Dopo esserci smazzati i dungeon Icereach Coven e Unhallowed Grave, e dopo aver completato il prologo The Coven Conspiracy, è finalmente arrivato il momento di gettarci a capofitto tra le braccia di The Elder Scrolls Online: Greymoor. Quest’espansione ci riporta nelle nordiche lande di Skyrim, per la precisione nella parte occidentale della regione.
In soldoni l’intento del MMORPG sviluppato da ZeniMax Online Studios, con Bethesda Softworks in veste di editore, è quello di picchiare forte sull’effetto nostalgia di chi ha amato The Elder Scrolls V: Skyrim, e l’obiettivo è piuttosto chiaro fin dalla cinematic introduttiva.
Se il dungeon pack Harrowstorm è stato il DLC che ha dato il via alla nuova stagione di Dark Heart of Skyrim, che segue la precedente Season of the Dragon, Greymoor è il primo pezzo forte che vedremo nel corso di questo travagliato 2020.
Seguendo quella che ormai è tradizione, infatti, anche questa stagione vedrà l’alternanza trimestrale di dungeon pack, capitoli veri e propri e story zone; in questo caso Greymoor è il chapter principale, a cui dovrebbero seguire un secondo dungeon pack nel terzo quarto dell’anno, e una story zone chiuderà quest’arco narrativo nell’ultima parte del 2020.
Non mancano i pronostici e le speculazioni sulla natura dei due DLC ancora da pubblicare, ma ne parleremo alla fine dell’articolo. Lo so, ci tocca essere disciplinati e procedere con ordine. Coraggio, cari lettori.
Oltre al ritorno di Lyris Titanborn, guerriera Nord – Mezzogigante che ci accompagna fin dai tempi di Coldharbour, l’uscita di ESO: Greymoor ci porta anche due nuove zone esplorabili: la parte occidentale di Skyrim, cioè Western Skyrim, e il famigerato Blackreach. Sì, proprio quell’enorme e labirintica area sotterranea che abbiamo amato / odiato in Skyrim, col Crimson Nirnoot, il drago segreto, i falmer e le rovine Dwemer.
Mentre la zona a cielo aperto ha un aspetto più tradizionale, Blackreach è un tripudio di bioluminescenze, paesaggi alieni, flora inquietante e scorci dannatamente screenshottabili. Ma ne parleremo in modo più approfondito tra qualche riga, non temete.
A un filone narrativo dai toni piuttosto gotici, che ben si adattano al colore generale del Cuore Oscuro di Skyrim, si aggiunge anche una nuova professione, se vogliamo chiamarla così: il sistema delle Antiquities, cioè in sostanza la ricerca e lo scavo di reperti archeologici, che ci fa ottenere frotte di costumi, collezionabili e soldoni.
Sul versante tipicamente MMORPG, inoltre, Greymoor inserisce anche un nuovo Trial da 12 giocatori, cioè un raid di gruppo: Kyne’s Aegis, ambientato su un’isola chiamata appunto Egida di Kyne, dèa dell’aria e creatrice degli Uomini, conosciuta come Kynareth in TES V: Skyrim.
Quest’isola è in realtà una fortificazione contro le invasioni via mare, ma gigantesche navi sono riuscite a infrangerne le difese e a far sbarcare Giganti, Mezzo-Giganti, vampiri e perfino un potentissimo Signore dei Vampiri, sorto da antichissime quanto oscure leggende.
A proposito di vampiri: la skill line del Vampiro è stata pesantemente rimaneggiata, con questo update. Basti pensare che ora nutrirsi col sangue di un innocente non abbassa più lo stadio di trasformazione ma lo innalza, facendoci sprofondare ulteriormente nel freddo e oscuro abbraccio della non-morte.
Il problema è che ora molte delle skill da vampiro sono considerate atti criminali, proprio come quelle del Negromante: se in un’area abitata usiamo anche solo la più innocente abilità vampirica, riceviamo immediatamente un livello di bounty tale che le guardie ci attaccheranno a vista, e saremo costretti a combattere o a fuggire.
Qualche vantaggio e molti, molti problemi, insomma. Sta a noi decidere se il gioco vale la candela.
A proposito di gioco: da ora potremo immergerci in The Elder Scrolls Online non soltanto su PC, Mac, Xbox One e PlayStation 4, ma anche su Google Stadia!
Per 30 giorni a partire dal 16 Giugno, infatti, chi ha sottoscritto l’abbonamento a Stadia Pro potrà accaparrarsi il gioco base di ESO più l’espansione Morrowind in modo completamente gratuito, e il gioco resterà incluso nell’account finché resterà attivo l’abbonamento Pro. L’offerta vale anche per chi attiva il mese di free trial di Stadia Pro, quindi la cosa si fa parecchio gustosa per chi vuole iniziare a giocare a The Elder Scroll Online.
