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Recensioni

7th Sector – Recensione del puzzle game distopico (PS4)

Dalla Russia arriva su PS4, Xbox One e Switch il puzzle game cyberpunk 7th Sector. Il videogioco sviluppato da Носков Сергей è già disponibile su PC, ora anche i possessori di una console possono provare a scappare dal settore 7, zona di confine tra libertà e prigionia.

Una società distopica fa da sfondo alle peripezie di una serie di protagonisti, alcuni molto particolati. Vediamo insieme se vale la pena vivere questa avventura insieme a loro.

In fuga dall’oppressione

Siamo ormai abituati a videogiochi che ci raccontano di vite annichilite, di società in cui la libertà individuale è stata annientata, in un’unica parola, di distopia. La scena indie non è nuova a trattare questa tematica e, spesso, sceglie la bidimensionalità per farlo, o meglio, il 2.5D, come ha fatto Playdead con Inside.

Se il titolo sviluppato dal team danese approcciò l’argomento inserendolo in un contesto post-apocalittico intriso dei concetti più oscuri del capitalismo (molto diverso dall’ambientazione dark-onirica di Limbo), 7th Sector utilizza il genere cyberpunk per portare avanti la sua visione di società orwelliana.

Come da tradizione per giochi del genere, la trama non viene esplicitata in modo chiaro, ma lascia libero il giocatore di interpretare ciò che avviene su schermo. È evidente, tuttavia, che il mondo descritto in 7th Sector non sia tutto rose e fiori, con intere zone della città pattugliate giorno e notte, statue erette in onore del dittatore di turno, messaggi lanciati su magaschermi e attraverso megafoni che incitano la popolazione a essere felice, perché tutto va bene, tutto è perfetto.

Dietro a enormi grattacieli e alle abbaglianti luci al neon che fanno da scenografia, si nascondono invece storie di persone prosciugate del loro spirito vitale. Una delle zone della città in cui si palesa maggiormente l’oppressione in atto è il Settore 7 che dà il titolo al gioco. Qui prendiamo il controllo di vari personaggi e con essi dobbiamo puntare alla fuga senza ritorno, anche se parlare di “personaggi” sembra un po’ strano in 7th Sector, scopriamo il perché.

Un puzzle game in continuo mutamento

I personaggi di cui prenderemo il controllo, di volta in volta, non sono – come dire – canonici, ma molto particolari, cosa che rende la cripticità del gioco ancora più tangibile. All’inizio, ad esempio, avremo il controllo di una scintilla di pura elettricità, in grado di attraversare cavi e di passare da essi a macchinari di vario tipo. Centraline, generatori, serrature elettroniche possono essere manipolate a nostro piacimento per liberare il percorso, ma per farlo dobbiamo spremere molto le nostre celluline grigie perché gli enigmi proposti non sono banali e leggibili alla prima occhiata.

I puzzle sono di varia natura e presenti in dosi massicce, infatti, se in Inside e Limbo si dava molta importanza anche al platform, in 7th Sector gli enigmi la fanno da padrone: dalla logica alla matematica, dall’inserimento di password a minigiochi in cui il tempismo è fondamentale, ce n’è per tutti i gusti e tutte le skill mentali vengono allenate. Come abbiamo accennato in precedenza, la distopia del mondo di gioco si fonde con il cyberpunk, quindi la tecnologia è una presenza costante che porta il giocatore a interagire con schermi, stereo e pannelli di vario genere.

Ciò che colpisce della struttura di gioco è il suo saper cambiare le carte in tavola repentinamente per mantenere sempre alta l’attenzione del giocatore. Il cambio di personaggio porta anche un mutamento delle meccaniche che, quindi, vanno imparate nuovamente e fanno sì che gli enigmi siano molto diversi l’uno dall’altro (seppure ci siano schemi più utilizzati). Controllare una sfera magnetica ha un impatto sul gameplay e sulle proprie capacità di problem solving differente rispetto a quando, invece, avremo il controllo di un robot quadrupede da combattimento.

Un appunto molto serio va fatto però sui controlli che in taluni casi rendono frustranti delle sezioni che, con controlli implementati meglio, non presenterebbero difficoltà di sorta. In alcune fasi, accade che, pur riuscendo a capire come risolvere un enigma, risulti difficile portare a compimento la nostra intuizione perché i controlli non sono comodi e fanno perdere un mucchio di tempo. Due esempi lampanti di questa problematica sono la fase in cui si controlla una macchina telecomandata e quella “sparatutto”, ma non vogliamo darvi troppe informazioni per non rovinarvi la sorpresa.

Dal punto di vista estetico, 7h Sector presenta una splendida dicotomia tra gli sfondi luccicanti di una metropoli che ostenta opulenza tecnologica e le zone nascoste della stessa, quelle dove la sopravvivenza va conquistata con le unghie e con i denti. Nonostante ci si possa spostare solo verso destra e sinistra – anche su e giù in alcuni momenti specifici – l’insieme offre alla vista uno spettacolo di altissimo livello per tutta la durata dell’avventura che si attesta sulle 4/5 ore. Il videogioco presenta inoltre 4 finali.

Commento finale

7th Sector è un indie che ricalca le orme di titoli apprezzatissimi come Limbo e Inside, ma lo fa con una propria identità distintiva. L’ambientazione cyberpunk distopica è eccellente, la struttura di gioco, improntata alla risoluzione di enigmi, è piacevole e sempre stuzzicante perché sa cambiare al momento giusto per non diventare stantia. I puzzle riescono a toccare livelli di difficoltà appaganti. L’unico neo che riscontriamo riguarda i controlli che più di una volta ci hanno fatto impazzire.

Consiglio del redattore

Prima di iniziare una partita a 7th Sector, fate scorta di magnesio.

This post was published on 1 Febbraio 2020 11:00

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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