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Recensioni

Demon Skin | Recensione (PC)

Ci sono quei videogiochi che, nonostante difetti grandi come case, non puoi fare a meno di amare per una pletora diversa di motivi.
Siano essi di tipo estetico o ludico, ci sono videogiochi dal sapore così forte e caratteristico che non ti fanno dire altro che stavolta chiudo un occhio sulla faccenda.

Demon Skin, per chi scrive, fa decisamente parte di questa categoria: un gioco gretto, grezzo, spigoloso e imperfetto che però riesce a trascinare con sé un certo modo di pensare i dungeon crawler e gli action adventure.

La parte divertente è che questo gioco, ad un primo impatto, non sembra nemmeno chissà cosa. Graficamente si vede subito che è una produzione low budget di un gioco indipendente, dal punto di vista ludico è macchinoso e ostile al giocatore e di sicuro non fa granché per farsi piacere.

Ma questo è il bello, il gusto nascosto di Demon Skin lo si trova nel riuscire nei combattimenti difficili, lo si trova nel sopportare il trial & error di certe sezioni in favore di una vittoria. Un gioco difficile per persone dai gusti strani, mettiamola così.

Scopriamolo insieme.

Ciao, ti sei appena trasformato in demone.

Partiamo dai dati anagrafici.
Demon Skin è un videogioco sviluppato da Ludus Future e pubblicato da Buka Entertainment per PC.

Il titolo è un action adventure a scorrimento orizzontale ad ambientazione fantasy con tinte abbastanza grim, mostrando un mondo fantastico molto lontano da lande incantate e foreste verdeggianti.

Il mondo di Demon Skin è terribilmente crudele perché i morti non sono tali.
La necromanzia è praticamente onnipresente e ogni luogo del gioco sembra voler uccidere i suoi ospiti più di ogni altra cosa. Le ambientazioni sono ostili, le foreste pericolose, le caverne fatali: il mondo di Demon Skin ha visto l’oscurità primeggiare sul bene.

L’unica speranza è rappresentata dall’ordine degli Wanderer, dei vagabondi che possiedono poteri sovraumani in grado di affrontare le minacce oscure. Il giocatore, nei panni di uno di questi loschi figuri, assisterà da spettatore ad un rituale proibito che aveva il compito di ripristinare il potere di un antico artefatto.

Nel tentativo di bloccare il rituale il giocatore finirà travolto da un flusso energetico incontrollabile proveniente dall’artefatto e morirà, soltanto per poi per venir risvegliato sotto forma di demone.

Il nostro vagabondo protagonista adesso avrà il compito e l’intenzione di recuperare la sua forma umana ma per farlo dovrà nuovamente riottenere l’artefatto. Pertanto come giocatori ci ritroveremo ad accompagnarlo in un lungo percorso fatto di grotte, avversari, minacce e bestialità di vario tipo.

Nel corso del nostro tragitto incontreremo anche figure misteriose, il cui supporto alla nostra causa è decisamente dubbio e figure più magnanime, in grado di supportarci in alcune sequenze scriptate.
Il resto del gioco peserà del tutto sulle nostre spalle da demone indebolito.

In Demon Skin la narrativa è poco più che un pretesto per permettere al giocatore di sperimentare le caratteristiche del gameplay.
Durante il corso della circa otto ore di gioco necessarie per terminare l’opera, i ragazzi di Ludus Future hanno consegnato a filmati con disegni animati (interessanti, a nostro parere) e a cutscene con l’engine di gioco il compito di narrare la storia del nostro protagonista.
I dialoghi sono ridotti all’osso e, nella stragrande maggioranza dei casi, non apportano granché all’esperienza.

La comunicazione in Demon Skin è lasciata alle atmosfere truculente del gioco e al gameplay senza pietà che, morte dopo morte, dice al giocatore di che pasta è fatto il codice con cui sta interagendo.

Di demoni e schiaffi

Demon Skin è un videogioco che ruota completamente intorno ad un idea di gameplay non del tutto originale ma funzionale e divertente.
Sostanzialmente prendiamo Rastan, ovvero un hack and slash bidimensionale con avversari multipli, fosse con gli spuntoni e spadoni e portiamolo ai giorni nostri aggiungendo della profondità.

