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Recensioni

Samurai Showdown | Recensione (Xbox Series X)

Chiunque ami il medium videoludico sa benissimo che determinati franchise hanno un valore storico. Proprio per questa ragione, nonostante possano passare anche anni di totale “silenzio stampa”, basterà una singola news per risvegliare l’attenzione e l’affetto di tantissimi appassionati, di pari passo con la loro nostalgia dei bei tempi andati. È il caso di Samurai Showdown che, dopo il suo approdo su old gen nel 2019, sbarca anche su Xbox Series X, in una nuova versione al passo coi tempi.

Il gioco interrompeva uno iato durato più di 10 anni, arrivando a proporsi come un vero e proprio reboot della celebre saga picchiaduro “all’arma bianca” targata SNK.

È quasi inutile sottolineare il fatto che, dall’uscita del precedente capitolo della serie (nell’oramai lontano 2008), il genere di cui stiamo parlando sia andato incontro a numerosi cambiamenti. Un qualsiasi picchiaduro moderno deve possedere determinate caratteristiche, tali non solo da potersi distinguere dai suoi “concorrenti”, ma consentendogli anche di ritagliarsi uno spazio nella scena eSports competitiva.

Nelle righe che seguono cercheremo di analizzare questa versione next gen di Samurai Showdown, cercando di capire quanto questo gioco possa essere realmente protagonista nell’oramai affollata scena contemporanea.

Giappone Feudale, alberi di ciliegio e… rinascite!

Una misteriosa ed oscura minaccia incombe sul Giappone.

Se c’è una lezione che il mondo dei videogiochi ha insegnato a tutti noi è che è sempre possibile risorgere dalle proprie ceneri. Sotto questo aspetto, la Terra del Sol Levante riesce spesso a garantire fulgidi esempi. Chi di voi, 10 o 15 anni fa, avrebbe mai scommesso un euro sulla rinascita che sta vivendo Capcom in questi ultimi tempi? La società giapponese è riuscita a risalire una china non indifferente grazie alla forza delle sue IP, proponendo sia dei remake degni di nota (come quello di Resident Evil 2) che delle nuove main entry all’altezza della fama dei loro predecessori (Devil May Cry V) e, in alcuni casi, avendo il coraggio di innovare (Street Fighter V, Resident Evil 7, Monster Hunter: World).

È quasi inutile constatare che il caso Capcom abbia ispirato almeno un’altra “Araba Fenice”: SNK Corporation. Lo storico publisher, dopo il fallimento avvenuto nel 2000, si è nuovamente approcciato al mondo dei videogame per console domestiche, ed ha deciso di farlo puntando fortissimo sulle sue saghe più note. I frutti di questa scelta sono stati due: The King of Fighters XIV (nel 2016) e, per l’appunto, Samurai Showdown (nel 2019).

Nonostante una buona accoglienza, The King of Fighters XIV non riuscì a convincere tutti, a causa di una veste grafica non al passo con i picchiaduro più recenti; sotto questo aspetto, aveva influito tantissimo il budget limitato di cui lo sviluppatore poteva disporre. Proprio per questa ragione, con Samurai Showdown si è deciso di ricorrere senza indugio alla potenza dell’Unreal Engine 4, cercando di riprodurre nel miglior modo possibile la formula che aveva reso la serie una pietra miliare del genere.

Da un punto di vista narrativo, il gioco è ambientato nel 1787, in piena epoca Tenmei. Il Giappone è sconvolto dalla guerra, ma una minaccia più grande rischia di distruggerlo del tutto: lo spirito di Shizuka Gozen, una giovane donna, è assetato di vendetta, ed ha avvolto la Terra del Sol Levante in una strana ed opprimente oscurità. Questo evento richiamerà guerrieri da tutto il mondo, che attraverseranno gli oceani spinti tanto dai loro desideri, quanto dalla voglia di sconfiggere questa misteriosa forza maligna.

Un gameplay affilato come una spada

Per arrivare alla vittoria, dovrete prima conoscere alla perfezione il vostro personaggi.

