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Little Nightmares 2 | Recensione (PS4)

Quando nel 2017 il mercato videoludico vide la comparsa di Little Nightmares, gli appassionati di horror potettero constatare quanto il genere avesse ancora da dare e dire. La sua particolare direzione artistica, l’estetica grottesca, la scelta coraggiosa di una visuale in 2.5D, non sempre in linea con i gusti classici dei puristi, hanno fatto di quel titolo un piccolo cult, seppur ancora di nicchia.

Il team svedese di Tarsier Studios ci riporta ad affrontare gli orrori di un mondo crudele e troppo strano per gli occhi di un adulto, figuriamoci per quelli di un bambino. Il protagonista è Mono, un ragazzino con il capo coperto da un sacchetto di carta, in fuga da una città che sembra uscita da un incubo. Ad aiutarci torna anche Six, la bambina con l’impermeabile giallo del primo capitolo, questa volta nei panni del companion.

Per sapere cosa pensiamo di Little Nightmares 2, continuate la lettura della nostra recensione.

Un mondo da incubo

Se c’è una cosa in cui Little Nightmares riusciva a meraviglia era trasmettere una sensazione di insicurezza palpabile in un mondo che vuole vederti soffrire, anche quando tutto sembra apparentemente calmo e silenzioso. La narrativa dell’indie di Tarsier Studios, pur rimanendo criptica in molti aspetti, lasciava intravedere una feroce critica nei confronti dei centri del potere e una impietosa rappresentazione dell’assuefazione alle “distrazioni imposte” da questi poteri (emblematici gli Ospiti che si ingozzano per poi essere risucchiati della loro linfa vitale) che l’uomo moderno non è in grado di controllare per riprendere in mano la propria vita.

Anche questo secondo capitolo presenta una storia interpretabile dal giocatore attraverso particolari visivi e dettagli che solo giocando si riescono a cogliere. È indubbio che LN2 non sia semplicemente un horror in cui dei bambini devono percorrere degli scenari bui e pericolosi stando attenti all’orco cattivo, non è una fiaba, non è una versione dell’orrore di Pollicino, c’è molta più sostanza dietro a delle immagini distorte e grottesche.

Anche in LN2 la critica sociale è forte e, senza fare spoiler, risulta ben evidente nel capitolo del complesso residenziale, in cui l’atmosfera prende una piega che ci ha ricordato tantissimo Inside e la narrativa distopica in generale. Come abbiamo detto, però, tutto sta nella decodifica che il giocatore vuole o riesce a fare durante l’avventura (della durata di circa 6/7 ore, il doppio rispetto al primo gioco), non obbligato certo a cogliere tutte le sfumature. Infatti, anche il giocatore che non vuole perdersi in mille questioni filosofiche/sociali può godersi LN2 per quel che è, alla fin fine: un bellissimo horror.

Ci ritroviamo nei panni di Mono fin da subito e ancor più presto capiamo che la situazione è terrificante. Il bosco in cui ci addentriamo è disseminato di trappole che possiamo evitare saltando in modo fin troppo coraggioso o lanciando oggetti per rivelarne la presenza, la morte è comunque da tenere in conto perché LN2 ha una struttura, in molti frangenti, da puzzle game trial & error che costringe a studiare bene la situazione anche quando c’è bisogno di affrettarsi perché inseguiti da uno dei villain stalker tipici della serie. È qui che il gioco offre il meglio, cioè nel saper trasmettere l’impressione di pericolo costante, percezione che aumenta dati i movimenti goffi e impacciati di Mono.

D’altronde, le armi a nostra disposizione non sono tante: possiamo correre, ma è una parola grossa, lanciare oggetti o brandire armi come asce e tubi di metallo che fanno sentire il loro peso tra le mani di un bambino, aggrapparci alle sporgenze dopo un salto e accucciarci. Quest’ultima mossa fondamentale per passare indenni in molte circostanze in cui il minimo rumore può allertare nemici famelici e implacabili come il Cacciatore che presidia il bosco.

I “boss” sono inquietanti, paradossali nelle loro fattezze, le loro abilità predatorie sono terrificanti da guardare e coerenti con il loro ruolo e il contesto in cui si trovano. La Maestra, ad esempio, è in grado di allungare il collo a dismisura per verificare la nostra presenza dietro a oggetti dello scenario per poi papparci in un solo boccone, proprio come un’inflessibile educatrice che vuole a tutti i costi controllare la l’attività degli studenti senza lasciare loro respiro e la possibilità di sprigionare la creatività.

Rispetto al primo capitolo, LN2 propone anche alcune piccole dinamiche in grado di rendere il gameplay più interessante e profondo. In primo luogo, abbiamo la cooperazione con Six, mai direttamente controllabile da noi, ma richiamabile con il tasto triangolo/Y. La bambina con l’impermeabile giallo può aiutarci a saltare più in alto facendoci da ponte (utile per interagire con maniglie troppo in alto), prenderci al volo durante salti più pericolosi, portare oggetti se le nostre mani sono occupate e, di tanto in tanto, darci dei consigli visivi (gesti e posizione del corpo) su come avanzare.

LN2 inoltre presenta più sezioni di combattimenti contro nemici minori, anche se il combat system si riduce al colpire al momento giusto con l’arma messa lì apposta dal gioco. Le due meccaniche più interessanti, però, hanno come protagonisti la torcia e il telecomando. Nel capitolo del manicomio, la torcia può essere usata per bloccare i pazzi, un po’ come accadeva con le infermiere di Silent Hill – ma al contrario – regalando momenti davvero spaventosi. La sezione nell’ospedale ci ha ricordato molto la saga di Konami, dimostrazione che Tarsier Studios abbia voluto maggiormente puntare su caratteristiche del genere horror.

Il telecomando, invece, ci permette di accendere e spegnere i televisori degli inquilini nel complesso residenziale. Gli apparecchi fungono da portali in grado di teletrasportarci in zone altrimenti inaccessibili o di evitare proprio un incontro spiacevole.

LN2 migliora in tutti gli aspetti il primo capitolo nonostante una parte finale meno ispirata rispetto al resto del gioco e ad alcune imperfezioni nei controlli che, sì, fanno percepire ancor di più la sensazione di ansia in situazioni in cui il tempismo è fondamentale, ma possono risultare fastidiose dopo svariati tentativi falliti a causa del tasto per aggrapparsi ai bordi dopo un salto che non sempre recepisce il messaggio con reattività.

Anche la direzione artistica rimane di altissimo livello con scenari distorti, nemici che hanno abbandonato per sempre la loro umanità, effetti visivi e sonori a tratti lynchiani, dettagli che se visti di sfuggita lasciano turbati e se visti con attenzione mettono addosso molta tristezza, facendoci chiedere perché e come siano successe certe cose nel mondo di gioco di LN2.

Il sound design non è da meno con cori di bambini che cantano nenie dal fascino malato, ritmi che sobbalzano quando il nemico è alle calcagna e lunghi silenzi che fanno molta più paura di qualsiasi effetto sonoro.

Commento finale

Little Nightmares 2 propone la formula del primo capitolo, ma la migliora in ogni aspetto, arricchendola con meccaniche sempre azzeccate e puntando ancora di più su un’atmosfera oscura e terrificante. LN2 è un horror al 100% perché trasmette angoscia, ansia e talvolta malinconia. Ancora una volta di impatto la sua narrativa, certamente criptica, che scava a fondo nelle storture della società moderna. Un gioco imperdibile se siete appassionati del genere e avete apprezzato, anche un minimo, il suo predecessore.

This post was published on 9 Febbraio 2021 16:00

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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