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Recensioni

Journey To the Savage Planet | Recensione (PS4)

Solitamente quando associamo il mondo della fantascienza al mondo degli sparatutto in prima persona, la prima cosa a venire in mente è una pletora di titoli incentrati sulla guerra.

Che siano gli umani a conquistare un mondo o gli alieni ad attaccare l’umanità poco importa, raramente ci viene concessa un’esplorazione giocosa ed un ritmo di gioco impostato sulla fruizione del mondo, più che sulla narrativa.

Una delle mosche bianche che ha provato ad ottenere un simile risultato è Metroid Prime, lo sparatutto esplorativo di Retro Studios uscito anni e anni fa sul glorioso cubone viola di Nintendo.

Mutuando da un videogioco avventuroso dove l’esplorazione era il fulcro della vicenda, il triello di titoli di Retro Studios riuscì a trasformare in un paradigma le meccaniche zeldoidi o metroidvaniose in un ambiente tridimensionale, senza poi che molti titoli riprovassero a percorrere tale strada.

Il rischio qualcuno però lo ha corso: Typhoon Studios con il suo Journey To The Savage Planet.

Professione esploratore.

Il pianeta dove è ambientato Journey To The Savage Planet ha chiaramente il suo perché.

Journey To The Savage Planet è un titolo doppia A venduto ad una trentina di euro che sembra prendere i crismi del metroidvania in prima persona, sopra descritto, per fonderlo con una fantascienza leggera, divertente e costantemente sopra le righe.

Typhoon Studios, la giovane software house responsabile del titolo composta da ex membri di giganti come Electronic Arts, Ubisoft e Warner Bros, è stata molto attenta nella realizzazione di un gioco del genere: inadatto a principianti dell’industria ma troppo rischioso per un investimento gigante.
Il risultato finale, tirato su con quattro spicci (si fa per dire) e in tempi record, è un piatto saporito e sorprendente.

Martin Tweed, CEO della Kindred Aerospaces in tutto il suo splendore

Journey To The Savage Planet è un titolo dove si ride molto, sia per le follie che facciamo che per quelle che ci vengono messe davanti agli occhi. Ambientazione e narrativa del titolo sono lontanissime dai cicli Asimoviani o dalla space opera Biowareiana di Mass Effect; le fonti d’ispirazione sembrano provenire più dalla fantascienza comica di Douglas Adams o dalle storie pazze raccontate da Matt Groening in Futurama.

Noi giocatori ci ritroveremo ad interpretare un esploratore per la Kindred Aerospace, la famosa quarta migliore compagnia, sulla superficie di un pianeta promettente rimasto sin ora inesplorato. A causa di qualche taglio al budget ci ritroveremo praticamente senza equipaggiamento, costretti a procacciarci il necessario direttamente sul terreno. Armati giusto di un visore analitico e dei nostri pugni dovremo scendere dalla nave e a fare conoscenza con una flora ed una fauna coloratissima, alquanto bislacca e, alle volte, terribilmente pericolosa.

Journey to the extremely strange planet.

Si, c’è della psichedelia qui.

Il mondo alieno di Journey To The Savage Planet sembra provenire da un trip allucinato di un qualche modellatore tridimensionale. I colori sono perennemente sopra le righe, spesso molto saturi e spesso in contrasto tra loro mentre i modelli poligonali, per quanto scarni, riescono bene nel dare l’idea del bislacco e dello stravagante.

Il colpo d’occhio è molto buono, nonostante una certa povertà poligonale quando si vanno a guardare i dettagli e nonostante delle texture tutt’altro che esaltanti; dal punto di vista tecnico Typhoon Studios ha fatto quello che ha potuto con i mezzi a disposizione, riuscendo nel presentare una grafica d’impatto.

Il comparto tecnico è solo il mezzo con cui gli sviluppatori hanno cercato di esprimere ciò che volevano dire attraverso il comparto artistico, molto più interessante e intelligente. Forti di chissà quante sostanze psicotrope, gli sviluppatori hanno messo insieme diversi biomi con flora e fauna caratteristici.

Tra simpatici uccelli sferici di ogni tipologia, pomodori esplosivi (chiamati bombodoro in italiano, applauso al reparto traduzioni) e distributori di granate sparsi per tutto il globo, il giocatore avrà a che fare con un mondo coerente e credibile, in grado di pizzicare sempre la curiosità del giocatore nello scoprire le caratteristiche di un oggetto.

Con il tempo il giocatore imparerà a comprendere quali creature sono pericolose e quali invece possono venir sfruttate per i propri scopi. Presto si impara a ridere dei babushka (una razza di tacchini che urlano p e r e n n e m e n t e in preda al panico) e si impara ad avere paura dei calabroni spaziali, tra schiaffi e colpi di pistola.

