Chiunque si intenda e mastichi videogiochi sa benissimo che dietro a titoli come Hollow Knight o Dark Souls, in un modo o nell’altro c’è la saga di Castlevania. Oggi, con questa recensione di Castlevania Advance Collection, andiamo a vedere come si ripresentano su schermo quattro videogiochi della saga.
Se sei un lettore che, invece, non ha capito il ragionamento che abbiamo fatto lì sopra facciamo un passo indietro. Hollow Knight (o Guacamelee, Ori And The Blind Forest, Dead Cells e mille milioni di altri giochi) è un titolo bidimensionale che mette il giocatore davanti ad un particolare senso di progressione dove, a fare da padrone dell’esperienza, è il senso di esplorazione.
Questo senso di esplorazione viene aumentato e incentivato di volta in volta grazie a delle idee intelligenti avute, in primis, più che da Castlevania da Metroid. Il titolo Nintendo pensato da Gunpei Yokoi è infatti (tanto quanto il primissimo Zelda) un videogioco ispiratore di un’intero sistema di pensiero ludico, andando a relegare il rilascio di dopamina ad una progressione non lineare dove l’esplorazione viene premiata in maniera continuativa.
I livelli di gioco non esistono più, esiste soltanto una mappa esplorabile in lungo ed in largo attraverso diversi strumenti che si possono ottenere seguendo i suggerimenti del level design.
Castlevania arriva dieci anni dopo con un videogioco altrettanto seminale (e bello): Castlevania Symphony Of The Night. Qui Konami e Koji Igarashi (lo stesso dietro Bloodstained: Ritual Of The Night) prendono la struttura di Metroid e la fondono con meccaniche più vicine al mondo dei JRPG, danno un senso di crescita e progressione non solo alla mappa ma anche al personaggio, personalizzandolo attraverso equipaggiamenti e abilità.
Questa combinazione è quella che ha dato la vita ai Metroidvania.
Fast Forward ai giorni nostri: Konami, tra un eFootball e un pachinko, ha avuto la dolcissima idea di riproporre i suoi Castlevania migliori in diverse collection. Castlevania Advance Collection, realizzata con l’aiuto dei veterani di M2, è soltanto l’ultimo di questi prodotti ed è, di gran lunga, il più Interessante.
Il titolo è una raccolta di quattro videogiochi diversi, tre appartenenti al mondo del Game Boy Advance (altrimenti che advance collection sarebbe?) ed un terzo invece preso di peso dall’arsenale Super Nintendo: Castlevania: Circle Of The Moon, Castlevania Harmony Of Dissonance, Castlevania Aria Of Sorrow e Castlevania: Vampire’s Kiss.
Oltre a ciò la collection comprende anche un player musicale (molto apprezzato, vista la qualità media delle canzoni presenti), una sterminata galleria di art visualizzabili per tutti i feticisti dei disegni made in japan ed una serie di semplificazioni o ropelli ludici dovuti direttamente all’intervento di M2.
Queste funzioni sono save slot multipli attivabili manualmente in qualsiasi momento, un tasto per tornare indietro nel tempo, suggerimenti a schermo per aiutare i completisti e altre scelte di questo genere. Il rewind, ad esempio, riesce nel mitigare i problemi di grinding che Castlevania Circle Of The Moon si porta dietro da oltre vent’anni mentre le altre sono aggiunte graditissime per chi non ha più lo stesso tempo di una volta per giocare.
Mancano, come prevedibile, tutta una serie di opzioni grafiche che potevano essere usate per andare ad esaltare la pixel art dei titoli (davvero splendida nella maggioranza dei casi) sui moderni schermi. Come ben descritto da questo articolo di Kotaku, M2 e Konami potevano prendere ispirazione dalle combinazioni di filtri e magie amatoriali che hanno fatto la fortuna di Retroarch e di diversi emulatori per una volta.
Altro elemento di sicuro interesse per i più appassionati è la possibilità di scegliere, tramite un apposito menu, quale versione del gioco avviare tra Giapponese, Americana ed Europea.
Andiamo ora a sprecare qualche parolina (con voto individuale) per ogni capitolo presente nella collection.
Il primo capitolo con cui si viene a contatto è sicuramente Castlevania: Circle Of the Moon, conosciuto da noi europei come Castlevania. Il titolo, uscito su GBA direttamente nel 2001, è sicuramente il più ingenuo tra i tre titoli portatili e di sicuro quello invecchiato tecnicamente peggio, complice un pixel count a schermo un po’ triste.
Questa versione del titolo su PC funziona in maniera drasticamente migliore, complice anche la non necessità di perdere diottrie dietro alla color palette un po’ smorta che caratterizzava i primissimi titoli GBA e finalmente è possibile notare tutto il lavoro certosino fatto dagli artisti nel rappresentare un castello variopinto, con scorci memorabili nonostante i dettagli spartani.
Dal punto di vista prettamente ludico l’elemento principale che caratterizza questo titolo è il Dual Set-Up System, meglio conosciuto come DSS. Il sistema di gioco permette al giocatore di andare a mescolare gli effetti di due carte diverse per ottenere bonus passivi, abilità attive e miglioramenti di vario genere. Il sistema è un po’ ingenuo ma anche affascinante in diversi frangenti, andando a dipingere un’esperienza di gioco godereccia se si hanno le carte giusta.
