Marzo 2021 è stato un mese ricco di release interessanti e capaci di polarizzare l’attenzione, culminato con l’uscita di un blockbuster del calibro di Monster Hunter Rise. In periodi del genere, scanditi dall’approdo di titoli tanto rinomati quanto attesi, la pubblicazione di Darq: Complete Edition è un po’ passata in sordina. Non dobbiamo prenderci in giro: il gioco in questione non godeva dell’hype dei tripla A che dominano il mercato, trattandosi inoltre, come suggerisce anche il nome, di una versione all inclusive di un’opera già uscita in passato.
Tuttavia, se siete approdati su questa recensione, la ragione è una soltanto: siete alla ricerca di qualcosa di diverso. Probabilmente siete reduci da una “grande abbuffata” di produzioni major e, per una volta, desiderate cimentarvi in un’esperienza che abbia un gusto più intimo, e che sia magari scevra dalle logiche di mercato AAA, in cui la libertà creativa è subordinata ai trend del settore.
Sotto questo aspetto, Darq si presenta sin da subito come un’opera singolare, con un protagonista di poche parole, una narrativa ermetica ed un’estetica a metà strada tra Tim Burton e David Lynch.
Nelle righe che seguono, cercherò di spiegarvi meglio la mia personale esperienza con Darq: Complete Edition, dando un giudizio complessivo su un titolo tanto criptico quanto affascinante, nel tentativo di comprendere al meglio il lavoro del suo creatore: Wlad Marhulets.
Dove eravate il 15 Agosto 2019? E cosa stavate facendo? Chi vi scrive aveva le terga perfettamente a mollo nelle limpide e salate acque del Mar Tirreno, intento a vivere pochi (e sudati) giorni di ferie; tuttavia, per qualcuno quella data rappresentava la fine di un lunghissimo percorso, che vedeva la sua conclusione nel giorno più caldo dell’anno.
Se c’è una lezione che ho imparato nel corso delle mie “avventure” nel fantastico mondo della critica di settore, è che alcune opere sono strettamente connesse alla storia del loro autore. Nel caso di Darq, Wlad Marhulets può vantare un vissuto decisamente unico nel suo genere: a 16 anni si innamora della musica e, nonostante tutti gli dicano che è troppo grande per affermarsi in quel campo, si iscrive ad una scuola ed inizia il suo percorso di apprendimento.
Appena quattro anni dopo, sarà convocato per un’audizione alla Juilliard School, la celebre accademia di musica di New York; Marhulets vincerà una borsa di studio, diventerà un allievo di John Corigliano (compositore, Premio Oscar, nonché idolo d’infanzia del nostro eroe), ed inizierà a lavorare nel settore, imparando quanto possa essere difficoltosa l’esistenza di chi sceglie di votare la propria vita all’arte.
Dopo qualche anno, però, Wlad capisce che la musica non gli consente di esprimere tutto il suo estro creativo. Il giovane polacco è attirato anche da altre arti, come il disegno, la pittura e la modellazione 3D. Sarà proprio quest’ultima sua passione a spingerlo a scaricare Unity, di cui apprenderà il funzionamento da totale autodidatta, tra una “pausa di lavoro” e l’altra. A poco più di un anno di distanza da quel fatidico download, il nostro artista deciderà di compiere un secondo colpo di testa (o di coda, decidete voi): lascerà la musica per dedicarsi a tempo pieno all’attività di sviluppatore di videogame.
Ebbene, Darq emetterà i suoi primi “vagiti digitali” durante uno dei pomeriggi di studio forsennato che hanno caratterizzato l’approccio di Marhulets al game design. Forse neanche lui avrebbe immaginato che quella sua strana creatura sarebbe diventata un videogame a tutti gli effetti, uscendo il 15 Agosto 2019, un giorno che sarebbe festivo per molti, ma non per lui: perché lui è un artista, e si sa che gli artisti non riposano mai.
E a proposito di riposo…
Il protagonista della nostra avventura è un ragazzino allampanato di nome Lloyd che, per causa a noi sconosciute, da tempo incalcolabile vive in un vero e proprio limbo. Il giovane è intrappolato all’interno di un suo sogno, da cui non riesce a destarsi in nessuno modo e, proprio per questa ragione, è confinato all’interno delle quattro mura diroccate che compongono ciò che potremmo definire “casa sua”.
Tuttavia, quando Lloyd si stende sul suo letto, accade un evento ancora più strano: una parte della sua coscienza si stacca da lui (quasi come se fosse un corpo astrale) e viene catapultata all’interno di luoghi tetri e cupi. Il nostro eroe sarà chiamato a trovare una via di fuga, risolvendo macabri enigmi, affrontando l’oscurità ed i mostri celati al suo interno e, soprattutto, familiarizzando con le strani leggi fisiche e logiche che caratterizzano questi luoghi.
Alla fine di ogni stage, il nostro eroe tornerà tra le “rassicuranti” pareti domestiche, salvo poi lanciarsi nuovamente all’avventura, per i sette livelli di cui è composto il videogame.
La trama di Darq potrebbe essere riassunta in queste poche righe, in quanto: non si sa chi (o cosa) sia Lloyd; non si sa come (e quando) sia finito in quella condizione; non si sa assolutamente nulla degli ambienti che andremo ad esplorare e, infine, non è dato sapere chi o cosa rappresentino le creature da incubo che incontreremo nel nostro viaggio. Lo stesso finale di gioco non fornisce una risposta univoca a nessuna delle domande di cui sopra.