La profondità extra al gameplay, altrimenti già vecchio di quasi quarant’anni, viene data da un sistema di stances o pose che permette al giocatore di scegliere da dove attaccare e da dove parare i colpi.

In base alla forma e all’equipaggiamento dei nemici, ad esempio, potremo attaccare soltanto determinate parti del corpo: uno scheletro corazzato privo di elmo avrà soltanto il capo vulnerabile obbligandoci ad attaccarlo partendo da una posa alta, per fare un esempio.

Discorso identico si può fare per le parate: mettendoci in posa alta potremo parare gli attacchi alti e così via. Gli attacchi saranno segnalati da spicchi di colore rosso indicanti la posa da cui proviene l’attacco, dandoci il giusto tempo per rispondere agli attacchi (almeno nella maggioranza dei casi). Oltre a ciò ci sarà possibile attaccare i punti deboli degli avversari in base alla colorazione dei sopracitati spicchi: blu per infliggere più danni e arancio per eseguire una finisher super cruenta.

Questi elementi sono poi impreziositi ulteriormente da un sistema simil rpg con statistiche potenziabili, combo e attacchi magici in base all’arma utilizzabile.

Lo scheletro del gioco, in sostanza, è solido e offre una certa varietà, complice anche le differenti tipologie di nemici che si presentano d’innanzi al giocatore.
Il gioco è divertente ed è praticamente immerso completamente in un mood da fantasy scrauso anni novanta a là Deathtrap Dungeon; ci sono le trappole bastarde, gli avversari scorretti, le armi potenti (le cui abilità richiamano spesso altri videogiochi!) e addirittura gli erorri di concetto!

A far scricchiolare il comparto ludico è la pulizia del gameplay, un po’ impreciso e scattoso per quanto riguarda le abilità di movimento. Non sempre il level design fa comprendere a primo colpo al giocatore che tipo di salto deve fare, ne il sistema di movimento si dimostra malleabile il giusto quando bisogna aggrapparsi a sporgenze vicine.

Anche la scelta di dedicare la scelta delle pose al mouse/analogico destra lascia un po’ il fianco ad una serie di critiche perché, vista l’assenza di un puntatore, non si è sempre sicuri sulla precisione dei movimenti che si stanno attuando. Per questa motivazione sarebbe stato più intelligente associare alle pose una rosa di tre tasti, così da poter controllare meglio le proprie azioni.

Il risultato finale, per quanto ci riguarda, è comunque gradevole perché è impossibile non provare soddisfazione nel massacrare gli zombie o gli aracnidi a suon di martellate; anche l’esplorazione per quanto macchinosa costringe il giocatore a stare sempre sull’attenti e mantiene quindi alta la concentrazione.

Comfort zone

L’ultimo punto da analizzare prima di tirare le somme sul titolo in questione è il comparso tecnico.
Demon Skin è un videogioco realizzato con du spicci come si suol dire e si vede in molti suoi frangenti: i modelli poligonali sono così così, le animazioni non sono esattamente capolavori artistici e le ambientazioni sono povere di dettagli e poligoni.

Nonostante tutto crediamo che l’effetto finale sia maggiore della somma delle parti perché, alla fine, Demon Skin riesce nel comunicare l’atmosfera da avventure un po’ edgy da campagna di Dungeons & Dragons tra le sue foreste e caverne.
Alcuni scorci sono gradevoli, così come è interessante il design di alcuni mostri (tipo i veramente disgustosi zombie selvaggi) ma in generale niente per cui eccitarsi troppo.

Discorso leggermente migliore per il comparto musicale, realizzato con le solite orchestrazioni, le solite melodie un po’ cheap ma perfettamente in grado di adattarsi alla tipologia di gioco proposto.

Demon Skin è uno di quei videogiochi che è più della somma delle sue parti. Si perché tecnicamente e narrativamente non è un granché e manco il gameplay è sto colpo di genio ma, nonostante tutto ciò, se siete appassionati di Action Adventure e cercate un gioco quadrato, divertente e violento avete trovato pane per i vostri denti. Se nel frattempo vi piacciono anche le ambientazioni fantasy e le scene d’azioni truculente, con una spruzzata di vecchi videogiochi anni novanta, avete appena trovato il vostro must buy per il mese di Aprile.

This post was published on 12 Aprile 2021 17:00

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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