Prima di iniziare la lettura, vorrei che ci facessimo tutti una domanda: qual è il requisito che ogni videogame dovrebbe possedere? Se dovessimo identificare un elemento ludico indispensabile per raggiungere il successo, quale sarebbe? Nell’arco dei miei 34 anni, credo che le qualità per poter anche solo aspirare di emergere, in un mercato sempre più affollato, si riducano a due soltanto: identità ed originalità. Se la seconda è oramai merce rara (e sempre più “agnello sacrificale” immolato sull’altare del trend del momento), la prima condizione è (o dovrebbe essere) il punto di partenza per qualsiasi opera dell’ingegno. Che si tratti di un’estetica particolare o della più semplice delle etichette, io consumatore dovrei riuscire a farmi un’idea del gioco con un singolo sguardo o poco più.
Andrò dritto al punto: sotto determinati aspetti, Outriders mi ha messo non poco in difficoltà. Fate attenzione: non mi riferisco ad un gameplay ostico o a delle meccaniche ardue da padroneggiare, ma alla sfuggente identità del titolo sviluppato da People Can Fly.
Per indole personale, ho sempre rifiutato qualsiasi genere di etichetta; tuttavia, non posso negare che, in determinate occasioni, queste possono aiutare a capire precisamente in che cosa stiamo per imbarcarci.
Nelle righe che seguono, cercherò di esprimervi al meglio l’opinione che mi sono fatto su Outriders, tentando di sviscerarne l’essenza e la portata, ma ponendo l’accento su ciò che l’opera pubblicata da Square Enix riesce a fare meglio: divertire il giocatore.
La Terra non esiste più. Il controllo di materie prime e di fonti di energia sempre più scarse ha portato a tutta una serie di conflitti che, nell’arco di pochi anni, hanno devastato il nostro pianeta, causando l’insorgere di catastrofici fenomeni sismici. Appare subito chiaro che l’umanità, se intende sopravvivere, deve abbandonare casa propria ed imbarcarsi in un lunghissimo “viaggio della speranza”, che la porterà ad una nuova Terra Promessa.
Delle astronavi partite, ne sopravvive una soltanto. Le circa 500.000 persone a bordo della Flores sono ciò che rimane del genere umano, costretto a stabilirsi sul pianeta Enoch che, dalle analisi fatte, sembra avere tutte le carte in regola per rappresentare il tanto agognato nuovo inizio.
Il nostro protagonista (che creeremo attraverso un menu piuttosto scarno e decisamente poco vario) è il più classico dei mercenari con tante battaglie sul groppone, ma starà proprio a lui e ad un ristretto numero di soldati (gli Outriders, per l’appunto) guidare le prime esplorazioni su Enoch, spianando così la strada agli altri occupanti della nave spaziale.
Basteranno pochi minuti per capire che quel pianeta non è affatto il luogo tranquillo e pacifico che ci si aspettava fosse: oltre a delle creature aggressive, il pianeta è afflitto da delle misteriose tempeste elettromagnetiche che, in pochi minuti, decimano la nostra avanguardia, generando un acceso conflitto sui prossimi passi da seguire. A causa delle ferite riportate, il nostro eroe verrà “crioaddormentato”, per poi svegliarsi la bellezza di 31 anni dopo e scoprire che la situazione è ancora peggiore di quanto potesse immaginare.
Nonostante una situazione disperata, però, il nostro soldato potrà contare su dei nuovi poteri, generatisi dopo l’esposizione alle tempeste magnetiche precedentemente menzionate. Sarà proprio da questo momento che prenderà piede la trama di Outriders, che vi vedrà ricongiungervi con il vostro precedente team e cercare di dare una nuova speranza a ciò che rimane della razza umana.
