Sono passati tre anni e mezzo da quel giorno in cui Hideo Kojima salì sul palco dell’E3 e disse: “I’m Back!”
È stata una lunga ed estenuante attesa ma alla fine è successo: Death Stranding è tra noi.
L’ho giocato.
L’ho vissuto.
L’ho metabolizzato.
Il mio cordone ombelicale è rimasto attaccato per più di 50 ore alla console PlayStation 4 e credo che rimarrà lì ancora per molto.
A inizio pagina ho raccolto schematicamente i miei pareri sul primo prodotto della nuova Kojima Productions. Soddisfatto del voto, puoi fermarti qui a Capital Knot City, chiudere la pagina e tornare a flammare sui social. In questo modo però ti priveresti di un emozionante viaggio in una review che chiarirà molti dei tuoi dubbi. La scelta è tua, ad ogni modo io ti aspetterò sulla ̶b̶a̶c̶h̶e̶c̶a̶ ̶d̶i̶ ̶F̶a̶c̶e̶b̶o̶o̶k̶ spiaggia.
Se sei ancora qui ti ringrazio, conta molto per me, conta molto per lo staff di Player. Nell’epoca dei social, dove ognuno si dà al sentenzionismo, è importante che si leggano anche opinioni altrui e sono conscio del fatto che la mia non sarà né la prima, né l’ultima e non è nemmeno detto che sia la più vicina al tuo metro di giudizio e la tua sensibilità. Quello che provo a fare in questa review è trasmetterti le mie sensazioni, quello che ho provato, ho percepito, ho vissuto nel Social Strand Game del Maestro.
Semplicemente, andando oltre a quella che io ho più volte chiamato “la sagra dell’hype, dei meme, del mistero e del fanatismo Kojimiano”, provo a spiegarti il motivo per cui Death Stranding è un titolo importante per l’industria videoludica e perché se ne parlerà per gli anni a venire.
La review è divisa in tre parti: nella prima faccio un piccolissimo accenno alla trama ma sarà completamente spoiler free. Nella seconda farò più spoiler, approfondendo alcune meccaniche di gioco mentre la terza sarà una breve riflessione altamente spoilerosa.
Non posso introdurti la questione senza una minima sinossi. Puoi stare tranquillo, non è spoilerosa (a differenza del trailer di lancio). Giochi nei panni di Sam Porter Bridges (interpretato da Norman Reedus) che in un futuro post apocalittico, in una società frammentata, è un corriere e ha il compito di ricollegare le Città Unite D’America sotto un’unica grande rete, la “Rete Chirale”.
Per svolgere questa impresa, Sam porterà sempre con sé due elementi fondamentali: il Q-Pid, una chiave per collegare il network, e una strana capsula contenente un feto vivo di cui dovremo anche prenderci cura. Il suo utilizzo? Beh, abbi pazienza, è spoiler.
Nel gioco viaggi da una costa all’altra della nazione per unire i nodi chirali e nel frattempo effettui consegne per i vari abitanti al termine delle quali ricevi una valutazione e dei like, ma non quelli che visualizzi sui tuoi post di Facebook ̶e̶ ̶d̶i̶ ̶I̶n̶s̶t̶a̶g̶r̶a̶m̶, sono qui intesi come vera e propria moneta. Le consegne includono gli ordini più disparati: possono essere materiali di costruzione, oggetti di uso comune, medicine ed alimenti.
Da qui, le battute, i meme, il tanto spammato “walking simulator” o “Poste simulator” se vogliamo ironizzare ancora di più. Nel contesto memetico mi sono divertito parecchio ad ogni release dei trailer, tu che mi segui lo sai. Se non mi segui sei una brutta persona.
Tuttavia pad alla mano devo essere serio, critico: non esiste al mondo che io definisca il gameplay di Death Stranding “walking simulator”. Sarebbe inopportuno. Come se un politico si iscrivesse su Tik-Tok.
Il gioco di Kojima Production ha il grande merito di trasformare la tipologia più basilare di missione, la fetch quest, letteralmente la consegna di un oggetto da un punto all’altro della mappa, in qualcosa di nuovo, appagante, interessante, dinamico.
Il mondo apocalittico di Death Stranding nasconde moltissime insidie, che vanno dai comuni dislivelli del terreno come montagne, cavità o fiumi, alle condizioni meteo avverse, ai “Muli”, veri e propri ladri di carichi, fino alle CA, creature minacciose che non appartengono a questo mondo. Tutti inconvenienti che oltre ad “ucciderti” potrebbero recare dei danni, distruggere o portare allo smarrimento del tuo carico.
