Grazie a Zenimax – Bethesda, il cui ingresso in casa Microsoft è stato da poco confermato, ho avuto modo di fare un giretto nei due nuovi dungeon introdotti da Stonethorn, il dungeon pack che costituisce la terza pietra miliare della stagione di Dark Heart of Skyrim, iniziata col primo dungeon pack Harrowstorm e proseguita con il capitolo di Greymoor.
Stonethorn si presenta ben presto come un DLC terra-terra, pragmatico e ignorante nell’accezione data al duo Bud & Terence. Gli scontri con i boss, se da una parte sono pregevolissimi dal lato della spettacolarità grafica e dell’impatto visivo, dall’altra hanno quel non so che di «entro in ira e carico».
Invece di doversi ingegnare con strategie iper-complicate, e di doversi coordinare con gli altri giocatori in una danza da eseguire alla perfezione, in Stonethorn bisogna lanciare contro i boss anche le ciabatte. Più o meno letteralmente. Affrontate l’ultimo boss di Castle Thorn e capirete cosa intendo.
Non soltanto le meccaniche degli scontri, ma anche gli stessi dungeon sono lineari, e la quantità di trash mob è limitata: gli scagnozzi e gli sgherri sono messi lì per dare ai giocatori qualche velato suggerimento sulla boss fight che avverrà di lì a poco, e non soltanto per allungare il brodo.
Dungeon più brevi ma più intensi, insomma, in cui la densità di azione è più alta della media, e i personaggi si sentono davvero gli eroi protagonisti della storia, più che farmatori di equipaggiamento sgravo. D’altronde in questo nuovo DLC è l’atmosfera a farla da padrone: un’atmosfera horror-gotica da leccarsi i baffi.
La miglior definizione che posso dare su questo dungeon pack va a parafrasare, se mi passate il paragone, lo stand-up comedian Filippo Giardina: Stonethorn è un ESO, ma della Magliana.
E dopo questa parentesi (forse un po’ cringe) torniamo seri, suvvia.
Credo che abbia più senso iniziare con Stone Garden: non tanto per seguire il filo conduttore della storia, ma per cominciare dal dungeon meno complesso. Questo giardino di pietra ci fa tornare nelle profondità di Blackreach, la regione sotterranea dello Skyrim Occidentale, introdotta dalla precedente espansione.
Dal passato torna anche l’NPC che ci accompagnerà in questo DLC: Gwendis della casa Ravenwatch, vampira Bosmer nonché personaggio ricorrente nel gioco base e non solo. La strada inizia con la ricerca dell’ingresso del laboratorio alchemico, ben celato tra rocce, caverne, funghi bioluminescenti e tubature Dwemer non meglio identificate.
La cara Gwendis ci fa notare subito che sente puzza di cane bagnato e di “infezioni da funghi“, o micosi. Oltre a questi invitanti profumi, l’amena località nasconde il laboratorio segreto dell’alchimista pazzo Abdul Alhazred Arkasis, che a quanto pare collabora con i ragazzacci della Gray Host: ha dei lupi mannari a guardia delle porte del laboratorio, quindi probabilmente non starà realizzando profumi e unguenti medicamentosi.
All’inizio sappiamo solo che Arkasis prova da anni a dar vita a una qualche setta di cultisti. Aggiungiamoci che un sacco di reliquiari grigi sono finiti proprio in questo laboratorio, e le cose non si mettono benissimo. I reliquiari grigi, per inciso, sono le urne cinerarie che contengono i resti dell’equivalente dell’armata delle tenebre. Per dire.
Dal punto di vista prettamente MMORPG, il dungeon di Stone Garden introduce tre boss fight, arricchiti da alcune nuove, interessanti meccaniche.