Se nel corso di queste righe avete avuto una strana sensazione di déjà vu, non preoccupatevi: è assolutamente normale. La trama di Outriders non rappresenta nulla che non abbiate già visto altrove: un protagonista pressoché monolitico, catapultato in un mondo pieno di pericoli, in compagnia di personaggi spesso caratterizzati approssimativamente e la cui presenza su schermo durerà poco o nulla, con battute, dialoghi e scene che sembrano provenire da un film di Michael Bay.
Nonostante un paio di colpi di scena tanto carini quanto frettolosi, e di un cospicuo numero di collezionabili capaci di svelarvi frammenti di lore, non c’è nulla della storia del titolo in questione che faccia gridare al miracolo. Sotto questo aspetto, quindi, nessuna traccia di originalità.
Se la trama di Outriders non è da incorniciare, il discorso cambia totalmente per il gameplay. Nel prossimo paragrafo affronteremo al meglio la natura ibrida del gioco, limitandoci per ora a categorizzarlo come Third Person Shooter (TPS). Come gli appassionati sicuramente sapranno, il genere in questione sembra essere un po’ passato di moda, con praticamente un solo franchise a farla da padrone: Gears of War. People Can Fly è tuttavia un team legato a doppio filo tanto con gli shooter (da Painkiller a Bulletstorm) quanto alla serie ora in mano a The Coalition, di cui ha realizzato lo spin-off Judgement.
Considerando il pedigree dello studio di sviluppo polacco, c’era da attendersi un approccio “caciarone” e frenetico: così è stato, con l’aggiunta di una piccola feature decisamente originale.
Come ogni sparatutto in terza persona che si rispetti, il cuore di Outriders consiste nel dare libero sfogo alle nostre bocche da fuoco (tante e ben personalizzabili), sfruttando i ripari strategici presenti nei vari stage che saremo chiamati ad affrontare. Tuttavia muri, pilastri, inferriate, ecc. avranno un valore decisamente diverso rispetto a quanto visto in Gears of War. Innanzitutto, non aspettatevi quel gameplay limato e raffinato a cui il franchise Microsoft ci ha abituati; secondariamente, i summenzionati ripari non saranno sinonimo di “protezione eterna”: i colpi nemici potranno facilmente distruggerli e, se rimarrete fermi troppo tempo nella stessa posizione, vedrete comparire un’area rossa attorno a voi, segno che una granata sta per esplodere.
Ve la faccio breve: dimenticatevi i tatticismi di The Division, in Outriders sarete costretti a rimanere sempre in movimento.
Ciò in cui l’opera targata Square Enix si distingue è però il recupero della barra della salute. Sono infatti assenti sia gli oggetti curativi che la comoda e graduale rigenerazione dei Punti Vita; in questo caso, l’unico modo che avrete per ristorare gli HP del vostro personaggio consiste nel… danneggiare l’avversario! Ogni colpo che manderete a segno contribuirà a riempire (in proporzione) una parte della Health Bar e, sotto questo aspetto, grande importanza è rivestita dai poteri speciali che Enoch vi ha garantito.
Subito dopo il completamento del prologo, sarete chiamati a scegliere una delle quattro classi che il gioco vi metterà a disposizione: Tecnomante, Piromante, Mistificatore e Distruttore. Qualunque sia la vostra scelta, non potrete mai esimervi dal rimanere sempre nel cuore dell’azione, sfruttando le abilità speciali del vostro personaggio (ne sbloccherete di nuove col progredire dei livelli) sia come modo per recuperare salute, che come metodo per interrompere gli attacchi caricati dei boss che incontrerete.
In parole povere, è un po’ come se i mob presenti nelle varie arene fossero dei “pack curativi ambulanti”, utilizzabili solo nel momento in cui verranno messi K.O.
Sotto questo aspetto, People Can Fly è riuscita a garantire un elemento di novità che contribuisce eccome a costruire un’identità per il suo Outriders.