Capisci sin da subito che non si tratta semplicemente di muoversi dal punto A al punto B, c’è molto di più. Lo stesso camminare diventa qualcosa di diverso, riscritto da zero. I movimenti di Sam sono realistici, credibili. Non controlli un “Super Mario”, non salti, non fai sprint all’infinito. È tutto dannatamente realistico. Il protagonista consuma vigore, dunque perde l’equilibrio, barcolla, inciampa e noi giocatori ne percepiamo assolutamente la fatica.
Anche l’input è funzionale, con i tasti L2 e R2 che corrispondono rispettivamente alle braccia sinistra e destra, sono utilizzati per prendere in mano oggetti con le mani o equilibrare il carico nel caso questo sia troppo sbilanciato.
A tal proposito, voglio parlarti della gestione del carico: devi distribuire il peso degli oggetti da trasportare per tutto il corpo di Sam. Sei libero di scegliere se mettere tutto nello zaino sulla schiena, se portare qualcosa a mano o se collocare parte del carico sulle spalle, agli appositi ganci della tuta.
Non esiste un oggetto che non abbia peso e devi scegliere accuratamente il modo in cui disporli e cosa trasportare. Anche perché visti gli ostacoli poc’anzi elencati il carico non è la tua unica necessità.
Sei costretto dunque a portar con te anche attrezzatura come scale, corde, CCP (per farla a breve una tecnologia che letteralmente stampa edifici) e armi (di queste ultime te ne parlerò più in là) per collocarli nel mondo di gioco. In questo modo faciliti i tuoi viaggi e anche quelli di qualcun altro (ti rimando al prossimo paragrafo).
Death Stranding è un gioco single player che si integra perfettamente con un multiplayer asincrono. Cosa significa?
Effettui consegne, ma nel caso in cui perdessi il carico? Un altro giocatore può consegnarlo per te e allo stesso modo puoi fare tu con i carichi smarriti degli altri. Il tuo altruismo verrà premiato con dei like.
Questo principio funziona anche con cartelli e oggetti: similmente a quanto avviene in un Dark Souls, puoi posizionare segnali per dare informazioni o avvertire di un pericolo ad altri player. Chiunque li utilizzi ti regala automaticamente un like e ha la possibilità di aggiungerne altri entro un breve limite di tempo.
In maniera simile se posizioni una scala per superare un rilievo o un fiume in piena nella tua partita causerai lo spawn della medesima anche in partite di altri giocatori.
Non mi fermo qui: se ti trovi in un’area collegata alla Rete Chirale puoi costruire oggetti, edifici e infrastrutture come un box postale, una torre di guardia, un ricovero o addirittura un ponte. I primi saranno edificabili sin da subito, solo con le CCP e saranno utilizzabili nell’immediato da altri giocatori che anche in questo caso potranno ricambiare il favore con dei like.
Costruzioni come i ponti o le autostrade richiederanno anche la cooperazione tra più giocatori per essere completati. Ognuno è libero di inserire il numero di risorse che preferisce (a patto di averne a disposizione) per contribuire.
Il modo in cui visualizzi i carichi e gli oggetti e gli edifici degli altri giocatori è randomico, non si basa sulla tua lista degli amici, nè tantomeno esistono forme di comunicazione avanzate. Gli altri giocatori, tra l’altro non appaiono fisicamente nella tua partita. La percezione che hai è quindi quella di un’avventura in solitario dove si scorge solo l’impronta degli altri utenti, entità a te estranee ma a cui sei comunque in qualche modo collegato.
Cosa conta davvero in un gioco? Divertire o far vivere emozioni? Death Stranding in molti punti diverte, in altri ti trasmette uno stress enorme. Per me superare viaggi quasi impossibili, come quello di una montagna elevata è stato stancante ma è stata un’esperienza videoludicamente indimenticabile. L’ho sentita, era vera, tangibile, come in pochi titoli di questo medium.
Non toccato con pad, Death Stranding potrebbe apparire ripetitivo ma fidati: la sensazione di progressione portata dal collegamento di un nuovo nodo, di una nuova consegna (che sia main, secondaria o per aiutare qualcuno) o costruzione mi ha fatto sentire appagato. Questo non solo per i like, ma anche perché ogni consegna completata porta spesso allo sblocco di nuovi oggetti, nuove possibilità. Il modo di giocare si rinnova in continuazione e sono convinto che nessuna partita è simile alle altre. Come ti ho già detto, ho impiegato una cinquantina di ore per completarlo, ma non guardare l’orologio: il tempo è davvero la cosa più relativa.
