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Recensioni

Pumpkin Jack | Recensione (Switch)

A pochi giorni di distanza dalla notte più oscura dell’anno, arriva un videogame capace di tenerci compagnia in un Halloween (o Allauin, che dir si voglia) decisamente singolare per il genere umano. Si tratta di Pumpkin Jack, titolo sviluppato da Nicolas Meyssonier e pubblicato da Headup Games, che riprende un genere decisamente retro e un po’ “fuori moda”: quello delle avventure platform.

È opportuno premettere che il videogioco in questione è frutto di una produzione senza i budget dei tripla A che oramai siamo abituati a conoscere; tuttavia, spesso accade che nelle botti piccole ci sia il cosiddetto “vino buono“. È questo il caso di Pumpkin Jack? Cercheremo di spiegarvelo nelle righe della nostra recensione.

C’era una volta, tanto tempo fa…

Un anti-eroe al servizio del male.

Arc En Ciel, un regnoestremamente calmo e quieto, dove la gente viveva in pace e tutti, davvero tutti, si volevano bene. Un bel giorno, qualcuno decise questo stato di cose era decisamente troppo noioso, e volle portare un po’ di sano scompiglio in quelle lande così allegre e gioiose: costui era il Diavolo in persona, che sguinzagliò i suoi demoni più potenti con l’unico scopo di portare morte e distruzione.

Tuttavia, il genere umano non ne voleva proprio sapere di arrendersi. Un mago abbandonò la sua torre d’avorio ed i suoi studi per mettersi alla ricerca di un modo per respingere le orde demoniache, al fine ricacciare le forze del male negli inferi.

Ed è proprio qui che entriamo in gioco noi! Il nostro caro Satanasso, rendendosi conto di questa mossa degli uomini, decide di giocare il suo asso nella manica, evocando un creatura tetra e meschina di nome Pumpkin Jack. Questo servitore del Diavolo avrà un solo scopo: intercettare il mago ed impedire che fermi l’avanzata dei demoni (anche se sarà proprio con questi ultimi che dovremo scontrarci).

Pumpkin Jack: un anti-eroe (molto “anti” e poco “eroe”)

Un setting che strizza l’occhio alle atmosfere dei film di Tim Burton.

Sin dai primi minuti di gioco, sono chiari i riferimenti artistici e videoludici che hanno ispirato Pumpkin Jack. Come detto anche in apertura, il titolo è un’avventura platform dalle forti tinte horror ironiche tanto care a Tim Burton, e che abbiamo imparato a conoscere alla perfezione in quel capolavoro del passato che è Medievil (se non lo avete ancora fatto, leggete la nostra recensione).

L’influenza di Sir Daniel Fortesque nella creatura di Meyssonier è decisamente percepibile, sia nel setting, sia nelle meccaniche di gioco, che nell’umorismo che permea l’intera opera.

Nel primo stage, adibito a vero e proprio tutorial, prenderemo confidenza con i comandi e gli attacchi del nostro strambo protagonista. I pulsanti da padroneggiare sono fondamentalmente quattro: quello per attaccare, quello per schivare, quello per utilizzare il corvo (vero e proprio attacco a distanza), e ovviamente quello per saltare (dedicato maggiormente alle fasi esplorative).

Da un punto di vista grafico, il gioco non sfigura affatto, nonostante la versione per Nintendo Switch da noi provata sia quella dall’aspetto tecnico meno “pompato”. Volendo analizzare questo lato del videogame, le limitazioni di budget si rendono evidenti con delle texture e degli effetti un po’ datati, che solo una direzione artistica “furba” riesce a stemperare, facendo ricorso ad un look cartoonesco. Anche il riciclo di alcuni asset va interpretato come diretta conseguenza dei limiti di produzione.

Per quanto riguarda la colonna sonora, invece, sono frequenti i rimandi a melodie provenienti dalla musica classica, ma “riadattate” al contesto horror ironico del gioco, che funzionano anche bene, senza mai però elevarsi.

Level design e combat system

Le boss fight sono tra i momenti più esaltanti del gioco.

Ogni stage che ci troveremo ad affrontare sarà caratterizzato in modo originale, mettendoci di fronte sia a combattimenti (su cui torneremo in seguito) che a fasi puzzle, con enigmi da risolvere.

In determinati momenti, infatti, il nostro Pumpkin Jack dovrà staccarsi la testa per aggirare dei determinati ostacoli e aprire dei passaggi altrimenti inaccessibili (anche qui l’influenza di Medievil è decisamente percepibile).

Nonostante quanto ora detto, il level design del gioco è piuttosto lineare, con pochissime aree nascoste destinate alla raccolta dei collezionabili (i teschi di corvo, destinati all’acquisto delle skin, ed i grammofoni), che non rappresentano una sfida particolarmente ostica. Per farla breve, in poco più di 5 ore potrete agevolmente arrivare ai titoli di coda.

Il tallone d’Achille del titolo è però rappresentato da un combat system decisamente caotico e da dei comandi poco precisi. Nel primo caso, per sconfiggere i nemici faremo spesso ricorso al più frenetico dei button mashing, ricordandoci di schivare di tanto in tanto; nel secondo caso, invece, ci troveremo a cadere nel vuoto per un salto mal calibrato, per delle collisioni che non sempre fanno il loro dovere e, soprattutto, per una telecamera decisamente rivedibile (soprattutto in determinati punti del gioco).

Le boss fight sono invece i momenti più divertenti dell’esperienza videoludica in questione, in cui saremo chiamati ad usare l’ingegno e che, una volta ottenuta la vittoria, ci ricompenseranno con una nuova arma. Anche in questo caso, si poteva osare qualcosina in più, in quanto le armi in questione si differenziano solo per un fattore estetico e per i danni inflitti, senza presentare peculiarità o caratteristiche uniche.

Commento finale

Come già ampiamente sottolineato, Pumpkin Jack è chiaramente ispirato a Medievil, senza però averne la “potenza di fuoco”. La creatura di Nicolas Meyssonier ha dovuto fare di necessità virtù e, analizzando il titolo sotto quest’ottica, non sfigura affatto, ed è possibile anche chiudere un occhio su alcune sbavature che, invece, non avremmo perdonato ad un tripla A. Il gioco riesce nel suo intento: divertire per una manciata di ore, facendoci tornare indietro nel tempo fino a tre generazioni fa. Fate entrate Pumpkin Jack nelle vostre case (o console) per questo Halloween, potrebbe strapparvi più di un sorriso.

This post was published on 29 Ottobre 2020 13:04

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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