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Recensioni

Recensione The Wanderer Frankenstein’s Creature (PC) | La nuova luce di un classico tenebroso

Frankenstein o il Moderno Prometeo di Mary Shelley è stato un romanzo rivoluzionario e tutt’ora continua ad esserlo, non tanto per aver implementato uno stile di scrittura e tematiche completamente nuove che avrebbero influenzato l’intero 800′, ma anche e soprattutto perché pone davanti al lettore gli orrori ed i limiti invalicabili della scienza generati dall’insaziabile curiosità umana. 

Dopo l’enorme successo e nel corso dei quasi duecento anni dalla pubblicazione del romanzo, ci sono state numerosissime iterazioni della vicenda gotica tra film di grande o dubbio gusto, ri-adattamenti musicali e, perché no, anche qualche videogioco.

The Wanderer Frankenstein’s Creature sembra però diverso da tutte queste incarnazioni, e tenta di metterci più in contatto col Destino (forse) inesorabile dell’orrida Creatura generata dagli esperimenti dell’audace Victor Frankenstein. Saranno riusciti i ragazzi di La Belle Games a raccontarci qualche nuovo capitolo di questa secolare storia?

 

“Vi è qualcosa nella mia anima, sebbene non riesca a capire cosa”

 

 

Immaginate di non esser mai nati, di non avere alcuna conoscenza di questo mondo o della vostra persona. Immaginate dunque di venir catapultati in un mondo e in un’esistenza a voi completamente aliena, spaventosa, in un corpo i cui sensi ancora non sono sviluppati a dovere.

Questo è l’incipit di The Wanderer Frankenstein’s Creature, in cui comanderemo la Creatura alcuni istanti dopo la sua nascita. Saremo circondati dal bianco più assoluto, in quanto nasceremo inizialmente ciechi, e dovremo procedere a tentoni seguendo i nostri istinti primordiali.

Proseguendo con pazienza e con calma impareremo piano piano a correre e a vedere meglio, e da qui in poi l’intera vicenda della Creatura sarà nelle nostre mani. Lo scopo del gioco sarà infatti quello di proseguire attraverso una ventina di livelli, tutti caratterizzati da meccaniche e tematiche relativamente diversificate, ma che soprattutto ci daranno modo di plasmare la Creatura a nostra immagine e somiglianza.

 

 

La storia infatti seguirà per la maggior parte le vicende del libro, con la Creatura che si ritroverà prima circondata dalla Natura, poi dagli Umani e dalla Conoscenza, infine cercherà riparo nella Religione e nella Solitudine. Le nostre scelte saranno però significative per determinare qualche percorso e Destino la nostra Creatura seguirà, spesso con risultati parecchio diversificati ma non abbastanza entusiasmanti per incentivare numerosi playthrough.

 

“L’angelo caduto che diviene un demone malevolo”

 

 

La scelta in Frankenstein è una tematica e meccanica di gioco centrale: controllando la Creatura come una qualsiasi avventura grafica punta e clicca, dovremo guidarla attraverso vari elementi interattivi dello scenario, come pozze d’acqua, cibo andato a male, statue di marmo e animali innocenti. A seconda delle nostre scelte, aumenteremo il grado di Armonia od Orrore, che andranno poi ad influenzare i finali di gioco.

Ci saranno molteplici minigiochi, indovinelli ed attività secondarie che serviranno non solo a spezzare un po’ il ritmo del continuo girovagare, ma anche a condizionare ancor di più le imprese e le scelte della Creatura: se ad esempio non riusciremo a tagliare della legna da ardere o a catturare un coniglio in un livello, potremmo condannare un’intera famiglia ad una morte di stenti durante l’inverno.

Purtroppo però queste situazioni, per quanto variegate e divertenti, risultano solo una minima parte dell’esperienza, che consisterà più che altro nel cliccare sul prossimo obiettivo per far andare avanti la storia. Considerato il target, il budget e l’obiettivo di fondo del titolo, è naturale che la parte più ludica dell’esperienza sia anche quella meno presente nell’insieme dell’opera.

 

 

Alla fine di ogni livello, inoltre, ci sarà quasi sempre una scelta estremamente binaria ma anche parecchio forte a livello emotivo. In questo frangente The Wanderer Frankenstein’s Creature spicca per la sua scrittura e la carica sentimentale che inserisce nelle sue cutscenes realizzate col motore di gioco, e verso il finale del titolo sarà davvero dura non venir scossi dalle terribili vicende che avremo fatto accadere alla nostra Creatura.

“Solo qualcuno orribile e miserabile come me potrà amarmi”

 

L’avventura della Creatura terminerà dopo un paio d’ore di gioco, ma come già detto e nonostante l’alone di rigiocabilità dovuto alle varie scelte multiple non saremo granché incentivati a rigiocare l’intero titolo senza possibilità di saltare le cutscenes o accelerare i dialoghi. 

Ciò è dovuto principalmente anche a numerosi bug presenti all’interno del gioco: testi mancanti, collisioni non calcolate coi modelli di gioco, musiche che si zittiscono e soprattutto schermate di caricamento e transizioni che non avvengono, bloccando il giocatore alla fine di un livello senza possibilità di alcuna di proseguire.

D’altro canto, quando il gioco funziona a dovere, sarà davvero difficile non rimanere incantati dai bellissimi fondali pre-renderizzati in stile acquarello su cui si muoveranno i personaggi, soprattutto grazie anche alle incredibili musiche molto emotive e difficilmente stancanti.

 

In Sintesi

The Wanderer Frankenstein’s Creature è senza ombra di dubbio un’ottima re-interpretazione in chiave videoludica del grande classico della letteratura di Mary Shelley. La possibilità di influenzare le scelte e l’andazzo dell’avventura, assieme a vari minigiochi ed attività collaterali ed un comparto artistico sublime, rendono l’esperienza narrativa molto accattivante per tutti i fan di questo genere di giochi, ma l’assenza di una componente ludica forte e numerosi problemi tecnici possono scoraggiare i giocatori meno pazienti che prediligono un focus più sul mero intrattenimento.  

 

 

This post was published on 9 Novembre 2019 11:54

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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