Chi ha già un account ESO e gioca su PC/Mac, invece, dovrà solo sbloccare il gioco base su Stadia -a titolo gratuito, come abbiamo visto-, e potrà linkare il proprio account pre-esistente a quello creato con Stadia, ottenendo automaticamente le espansioni e i DLC già acquistati in precedenza.
Detto questo, passiamo alla parte soggettiva di questa recensione.
In quest’espansione proseguiamo le indagini avviate con Harrowstorm: le terribili tempeste cremisi continuano a mietere vittime, e la longa manus di vampiri, streghe, licantropi e bestiacce varie inizia a diventare sempre più evidente.
Oltre a orrendi mostri e potenti villain, però, ci ritroviamo a combattere anche contro la crescente xenofobia (e il dilagante complottismo, apparentemente) di un regno isolato e affetto da sindrome da assedio. Perfino il mio Nord Templar ha incontrato non poche difficoltà tra i Nord dell’occidente, più che altro nel trattenere l’ira funesta di Lyris Titanborn… e soprattutto la sua grossa ascia.
Assolutamente degno di nota è il sistema delle Antiquities, la nuova intrigante professione, che consiste in due nuove linee di skill e due minigame che, detto tra noi, starebbero benissimo in un’app per smartphone. Il sistema di Scrying / Digging sarebbe squisitamente adatto per un’app ESO Mobile, come viene evidenziato spesso anche nei forum della community.
Se poi in quest’app venisse prevista anche la possibilità di effettuare gli upgrade periodici per le cavalcature, di avviare lo studio dei tratti del sistema di crafting, e magari anche la gestione dell’inventario, si andrebbe a migliorare parecchio la quality of life su questo ben più che meritevole MMORPG.
L’aspetto più evidente sono senz’altro le Harrowstorm vere e proprie: i Ritual Site sono eventi di gruppo, un po’ come i draghi di Elsweyr e le vecchie Dark Anchors, ma meno impegnativi dei draghi e notevolmente più spettacolari delle ancore; soprattutto sono esteticamente pregevoli, con quel crescendo di nebbiolina rossa e il turbine oscuro e sanguigno che compare dal nulla.
Le ricompense non ci faranno strappare i capelli e c’è da aspettare un po’ tra un evento e l’altro, ma la community collabora tantissimo segnalando gli eventi attivi, invitando i ritardatari nei gruppi e aiutandosi l’un l’altro. A ogni recensione o anteprima rimango sempre piacevolmente colpito dalla maturità della comunità di ESO, decisamente superiore rispetto a quella di altri MMO che ho avuto modo di giocare.
I centri abitati, gli insediamenti e le aree di vario genere che, in un modo o nell’altro, fungono da quest hub, sono da sempre uno dei punti di forza di The Elder Scrolls Online.
In Greymoor questo aspetto è ancora più solido: non solo si tratta, in molti casi, di città che abbiamo conosciuto e amato con Skyrim, ma -proprio come in quest’ultimo- completare le quest di una città ci conferisce il titolo di Thane di quel particolare centro abitato.
Inoltre anche in Greymoor il completamento di una zona apporta qualche cambiamento visibile nell’area, e non vado oltre per non spoilerare nulla.
Certo, con Blackreach è più facile. Ma l’aria pesante, cupa e minacciosa si respira anche nelle altrimenti serene lande della tundra dello Skyrim occidentale. Qualche hagraven qua e là, resti di civiltà dimenticate, e soprattutto i residui e gli effetti collaterali delle Harrowstorm ci ricordano a ogni piè sospinto che la serenità ce la dobbiamo ancora guadagnare.
La colonna sonora è, per mancanza di altri termini adeguati, particolarmente haunting. Solenne, lugubre, malinconica ed eterea allo stesso tempo. D’altro canto ormai siamo abituati a questo livello di qualità: raramente ESO delude in quest’ambito.
Queste note ci accompagnano nell’esplorazione degli ampi spazi aperti di Western Skyrim, mai vuoti e sempre più che pronti a offrirci qualcosa da fare o da scoprire, mentre l’area di Blackreach è squisitamente claustrofobica e soffocante, anche se molto meno caotica e labirintica dell’equivalente di TES V: Skyrim.
Esteticamente l’area superiore risulta estremamente simile a quella di Skyrim, e Zenimax gioca moltissimo sugli aspetti nostalgici, come quando entriamo a Solitude e ci troviamo davanti lo stesso angoletto dell’esecuzione del povero Roggvir. Ricordate?
Aldis: «Roggivr, hai aiutato Ulfric Stormcloak a fuggire dalla città dopo l’assassinio dell’Alto Re Torygg. Aprendo quel cancello per Ulfric hai tradito la gente di Solitude.»
