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Agatha Christie – Hercule Poirot: The First Cases | Recensione (XBSS)

Le avventure grafiche investigative devono molto alla letteratura di genere da cui attingono a piene mani per costruire trame in grado di coinvolgere appassionati del mistero e investigatori della domenica. Le figure di riferimento sono principalmente due: Sherlock Holmes, nato dalla penna di Arthur Conan Doyle, che Frogwares ha praticamente reso un personaggio videoludico, e Hercule Poirot, detective belga creato da Agatha Christie.

Su quest’ultimo, è particolarmente attiva Microids che già nel 2016 aveva proposto, come publisher, The ABC Murders. Oggi invece siamo chiamati a recensire un altro titolo edito dall’azienda francese e sviluppato da Blazing Griffin, Agatha Christie – Hercule Poirot: The First Cases che ci mette nei panni di un Poirot giovane e ancora poco rinomato nell’alta società.

Scoprire leggendo la nostra recensione se le nostre celluline grigie sono state stuzzicate a dovere.

Signori, il delitto è servito

Hercule Poirot è ancora un giovane ufficiale della polizia belga quando viene chiamato a investigare su un caso apparentemente semplice, il furto di un gioiello in Villa Mnemosine, residenza della ricca famiglia Van den Bosch. Qui si scontra con l’arroganza della padrona di casa, l’austera Cassandra, la sua viziata figlia Angeline e soprattutto con un ambiente in cui a rimetterci sono sempre le persone di ceto basso.

L’indagine va a buon fine, ma Poirot viene letteralmente obbligato a incriminare un innocente per salvare le apparenze. Segnato dall’evento e diventato un detective, qualche tempo dopo viene ingaggiato dalla stessa Angeline, ora cambiata e meno altezzosa, per risolvere un mistero che la riguarda da vicino: un ricattatore le invia richieste di denaro per non rivelare un segreto che la rovinerebbe, segreto, però, di cui lei stessa non sa nulla.

Giunto a Villa Mnemosine, mentre i preparativi per il fidanzamento della giovane nobile sono in fermento, fa la conoscenza di persone di alto lignaggio molto legate alla famiglia Van den Bosch. Ben presto Poirot capirà che sotto quello sfarzo si nasconde molta polvere, ancora una volta dovrà fare i conti con reticenze, segreti inconfessabili e intrighi di palazzo. Se questo non bastasse, oltre a un ricatto, nella villa si consuma un altro delitto.

The First Cases, dal punto di vista narrativo, propone il classico mistero da romanzo giallo in cui a farla da padrone è la logica, ambientato solitamente in un unico luogo che vede la presenza di un gruppo di persone, tutte potenziali colpevoli. Il titolo in questione è molto fedele all’impostazione classica della letteratura di genere, non tende ad arzigogolare gli eventi inventando colpi di scena astrusi, è oltremodo focalizzato su un contesto ristretto, ma pieno di insidie che arrivano dal comportamento di soggetti interessati solo a salvare la faccia e la propria posizione.

L’atmosfera è di grande stile e la produzione affascina per il modo in cui usa bene poche dinamiche. The First Cases, infatti, è un’avventura grafica in terza persona in cui il giocatore visita gli ambienti, raccoglie indizi interagendo con gli oggetti e conversa/interroga gli NPC. La visuale si può allontanare e avvicinare per avere una panoramica o un dettaglio della scena, quando decidiamo di allontanarla sembra di stare in un diorama, dando l’impressione di essere di fronte a una trasposizione videoludica del gioco da tavolo Cluedo.

D’altronde, gli ingredienti ci sono tutti: una contessa, un maggiordomo, un maggiore dell’esercito, la biblioteca, la cucina, insomma, tutti personaggi e location che ci aspetteremmo nei classici del genere, che siano film, libri o intrattenimento analogico.

Mappa mentale e levata di scudi

Dal punto di vista ludico, l’avventura di Poirot cosa propone? Come abbiamo detto, le dinamiche sono semplici e immediate, benché ce ne siano due in particolare da analizzare separatamente. La prima è la mappa mentale, cioè un luogo nella mente di Poirot a cui il giocatore può avere accesso in qualsiasi momento. Qui vengono raccolti tutti gli indizi trovati e gli obiettivi che portano avanti le indagini.

La mappa è divisa in filoni d’indagine, ogni volta che si raccolgono abbastanza indizi per arrivare a una deduzione, il gioco ci avverte chiedendoci di fare dei collegamenti, cioè tracciare una linea tra due indizi coerenti tra di loro. La mappa è ben strutturata, mai confusionaria, nonostante la mole di informazioni, inoltre non c’è alcun malus in caso di errore, infatti è possibile fare tentativi infiniti.

I giocatori più smaliziati potranno fin da subito comprendere che esiste un piccolo trick per non perdere tempo in conclusioni insensate: gli indizi collegabili non sono mai lontanissimi tra di loro, mentre la linea tracciata non può attraversare l’icona di un terzo elemento. Il gioco è estremamente narrativo, mai punitivo, vuole raccontare una storia senza che ci siano punti morti causati dalla non comprensione di ciò che è necessario fare per andare avanti.

Ciò si rispecchia anche nella seconda meccanica più importante del titolo che riguarda gli interrogatori. In alcuni casi, la sagoma del sospetto potrebbe avere uno scudo, questo significa che sarà fondamentale fare le domande giuste tra le opzioni mostrate a schermo per infrangerlo, altrimenti non si caverà un ragno dal buco. Sbagliare non farà altro che resettare il dialogo, dandoci l’opportunità di cambiare approccio. Non ci avrebbe dispiaciuto un modus operandi meno guidato, ad esempio far sì che il fallimento dell’interrogatorio costringesse il giocatore a cercare le informazioni per altre vie.

Durante l’avventura, della durata di circa 8 ore, non ci sono puzzle o minigiochi, proprio perché l’approccio è quello di un racconto (mentre si legge un libro non si risolvono enigmi), pertanto abbiamo meno soluzioni ludiche dei giochi della Frogwares su Sherlock Holmes. Si tratta di una scelta di game design che un appassionato di gialli può comunque apprezzare grazie a un contesto ben costruito e personaggi ben caratterizzati.

Per quanto riguarda il lato tecnico, non c’è molto da dire, The First Cases è in linea con produzioni dello stesso tipo che non puntano certo sul fotorealismo o sul dettaglio spaccamascella, ma maggiormente su estetica e cifra stilistica.

Il gioco è gradevole da vedere e offre un buon colpo d’occhio negli interni che sanno ricreare a dovere la sensazione di tepore e focolare domestico mentre fuori imperversa la neve. Buono anche il doppiaggio inglese (ci sono i sottotitoli in italiano, alleluja) e il comparto sonoro in generale.

Commento finale

Agatha Christie – Hercule Poirot: The First Cases è un’avventura grafica affascinante e pienamente focalizzata sull’impostazione classica dei romanzi gialli della scrittrice inglese. Atmosfera, contesto e qualità della storia ci mettono di fronte senza dubbio a uno dei migliori titoli con protagonista il detective belga. Le soluzioni ludiche, forse, sono in alcuni casi troppo semplici, ma tutto rientra in una scelta ben ponderata che vuole offrire al giocatore un’esperienza fluida e interessante dall’inizio alla fine.

This post was published on 3 Ottobre 2021 12:15

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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