E poi è arrivata lei la moto a tre ruote. Ha stravolto completamente i miei percorsi: li ha velocizzati e ha ridisegnato i viaggi che avrei altresì fatto a piedi. Viaggi più lenti dove però avrei fatto una maggiore attenzione alle costruzioni degli altri giocatori e allo stesso modo, con buona probabilità, ne avrei realizzato anche delle mie.
Ad un certo punto infatti ho deciso di mollare tutto, tornare a piedi e mettermi a costruire autostrade, fregandomene della review da fare in fretta e furia.
Molto tempo dopo mi accorgo addirittura che c’è un modo ancora più veloce per muovermi, ma non te lo dico. Queste sensazioni di appagamento e libertà e la cura maniacale nei dettagli costituiscono a mio avviso i punti forti del gameplay di Death Stranding, un gameplay che ho amato, adorato. Un gameplay non assolutamente monotono e tranquillo: posso assicurarti che si spara anche, ma te ne parlo dopo.
Un gameplay che, tuttavia, ha anche fasi lente , riflessive, sperimentali, soprattutto all’inizio. Per questo motivo sono consapevole che non possa essere apprezzato da tutti. È emerso che un game design di questo tipo o lo ami o lo odi.
Alfa o Omega.
Bianco o nero.
Spada o Scudo. No, ok, non andiamo offtopic.
Ecco anche la spiegazione delle valutazioni così polarizzate dietro questo titolo.
È anche vero che ci sono dei piccoli difetti, delle piccole sfumature che non ho gradito ma sono assolutamente trascurabili. Posso citarle tutte in un rigo: intelligenza artificiale non sempre brillante, andamento dei veicoli non sempre ottimizzato (e vorrei vedere, parliamo di un terreno molto vario) e la poca intuitività dell’interfaccia dei menù nelle prime ore di gioco. Niente che comunque non possa essere colmato con un po’ di pratica.
Inutile dire poi, l’ha sottolineato lo stesso Kojima, che il gioco solo in offline non solo perderebbe moltissimo, risulterebbe addirittura snaturato.
Non intendo procedere oltre in merito alle meccaniche di gioco in questa sezione. Mi accingerò ad approfondire il tutto nella parte spoilerosa della review.
Nei titoli di Kojima e della sua Kojima Productions la paura del pubblico (e magari anche la tua) è quella di avere a che fare con “film interattivi”. Voglio rivelarti un segreto: non è vero, è una bugia. Escludendo Metal Gear Solid 4 il bilanciamento tra gameplay e cutscene è stato sempre buono.
Qui, in Death Stranding non è da meno. Si gioca, tanto, tranquillo! Le nove ore e mezzo di cutscene sono ben distribuite per tutto il tempo di gioco. Fanno eccezione le prime due ore di gioco e il climax finale.
Stiamo comunque parlando di sceneggiatura e acting di altissimo livello. Ogni cutscene è un piccolo capolavoro e trasmette emozioni fortissime. Non nego di essermi emozionato più di una volta per storie di personaggi che tre minuti prima nemmeno conoscevo. Se nel gameplay c’è quell’aspetto soggettivo che può piacere o meno, nell’ambito dello storytelling siamo di fronte a qualcosa che raggiunge la perfezione, una scrittura con moltissime chiavi di lettura di cui discuteremo a lungo.
So già a cosa stai pensando, cosa temi. Mi riferisco soprattutto a te, fan di Metal Gear Solid che sei rimasto deluso dalla trama troncata di The Phantom Pain. Stai tranquillo, qui torna tutto. Tutto è collegato, non ci sono buchi di trama. Tutto scorre come un fiume in piena e questa cosa mi ha fatto gioire davvero tanto.
Nel caso non lo sapessi poi, il cast di Death Stranding conta moltissime star del cinema. Ho già citato Norman Reedus ma ci sono anche Mads Mikkelsen (Hannibal la serie), il regista Guillermo Del Toro (La Forma dell’Acqua, Il Labirinto del Fauno), Margaret Qualley (da Bastardi Senza Gloria), Lindsay Wagner (La Donna Bionica) e altre vecchie conoscenze di Kojima come Troy Baker (Ocelot in MGS V).