Ricordate quando vi ho menzionato la natura ibrida di Outriders? Bene, è arrivato il momento di parlarne. Siate sinceri: che tipo di videogame vi è venuto in mente la prima volta che avete visto il trailer di presentazione del gioco? Per quanto mi riguarda, non ho potuto non ricollegare quanto vedevo ad un “Destiny in terza persona“, con missioni da giocare in compagnia dei propri amici, un endgame ampio, magari con tanti eventi a tempo limitato e, infine, un supporto costante nel tempo. In quattro parole: Game as a Service (per gli amici, GaaS).
Ebbene, sia People Can Fly che Square Enix (forse anche a causa di quanto accaduto con Marvel Avengers, di cui potete leggere la nostra recensione qui) hanno sin da subito preso le distanze da questo categoria di prodotto, affermando che Outriders era un gioco “fatto e finito”, pensato per essere giocato da soli (ma consentendo all’utente di scegliere ben due “compagni di viaggio”) e che, soprattutto, non riceverà la mole di aggiornamenti di cui sono destinatari i videogame concepiti come servizi.
Tutto chiaro finora? Perché è proprio da questo punto in poi che i conti non tornano.
Senza dubbio Outriders è un titolo che può essere giocato tranquillamente in solitaria (a patto di morire il giusto numero di volte): le più di 30 ore necessarie per arrivare ai titoli di coda confermano la volontà di mantenere il focus anche sul single player. Nonostante quanto ora detto, però, non si spiega perché, ai fini di un’esperienza di questo genere, sia necessario essere costantemente connessi ad Internet; sotto questo aspetto, poi, il netcode ha letteralmente funestato i primi giorni di lancio, impedendo a tantissimi di poter anche solo accedere al gioco. Tutto questo senza voler parlare dei problemi relativi al crossplay, coraggiosamente annunciato e frettolosamente ritornato in beta, a causa di problemi tecnici.
In secondo luogo, se è vero che il videogame può essere tranquillamente giocato in solitaria, è altrettanto vero che giocarlo in compagnia vi faciliterà non poco la vita. La ragione è presto detta: ogni volta che morirete in single player, sarete catapultati all’ultimo checkpoint; se invece morirete in multiplayer, potrete “riesumarvi da soli” la prima volta, e farvi resuscitare dai vostri alleati tutte le volte successive. Quanto ora detto ha un’incidenza relativa nella main quest, ma diventa di fondamentale importanza nelle missioni successive all’endgame (ve ne parleremo in seguito): in questo caso, andare K.O. significa affrontare l’intera missione dall’inizio.
Se le somiglianze con Destiny sono chiaramente percepibili (basti vedere le stesse somiglianze tra i due menu di gioco), il fulcro del gameplay di Outriders è maggiormente accostabile a quanto è possibile vedere in Diablo ed in Doom. La frenesia degli scontri a fuoco può effettivamente ricordarci lo shooter idSoftware, ma il looting visto nell’RPG targato Blizzard è quanto di più vicino all’esperienza vissuta in Outriders.
Oltre al livello del nostro personaggio, potremo trovare l’indicatore del Livello del Mondo. A seconda delle uccisioni compiute e di quante volte saremo stati messi al tappeto, la barra del livello del mondo potrà tanto svuotarsi quanto riempirsi e, nel momento in cui salirà di livello, potremo avere accesso a delle ricompense di maggiore rarità. Un maggiore Livello del Mondo implicherà automaticamente dei loot migliori (arrivando ai classici Equipaggiamenti Epici e Leggendari).
Quanto ora detto andrà a sublimarsi nelle Spedizioni. Si tratta di 15 missioni, affrontabili dopo aver completato la main quest, in cui sarete chiamati a trovare degli oggetti menzionati nel finale del gioco ed in cui, inutile sottolinearlo, potrete sbloccare le ricompense più rare. Tuttavia, il requisito principe per ottenere il loot più pregiato consiste nel completare la missione nel più breve tempo possibile, mandando a farsi benedire gran parte delle strategie di gruppo, esponendo maggiormente all’insuccesso alcune classi e, soprattutto, andando a limitare la scelta dell’equipaggiamento a quelle poche soluzioni che ci consentiranno di “risparmiare tempo”.
