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Recensioni

Empire of Sin | Recensione (PC): tra gangster e proibizionismo

Dalla collaborazione tra Paradox Interactive, regina dei giochi strategici, e Romero Games dei coniugi Romero, è nato un gangster game a Chicago, più precisamente negli anni ’20. Con buona pace dei deputati del PD, Empire of Sin è un titolo strategico in cui il giocatore veste i panni di un boss mafioso durante l’era del proibizionismo e cerca di costruire il suo impero del peccato tra sparatorie, contrabbando e corruzione.

La storia dello sviluppo di questo gioco vuole che Brenda Romero, ex game designer della serie di Wizardry e di altre decine di titoli (nonché moglie di John dalle cui mani sono nati i primi Wolfenstein, Doom e Quake), avesse in mente un gioco del genere da più di 20 anni, e che abbia cercato Paradox come publisher di Empire of Sin proprio per la sua fama con i giochi strategici (Europa Universalis, Stellaris, Crusader Kings).

Si tratta di un matrimonio che stuzzica i fan di una e dell’altra sponda fin dal suo primissimo annuncio, il cui frutto anche noi non vedevamo l’ora di provarlo con le nostre mani. Fin dalla sua comparsa nella mente di Brenda, Empire of Sin è sempre stato un progetto ambizioso, formato da diversi sistemi di gioco intersecati tra loro. Ma è una scommessa anche per Paradox che si interfaccia per la prima volta con un gioco gangster, un’ambientazione un po’ fuori dalle corde per la casa svedese sotto loro stessa ammissione.

Anni ruggenti

L’ambientazione del gioco è stata molto presente nel panorama hollywoodiano, tant’è che è stato coniato il genere “gangster movie“, mentre per quel che riguarda l’ambito dei videogiochi abbiamo visto la Chicago degli anni ’20 solo in opere come il primo Mafia e altri pochi giochi minori.

I roaring twenties, i cosiddetti ruggenti anni ’20, furono gli anni di grande fermento artistico e sociale, con mode e tendenze che toccarono ogni aspetto del costume e dell’arte; basti pensare all’esplosione della musica come medium di massa, in particolare il jazz, ma anche ai primi fenomeni di emancipazione della figura femminile. Negli Stati Uniti d’America la politica cercò di arginare questo fermento sociale in crescita con il Volstead Act del 1920, che tra le varie cose bandiva la produzione e il consumo dell’alcol: fu l’inizio dell’era del proibizionismo che fece schizzare il prezzo degli alcolici alle stelle creandone un mercato nero. Fu la scintilla che fece nascere il fenomeno del gangsterismo.

Empire of Sin si colloca cronologicamente proprio in questo periodo, a partire dall’entrata in vigore del proibizionismo fino agli effetti della crisi economica della grande depressione. Chicago in quel periodo era una delle città che più subì gli effetti della criminalità e del contrabbando, complice anche la presenza del più famoso ed efferato tra i criminali: Al Capone, detto Scarface.

Ho fatto soldi fornendo un prodotto richiesto alla gente. Se questo è illegale, anche i miei clienti, centinaia di persone della buona società, infrangono la legge. La sola differenza tra noi è che io vendo e loro comprano. Tutti mi chiamano gangster. Io mi definisco un uomo d’affari.

Al Capone in una delle sue frequenti interviste

Il giocatore di Empire of Sin in questa maniera mette le mani su un gioco divertente, ma impersonando uno dei boss del crimine della Chicago degli anni ’20 ha anche una ricostruzione vero-simile di ciò che è successo in quel periodo negli Stati Uniti, nonché di come potere e contrabbando, corruzione e politica, camminino spesso a braccetto.

“La Meccanica è il Messaggio”

Non è un caso se come titolo di questo paragrafo sia stato usato il nome della raccolta di giochi non digitali di Brenda Romero, la lead designer di Empire of Sin. Mechanic is the Message fu un percorso sperimentale a metà tra giochi da tavolo e arte performativa che la game designer ha affrontato tra il 2008 e il 2009 arrivando a conquistare anche diversi riconoscimenti. Riportiamo di seguito la traduzione dell’abstract di questa serie, necessaria per comprendere anche parte della filosofia con cui è stato sviluppato Empire of Sin.

Così come le fotografie, i dipinti, la letteratura e la musica sono capaci di trasmettere l’intera gamma dell’esperienza umana da un essere umano all’altro, così sono in grado anche i giochi. Grazie alla loro interattività, […] i giochi sono capaci di una forma di comunicazione superiore, che coinvolge attivamente il partecipante e lo rende parte dell’esperienza piuttosto che un osservatore passivo.