Death Stranding ha un comparto grafico eccellente. Il gioco gira su una versione modificata del Decima Engine, realizzato dai Guerilla Games (quelli di Horizon: Zero Dawn). Sono rimasto ore ed ore ad osservare gli emozionanti panorami di gioco fotorealistici e mi ha davvero stupito la qualità dei modelli degli oggetti e dei personaggi, così come quella delle loro animazioni. Il complimento va fatto anche a chi ha curato il design del mondo di gioco semi-open world e la sua particolare estetica che fa spesso l’occhiolino al lovecraftiano.
In alcune circostanze gli ambienti sono dinamici, talvolta anche in modo esagerato, intere scene di gioco possono cambiare drasticamente, si trasformano in tutt’altro senza nessun riscontro sul framerate. I caricamenti sono frequenti, ma non troppo lunghi.
Un complimento va fatto anche a chi ha curato il sound design e alla colonna sonora, composta per lo più di brani pre-esistenti di artisti come i Low Roar e gli Apocalyptica. Ci sono anche alcuni artisti che disprezzo profondamente ma non ne faccio colpa a nessuno, posso sempre staccare le cuffie.
Aspetta un attimo, questo devo dirlo a tutti, scusa.
In definitiva cosa mi sento di dire ai destinatari di questa prima parte di review, coloro che non hanno giocato il titolo e sono indecisi sul suo acquisto? Perché sì, per i consumatori €70 son sempre €70 ed un acquisto a occhi chiusi non va mai fatto. Il mio consiglio è: provatelo da qualcuno, da un amico, magari e di non fidarsi troppo dei gameplay (anche se io stesso ne sto facendo uno). Non sarete però in grado di comprenderlo fin quando non l’avrete toccato con pad.
Rieccomi, proseguiamo con la parte spoilerosa, ho scalfito solo la superficie di quello che è un discorso molto più lungo. Se non hai giocato il titolo e non vuoi anticiparti niente vai via, compra il gioco e torna qui quando hai finito.
Sei ancora qui? Hai giocato il gioco oppure non te ne frega niente degli spoiler? Anzi no, non dirmelo, mi viene più naturale spiegarti il tutto. Procediamo!
Cos’è il Death Stranding? Dato che siamo nella zona spoiler (comunque contenuto) posso finalmente risponderti!
Il fenomeno che da il nome al gioco è un avvenimento catastrofico, un’enorme esplosione che ha dato origine ad una serie di eventi a catena che hanno portato morte e distruzione ma anche alla sovrapposizione del nostro mondo e quello dei morti. Un mondo che fino ad allora risultava inesplorato, non tangibile.
Dopo il Death Stranding l’umanità, rifugiata in città sotterranee, viene a conoscenza delle spiagge, dei luoghi ultraterreni di passaggio collegati alla propria anima (nel titolo si ricorre al binomio Ha per il corpo e Ka per l’anima) in cui particolari individui sono in grado di entrare ed uscire. L’abilità di queste persone è denominata “DOOMS” ed è di livello differente di persona in persona.
Sam non solo è dotato di tale abilità ma è anche in grado di “riemergere”, letteralmente morire e tornare nel mondo dei vivi.
Le spiagge e le DOOMS non sono le uniche novità: viene scoperta una nuova materia, “l’Obamium”. No scusa, perdonami, quello è il meme di oggi pomeriggio, il “Chiralium”. Quella che comunemente chiamiamo “materia oscura”.
La catastrofe ha anche mutato l’ecosistema del pianeta, le stesse leggi della fisica risultano alterate. Adesso la pioggia, a causa dell’alta densità di materia chirale in essa contenuta, accelera il tempo degli oggetti e degli organismi che tocca. Prende dunque il nome di “Cronopioggia”.
A questo fenomeno sono legate particolari entità. Infatti se vaghi munito appositamente di cappuccio (sennò invecchi e ti ammali) ti imbatti sicuramente nelle temibili CA, letteralmente Creature Arenate. In inglese si dice BT, non immagini le battute uscite con questo acronimo e nemmeno te le sto a spiegare, arrivaci.
Le CA vengono generate dai cadaveri delle persone, ogni cadavere in fase di decomposizione emana una grande quantità di materia chirale. Inizia dunque a cronopiovere e si manifestano le CA. Probabilmente è quello che succede sempre ai Lucca Comics.
Se gli esseri umani dotati di DOOMS sono in grado di viaggiare dal regno dei vivi alla spiaggia, viceversa le CA sono in grado di tornare dal regno dei morti nel nostro mondo per rovinare la nostra spedizione.