Tuttavia, siamo troppo “scafati” per non sapere che al di là di questa enorme coltre di silenzio, interrotta solo dai passi di Lloyd e da rumori tutt’altro che rassicuranti, si cela una trama nascosta, che solo i più attenti potranno desumere, senza però mai avere la rassicurante certezza di averne colto tutte le sfumature.
Nel caso in cui vi steste chiedendo se ciò che sta vivendo il nostro smunto protagonista abbia un nome scientifico, sappiate che sì, ce l’ha! Wikipedia definisce come “sogno lucido” quel sogno vissuto con la piena consapevolezza di star dormendo, con la capacità, quindi, di poter direttamente influenzare l’ambiente circostante e le situazioni che si svolgono al suo interno, con una piena e libera capacità di movimento.
Sin dai primi minuti di gioco, infatti, ci renderemo conto che Lloyd ha la capacità di poter letteralmente “ruotare” pressoché ogni stage, alterandone la gravità e potendo così entrare in aree altrimenti irraggiungibili.
Quanto ora detto si estende anche ai puzzle da risolvere. Per poter procedere nei sette stage di Darq, saremo chiamati a superare tutta una serie di rompicapo che richiederanno una buona dose di acume, nonché la capacità di sfruttare a nostro favore l’ambiente circostante (potendo anche “capovolgerlo”, se necessario).
Sotto questo aspetto, gli enigmi di Darq sono tutti ben congegnati, riuscendo ad impegnare il giusto tanto i neofiti quanto gli appassionati del genere, brillando per originalità e mai stonando con le tinte cupe che pervadono ogni angolo del gioco. Avete bisogno di energia? Ricorrete a quella simpatica dinamo in basso, azionandola con… una gamba mozzata animata! C’è bisogno di un contrappeso per azionare un interruttore e non ci sono massi nelle vicinanze? Non dovrete fare altro che usare la testa (e no, non è una metafora)!
Sotto questo aspetto, nonostante l’ispirazione a titoli come Limbo, Inside e Little Nightmares sia chiarissima, Darq riesce ad emergere grazie all’originalità del suo gameplay, che strizza l’occhio alle avventure grafiche, aggiungendo delle piccole fasi survival che rendono perfettamente la sensazione di vivere in un incubo senza fine.
Da un punto di vista meramente grafico, Darq fa la sua figura. Nonostante si tratti di un lavoro realizzato, fondamentalmente, da un’unica persona, il gioco presenta un lato artistico di assoluto valore, assemblando degli stage dettagliati che, grazie alla presenza di pochi colori (prevalentemente il bianco e il nero di “limbiana memoria”), riescono a garantire un costante senso di angoscia e di disagio.
Lo stesso Lloyd, con i suoi occhi grandi, infossati e circondati da occhiaie scurissime, la sua camminata incerta e barcollante, il suo fisico gracile ed esile quanto una promessa, e quell’aria di chi è appena uscito da un reparto di terapia intensiva, contribuisce ad alimentare l’inquietudine in chi gioca.
Nonostante un gameplay “semplice” e senza troppi fronzoli, ci sono delle piccole indecisioni tecniche, tra cui spiccano dei cali di frame rate nei momenti in cui Lloyd ruota gli ambienti di gioco. Nulla di tutto ciò, però, incide sulla qualità del prodotto finale che, è bene ripeterlo, è stato creato da una sola persona.
Se proprio volessimo cercare il pelo nell’uovo, i difetti di Darq sono individuabili nelle fasi survival e nella sua longevità.
In prima battuta, i nemici che incontreremo sono piuttosto pochi, e tutti facilmente evitabili. In parole povere, nessuna delle mostruose creature menzionate in precedenza costituirà un grosso problema: vi basterà semplicemente memorizzare i pattern di movimento per lasciarvele alle spalle senza troppi rischi.
In secondo luogo, invece, Darq dura veramente poco. Il gioco può essere completato in circa 4 ore, che passano a 5/6 se si sommano anche i due DLC della Complete Edition. Ciò che lascia l’amaro in bocca è che il titolo si conclude proprio nel momento in cui sembrava che potesse spiccare il volo, lasciandoci con dubbi irrisolti e quesiti inevasi. Nonostante il lavoro svolto (da una sola persona, repetita iuvant), non posso nascondere che sì, ne avrei voluto ancora.
Darq è ermetico, criptico, enigmatico, tetro, cupo, claustrofobico… ma ha anche dei difetti! Il titolo di Unfold Games sin dall’inizio riesce a colpire il giocatore, intrigandolo con degli ambienti di gioco ben caratterizzati e che sembrano avvolti da un alone di mistero, coinvolgendolo in una vicenda che non riuscirà mai a comprendere del tutto. Se questa formula a metà strada tra Limbo, Inside e Little Nightmares riesce ad avvincere, l’elemento survival è scarsamente rappresentato, soprattutto a causa di nemici mai veramente pericolosi. Infine, l’avventura di Lloyd si conclude nel momento in cui si stava facendo più interessante.
Nonostante queste pecche, ci sentiamo di promuovere Darq che, nel suo piccolo, riesce a mettere in piedi un’esperienza di gioco decisamente godibile, seppur limitata a poco più di 3 o 4 ore. Segnatevi il nome di Wlad Marhulets, perché abbiamo la sensazione che lo sentiremo menzionare molto spesso nei prossimi anni.
This post was published on 30 Marzo 2021 17:03
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