Roggvir: «Non c’è stato nessun assassinio! Ulfric ha sfidato Torygg. Ha sconfitto l’Alto Re in un combattimento onorevole! Questa è la nostra usanza, come da antica tradizione di Skyrim e di tutti i Nord!»
Ecco, entrando proprio da quel cancello della Solitude di ESO, probabilmente avrete un flashback di quell’esecuzione. Il fanservice rischia quasi di risultare stantio e ancor più gratuito del dovuto, ma la situazione viene salvata dai frammenti di lore che troviamo nei posti più inaspettati.
Mi è capitato, ad esempio, di assistere per caso all’esclamazione di un NPC Nord che urlava «Per gli Otto Divini!», ricordandoci che ESO è ambientato nel 2E 582, cioè circa 350 anni (352, se non ho fatto male i calcoli) prima della morte e successiva Apoteosi di Tiber Septim, conosciuto anche come Talos, individuata nella data del 3E 38.
Le piccole cose fanno notare il livello di attenzione che Zenimax ha adoperato per la realizzazione di Greymoor. La “Liturgia” dedicata agli Sweetroll, gli iconici dolcetti di Skyrim, non è nulla in confronto alle informazioni fondamentali, nonché al background di alcuni NPC, che scopriamo per caso quando ci fermiamo a leggere un libro, ad esempio durante un segmento di main quest in cui -al contrario- veniamo continuamente incitati a sbrigarci.
Mi è capitato spesso di fermare la mia cavalcatura davanti a qualche scorcio particolarmente interessante, per poi accorgermi che oltre a me c’erano altri cinque o sei personaggi fermi a scattare, evidentemente, screenshot compulsivi proprio come il sottoscritto che, suo malgrado, per questa recensione ha accumulato svariati gigabyte di immagini.
In un paio di punti delle quest principali di Greymoor, tra l’altro, ci imbattiamo in aree di freddo sovrannaturale, in cui il vento glaciale arriva non solo a congelare la schermata del nostro HUD, ma anche a surgelare il nostro povero PG, se non stiamo attenti.
Era già capitato, in misura minore, almeno in un’altra quest delle espansioni precedenti, ma qui la cosa è stata notevolmente ampliata e motivata nella lore. Apprezzo, e non mi dispiacerebbe vedere altri effetti ambientali del genere, in futuro.
Tra i paesaggi rischiosi da visitare non possiamo non accennare alle rovine Dwemer, sempre piene di pericoli più o meno artificiali, e che in questa espansione ci regalano anche un paio di puzzle degni di nota, che non sfigurerebbero a un tavolo di gioco di ruolo.
La trama e la narrazione sono sempre stati uno dei cavalli di battaglia di ESO, fin dall’inizio, nonché una mia grande passione, quindi vorrei spendere qualche parola su questo argomento, prima di passare alle note dolenti.
Nel corso di una simpatica quest secondaria, ci imbattiamo quasi per caso nella possibile motivazione per cui in TES V: Skyrim alcuni tumuli dei draghi restano intatti. Forse, se in un certo momento agli inizi della storia principale sono soltanto alcuni i draghi che tornano in vita, lo dobbiamo proprio all’intraprendenza di una giovane archeologa a cui diamo una mano in ESO: Greymoor.
Altre quest secondarie, invece, ci mostrano quelli che dovrebbero essere i primissimi scontri / incontri fra Nord e Falmer, con i Chaurus al seguito. No, non mi riferisco all’antichissima Nordic-Falmer War della Merethic Era, ma all’incontro con i Falmer veri e propri, come li conosciamo in Skyrim. Non mi costringete a spoilerare, suvvia, da bravi!
Ad ogni modo, dopo il finale della main quest che onestamente trovo appropriato, anche se una piccola cutscene lo avrebbe reso molto più soddisfacente, mi sono imbattuto nella quest The Blood of Old Karth, più o meno nell’area che in Skyrim conosciamo come Markarth, al confine con la regione del Reach.
Ebbene, questa mini-avventura mi è sembrata un tie-in per quella che, secondo vari rumor, potrebbe essere la prossima zona esplorabile introdotta per Dark Heart of Skyrim: proprio il Reach di cui parlavamo poc’anzi, con il suo popolo considerato barbarico e selvaggio, ma legato a tradizioni e rituali ben più antichi di quelli degli altri Nord.
Sempre dopo aver completato la main quest, ma nell’area sotterranea del Blackreach, ho notato la spettacolare abitazione per personaggi giocanti chiamata Bastion Sanguinaris: un tripudio di architettura gotica, passaggi segreti e atmosfera inquietante, ma purtroppo al momento non risulta acquistabile.
Fin qui tutto bello e profumato. Come sapete, però, qui su Player cerchiamo di essere il più possibile obiettivi, per quanto lo si possa essere in una recensione che, per definizione, tende verso la soggettività.
