Maid of Sker di Wales Interactive è un horror in soggettiva che attinge dal folklore gallese, portando su console e PC una storia che sembra una ballata dell’orrore. Il titolo infatti può riferirsi proprio a una ballata della cultura celtica e al romanzo in tre volumi del 1872 di Richard Doddridge Blackmore.
Le premesse sono ottime grazie a una lore che sembra adattarsi benissimo al genere, ma anche la realizzazione sarà stata all’altezza? Scopritelo leggendo la nostra recensione.
Thomas Evans è in viaggio verso Sker Island, un’isola del mare d’Irlanda in cui si respira a pieni polmoni la storia dei propri avi. Ha ricevuto una lettera da parte della sua amata Elizabeth che lo implora di raggiungerla alla Sker House (edificio storico realmente esistente) da cui non riesce a scappare a causa di forze oscure.
La Sker House è un enorme hotel che fu adibito per moltissimo tempo a spettacoli teatrali, in cui sia Elizabeth sia sua madre si esibirono in meravigliose e ammalianti opere liriche. Ora però è tutto diverso: l’aria nella struttura è pesante, l’oscurità regna sovrana, nelle persone che la abitano è rimasto ben poco di umano.
Già, perché i membri dello staff dell’hotel sembrano soggiogati da una forza invisibile che ha obnubilato la loro mente. Thomas sarà chiamato a scoprire la verità su un culto chiamato il Canto in grado di trasformare chiunque nei Silenti, adepti aggressivi e completamente ciechi, ma dall’udito sopraffino.
La storia di Maid of Sker si concentra sul lirismo, sul potere seducente della musica e mette a disposizione un robusto leggio su cui poggiare i racconti mitici di cui il folklore gallese è ricco; la sensazione, però, è che gli stessi sforzi profusi per la premessa non siano stati fatti per costruire una struttura narrativa più complessa, nonostante le potenzialità della mitologia gallese, con le sue divinità e i suoi eroi. Avremmo preferito una lore meno aleatoria e maggiormente inserita nella narrazione.
Proprio sulla cecità dei nemici si fonda la meccanica principale di Maid of Sker, cioè la necessità di fare silenzio. Per ottenere ciò, non basterà accovacciarsi e camminare piano (anche troppo), ma sarà necessario limitare anche il suono del proprio respiro tappandosi la bocca in presenza di Silenti.
Tapparsi la bocca per troppo tempo, ovviamente, ci farà correre il rischio di svenire, ma abbiamo notato una buona gestione dei tempi, cosa che non rende irrealistiche le abilità respiratorie (sia in un verso che nell’altro) di Thomas. Quando saremo nelle vicinanze di pulviscolo o di cenere scaturente da un camino o da un falò, Thomas comincerà a tossire, azione che farà scattare come molle i nemici. Anche in questo caso basterà tapparsi la bocca fino all’uscita dalla zona “contaminata”.
Non solo i rumori dei nostri passi allerteranno le creature, ma anche quelli provocati dall’urto di oggetti dello scenario, come bottiglie e secchi. Sommando il tutto, abbiamo una dinamica di gioco che funziona e che rende l’esperienza ansiogena al punto giusto e differente dallo stealth presente negli horror in cui affrontare i nemici equivale a un suicidio.
Invero, in Maid of Sker sarà possibile difendersi attraverso un manufatto sferico che emana onde sonore in grado di stordire i nemici, le cartucce sono però davvero limitatissime, pertanto spesso e volentieri preferirete non usarlo. La difesa corpo a corpo non è invece minimamente contemplata.
Le lacune di questo impianto però si vedono eccome e denotano troppo spesso l’artificiosità dell’IA dei nemici e la gestione poco convincente del level design. I Silenti spawnano in situazioni volutamente fastidiose e frustranti, spesso e volentieri proprio quando si sta per aprire una porta o si sta girando l’angolo. Questi poi si piazzano in posti talmente angusti da consentire al giocatore una sola tattica, l’attesa.
Altra nota dolente di Maid of Sker è la gestione di alcuni enigmi che possono portare alla morte del giocatore senza che lui ne abbia davvero colpa: morire perché l’enigma richiede di suonare delle campane (che producono rumore) attirando così i nemici tutti in un solo punto, non ci pare meritocratico, considerando che non ci sono checkpoint e le schermate di caricamento sono di una lunghezza estenuante.
Eh sì, perché Maid of Sker copia in molte cose Resident Evil, abbiamo trovato ben quattro dinamiche prese pari pari dalla serie Capcom.
In primo luogo, sono presenti le save room in cui la macchina da scrivere è sostituita dal fonografo. In queste stanze i nemici non possono entrare, ma dobbiamo far presente un bug: se si entra in una save room inseguiti da uno o più nemici, questi rimarranno incastrati nella porta, impedendo l’uscita per svariati secondi.
Altro riferimento a Resident Evil è la gestione della mappa che si completa esplorando o trovando i vari pezzi sparsi per gli scenari. Su di essa, le zone esplorate saranno grigie, quelle inesplorate nere, inoltre tutti gli enigmi e le zone d’interesse vi saranno segnati, anche senza passarci vicino.
Maid of Sker propone poi un’esplorazione abbastanza trita e ritrita, con la necessità di trovare quattro pezzi di qualcosa, quattro unità di un dato oggetto e così via. Inoltre, molte porte sono chiuse con chiavi emblema (avete presente, no? Picche, cuori, quadri…). Una struttura del genere fa molto anni Novanta, anche troppo.
L’ultima dinamica ripresa da Resident Evil è la presenza di un villain stalker, nel design molto simile a Mr. X. Anche su questo fronte dobbiamo segnalare qualche magagna, ad esempio l’onniscienza dell’omone che saprà sempre dove si trova il giocatore, rendendo lo stealth inutile e il fuggi fuggi l’unica via percorribile.
Dal punto di vista tecnico, Maid of Sker ha alti e bassi, ma anche in questo caso i problemi sorgono per scelte stilistiche che peggiorano una situazione che poteva essere migliore se lasciata in pace.
L’atmosfera del gioco è davvero intrigante grazie a uno stile decadente negli interni e di apparente tranquillità all’esterno (nelle sezioni diurne iniziali), ma la grafica e l’estetica non riescono a emergere a causa di due fattori: l’eccessiva oscurità e la grana filmica.
Gli horror devono essere bui, ma Maid of Sker se ne approfitta presentando ambienti al limite della visibilità, se ciò non bastasse ci si mette anche la grana che fa apparire tutto appannato, come se la nebbia fosse calata nelle nostre stanze. Pur smanettando con le impostazioni di luminosità e contrasto, non siamo riusciti a venirne a capo peggiorando solo la situazione con schermo o tutto nero o tutto bianco.
Di buona fattura il sonoro che presenta musiche di genere lirico molto evocative ed effetti ambientali di livello più che discreto, soprattutto ci è piaciuta la resa dei passi dei nemici in grado di metterci in soggezione.
Siamo riusciti a portare a termine l’avventura in poco più di 5 ore.
Maid of Sker aveva tutte le potenzialità per emergere e rimanere lungamente a galla nel mare magnum dei videogiochi horror incentrati sulle meccaniche della fuga e dello stealth, purtroppo non riesce a risaltare nonostante una lore interessante e la volontà di rappresentare il folklore gallese (poco considerato dai videogiochi). Situazioni fastidiose per la loro artificiosità, level design gestito non benissimo in più occasioni e troppe trovate scopiazzate da giochi più illustri sono problemi su cui non si può soprassedere.
Tenete a portata di mano i fendinebbia.
This post was published on 1 Agosto 2020 10:15
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