Parola d’ordine: esplorare.

Journey To The Savage Planet mette a disposizione del giocatore una vasta gamma di strumenti con cui poter affrontare le sfide di un mondo alieno, tutti rigorosamente da recuperare sul campo. I pasti in scatola che ci vengono dati dalla Kindred Aerospace, ad esempio, fungono perfettamente da esca mentre il succo di alcune piante, con la sua terribile viscosità, è in grado di fermare temporaneamente gli avversari quadrupedi più rapidi e minacciosi.

Tra granate di ogni tipo, semi di piante rampino e masse gelatinose capaci di far rimbalzare qualsiasi oggetto, il parco giochi messo in piedi da Typhoon Games è estremamente interessante e lascia il giocatore in balia di un game design abbastanza raffinato fatto di problemi aperti, con più soluzioni disponibili

Ad esempio, per compiere un compito semplice come raggiungere una piattaforma elevata è possibile sfruttare i vari potenziamenti del jetpack, utilizzare i jump pad gelatinosi, inerpicarsi per luoghi scomodissimi o sfruttare le alture per atterrarci sopra.

Ridurre un pianeta ad una torre è ancora una buona idea?

L’avanzamento del titolo chiede al giocatore di raccogliere costantemente dei nuovi materiali per potenziare il proprio equipaggiamento, permettendo una libera esplorazione delle zone grazie ad un comodo sistemi di cristalli di teletrasporto. Anche se verso il finale questa struttura di gameplay viene abbandonata, in favore di uno sviluppo più lineare, impossibile dimenticare il divertimento derivato: esplorare i primi biomi del pianeta, pieni di piccoli segreti e di cose da fare, pieno di gelatine da mangiare, di pertugi da scoprire o di piccoli tesori da raccogliere,vale da solo il prezzo del biglietto.

Per poter ottenere gli ultimi ritrovati tecnologici in ambito di esplorazione spaziale il giocatore avrà il compito di portare alla sua nave risorse come carbonio, silicio o leghe aliene; questi potranno essere raccolti prendendo a pistolettate le vene minerarie o lootando le creature abbattute. Le risorse, in caso di morte, andranno recuperate sul posto come nei soulslike che tanto abbiamo visto infestare il decennio appena trascorso.

Di cose da fare in Journey To The Savage Planet ce ne sono; tra le missioni principali, il reperimento dei materiali per i nuovi gadget, le missioni secondarie e gli esperimenti scientifici, la creatura di Typhoon finirà per durare una decina di ore, fino a quasi quindici nel caso ci si voglia gettare nel completismo più becero.

Se per caso l’esperienza in solitaria non è in grado di soddisfare il proprio gusto si può approfittare di un’inaspettata ma divertente modalità cooperativa; modalità senza caratteristiche esclusive ma perfetta in caso di amici lontani appassionati di esplorazione spaziale. Questa scelta di Typhoon non farà vendere il gioco da sola ma sicuramente rappresenta un’aggiunta più che interessante, specie per un titolo dal budget e dalla portata così ridotta.

Il problema principale di Journey To The Savage Planet è nelle sue battute finali, sviluppate con idee e direzioni diverse dallo slancio dei primi biomi.
L’avventura diventa più contenuta, magari più elaborata, ma tristemente simile a quello che molti puzzle games hanno provato ad offrire al giocatore nel corso degli ultimi anni. Non c’è più la vastità delle soluzioni o la bislacca bontà dell’arte al servizio del gioco, c’è una linearità che abbiamo già visto altrove e che aggiunge una nota amara ad un prodotto che puntava verso gli apici raggiunti dalla trilogia di Metroid Prime.

Sottotono anche le musiche, melodicamente carine ma incapaci di resistere sul lungo andare. Chi scrive si è trovato a dover mutare il gioco dopo un paio d’ore a causa della solita chitarra country/western che risuonava un po’ troppo spesso per il quieto vivere.

Journey To The Savage Planet è un progetto interessante, fatto da una software house davvero promettente. Mischiando la struttura ludica di un metroidvania in prima persona ad un immaginario simile a quello di un Futurama imbastardito, Typhoon Games ha messo in piedi un gioco tanto ridotto quanto interessante, ferito giusto da qualche scivolone tecnico e da un segmento finale che tradisce lievemente le proposte fatte in partenza. Se c’è qualcuno da tenere d’occhio prossimamente, vista anche l’acquisizione fatta da Google, questa è Typhoon Games. E se volete giocare a qualcosa di spassoso, rilassante e terribilmente divertente, accendete i motori e partite per Journey To The Savage Planet.

This post was published on 3 Febbraio 2020 18:09

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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