Ok, va bene il fanservice e a tutti piace tornare in Skyrim, ma ci sono un paio di punti in cui la struttura vacilla un po’:
Camminando su alcuni tumuli funerari, addirittura, mi è capitato di cadere all’interno scivolando fra le sbarre di un lucernario, pur essendo un Nord abbastanza massiccio. Capitava la stessa identica cosa anche in Skyrim! E non è solo l’unico tributo, diciamo così.
TES V: Skyrim: «Hey, you. You’re finally awake. You were trying to cross the border, right?»
ESO: Greymoor: «Hey, you’re finally awake! We just crossed the border.»
Diciamocelo: i dialoghi sono parte integrante del lato RPG di un MMORPG, e con me si sfonda una porta aperta. Ma qui ci sono davvero troppe pagine di dialoghi, in una quantità davvero eccessiva anche per il lettore giocatore più affamato di lore.
A meno che non si skippi tutto, trascorriamo una fetta non trascurabile del tempo di gioco a leggere i dialoghi. Bisogna aggiungere, inoltre, che spesso è necessario viaggiare per tre o quattro minuti da un NPC all’altro semplicemente per riportare la notizia del completamento della quest, per poi tornare al punto di partenza.
Il tutto, per giunta, senza una minimappa, a meno che non usiate una mod ad hoc. Nella beta era stata inserita, poi è stata rimossa per favorire l’immersione nel gioco e distinguersi dal resto del panorama MMO.
Un personalissimo parere: l’immersione non si facilita aggiungendo ostacoli all’esperienza del giocatore, altrimenti giocare rischia di diventare un chore, una faccenda da sbrigare, non un divertimento.
Premetto che questo paragrafo non riguarda esclusivamente l’espansione Greymoor, ma tutto il gioco: mi è capitato, seppur raramente, di trovarmi in una situazione un po’ paradossale, abbastanza comune in ambito MMORPG.
Nella fase finale di una quest avrei dovuto affrontare un boss e recuperare un oggetto posizionato alle sue spalle, a terra; il mio PG è arrivato, si è guardato attorno ma il boss era già stecchito, con l’oggetto in bella vista sul pavimento.
Completionist compulsivo come sono, ho aspettato il respawn per qualche minuto, ma alla fine ho raccolto l’oggetto e me ne sono andato. Se quello scontro finale fosse stato in un’instance dedicata, con all’interno anche solo quel boss in particolare, le cose sarebbero andate diversamente. Naturalmente capisco che avere un’instance separata per ogni PG, con il boss principale di ciascuna quest che preveda uno scontro finale, peserebbe eccessivamente sui server, ma tant’è: sognare non costa nulla.
La meccanica dei boss condivisi aiuta notevolmente i nuovi giocatori, da una parte, mentre dall’altra può capitare di arrivare trafelati in un evento col boss al 2% e circondato da 3-4 personaggi, e di doversi affrettare a tirare un paio di light attack per assicurarsi l’accredito della quest e i diritti di loot.
Greymoor è un’espansione dotata di un fantastico potenziale, e nel passaggio da potenza in atto –per andare sul filosofico– ha mantenuto intatto il nucleo centrale della sua essenza.
In particolare Blackreach risulta affascinante come quella di TES V: Skyrim, ma per fortuna è spiccatamente meno dispersiva, e la lore elargita ad ampie dosi è in grado di soddisfare perfino un lettore avido come chi scrive.
I dialoghi sono su binario, com’è comprensibile per un MMORPG, ma qualche piccola possibilità di influenzare l’avanzamento della trama c’è e va apprezzata, anche se naturalmente un sistema con ramificazioni e scelte multiple resta un sogno forse irrealizzabile.
Le piccole problematiche evidenziate non intaccano più di tanto l’esperienza di gioco, che rimane piacevole e coinvolgente: dopo aver completato Western Skyrim e Blackreach vi verrà immediatamente voglia di prendere un alt e ricominciare, anche se in un paio di punti avete berciato e inveito. come ha fatto il sottoscritto
ESO – Greymoor è come un buon whiskey irlandese: si apprezza soprattutto nel retrogusto.
Spero che nei prossimi DLC si vada ad approfondire la lore sulle varie Casate dei Vampiri, in particolare; d’altronde saremo nel pieno della stagione del Cuore Oscuro di Skyrim, quindi non ho dubbi che non mancheranno le possibilità in tal senso.
Ora scusatemi, ma la mia Pet Sorcerer sta per risvegliarsi su un certo carretto trainato da cavalli, attraverso un paesaggio innevato e piuttosto familiare.
>>Leggi anche: la nostra recensione del DLC ESO: Harrowstorm<<
This post was published on 22 Giugno 2020 20:09
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