Quest’ultimo aspetto rappresenta un vero peccato, in quanto la personalizzazione dell’equipaggiamento e delle armi (con potenziamenti e mod) rappresenta uno degli aspetti positivi di Outriders.
Volendo soffermarci brevemente sul comparto tecnico, non possiamo non rilevare quanto questo sia altalenante. Se da una parte troviamo dei paesaggi sempre piuttosto diversi e dei panorami decisamente curati (anche qui il riferimento a Destiny è palese), dall’altra, invece, non c’è possibilità di esplorarli completamente; se da una parte troviamo una buona varietà di nemici, dall’altra, però, ci imbattiamo in degli stage piuttosto spogli, con pochissime interazioni ambientali e, soprattutto, con una sfilza di tempi caricamento più o meno nascosti. È incredibile vedere, in un titolo del 2021, che l’apertura di una porta inneschi una cutscene di appena qualche secondo, così come è incredibile assistere a delle scene filmate di transizione altrettanto brevi.
Soffermandoci sulla grafica, Outriders regge piuttosto bene i 60 fps su Playstation 5, ma le caratteristiche menzionate in precedenza rendono palese la sua natura cross-gen.
Anche l’aspetto prettamente ludico non è esente da lacune. La natura frenetica del videogame rende quasi superflue armi come i fucili di precisione, mentre alcune classi risultano sbilanciate (soprattutto nelle Spedizioni), in quanto prive di attacchi ad area.
Infine, la domanda che più ci assilla riguarda il tipo di supporto che riceverà il gioco. Allo stato attuale, dopo aver provato le varie classi, aver ottenuto i vari Encomi, aver potenziato al massimo il nostro equipaggiamento ed aver portato a termine tutte le Spedizioni, ci sarà ben poco da fare, se non magari ripetere le missioni in compagnia dei nostri amici. A parere di chi scrive, Outriders riceverà sicuramente dei fix e delle espansioni (gli altissimi prezzi del mercante d’armi fanno capire che il gioco non verrà abbandonato) ma, come diceva Lorenzo de’ Medici, del futuro non v’è certezza.
Ciò che possiamo dire finora è che Outriders è una splendida modalità Orda a getto continuo, che aveva le tutte le carte in regola per ritagliarsi il suo spazio, ma che per varie ragioni non riesce proprio a spiccare il volo.
Outriders è un’esperienza di gioco divertentissima, che riesce ad intrattenere per un buon numero di ore grazie ad un gameplay frenetico ed incentrato sulla ricerca dei migliori pezzi per potenziare il nostro equipaggiamento. Sotto questo aspetto, il titolo sviluppato da People Can Fly è la boccata d’aria fresca di cui il genere dei third person shooter aveva dannatamente bisogno.
Analizzando l’altro lato della medaglia, però, il videogame sembra essere pregiudicato da un “equivoco comunicativo”, che lo ha collocato a metà strada tra un’esperienza single player/coop ed un GaaS, presentando alcune caratteristiche dell’una e dell’altra categoria. Ciò che lascia l’amaro in bocca è l’enorme potenziale inespresso del gioco, che riesce a non sfociare mai nella ripetitività, ma che esaurisce rapidamente tutte le frecce al suo arco. Se a tutto questo aggiungete un comparto tecnico a fasi alterne, potrete facilmente comprendere la ragione alla base della valutazione in calce all’articolo.
Sento tuttavia di consigliare l’acquisto a tutti coloro che siano alla ricerca di uno sparatutto in terza persona senza troppi fronzoli, capace di intrattenere per un buon numero di ore e che, soprattutto, non si chiami Gears of War.
This post was published on 16 Aprile 2021 10:00
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