Ok, ora c’è l’hard mode selezionabile per ciascun boss, ma soprattutto viene inserita una divertentissima trasformazione per i nostri personaggi: più volte nel corso del dungeon, in sostanza, il mio buon vecchio Nord Templar ha avuto modo di assumere la forma di un Werewolf Behemoth, un bestione affamato, con tanto di nuove abilità ad hoc.
I giocatori di World of Warcraft ricorderanno la trasformazione in Mutated Abomination durante lo scontro col Professor Putricide in Icecrown Citadel; ebbene, qualcosa del genere, ma utilizzabile più volte durante la run.
La forma da Werewolf Behemoth, però, può essere ulteriormente potenziata con l’uso della professione Alchemy: strappando delle essenze dai cadaveri di alcuni Cavalieri del Sangue, e miscelandole con altri ingredienti, possiamo cimentarci in esperimenti alchemici per potenziare le nostre abilità offensive (bonus al danno), quelle difensive (bonus ai punti ferita, alla rigenerazione e all’armatura) o la nostra resistenza alla fatica (bonus alla rigenerazione di Stamina, Magicka e Ultimate).
Questa non è una guida, quindi non mi addentrerò più di tanto nella parte meccanica di ogni scontro; vorrei però sottolineare brevemente i passaggi degni di nota, cioè le caratteristiche, le fasi o le meccaniche stesse che mi hanno colpito, per un motivo o per un altro.
Partiamo dal primo boss, l’Exarch Kraglen: che sganassoni, signori miei. Occhio alla Blood Rage: sì, ok, sangue per il dio del sangue eccetera, però interrompete quest’abilità e toglietevi di lì, altrimenti questo cane Werewolf Behemoth da guardia vi sbranerà la faccia.
Fun fact: l’Exarch Kraglen torna anche dopo averlo sistemato, almeno in una visione. Compare infatti, in forma umanoide e di fianco al trono del villain Rada al-Saran, durante la sequenza di dream-walking nel Darkstorm Prologue, di cui parleremo più avanti.
Il secondo ostacolo è costituito dallo Stone Behemoth: un grosso Stone Husks, cioè un golem simile a quelli usati, insieme alle Harrowstorm e ai Reliquiari Grigi, per liberare da Coldharbour i componenti dell’armata grigia, o Gray Host.
Le sue mutazioni elementali rendono viva e vibrante la fight, e ci danno un assaggio di quel che sarà l’ultimo, epico scontro. Il mio consiglio, in questo caso, è di portare tanto AoE e di conservare almeno due Ultimate per la fase in cui ci si trasforma in luponi mannari.
Ora arriva il piatto forte: l’Alchimista Folle Arkasis, che giustamente fa un uso ampio e liberale delle meccaniche che hanno caratterizzato gli scontri precedenti.
Un finale abbastanza complicato per giocatori non molto esperti, ma d’altronde c’è già qualche MagSorc che ha soloato il dungeon. Ovviamente. E qui alziamo tutti gli occhi al cielo e sbuffiamo dal naso.
In sostanza l’intero dungeon gioca sul tema dello scienziato pazzo, del villain geniale che ricorre alla scienza -in questo caso l’alchimia- per fini tutt’altro che etici. Aggiungiamoci un po’ di rovine Dwemer con tubi e condutture, che non guastano mai, e spolveriamo il tutto con una nota di humour che tende verso il nero.
Considerando il tema principale, il laboratorio, gli abomini alchemici e i mostri undead, non può non tornare in mente il gallows humour del buon vecchio Putricide che urla «Buone notizie, gente: credo di aver perfezionato una forma di pestilenza che annienterà la vita su Azeroth!»
Come ormai di consueto, anche questo dungeon offre una serie di ricompense uniche, tra cui tre set di equipaggiamento più un Monster Set:
Non mancano i collezionabili tra cui due Memento, qualche Achievement e soprattutto due titoli: True Genius e Pinnacle of Evolution.
