra questo capitolo ed i precedenti. Tutti i capitoli della saga hanno una cosa in comune, la navetta di Samus arriva sul pianeta, sulla stazione spaziale o nave in cui è ambientata la trama e il nostro compito è di inoltrarci sempre più in profondità, ma in ogni momento possiamo tornare alla nave per recuperare le energie e le risposte,una sola cosa ci tiene bloccati, il portare a termine la missione assegnataci.
In Dread il setting dell’ambientazione è parte integrante nel trasmettere la sensazione di oppressione e paura che contraddistingue il titolo.
Atterrata su ZDR Samus mediante un ascensore raggiunge le profondità del pianeta, qui viene attaccata da Rostro di Corvo, nemico principale della trama, viene sconfitta e perde in modo misterioso tutte le sue abilità. Samus si trova bloccata nelle profondità di un pianeta sconosciuto, senza abilità e ricercata da un gruppo di sette robot apparentemente indistruttibili. Unendo il tutto ad un’ambientazione ostile ripiena di ogni sorta di nemico potenzialmente mortale ed ecco svelata la formula per il Metroid perfetto.
Il pianeta ZDR è suddiviso in diverse aree, ciascuna con un differente bioma, man mano che lo attraversiamo avvicinandoci alla superficie queste diventano sempre più civilizzate, virando verso una minore presenza di mostriciattoli “fastidiosi” e un maggior numero di veri e propri combattenti, mostri di grandi dimensioni, robot da combattimento e guerrieri Chozo.
Ciò che rappresenta un buon metroidvania è la sua non linearità delle ambientazioni e Metroid Dread non è da meno. Dopo una prima fase introduttiva abbastanza lineare, in cui si possono ottenere i primi potenziamenti e raggiungere una buona familiarità con le meccaniche base del gioco, la mappa si apre in una moltitudine di vie percorribili.
Chiaramente quasi tutti i potenziamenti per la tuta di Samus sono obbligatori per il completamento del gioco e a prescindere dalla strada percorsa un vasto numero di stanze chiave vanno raggiunte prima di poter proseguire alla successiva area.
Il level design particolarmente acuto si spinge poi anche un po’ oltre strizzando l’occhio a tutti quei giocatori “hardcore” che sono in grado di concatenare una serie di abilità particolarmente difficili da eseguire, permettendo loro di raggiungere determinate aree molto prima del previsto. Questa pratica può portare a sconfiggere determinati boss con potenziamenti generalmente non ottenuti a quel punto della storia innescando delle cutscene segrete, un bel modo di premiare i giocatori.
La mappa di questo Metroid è quanto di più grande e più complesso mai visto prima, tuttavia la grande agilità di Samus le permette di attraversarla in tempo record, rendendo il backtracking un’esperienza non eccessivamente tediosa. L’esperienza nel complesso non risulta particolarmente lunga, potendo essere completata in una decina di ore, tuttavia i suoi diversi metodi di approccio rendono l’esperienza rigiocabile più e più volte senza il pericolo di annoiarsi, mettendosi sempre di più alla prova cercando di completare il titolo nel minor tempo possibile, cosa che viene premiata ottenendo dei “premi” nel menu principale, o sfidando le proprie abilità nella modalità difficile.
Per quanto concerne il lato audio invece scordatevi le musichette allegre e trionfali di Super Metroid e Zero mission.
L’audio design è parte integrante dell’esperienza con toni bassi e cupi che caratterizzano le esplorazioni delle caverne e suoni robotici per le aree minerarie o i laboratori di ricerca.
Metroid Dread strizza infine l’occhio a tutti i fan storici della serie inserendo qua e là tutte una serie di dettagli atti ad arricchire silenziosamente la macromitologia della serie o a fornire arguti foreshadow riguardo la trama del l’opera.
Metroid Dread si conferma come il miglior esponente della serie dopo tre decenni dalla sua nascita.
Prendendo esempio dai pregi e dai difetti dei suoi predecessori il team di sviluppo è riuscito a realizzare quella che è l’avventura più completa e più fluida di tutta la serie Metroid. Mercury Steam è riuscito perfettamente ad integrare tutte le novità che aveva proposto nel suo precedente lavoro su nintendo 3DS, migliorandole ed ampliandone le possibilità di utilizzo.
Il livello di sfida si presenta particolarmente elevato, ma resta comunque accessibile a tutti, con nemici facilmente leggibili e boss fight lunghe ma oneste.
Dal punto di vista tecnico il titolo è praticamente impeccabile con un solido framerate a discapito di una risoluzione non proprio all’avanguardia, ma di cui non si risente praticamente per nulla durante l’esperienza. La sua comodità nei comandi e facilità di approccio rende l’esperienza perfettamente godibile sia in modalità docked che portatile, specialmente se giocata con un buon paio di cuffie per potersi immergere nell’atmosfera in modo completo.
Chiunque può approcciarsi al meglio al titolo, dai nuovi giocatori ai veterani e fan di lunga data, questi ultimi potranno restare piacevolmente colpiti dai risvolti della trama e da tutti quegli indizi sparsi qua e là durante tutta la storia.
Un’esperienza imprescindibile per tutti i fan della serie e del genere metroidvania che non ha alcuna intenzione di rimare in sordina come i capitoli precedenti.
This post was published on 17 Ottobre 2021 13:00
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