Per una volta cominciamo una recensione con un piccolo elemento personale: il mio primo approccio con questo titolo lo devo ad un video di youtube fatto da un noto gameplay americano. In questo video tale giocatore di si divertiva a massacrare (di fatto) tutti quanti i boss del titolo con una semplicità mai vista prima, mostrando molte delle meccaniche avanzate del gioco e facendo rimanere il sottoscritto a bocca aperta più di una volta per la qualità spropositata del comparto grafico.
MO: Astray è un videogioco particolare.
Praticamente ignorato dalla critica di settore e, nel frattempo, adorato da chi ci ha messo le mani sopra. Il titolo è la prima fatica di una piccola software house chiamata Archplay. Complice una campagna marketing praticamente assente, il lancio silenzioso del titolo ha finito per raccogliere nel giro dei mesi una quantità spropositata di recensioni positive sulle piattaforme più popolari, senza però generare grande clamore all’interno di chi tecnicamente di videogiochi dovrebbe capirne.
Fortunatamente (per noi) questa volta, in occasione della re-release del titolo su Nintendo Switch, le copie hanno iniziato a girare e a farsi analizzare con indefinibile gioia di chi ci mette le mani sopra. Questa è la storia di come MO: Astray ha portato nel mio cuore una gioia indefinibile a causa della sua qualità.
Di salto in salto.
Che cos’è MO: Astray?
Il titolo di Archplay è un meraviglioso puzzle platform dotato di una pixel art di enorme qualità, con un protagonista blob-forme ed un sacco di salti da fare per poter arrivare alla fine del titolo. Il titolo in più punti ha il sentore dei metroidvania senza però esserlo, sacrificando sull’altare della narrativa e della struttura il backtracking.
Nel gioco impersoneremo MO, uno strano slime di colore azzurrino che si ritrova a dover fuggire da ambientazioni decadenti, corrotte da un qualche tipo di agente patogeno, in cui la pace sembra soltanto un lontanissimo ricordo. MO può davvero poco contro i suoi avversari e a parte controllarli parzialmente saltando loro in testa, il nostro è completamente indifeso.
Questo suo essere indifeso nei confronti degli avversari porta alla più classica delle meccaniche: si respawna.
MO respawna di continuo perché noi lo faremo morire di continuo.
Gettato contro spuntoni, eliminato da mostri indicibili, precipitato in burroni abissali. Durante la decina di ore che l’avventura dura la morte sarà una nostra inseparabile compagna e ci ritroveremo a saltare ancora e ancora.
Fortunatamente il gioco porterà riparo dalla morte di continuo grazie all’assenza praticamente totale di caricamento; questa caratteristica, unita ad una quantità gargantuesca di checkpoint rende il viaggio di MO all’interno del titolo quasi indolore ed evita di generare frustrazione nel cuore di noi giocatori.
MO: Astray in ogni caso resta un titolo piuttosto difficile, decisamente sopra la media del genere e in grado di far impazzire di dolore anche i più navigati tra i giocatori.
La curva di difficoltà è ben gestita e durante la nostra run non abbiamo riscontrato picchi indefinibili: bisognerà giusto fare i conti con la meccanica principale del titolo, ovvero la gestione del salto.
Da soli contro il mondo.
MO non salta come tutti gli altri protagonisti di videogiochi indipendenti, o meglio, non lo fa in base alla semplice pressione di un tasto.
Utilizzando gli stick analogici della nostra Nintendo Switch dovremo generare le giuste traiettorie da far seguire al nostro blob, dando poi la potenza necessaria in base a quanto e come premiamo il grilletto. La natura appiccicosa del nostro slime preferito permetterà al protagonista di attaccarsi alla maggioranza delle superfici per una quantità limitata di tempo, dandoci modo di guardare le cose da una prospettiva diversa e di affrontare gli enigmi da punti sempre nuovi.
L’esplorazione degli ambienti di gioco, in sostanza, va compiuta di salto in salto. I quadri in cui il titolo si divide sono composti da burroni, interruttori da premere, meccanismi da attivare, condotti da percorrere e nemici da evitare.