Anche in questa istanza continua la nostra proficua collaborazione con la casata Ravenwatch. Per riassumere in soldoni, Gwendis ci racconta che tempo fa una signora-vampira per bene, Lady Thorn, se ne stava volontariamente isolata nel proprio spettacolare castello.
Non si sapeva granché di lei, almeno finché non ha iniziato ad ammassare quello che appare a tutti gli effetti come un esercito di non-morti; si narra soltanto che nella Prima Era la simpatica Lady Thorn ha cacciato a pedate uno jarl da quello stesso castello, e poi ci si è rintanata con tutto il proprio clan.
Gwendis Ravenwatch decide di indagare, portandosi appresso un inside man, Talfyg, che conosce un passaggio segreto per entrare. Gothic spy story intensifies.
Castle Thorn contiene cinque boss, e proprio come nell’altro dungeon anche qui ciascuno scontro può essere attivato separatamente in Hard Mode. Se il combattimento dovesse risultare troppo arduo, comunque, lo si può sempre far tornare in modalità normale, esattamente come succede già nei Trial (cioè i raid).
Per evitare di dilungarci eccessivamente, ho preferito dividere questo dungeon in due parti. Nella prima metà, approssimativamente, ce la vediamo con i tre boss introduttivi, che ci mostrano alcune meccaniche che ritroveremo nei due scontri finali.
Il primo boss è un simpatico cagnolone, Dread Tindulra, che non risulta particolarmente ostico: seguendo la filosofia dell’intero di DLC di Elder Scrolls Online: Stonethorn, infatti, non ci sono particolari tattiche da mettere in campo, ma bisogna ricordarsi di interrompere rapidamente i frequenti stun utilizzati dal boss.
Il secondo scontro, quello contro l’ominous Blood Twilight (crepuscolo di sangue?), può essere in sostanza categorizzato come un normale tank & spank. Sì, bisogna evitare le pozze di sangue che fanno discretamente male, ma è sufficiente lanciare le scarpe contro il boss per superare la fight senza troppi problemi.
Nella terza boss fight gran parte del lavoro è affidato al tank: lo scontro con Vaduroth, uno Spettro-di-Corvi (vedrete cosa intendo), risulta piuttosto semplice, purché il tank non lasci l’add evocato, un Vampiro redivivo, libero di pascolare ai danni del resto del party.
Ora passiamo alla parte più impegnativa.
Nel quarto scontro andremo a fronteggiare un avversario di cui, per evitare spoiler piuttosto pesanti, non scriverò il nome.
Si tratta di una fight già più impegnativa rispetto alle precedenti tre, visto che bisogna schivare / evitare degli attacchi devastanti, accoppare degli add il più velocemente possibile, evitarne altri e soprattutto stare dannatamente lontani dai letali attacchi AoE di boss, add, contro-add, sviluppatori, reparto marketing e affini.
Alla fine, se saremo riusciti a superare le quattro sfide di antipasto, ci ritroveremo a fronteggiare Lady Thorn in persona: questa Vampira-per-bene vi regalerà svariati wipe e imprecazioni, a meno che il vostro gruppo non sia ben coordinato e in grado di comunicare tempestivamente.
Questo dungeon è soloabile da un Nightblade ben equippato, ma francamente ve lo sconsiglio. Datemi retta.
Ricapitolando: Lady Thorn, nel suo castello sperduto tra le montagne, sta radunando un esercito di non-morti pronto a dilagare nelle regioni di Tamriel. Noi ci infiltriamo nel castello insieme all’agente di una fazione di Vampiri buoni, che ritengono possibile la coesistenza pacifica tra umani e succhiasangue Vampiri; lì scopriamo i segreti della padrona di casa e finiamo, si spera, per sistemare la faccenda alla radice.
Il che ci porta alla ciccia, cioè il loot.