Abbiamo provato Empire of Sin su PC attraverso un paio di playthrough con diversi boss mafiosi, cercando anche di capire quali fossero i cambiamenti nel gameplay a seconda del personaggio principale in uso. La sorpresa più grande (e bella) derivata da questo approccio, tuttavia, è arrivata dal notare che in realtà tutti i personaggi fanno parte della stessa storia. Ma come? Un titolo strategico ha un impianto narrativo? Se vi siete persi giochi come XCOM, sì, la narrazione in giochi del genere è possibile, ma oserei dire che in Empire of Sin sia molto più strutturata e, contemporaneamente, celata e dilazionata in maniera intelligente tra le meccaniche di gioco.

Mentre XCOM ha una storia abbastanza lineare dove il giocatore ha il solo potere decisionale di sbloccare un filmato prima di un altro, Empire of Sin si racconta da solo pian piano, attraverso filmati e dialoghi certamente, ma anche tramite un processo di collegamenti logici che il giocatore comincia a fare dopo un paio di partite. Se ci sono 13 boss diversi tra cui scegliere non è solo per una motivazione di carattere ludico: tutti i personaggi sono pezzi di un puzzle che si intersecano tra loro per raccontare la storia di Chicago durante l’era del proibizionismo, un racconto che quindi si spalma su più partite che lasceranno scoprire al giocatore le vicende criminali di un lato della città e dell’altro.

Tra personaggi reali come Al Capone, i fratelli Genna e la North Side Gang, e altri ispirati a efferati criminali e personalità di quell’epoca, Brenda Romero mette in scena uno spettacolo il cui la protagonista assoluta è la città di Chicago. Il giocatore viene a conoscenza delle vicende di questa o quell’altra banda criminale attraverso i dialoghi e i sit-in, le conversazioni faccia a faccia tra boss con tanto di inquadrature e mobilia da gangster movie, ma anche attraverso le diverse decisioni che egli stesso prende, oltre che i vari eventi casuali di gioco.

Ecco perché anche in Empire of Sin “la meccanica è il messaggio“.

Giocare con la mafia

Empire of Sin è uno strategico in tempo reale, caratterizzato da un hub esplorativo con i quartieri più malfamati della città di Chicago, da un impianto GDR in grado di caratterizzare molto i personaggi in gioco, da solide meccaniche gestionali e da un sistema di combattimento tattico a turni mutuato da giochi come XCOM o Mario + Rabbids: Kingdom Battle.

La partita comincia scegliendo uno dei 13 boss, ognuno in grado di garantire diversi bonus in combattimento, nella gestione del contrabbando e nelle interazioni diplomatiche. In base al personaggio scelto il gameplay può cambiare moderatamente in un ambito o nell’altro. Ad esempio sfruttando i bonus in combattimento di Frankie Donovan le sparatorie si concluderanno in maniera più veloce ed efficace, mentre sfruttando le capacità gestionali di Angelo Genna ci risulterà più semplice costruire distillerie e speakeasy, i baretti di contrabbando.

Come intuibile dai paragrafi precedenti, la scelta del boss determina anche l’incedere della storia vissuta dal giocatore, sempre diversa a seconda del personaggio in uso per quanto riguarda esclusivamente le missioni principali. Interagendo con gli altri boss e provando le diverse storyline, si ricostruiranno in questa maniera le vicende della Chicago del proibizionismo, tra contrabbando, sparatorie e corruzione.

Il compito del giocatore è quello di diventare il Re del Crimine di Chicago, e per farlo è necessario sbaragliare la concorrenza entro il 1933. Tutto ciò è possibile aprendo nuove attività di racket e potenziandole, divise tra speakeasy, casinò, hotel, distillerie e bordelli. Tali attività possono essere avviate in due modi: comprandole da qualcuno o prendendosele con la forza da qualcuno, che si tratti di semplici delinquenti o famiglie criminali avversarie.

Scacchi tra gangster

Il combattimento è modellato esattamente sugli stilemi dei classici giochi tattici a turni come XCOM, dove ogni personaggio durante il suo turno ha dei Punti Azione da spendere (solitamente 2) tra movimento e azioni di gioco che possono essere offensive, curative o di altro tipo. Sparatorie e scazzottate sono regolate da un sistema di probabilità legato alle coperture e da una griglia quadrata entro la quale compiere movimenti e azioni. Peccato che non ci sia molta varietà nel combattimento a differenza di altri giochi tattici: si tratta quasi sempre di sconfiggere la fazione avversaria e molto presto i combattimenti diventeranno noiosi se non per la varietà di nemici o delle azioni derivate dai diversi gangster.

Il combattimento può presentarsi anche per raid avversari o semplicemente passando in una zona nemica dove la nostra gang non è la benvoluta. La diplomazia con gli altri boss oltre a fornire bonus per i diversi accordi che è possibile stipulare, ci apre anche un paio di finestre narrative sui rapporti davvero intercorsi tra tali personaggi e sul loro modo di agire.

