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Recensioni

Hob: in viaggio senza meta | recensione

In un mondo che pare abbandonato e che ricorda a tratti The Legend of Zelda: A Link to the Past e alcuni scenari di Nier:Automata con uno stile estremamente più cartoonesco, troviamo il topos del “racconto silenzioso”: due automi robotici e muti sono tra i pochi abitanti di questa terra desolata; compiono un viaggio che comincia con un dono inestimabile che il gigante fa al piccolo e incappucciato protagonista.

Egli perde un braccio, sostituito con un enorme arto meccanico. E lo perde perché un’entità minacciosa e ostile corrompe lentamente quel bellissimo mondo disegnato per Hob, un mondo che suscita stupore per i suoi bellissimi scenari, per i portali misteriosi… insomma, un’estetica stupenda che sopperisce a tutte le mancanze che, purtroppo, caratterizzano il titolo di Runic Games.

Una forza corrutiva minaccia un mondo lontano

Indubbio che il setting creato e in cui agisce Hob sia ben costruito, costituito da macchinari di un mondo antico e perduto che si fondono alla natura, ormai incontaminata. Se non fosse per la gelatina violacea che si impossessa di ogni cosa, modifica e rende sterile. 

Il gioco ci permette di esplorare in modo tradizionale questo scenario in un semi-open world in terza persona con tantissimi puzzle che ci porteranno a scoprire che sotto una realtà in continuo decadimento, pulsa un mondo naturale e bizzarro ancora vivo. 

Il protagonista incappucciato contempla un abisso silenzioso

Hob nella realizzazione di queste ambientazioni e nel level design vince sicuramente, con strutture che sì, architettonicamente a volte si ripetono, ma crea dei dungeon molto interessanti, un ambiente piacevole e stimolante. Macchine e luci devono essere attivate, il protagonista si muove anche grazie al teletrasporto ed attiva il movimento di enormi piloni che emergono dai prati e cambiano totalmente la composizione della scena.

Nei dungeons possiamo sbloccare nuove abilità e ottenere varie upgrades; molto piacevole il rimando al nostro braccio robotico che viene migliorato inserendolo in un meccanismo. Lo stesso braccio, ci permette di andare avanti e procedere nel nostro percorso.

Ma di questo percorso sappiamo ben poco: chi siamo, perché partiamo, qual è il nostro goal da ottenere, se non fermare il diffondersi di quella sostanza bubbonica. Non sappiamo cosa succede, non c’è testo o dialogo: nel suo tentativo di comunicare silenziosamente manca di trasmettere un messaggio ben evidenziato, che sia un pallido messaggio ecologico, che sia un raccontare una storia sussurrata di amicizia e immensa empatia.

Non è la storia che in Hob resta e spinge a giocare, ma più “ciò che c’è intorno”. In alcuni momenti questo silenzio è adeguato e adatto al momento, soprattutto tra il gigante e il protagonista, ma in altri ci disorienta e non ci rende chiaro dove dobbiamo andare, come procedere. Ma momenti che potrebbero apparire morti sono riempiti dalla bellissima soundtrack creata da Matt Uelmen (come non contemplare affascinati lo scenario che il protagonista guarda seduto sull’orlo di un precipizio mentre ascoltiamo le musiche!). 

Cosa in Hob fa storcere il mio naso metallico

Procedendo in quella landa apparentemente sicura ma pericolosa per il nostro protagonista, incontriamo nemici che offrono degli scontri semplici ma intrattenenti. Purtroppo, una volta che si imparano i loro movimenti, li si può ritrovare in ogni nemico; sono infatti scarse le tipologie di abitanti ostili, non è difficile fronteggiarli.

Ed anche col loro equipaggiamento, il combattimento durerà di più, ma nessun nemico sarà eccessivamente complesso. Complessi non sono neppure i puzzle, che però risultano un buon intrattenimento da fare come step tra una fase esplorativa e l’altra. 

La camera è un altro punto a sfavore di Hob, i cui programmatori hanno deciso di rendere fissa sul personaggio, creando difficoltà soprattutto nell’esplorazione, ma anche nello spostamento da una piattaforma all’altra. 

Giudizio finale

Nonostante le sbavature e le difficoltà di Hob, ci sono nel titolo di Runic games tantissime cose che permetteranno ai giocatori di apprezzarlo, a partire dalle ambientazioni, dal level design e dalle musiche. Ma Hob sembra non aver detto tutto, ed è proprio quello che è rimasto taciuto che sarebbe stato meglio dire ad alta voce. 

This post was published on 4 Aprile 2020 14:16

Benedetta Cinque

Nata (19 Giugno 1997) e cresciuta in provincia di Napoli, a casatiello, acqua e Nintendo DS. La mia esperienza videoludica vera e propria inizia nel 2018, lanciata in orbita con Dark Souls II; da lì un vortice per recuperare tutto quello che mi ero persa. Nel 2020 mi sono laureata in Lingue e culture comparate, approfondendo l'altra mia grande passione, ovvero la lingua e la cultura russa. Se fossi ricca asseconderei il mio desiderio di viaggiare per il mondo, ma per ora mi limito a sognare. Sono sempre pronta ad imparare da chiunque: nessuno detiene la conoscenza, tutti sappiamo qualcosa. Tra le mie cose/persone preferite: Star Wars, Star Trek, Rick & Morty; Massimo Troisi, Jack Nicholson, Marcello Mastroianni; Dark Souls, Age of Empires, Detroit Become Human; Кино, Mac De Marco, Franco Battiato.

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