Il picchiaduro di SNK è stato sempre caratterizzato un sistema di combattimento molto diverso da quello dei suoi “colleghi”. In Street Fighter avevamo calci, pugni (sia deboli e rapidi che lenti e forti) e qualche tecnica speciale; in Mortal Kombat e Tekken potevamo contare su delle combo tanto articolate quanto spettacolari; Samurai Showdown, invece, è sempre stato contraddistinto da un approccio più “strategico”, basato sulla perfetta conoscenza della portata e dei tempi di ogni attacco di cui disponeva il personaggio scelto. Tuttavia, il gioco non si riassumeva in un semplice “calcolo delle distanze”: parare un attacco nemico era vitale tanto quanto un colpo portato a segno, arrivando in alcuni casi anche a disarmare l’avversario.

Anche quest’ultima incarnazione di Samurai Showdown rispecchia alla perfezione questi principi. Caricare a testa bassa, facendosi forza sul mero button mashing, significherà andare incontro ad una sconfitta tanto rapida quanto dolorosa. Il gioco ci dimostra più volte che, per arrivare alla vittoria, possono bastare anche pochi colpi, a patto che siano perfettamente calibrati e sapientemente dosati.

Il Rage Gauge è un gradito ritorno. Ad ogni colpo subito, andrà a riempirsi una barra della Rabbia che, una volta piena, darà accesso a delle nuove tecniche ancor più letali. Inoltre, premendo il dorsale sinistro inferiore, potremo scatenare la furia del nostro personaggio, causando una piccola esplosione ed aprendo per un attimo la difesa avversaria, esponendola a dei danni ancora più elevati.

Come detto in precedenza, con il giusto tempismo potremo disarmare il nostro avversario, rendendolo decisamente meno pericoloso; ma potrà capitare anche a noi di essere disarmati dal nemico. Cosa fare in questo caso? Le opzioni sono due: la prima è più tranquilla, e richiederà semplicemente di recuperare l’arma; la seconda, molto più temeraria, ci consentirà, con una parata al momento giusto, di bloccare l’attacco nemico a mani nude, ribaltando le sorti dello scontro a nostro favore.

La lezione appare subito chiarissima: che scegliate la katana di Haohmaru, la naginata di Kyoshiro o la piccola spada di Nakoruru, il primo passo che Samurai Showdown vi chiederà di compiere sarà quello di familiarizzare con i tre attacchi base di ciascun personaggio (debole, medio e pesante), a cui si aggiungono i calci, i pugni, le prese e, soprattutto, le parate; le tecniche speciali e le Super saranno solo il passo finale del vostro addestramento.

La faremo breve: sotto questo aspetto, Samurai Showdown ha tutte le carte in regola per poter emergere, anche da un punto di vista competitivo.

Veste grafica e resa tecnica

Il gioco sprizza estetica giapponese da tutti i pori… o da tutti i pixel!

Volendo mettere sotto la lente di ingrandimento il comparto tecnico di Samurai Showdown, non è possibile non lodare la dedizione e la cura di SNK. Il cel-shading riesce ancora adesso a garantire quel tocco di “oriente” che tanto piace ai fan della saga che ora, grazie ad Unreal Engine 4 (utilizzato per la prima volta dal publisher nipponico), può contare su uno dei migliori motori grafici in circolazione. I combattimenti scorrono in maniera molto fluida e, sotto questo aspetto, la patch di Xbox Series X che sblocca i 120 fps aiuta a rendere l’azione ancora più incalzante e le tecniche super ancora più spettacolari.

Parlando di personaggi, tanto le vecchie conoscenze quanto i nuovi arrivati sono resi in maniera impeccabile, e la scelta di mantenere il doppiaggio in giapponese (con sottotitoli in italiano) aiuta ad immergersi ulteriormente in un’opera dal forte taglio nipponico, chiaramente percepibile anche dalle ottime musiche che il gioco può vantare.

Se il frame rate è granitico, è ora il caso di analizzare ciò che non ci ha convinto del tutto della resa tecnica di Samurai Showdown. Come detto in precedenza, se i personaggi sono stati tutti creati con cura, altrettanto non può dirsi delle arene di gioco, i cui fondali lasciano spesso a desiderare. Il discorso si estende anche alle (poche) cutscene, la cui realizzazione non sembra in linea con la quasi totalità delle recenti produzioni.