Ecco, parliamo invece di quello che è il suo più grande problema: il grinding necessario per poter usufruire delle suddette carte. Nonostante la presenza del rewind, come accennato in precedenza, vada a mitigare la problematica Cirlce Of The Moon resta un gioco in cui è necessario spendere diversi minuti, con una guida sotto, per scoprire quale mostro massacrare ancora ed ancora alla ricerca della giusta carta da equipaggiare.
Attraverso il gadget inserito da M2 e con l’aiuto del rewind è possibile trasformare i vecchi bagni di sangue e pazienza in qualcosa di più spicciolo, certamente, ma è difficile soprassedere sulla cosa con gli occhi di un giocatore moderno. Imperfetto anche il sistema di controllo, complice una velocità di camminata davvero misera per il protagonista ed un salto che sembra uscire direttamente dai tempi del NES; fortunatamente, almeno per la prima cosa, andando avanti con il titolo c’è modo di farsi perdonare.
In sostanza il titolo invecchia decentemente, è ostico ma divertente e nonostante un basso numero di pixel a schermo risulta visivamente fascinoso, complice un art direction con i contro attributi. Poteva andare meglio (ma anche peggio)
Voto: 7/10
Se il precedente Circle Of The Moon era un titolo che ibridava le intuizioni della struttura metroidvania con un sistema di controllo abbastanza vicino al legnoso Castlevania originale, con Harmony Of Dissonance (ed il ritorno di Koji Igarashi alla regia) il discorso si fa diverso.
Il titolo, uscito nel 2002, vanta di un comparto grafico decisamente più colorato che cerca in ogni modo di abbattere i limiti dovuti alla grafica del GBA (andando a contornare in maniera molto decisa i movimenti del protagonista, ad esempio) e che prende dal suo illustre padrino diverse idee. Anche qui c’è un doppio castello, anche qui ci sono diverse mosse eseguibili con combinazioni di tasti, anche qui c’è un protagonista figo che più figo non si può.
Il sistema di crescita del personaggio prende le distanze dal DSS andando a inventarsi libri magici con incantesimi elementari; stavolta questi vanno ad influenzare in maniera molto intelligente le armi secondarie per un risultato finale molto gradevole.
Il titolo non ha la stessa bontà del gioco mastro a cui si ispira ed ha alcuni passaggi a vuoto ma, complessivamente, si difende estremamente bene all’interno dell’esperienza castlevanica di cui andiamo a parlare oggi.
Voto: 8/10
Dulcis in quasi fundo, nel 2003 Konami decise di completare il tris andando a pubblicare quello che, ancora oggi, è uno dei capitoli più belli dell’intera saga ed uno dei metroidvania più divertenti e interessanti in commercio. Il suo arrivo su questi lidi vale assolutamente il prezzo del biglietto e, pertanto vi consigliamo spassionatamente di acquistare la collection anche solo per provarlo.
Aria Of Sorrow è un metroidvania visivamente impressionante, con un art direction memorabile, una colonna sonora indimenticabile ed un gameplay praticamente perfetto, che vede tutti gli ingredienti al posto giusto. Il sistema di controllo è lascivo e permissivo come quello di Symphony Of The Night, il sistema di crescita ed equipaggiamento è ultra versatile grazie all’intuizione denominata Tactical Soul che permette al giocatore di equipaggiare delle anime droppate dai nemici per avere, udite udite, le stesse abilità dei nemici.
Queste anime, di tre tipologie diverse, vanno a sostituire sia gli attacchi secondari storici della serie (addio pugnale, ascia e compagnia cantante) sia alcune abilità di mobilità, aggiungendo al tutto abiltà passive molto interessanti con cui creare vere e proprie build per rompere il gioco.
A tutto questo si aggiunge una mappa più piccola rispetto a quella del predecessore ma molto meglio realizzata, con un level design sempre interessante e segreti nascosti praticamente dappertutto. Piccola nota a margine: il titolo ha poi dato origine ad un interessante e ben realizzato seguito che, speriamo, di vedere presto in una nuova collection dedicata al mondo DS.
Voto: 9/10
Siamo molto sinceri nel dire che non abbiamo assolutamente idea del perché Konami abbia deciso di inserire nel pacchetto anche questo titolo, totalmente slacciato dal resto della proposta.
In primis Vampire’s Kiss non è un metroidvania ma è un castlevania classico; in secondo luogo inoltre ci troviamo davanti ad un capitolo non eccezionale della saga, magari visivamente molto interessante anche sugli schermi moderni ma caratterizzato da un gameplay legnoso, assolutamente poco gentile col giocatore e con diversi picchi di difficoltà apparentemente insensata.
Certo, tutto ciò è controbilanciato da un comparto tecnico che ancora oggi si ben difende ma, purtroppo, il paragone con gli altri titoli della saga appare un po’ impietoso. In ogni caso, specie per il prezzo a cui la collection è presentata, il risultato finale è encomiabile e divertente.
Voto: 7/10
MODUS OPERANDI
Castlevania Advance Collection è una collection di giochi molto interessante: da una parte abbiamo un vero e proprio capolavoro come Aria Of Sorrow, gioco terribilmente rigiocabile e divertente, dall’altra abbiamo videogiochi molto più grezzi appartenenti a console e linee di pensiero diametralmente opposteo come Vampire’s Kiss. Nel mezzo, comunque, ci sono diverse decine di ore di gioco per almeno un paio di videogiochi, a nostra detta, imperdibili. Coronano la collezione diversi contenuti extra dedicati agli appassionati e, fortunatamente, alcune semplificazioni che faranno gola ai giocatori meno esperti (o semplicemente più giovani).
This post was published on 6 Ottobre 2021 16:00
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