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Recensioni

Olija | Recensione (PS4)

Se avete meno di vent’anni è difficile farvi venire un coccolone parlando di videogiochi come Another World, Flashback, Mission Impossibile o Prince Of Persia. Questo perché il genere a cui questi videogiochi fanno riferimento si chiama cinematic platform ed è qualcosa che non è sopravvissuto allo scorrere del tempo.

Il cinematic platform storicamente ha visto il suo culmine durante gli anni novanta quando la grafica bidimensionale ha raggiunto il suo culmine per così dire.
Videogiochi come Oddworld, Heart Of Darkness o i sopracitati uniscono il mondo dei platform games ai videogiochi più incentrati sull’avventura, ponendo l’accendo sulle qualità tecniche del comparto grafico utilizzando anche strumenti tipici della cinematografia.

Tra sfondi bellissimi e meccaniche di gameplay appena abbozzate, le animazioni meravigliose delle avventure cinematiche non hanno retto l’arrivo della terza dimensione e soltanto recentemente hanno rifatto capolino nel mercato, complice anche un’azienda (Playded) che ha immesso sul mercato almeno due capolavori assoluti del genere: Limbo e Inside.

Olijia si sviluppa su questo terreno che, pian piano, dopo anni di riposo sta ritornando ad essere considerato universalmente fertile. Il titolo, sviluppato da Skeleton Crew Studios, decide di non adagiarsi fin da subito sugli allori e inizia a mescolare le carte in tavola cercando di mettere in piedi un miscuglio che non crolli sotto il peso delle sue strutture. Il risultato finale, quell’Olija di cui oggi andiamo parlando, è un videogioco meritevole di attenzione per una pletora di motivi diversi.

Terraphage, terra di desolazione e promesse.

La prima cosa di Olijia che ha colpito chi scrive è il miscuglio di atmosfere che si respirano. Il team di sviluppo che ha lavorato sul gioco è composto da inglesi, giapponesi e francesi ma nessuna di queste culture sembra venir rifletta sulle ambientazioni e sui personaggi.

La storia di Lord Faraday e del suo villaggio di rifugiati sembra essere ambientata su un luogo che assomiglia alla terra ma terra non è, complici le misteriose creature d’ombra che si nascondono negli anfratti delle caverne.

Il giocatore, nei panni del sopracitato Mr. Faraday si ritroverà a naufragare fin da subito durante una spedizione in cerca di fortuna, a causa della scarsità di risorse della terra natia; il naufragio di cui saremo vittime ci scaraventerà sul fondo del mare che ci risputerà fuori a Terraphage, un luogo che saremo volentieri disposti a credere essere più vicino alla giungla di Terra 66 che a quella della nostra.

Qui gli essere umani si comportano in modo strano, non sono nobili o anche solo svegli come il nostro capitano. Qui urlano, si mangiano tra di loro, sono impauriti dalle tenebre e intimoriti da un arpione magico; esattamente quello che nel corso della prima ora di gioco ci ritroveremo ad utilizzare. A fungere da fulcro della storia ci sarà, per il nostro protagonista, l’incontro con Olija, una ragazza riverita e misteriosa che presto diventerà il fulcro dei pensieri del protagonista.

Diario di un capitano naufragato

Ma ora basta chiacchierare di quelle che sono le basi tecniche del gioco, lasciamo che un po’ del contenuto ci venga raccontato da Faraday stesso.

Diario di navigazione, giorno 71
Dopo il naufragio cercare di ottenere delle sicurezze è stato particolarmente complicato. In seguito al ritrovamento di un fioretto sono riuscito a salvare le penne ad un mio commilitone, anche lui sopravvissuto quasi per miracolo alla barca inabissata. Questo per me ha avuto grande valore perché finalmente ho avuto l’occasione di rimettere insieme delle risorse per poter creare una nuova normalità, a volerla chiamare in questo modo.
Se continuerò a trovare persone andrà tutto bene, per il momento mi basta avere qualcuno che con una zattera mi porti da una parte all’altra di questo terribile arcipelago. Che Terraphage non sia la mia tomba.

La struttura del gioco ibrida il sopracitato platform cinematico con delle idee molto più vicine a quelle di un Metroidvania, permettendo al giocatore di esplorare diverse location attraverso l’utilizzo di un hub.

Ogni location ha dei segreti nascosti, sotto forma di risorse e collezionabili. Le prime possono essere utilizzate in vari spot dell’hub per ottenere vantaggi di lunga durata, come potenziamenti alla salute o cappelli in grado di potenziare le nostre abilità.