Anche Castle Thorn ci offre la tradizionale triade di set di equipaggiamento, oltre a un Monster Set:
Collezionabili e achievement si aggiungono alle ricompense ottenibili da questo dungeon: vorrei menzionare i titoli “Bane of Thorns” e soprattutto “Inedible” (non commestibile, immangiabile), che potrebbe essere il mio preferito in assoluto in un mondo pieno di vampiri e mostri ghiotti di carne di PG.
Al solito, la modalità Veteran aggiunge anche altri collezionabili, come ad esempio la skin Reanimated Vampiric Thrall. Chi completa entrambi i dungeon riceve ulteriori ricompense: vanno menzionate l’Hazardous Chartreuse Dye, una tintura per l’equipaggiamento, e il pet Energetic Dwarven Shock-Spider, carino ma non proprio il massimo per un aracnofobico come il sottoscritto.
Se avete sottoscritto l’abbonamento mensile ESO Plus, avete già il DLC a vostra disposizione; in alternativa vi toccherà sborsare 1.500 Corone in-game.
I più esigenti potranno scegliere la versione Collector’s Bundle che, al costo di ben 4.000 Corone, oltre al DLC dà accesso alla cavalcatura Frostborn Durzog Mangler, al pet Snowsnarl Durzog e a cinque Crown Experience Scroll.
Una volta effettuato l’acquisto, si potrà far partire direttamente la coppia di quest che ci accompagnerà nei due nuovi dungeon, Stone Garden e Castle Thorn.
Oltre a questi contenuti, però, l’arrivo del DLC Stonethorn –combinazione dei nomi dei due dungeon– ci porta anche l’Update 27 per The Elder Scrolls Online. Questo aggiornamento è disponibile gratuitamente per tutti, anche per chi non dovesse acquistare il DLC, e va a migliorare la performance, regolando soprattutto il funzionamento degli effetti ad area persistenti, e apporta migliorie varie distribuite qua e là. Un esempio: questo update va a risolvere il fastidioso problema delle schermate di caricamento intermittenti, che colpiva alcuni giocatori.
Al di sopra di ogni altra miglioria, ad ogni modo, l’Update 27 introduce un sistema di Character Pathing: potremo creare percorsi personalizzati per gli NPC presenti nelle nostre case, inclusi i pet e le cavalcature.
Col dungeon pack Stonethorn raggiungiamo il penultimo gradino della stagione del Dark Heart of Skyrim. Il DLC finale, chiamato semplicemente Markarth, è previsto per la prima decade di Novembre 2020: andrà a concludere -si spera- degnamente l’arco narrativo di quest’anno travagliato, e aprirà eventualmente la strada per quello del 2021.
A proposito di prologhi: avevo quasi terminato di scrivere questa recensione quando è stata pubblicata la questline che funge da prologo per la conclusione della stagione del Cuore Oscuro di Skyrim.
Chiamata The Markarth Prologue, questa missione introduttiva ci porterà a scoprire la storia antica che ruota attorno all’armata sovrannaturale chiamata Gray Host, e ci svelerà che il tocco della corruzione non risparmia nemmeno gli animi più nobili.
Ci regalerà comunque anche il memento Reliquary of Dark Designs, cosa che di sicuro non dispiacerà ai collezionisti compulsivi come chi scrive. Ma questo lo sapevate già.
>>Leggi anche: la nostra recensione del DLC ESO: Harrowstorm<<
This post was published on 22 Settembre 2020 14:15
Vodafone stavolta non ha concesso proroghe, come era già successo la prima volta con lo…
Post Malone ha confermato più volte di essere appassionato di videogiochi e ben presto arriverà…
Il Negozio di Natale di Amazon apre ufficialmente i battenti: una serie di sconti imperdibili…
Il battle royale di Epic Games si è aggiornato con una nuova versione aggiungendo uno…
Affari Tuoi continua a colpire tutti e non sono pochi quelli che sognano di partecipare:…
Un cambio di rotta abbastanza importante quello dell'anime di Nier Automata che doveva essere molto…