Immagina di dover attraversare un territorio già di per sè molto scosceso. Poi inizia a cronopiovere e spuntano queste CA che non ti vedono o sentono ma percepiscono il tuo respiro e vogliono trascinarti nel regno dei morti facendoti perdere tutti i pacchi.
La cosa peggiore è che sono invisibili ma tranquillo, puoi identificarle! Ricordi il feto nel vaso di vetro? Quello che ti porti sempre con te? Ebbene è considerato uno strumento e si chiama BB, Bridge Baby, e c’è un motivo per cui te lo porti: è collegato ad una strana apparecchiatura chiamata Odradek.
L’Odradek ti indica la posizione delle CA e le rende visibili per un breve periodo. Appena le vedi premi R1 per trattenere il respiro, se sei fortunato non ti noteranno!
Nella mia partita mi è capitato di incontrarle più volte. Sono stati tra i momenti più forti dei miei viaggi. Intorno a me l’erba in continua crescita a causa della loro pioggia, il suono metallico dell’Odradek che quasi mi ricordava il trapano di un dentista e quelle dannate CA a fissarmi. Intanto il terrore di perdere i miei pacchi, che ho gelosamente custodito per l’intero itinerario.
Cosa accade se ti rapiscono? Una cosa visivamente molto figa ed è questo quello che ti raccontavo quando parlavo di cambi drastici di scena. Se vieni “grabbato” dalle CA sotto di te si crea un mare di catrame. Qui puoi tentare di fuggire, se fallisci e perdi l’equilibrio, oltre a tirare molte imprecazioni vieni trasportato in un’arena di Super Smash Bros Ultimate.
No, scherzo, vieni trasportato in un’arena in cui le CA si fondono e creano una cretura che ricorda molto le bestie dell’immaginario di H.P Lovecraft. A questo punto puoi scappare dall’area circostante oppure affrontarla, con granate e munizioni fatte del tuo stesso sangue o pipì, o pupù.
Non sono ironico, sono serio!
Kojima pazzo, Kojima genio!
Esteticamente queste aree sono fantastiche, dal catrame riemergono edifici andati distrutti che utilizzi come punti strategici per sparare alla bestia CA. Sono fasi molto frenetiche in cui ti troverai di fronte ad un gameplay molto differente rispetto alle tue “tranquille” passeggiate. Te ne sbatti del carico, se cade o se lo perdi. Qui conta sopravvivere.
Certo, se muori torni in vita come Crilin di Dragonball (cavolo, si ho inserito Dragonball nella mia review, adesso per le strane leggi dell’internet sarà la più letta) ma il costo è un enorme void (cratere) che rimane per molto tempo nella mappa di gioco ed elimina tutte le costruzioni della zona.
Per concludere il discorso sulle CA, ci sono degli individui dotati di DOOMS che hanno un forte legame con l’aldilà e sono in grado di controllarle. Un esempio è Higgs (Troy Baker) che fa parte dell’organizzazione terroristica degli Homini Demens. Egli è in grado di riunirle e creare le bestie di cui ti ho appena parlato. Non voglio dirti di più dato che anche qui c’è un limite con gli spoiler.
Come se non bastasse, in questo caotico mondo di Death Stranding ti troverai di fronte ai Muli che non sono altro che corrieri assuefatti dalla pratica di consegnare pacchi. Per questo motivo se passi nelle loro zone cercheranno di metterti K.O per rubarteli per poi tenerli in custodia nel loro accampamento. Come avrai ben capito lì possono finirci i tuoi pacchi, ma puoi recuperare anche quelli degli altri e consegnarli per loro.
La cosa affascinante, geniale è che nè tu, nè loro possono ucciderti. Una singola morte causerebbe la nascita di CA e quindi il rischio di void. Il geniale gameplay di questo gioco mi ha costretto quindi ad adottare tattiche non letali nei confronti di questi individui come andare di stealth o usare lo sparabolas per intrappolare e poi stordire i poveri muletti.
In determinati capitoli del gioco vieni scaraventato in scenari di guerra passati, come Prima, Seconda Guerra Mondiale e Vietnam. Senza dubbio ti dico che hanno un’estetica maestosa, paurosa, roba mai vista in un videogioco.
Cliff (Mads Mikkelsen), un uomo misterioso che è in grado di controllare un esercito di non morti (differenti dalle comuni CA) pronti a spararti. In queste fasi ti troverai di fronte a un vero e proprio shooter.
