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Recensioni

Night in the woods (recensione)

La fortunata campagna di crowfonding su Kickstarter permise nel 2017 il rilascio di Night in the woods, un light-platform pubblicato da Finji, realizzato da Alec Holowka e Infinite Fall.

In breve

Night in the woods è ambientato in un mondo dove personaggi zoomorfi interagiscono e vivono la loro quotidianità, con l’attenzione centrata sul personaggio di Mae Borowski, una ragazza dall’aspetto di un felino che inspiegabilmente abbandona il college e ritorna a casa, dove tutto è più semplice e confortante.

Tra routine e crimini

Sebbene inizialmente non si venga trascinati velocemente nel mondo di Possum Springs, sembra impossibile distaccarsi prematuramente dallo schermo senza dare al videogioco una possibilità: il character design e l’animazione sono espressivi e interessanti, l’ambientazione dinamica non dà un senso di “finto”, come se davvero per le strade gli abitanti di questa piccola cittadina svolgessero le loro attività giornaliere.

Questo tentativo di dare un senso di “non-finitezza” funziona benissimo per quanto riguarda l’interazione tra il giocatore-protagonista e gli altri personaggi, dato che l’opzionalità ci permette di decidere con quale personaggio interagire e rafforzare una relazione che sembra plausibile ed umana; diventa facile affezionarsi anche se non si somiglia a nessuno degli abitanti.

Sembra forzato invece, il tentativo di arricchire un gameplay di per sé povero che non è il punto focale del videogioco, tramite intramezzi con piccoli minigiochi, che a volte si ripetono, a volte sono un unicum.

Il gameplay di quella che potrebbe anche essere definita un’avventura grafica con scelte multiple, è facilmente riassumibile in “esplorazione” e “conversazione”, visto che i dialoghi brillanti sono sempre nuovi per ogni personaggio e per ogni giornata.

Dal suo ritorno Mae ci trasporta in giro per Possum Springs di giorno, e di sera ci coinvolge in uscite con i suoi amici, in un’introspezione nell’animo di ogni personaggio che sembra rassomigliare a qualcuno che potremmo conoscere.

Il fantasma nella stanza

Si avverte fin da subito quanto Mae sia carica di aspettative altrui e pressioni: il suo abbandono scolastico viene percepito come un fallimento dai genitori, i quali hanno investito molto nell’educazione dell’unico Borowski tanto fortunato da frequentare il college.

Ma nonostante ciò, Mae torna a casa, tra le braccia dei suoi vecchi amici che, però, durante la sua assenza sono cresciuti e cambiati, sono andati avanti. Bea, Angus e Gregg hanno un lavoro, dei progetti e sogni che si distaccano e sono incompatibili con il carattere ancora infantile della protagonista; soprattutto questi ultimi devono fronteggiare le conseguenze che comporta l’essere l’unica coppia omosessuale in una piccola cittadina di periferia.

Mentre Mae non ha nessuna direzione: pervasa da sentimenti a volte spiacevoli, a volte incomprensibili e complessi, sperimenta una libertà che in realtà è sinonimo di una condizione paralizzante tra indecisione e incertezza, una stasi senza crescita.

È chiaro che Mae è alle prese con i suoi problemi mentali, con le difficoltà dell’imboccare la propria strada, con il dolore di un passato non ancora completamente accettato; ma per quanto le tematiche trattate possano idealmente sembrare “pesanti”, c’è sempre un personaggio che con una battuta riesce a rompere l’atmosfera che va incupendosi, facendo sì che non si alteri quell’ambientazione infantile e tranquilla che viene proposta sin dall’inizio.
Mantenersi a galla mentre tutto sembra sprofondare in un pozzo buio: è forse questo il tema del gioco, che spazia poi sulla crisi esistenziale, la natura di Dio, una solitudine interiore implacabile.


La trama si concentra quindi prima su Mae e i suoi amici, poi si allontana come in espansione cosmica e infine ritorna sugli stessi, sottolineando quanto possiamo ancorarci al mondo reale solamente grazie alle persone a noi vicine e alle piccole cose. Ma a Possum Spring nulla è come sembra ed una trama concentrata sui sentimenti prende una piega inaspettata e irreale.

Giudizio finale

Night in the woods è un videogioco da non perdere. Ha indubbiamente dei difetti, ma racconta di personaggi con problemi che appartengono a tutti, pensieri che ognuno di noi ha fatto almeno una volta nella vita. Ed è proprio questo il bello del gioco: vedere le proprie paure rappresentate con ironia e semplicità sullo schermo è sicuramente rassicurante e catartico.

This post was published on 11 Febbraio 2020 21:20

Benedetta Cinque

Nata (19 Giugno 1997) e cresciuta in provincia di Napoli, a casatiello, acqua e Nintendo DS. La mia esperienza videoludica vera e propria inizia nel 2018, lanciata in orbita con Dark Souls II; da lì un vortice per recuperare tutto quello che mi ero persa. Nel 2020 mi sono laureata in Lingue e culture comparate, approfondendo l'altra mia grande passione, ovvero la lingua e la cultura russa. Se fossi ricca asseconderei il mio desiderio di viaggiare per il mondo, ma per ora mi limito a sognare. Sono sempre pronta ad imparare da chiunque: nessuno detiene la conoscenza, tutti sappiamo qualcosa. Tra le mie cose/persone preferite: Star Wars, Star Trek, Rick & Morty; Massimo Troisi, Jack Nicholson, Marcello Mastroianni; Dark Souls, Age of Empires, Detroit Become Human; Кино, Mac De Marco, Franco Battiato.

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