La ragione alla base di quanto ora constatato è da ravvisare in un budget evidentemente non stellare destinato allo sviluppo del titolo, i cui effetti non sfociano solo nelle summenzionate lacune tecniche, ma anche in alcuni aspetti del single player.

Un single player scarno ed un multiplayer a fasi alterne

L’online di gioco è la sezione che necessita di maggiori interventi da parte del team di sviluppo.

Proviamo a porci una semplice domanda: al di là dei combattimenti, che cosa si fa in un picchiaduro? Per rispondere in maniera adeguata, è sufficiente guardare un qualsiasi altro esponente della categoria. Al di là di uno story mode (il minimo sindacale per qualunque videogame), i picchiaduro offrono tutta una serie di modalità appositamente pensate per giocatori “allergici al multiplayer”: dagli allenamenti per imparare le tecniche agli scontri a tempo, passando per modalità survival ed eventi “a tempo limitato” (basti pensare alle Torri di Mortal Kombat 11), consentendo lo sblocco di valuta in game o anche di oggetti collezionabili, per la felicità dei completisti.

Sotto questo aspetto, Samurai Showdown si dimostra piuttosto carente. Nonostante un roster abbastanza nutrito (ben 18 personaggi disponibili al lancio), la Story Mode è ridotta all’osso, ed è praticamente identica per la quasi totalità dei personaggi (con nove combattimenti da affrontare, boss finale incluso). È possibile cimentarsi in scontri a tempo, in tutorial per padroneggiare al meglio le tecniche, o in una Survival Mode in cui affrontare dei Ghost, ovvero dei personaggi mossi da un’IA che avrà lo scopo di apprendere i nostri pattern di attacco sviluppando le adeguate contromisure. Nonostante nessun Ghost sia mai veramente imbattibile, questa è forse l’unica feature veramente originale del gioco che, per il resto, decide di percorrere una strada già battuta da altri.

Anche dal punto di vista dei contenuti extra, c’è poco da dire: la galleria mette a disposizione musiche, filmati e bozzetti ottenibili semplicemente giocando la trama con tutti i personaggi o, nel peggiore dei casi, completando lo Story Mode senza mai utilizzare un “continua”.

Anche il comparto online non brilla per originalità e varietà, mettendoci a disposizione due sole modalità: Incontro Casuale e Partita Classificata. Tuttavia, anche qui non mancano le rogne. Se per le “ranked” abbiamo dovuto attendere quasi 10/15 minuti prima di trovare un avversario (quasi sempre con un punteggio vergognosamente più alto del nostro), non siamo praticamente mai stati in grado di accedere ad un incontro casuale. Sotto questo aspetto, SNK avrà molto da lavorare per migliorare il netcode di Samurai Showdown e ridurre i tempi del matchmaking.

Giudizio finale

SNK sta cercando di seguire la rotta della rinascita tracciata da Capcom, non potendo però contare sulla stessa “potenza di fuoco”. Il publisher nipponico ha dovuto fare di necessità virtù, riuscendo a pubblicare un picchiaduro solido nelle meccaniche ed estremamente originale nel gameplay. Samurai Showdown, si presenta come un gioco molto diverso dai suoi “colleghi”, con un approccio al combattimento decisamente non adatto a tutti, e che potrebbe fare la gioia dei giocatori più esigenti. Nonostante la premessa fatta, non possiamo però non riconoscere che ci sia ancora del lavoro da fare sia sul single player che sull’online, cercando di sopperire alla penuria del primo ed alle lacune tecniche del secondo.

Quanto ora detto, però, non toglie assolutamente nulla allo spessore di Samurai Showdown che, con gli opportuni aggiustamenti, potrà assolutamente dire la sua nel panorama dei picchiaduro. Tuttavia, nonostante le summenzionate ristrettezze economiche di SNK, un po’ più di carne sul fuoco non avrebbe guastato; d’altra parte, anche il più indomito dei samurai sa che non si vive di sola spada!

This post was published on 23 Marzo 2021 10:00

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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