Ancora non ho capito se preferisco queste fasi o quelle contro le bestie CA. Una cosa è sicura, in entrambi i casi il game design e il level design sono qualcosa di magistrale. La capacità di adattamento delle maccaniche che ha il gioco, nel passare da una fase ad un’altra è altrettanto incredibile: un minuto fa trasportavo pacchi, adesso sono nelle trincee a combattere fantasmi di guerra. Ma di cosa stiamo parlando?
Quella di Death Stranding è una grande scommessa, una scommessa a cui ammetto di non aver creduto al 100%. Poi però mi sono ricreduto. Kojima, orfano del suo Metal Gear per motivi che noi tutti sappiamo, ha deciso arbitrariamente di voler puntare su un gioco dal gameplay atipico, quasi da indie che non può essere apprezzato da tutti. Poteva fare il solito tps, il solito gioco facile. Invece no.
Per me e molti funziona, per altri no. Ad ogni modo è comune l’impressione di trovarsi di fronte a qualcosa di enorme (e non sto parlando del compare Oznerol) realizzata, voglio ricordare, in soli tre anni e mezzo.
Mi dirai poi anche tu cosa ne pensi di Death Stranding nei commenti di Facebook.
Una cosa è sicura, ne sono certo: tra dieci anni parleremo ancora di questo gioco, potremo constatare se sarà effettivamente un capolavoro (è troppo presto per dirlo) e in che modo ha cambiato il mercato videoludico.
Titoli di coda
Hideo Kojima Game
Bla bla bla
Ok, adesso arriva la parte riflessiva finale, quella con i grandi spoiler. Se come me hai giocato il gioco e fino ad ora hai letto solo per confrontarti la mia visione mi ha fatto piacere e sarei felice se continuassi. In alternativa fermati. Non rovinarti l’esperienza, ti prego!
Come ti accennavo prima Death Stranding ha diverse chiavi di lettura. Impiegherei ere a spiegartele tutte facendo parallelismi con tantissime altre opere videoludiche e non.
In primis voglio solo sottolineare una cosa. Death Stranding non è un gioco politico in senso concreto.
No, non è un gioco Anti Trump e Anti Brexit, non ci ho visto questo. E chi lo dice forza il messaggio del team di Kojima. Il game designer ha preso quegli esempi nella sua intervista ma il suo discorso è molto più astratto e generale. Lo stesso scenario, gli UCA è solo un esempio valido per ogni paese. Ci vedrei bene anche la nostra Italia.
Death Stranding è un gioco sulla solitudine e i rapporti umani. Mi ha ricordato molto Evangelion e secondo me ci sono anche delle reference volute nella parte finale.
Un gioco che critica l’uso scorretto dei social network, la sua dipendenza (cosa sono i Muli se un chiaro esempio di come alcuni soggetti cercano disperatamente approvazione con i like delle altre persone?)
Al contrario spinge a collaborare con gli altri, ad essere altruista in modo disinteressato al solo fine di spingerci a migliorarci. Questo aspetto mi ha colpito tanto: è molto semplice ma anche molto efficace.
Death Stranding è un gioco in cui il protagonista che soffre di aptofobia riesce a reintegrarsi nel rapporto umano e familiare. La figura materna, un’entità bipartita che è in grado di causare un’estinzione di massa, il Last Stranding, ma che può sacrificarsi ed annullare il tutto con un gesto di amore, un abbraccio.
C’è poi il padre, Cliff, un temerario uomo di guerra che si redime nel punto di morte, nel momento in cui nasce suo figlio. Un momento che mi ha ricordato molto la riconciliazione tra Big Boss e Solid Snake alla fine di Metal Gear Solid 4, ma in modo diverso.
In linea con MGS, anche qui si parla di eredità come specie, di memoria collettiva, ma anche del singolo, come gene ma con immagini più forti.
Il momento finale, la nascita di BB-28, Louise, una bambina che inizialmente veniva considerata uno strumento destinato ad essere sostituito, è il messaggio più positivo che abbia mai visto in un videogioco. L’ho percepito con una forza inaudita dopo tutte quelle ore di gameplay.
A questo punto sfido chiunque a dire che Death Stranding sia un walking simulator o che il medium videoludico non sia espressivo come il cinema e ancora una volta ti invito ad avvicinarti a quest’opera. Probabilmente se sei qui a leggere le mie righe l’hai fatto. Congratulazioni!
This post was published on 19 Novembre 2019 11:39
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