Diario di navigazione, giorno 76
Sono riuscire a liberare una specie di cappellaio matto da una gabbia che mi ha promesso grandi poteri in cambio di piume, sangue e altri rifiuti. Incredibile cosa possano nascondere questi atolli maledetti, dove il sole picchia tutto il giorno e la giungla sembra essere il vero rifugio.
Questo perché le caverne in Terraphage sono misteriose, piene di ombre che urlano e parlano, riempite con liquami putrescenti e capaci di ingoiarti da un lato per farti uscire chissà dove. Perdersi mi fa paura, motivo per cui devo sempre stare molto attento al dove mi avventuro perché potrei non fare ritorno mai. So soltanto che ci sono porte e chiavi, e che accoppiando queste due cose potrò fare dei passi in avanti verso la salvezza dei miei marinai, unici segni di casa in un mondo alieno.

Olijia si presenta al giocatore senza una mappa per le varie location, scelta che ferisce lievemente l’esperienza. La ferita in questo caso è lieve perché le dimensioni contenute dei dungeon e delle location aiutano il giocatore a perdere poco tempo in caso di smarrimento ma da comunque fastidio a quelli che, del backtracking, vorrebbero fare tranquillamente a meno.

Progredire nel gioco vuol dire aprire porte dietro cui si nascondono bossfights e dietro cui possiamo trovare pezzi di mappa, in grado di aiutarci nell’esplorazione di Terraphage. Andando avanti nel gioco troveremo poi sempre più strumenti con cui affrontare le difficoltà che ci si porteranno davanti: dalla possibilità di far fuoco con un archibugio al poter usare l’arpione magico per dare corrente ai dispositivi elettronici.

Perché si, il gioco parla proprio di questo arpione qui ma lasciamo parlare il capitano.

Diario di navigazione, giorno 81
Durante le mie peregrinazioni nelle isole di Terraphage ho avuto un colpo di fortuna che potrei anche chiamare maledizione. Ho trovato un arpione misterioso, che mi ha trafitto la mente appena l’ho toccato ma che non aveva lasciato nessun segno visibile su di me. Questo arpione risponde ai miei comandi ed è forse il simbolo primo di quanto sia misterioso Terraphage: può tornare indietro se lo chiamo, posso andare da lui rispondendo alla sua chiamata, può raccogliere oggetti o illuminare la via. Il più grande tra i tesori dell’arcipelago è finito nelle mie mani prestissimo e così facendo mi sono guadagnato l’odio smisurato di molti.

L’arpione è il centro nevralgico del gameplay del titolo.
Olija concentra lesplorazione sulle capacità di questo arpione, in grado di farci teletrasportare in precisi punti e perfettamente in grado di farci affrontare i misteriosi avversari che ci si pareranno davanti.

Il sistema di combattimento del titolo non può vantare di una complessità degna da produzione a cinque stelle ma sicuramente si sa difendere, con combo brevi che si concludono con la carica di una barra legata ad un attacco speciale, diverso per ogni tipologia di arma utilizzata.

L’unico problema relativo al comparto ludico è legato alla difficoltà, mai abbastanza elevata da giustificare il coacervo di mosse a disposizione del giocatore. Decenti le battaglie con i boss, sempre abbastanza lunghe da costringere il giocatore a non impuntarsi sulle tecniche offensive e legate più ad uno studio (non esagerato eh,) dei pattern.

Pochi pixel, tanta roba.

Ora lasciamo da parte il diario del nostro capitano per tornare sulla terra ferma della lamentela: Olija è un gioco interessante?
Si, dal punto di vista ludico sicuramente.

Nelle cinque ore che dura il titolo in questione risulta divertente a più riprese e sicuramente saprà affascinare i giocatori grazie agli ingredienti sapientemente miscelati dagli sviluppatori. La grafica in pixel art, nonostante un pixel count un po’ bassino, è efficace e dipinge in maniera convincente le tetre lande di Terraphage. Le animazioni realizzate da Skeleton Crew sono molto belle e si avvicinano, come intenzione, a quelle fatte col rotoscoping in Prince Of Persia.

La narrativa forse non da le giuste soddisfazioni al giocatore, a causa di una rarefazione e di una difficoltà di comprensione non esattamente alla portata di tutti. In questo caso capiamo perfettamente l’intenzione autoriale degli sviluppatori ma capiremmo in egual misura qualsiasi lamentela. Nonostante sia impossibile finire il gioco senza aver provato emozioni, a causa delle scelte registico/stilistiche, Olija potrebbe aver fatto meno il misterioso nei confronti di chi lo gioca.

Olija è un videogioco che potremmo definire falso vecchio. Nonostante un impostazione che fa il verso a tantissime produzione degli anni novanta, il titolo di Skeleton Crew Studios è un ottimo ibrido tra cinematic platform e metroidvania, con una storia non sempre comprensibile ma senza dubbio godibile sul lungo periodo. Divertente il gameplay, interessante la tecnica dietro, decente la durata considerato la tipologia di prodotto. Se avete un certo gusto per dei videogiochi che strizzano pesantemente l’occhio ad una certa anima anni novanta, Olija è il prodotto per voi

This post was published on 4 Febbraio 2021 12:12

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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