Per variare un po’ il contenuto del titolo gli sviluppatori hanno tappezzato il percorso di una tipologia di collezionabile che assurge al duplice scopo di aiutarci a livello narrativo e ludico. Per ogni sfera blu che collezioneremo avremo un approfondimento narrativo ed un aumento della vita massima del nostro protagonista.
Molto interessanti anche i puzzle con cui ci si ritrova a pensare all’interno del gioco, quasi tutta quanti incentrati sulla possibilità per il nostro di controllare brevemente le creature che abitano le ambientazioni, ognuna caratterizzata da possibilità ludiche diverse. C’è chi è soltanto in grado di deambulare, chi può arrampicarsi in verticale senza scivolare, chi può attivare interruttori e così via. La fauna locale smetterà ben presto di terrorizzare il giocatore e diventerà un altro tassello indispensabile per i ragionamenti di chi gioca.
Di assoluto pregio anche le bossfight, alle volte incredibilmente esagerate e nella totalità dei casi particolarmente epiche. Esse sono più incredibili puzzle ambientali dove sarà nostro compito sfruttare le limitate risorse a nostra disposizione per buttare giù bestioni enormi o creature assurde; tanto più andremo avanti nel gioco tanto più ci verrà da complimentarci con gli sviluppatori del titolo per aver avuto idee tanto estreme. Fidatevi che arrivare all’ultimo combattimento del titolo vi farà esplodere più volte il cuore ed il cervello per la bontà del giocato.
La qualità del proprio gameplay su Nintendo Switch, c’è da dirlo, dipende dalle condizioni in cui la propria console riversa. La scarsa corsa degli analogici della consolina sicuramente non aiuta ad ottenere la precisione che molti salti richiedono e giocare con il pro-controller potrebbe essere la scelta giusta per i meno pazienti tra i giocatori.
Gioia per occhi e per il cuore.
MO: Astray riesce ad avere successo anche dal punto di vista prettamente narrativo.
Il titolo possiede una storia che si snoda lungo la decina di ore che dura e che davvero risulta particolareggiata, complice anche la grandissima quantità di contenuto sommerso nascosto nelle menti degli avversari che potremo controllare.
A tutto ciò si aggiunge la mai troppo chiacchierata lore che finisce per essere la ciliegina sulla torta delle ambientazioni fantascientifiche in cui il gioco si posiziona; ambientazioni non perfette e non incredibilmente originali, sia chiaro, ma di sicuro e onestissimo impatto.
Dal punto di vista tecnico c’è da dirlo: MO: Astray è un capolavoro.
Il titolo è dotato di una pixel art incredibilmente ben realizzata, con grandissima cura per i dettagli, scelte molto interessanti per quanto riguarda la creazione di atmosfere e sfondi di incredibile qualità.
Per questi ultimi gli sviluppatori hanno riservato una incredibile cura per il dettaglio, con animazioni, marchingegni, creature e altre bestialità pronte a far capolino nel momento del bisogno.
Di ottima qualità anche il comparto sonoro, con una OST molto atmosferica che ben tratteggia il mondo corrotto che visiteremo, perennemente in bilico tra la rivalsa della natura ed il controllo dell’uomo. Con tutti questi punti a favore ci sembra normale chiudere anche entrambi gli occhi in favore dell’assenza di rigiocabilità o per la scarsa varietà dei nemici, tutti spigoli che vengono soffocati dal resto di una produzione mastodontica.
MO: Astray è un piccolo miracolo. È un videogioco di qualità altissima uscito bene al primo colpo, dotato di idee particolarmente intelligenti e capace di far innamorare moltissima gente. Le uniche limitazioni dovute al porting su Switch sono semplicemente risolvibili attraverso l’utilizzo di un controller di miglior fattura. Il nostro consiglio è quello di giocarlo e di adorarlo, dandogli una meritatissima seconda giovinezza.