Col passare del tempo e con l’esperienza acquisita, boss e gangster possono guadagnare nuovi tratti in grado di conferire bonus e malus, e possono apprendere nuovi talenti che invece garantiscono nuove azioni di combattimento sempre più utili e diversificate a seconda dello stile di gioco che si vuole imporre. Ci sono anche delle statistiche da tenere d’occhio: la notorietà, per i boss, consente di assoldare gangster più forti e di accedere a nuove assegnazioni di ruoli, mentre il morale e la fedeltà sono statistiche dei gangster che possono variare nel tempo a seconda delle azioni compiute in gioco dal giocatore.

Quello dei gangster è un sistema complesso tanto quanto il sistema gestionale del proprio impero del contrabbando. Bisogna sempre dare un’occhiata alle relazioni tra i diversi criminali in quanto ognuno è spinto da propri desideri ed esigenze e potrebbe non andare d’accordo con altri o esserne totalmente condizionato perché innamorato, così come c’è sempre bisogno di dare uno sguardo alle diverse schermate di andamento del mercato e delle attività globali per cercare di capire dove muoversi con le prossime mosse: per esempio, è meglio aprire l’ennesimo speakeasy o forse sarebbe il caso di incentivare la produzione di un determinato tipo di alcol?

I personaggi, che siano boss o gangster, sono anche personalizzabili con armi, vestiario e strumenti che possiamo trovare come ricompense delle missioni, come loot negli assalti contro le bande avversarie, o nel mercato nero che cambia oggetti di mese in mese. Strano per un gioco caratterizzato da eventi casuali e scelte del giocatore, la decisione di mettere a disposizione degli utenti dei gangster preconfezionati, sebbene siano molti (circa una cinquantina).

Probabilmente inserire gangster creati in maniera procedurale sarebbe stato più utile per la rigiocabilità, già azzoppata dal combattimento poco vario e da missioni secondarie sempre uguali in ogni playthrough.

Sweet Home Chicago

L’intento primario di Empire of Sin, e cioè raccontare i giochi di potere tra criminalità organizzata, polizia, media e politica, riesce alla perfezione, soprattutto considerando che ciò avviene giocando attivamente e non guardando filmati.

Dietro la patina della cinematografia americana, chiara ispirazione per gli stilemi gangster, e dietro i solidi e diversificati impianti di gioco, Chicago è rappresentata in tutta la sua bellezza antica e la sua opulenza, nonché nelle sue contraddizioni e nella sua brutalità. A fare da accompagnamento a sparatorie e contrabbando, la musica jazz e swing degli anni ’20 (Anche se ogni tanto Brenda Romero si permette una schitarrata distorta in combattimento, ma ci sta).

A immergere sempre più il giocatore in questo contesto ci pensano anche le interfacce scure e tetre, eppure adornate d’oro come a simboleggiare l’oscuro sfarzo in cui vivevano i gangster dell’era del proibizionismo. Da notare anche che le linee dell’UI richiamano l’art déco, stile artistico in piena ascesa in quel periodo. Peccato che ad accompagnare interfacce preziose e una grafica generalmente modesta, ci siano animazioni legnose e molto ripetitive.

Empire of Sin cerca di raccontare uno spaccato della storia americana attraverso un gioco strategico fatto di minuzie da GDR, tanti elementi gestionali e combattimenti tattici a turni. Pur non essendo un gioco narrativo, il titolo ha le sue pretese narrative tra dialoghi cinematici e storie criminali che si intersecano tra sangue, alcol, proiettili e musica jazz. Al netto di alcuni difetti di fabbrica e bug presto risolvibili, e di un combattimento un po’ carente dal lato della varietà, Empire of Sin è un gioco divertente con un’ambientazione abilmente ricostruita. Un esperimento che potrebbe diventare un ottima opportunità con eventuali mod, DLC e, chissà, magari futuri capitoli più performanti.

This post was published on 30 Novembre 2020 16:00

Alessandro Colantonio

Game designer in erba e chitarrista a tempo perso. Nasce all'ombra del Vesuvio nel 1991, muove i suoi primi passi nel mondo dei videogiochi su un Windows 95 all'età di 5 anni, e diventa presto un Allenatore di Pokémon. Bazzica tra radio web e band durante i suoi studi universitari tra Napoli, Roma e Milano, si parcheggia nella fan-community di Pokémon Milennium dove instaura il suo regime dittatoriale da caporedattore, costruendo una macchina da recensioni e contatti e diventando inconsapevolmente PR. Oggi, oltre a prestare le sue dita a Player.it per articoli, recensioni e approfondimenti, figura anche come streamer di Twtich, content creator di TikTok e PR abusivo. I suoi generi preferiti sono i gestionali, gli strategici, i tattici e i GDR. Ma essendo un accumulatore seriale di videogiochi, cerca sempre di giocare ogni titolo che gli capita sotto mano. Ha una perversione per le pratiche fandom, i cani e la birra artigianale. Adora D&D, va in ira e carica.

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