Vi avevamo già raccontato di Blacksad: Under the skin con il nostro provato durante l’ultima Gamescom, e sapete tutti quanto ne eravamo rimasti impressionati. A distanza di qualche mese siamo finalmente riusciti a mettere le zampe sulla versione definitiva in anteprima, e lo abbiamo letteralmente divorato. Sapevamo che Blacksad sarebbe stato un gioco difficile da inquadrare, essendo un mix tra avventure grafiche tradizionali, moderne, cinema e in certi contesti persino picchiaduro, ed il risultato non è uno dei titoli più difficili che mi sia mai trovato a recensire, scoprite perchè nella nostra recensione di Blacksad: Under the skin.
PREMESSA Blacksad e il suo mondo antropomorfo è nato sulla pagine della graphic novel omonima creata da Juan Díaz Canales (testi) e Juanjo Guarnido (disegni). Ad oggi ne esistono 5 splendidi volumi più una raccolta che li comprende tutti.
Nella New York post seconda guerra mondiale, il detective John Blacksad è chiamato a risolvere due casi legati tra di loro: un omicidio, e la sparizione del principale sospettato. Tra una rissa ed una partita a poker, grazie alle sue abilità di detective scoprirà che i casi che gli sono stati sottoposti non sono che la punta dell’iceberg e che il marcio va molto più a fondo di quanto inizialmente sospettato. Il gioco non si fa problemi a mostrare la cruda realtà americana degli anni 50, tanto che alcune scene sono così cruente da farci chiedere perché non ci sia un disclaimer prima del menù iniziale (che, per inciso, è composto dal logo del gioco e da un NPC appeso per il collo, per dire), oltre che su Steam.
Evitando spoiler, la trama si sviluppa in maniera tanto lineare quanto coerente, con nuovi personaggi che fanno capolino in ambienti sempre diversi e totalmente esplorabili. La grande linearità però non va ad intaccare l’esperienza ma anzi, è una precisa scelta narrativa che mira ad avvicinare Blacksad al medium cinematografico piuttosto che ai videogiochi, riuscendo perfettamente nel suo intento e creando un ibrido tra i due mondi.
Inoltre, anche se Blacksad si pubblicizza come un gioco in cui le scelte del giocatore influenzano la trama, ciò è vero solo in parte. Si ha sempre la sensazione che i dialoghi siano in qualche modo guidati e che, a prescindere da chi ci sia amico o meno, la direzione sia sempre unica, come appunto quella intrapresa dai film. Ad accompagnare questa sensazione anche quella di déjà-vu di alcuni personaggi che, a seconda dei dialoghi scelti, forniscono ancora le stesse informazioni su enigmi precedentemente risolti. Peccati veniali e tutto sommato rari, che non vanno ad intaccare la fantastica linea narrativa del gioco.
Come in ogni noir che si rispetti, la storia si concentra non solo sullo svolgimento dei fatti, ma anche e soprattutto sul rapporto tra i protagonisti, detective incluso, obbligando il giocatore ad indagare a fondo su chiunque sia intorno a lui. Ed è proprio in questo che Blacksad: Under the skin eccelle. Quella descritta dal gioco è una storia bella, con personaggi caratterizzati a pennello visivamente e caratterialmente, capaci di suscitare forti reazioni emotive. Proprio come nelle graphic novel che hanno dato vita al celebre gatto detective, anche nel videogioco l’abito fa davvero il monaco, visto che l’aspetto animalesco esteriore rispecchia quello che è il comportamento e l’attitudine del personaggio.
In un mondo in cui ogni attore è caratterizzato da un animale, la razza diventa non solo elemento caratterizzante per raccontare una storia, ma anche espediente narrativo per affrontare un tema delicato come il razzismo. E’ quasi ironico che ogni personaggio rispetti dunque la sua apparenza, rafforzando gli stereotipi piuttosto che condannarli. Peccato solo che, nonostante il problema del razzismo faccia capolino in diversi dialoghi, rimanga un tema trattato solo superficialmente nella storia principale (al contrario di quanto avviene in Artic Nation il secondo volume della saga fumettistica di Blacksad).
Un po’ Bandersnatch e un po’ CSI, Blacksad è un titolo che ha provato a mischiare le carte in tavola miscelando elementi tipici delle avventure grafiche (pochi, a dire il vero), con le avventure narrative di più recente pubblicazione. Le meccaniche di gioco sono varie e tutte ben bilanciate in termini di utilizzi e praticità: il processo deduttivo in primis è uno strumento interessante che sostituisce l’inventario, peccato che rimane molto guidato abbassando il livello di sfida e suggerendo al giocatore quando sia possibile combinare delle deduzioni per estrapolare un fatto.
Anche i sensi di gatto, utilizzati per raccogliere informazioni sullo stato dell’ambiente circostante sono una meccanica davvero ben riuscita ma, anche in questo caso, la freccia che guida l’occhio del protagonista rende il tutto davvero troppo facile. Al netto della semplicità però, gli esperimenti riescono tutti, ed è fondamentale mantenere alta l’attenzione dalla prima fino all’ultima scena per non farsi trovare impreparati e mancare una interazione.
Le stesse considerazioni si possono fare per la maggior parte dei dialoghi, il tempo per scegliere la risposta è proporzionato alla concitazione del momento, e scegliere la prima risposta utile può far la differenza tra la vita e la morte. Ma non c’è da preoccuparsi dell’errore, la morte del protagonista viene sempre giustificata dalla trama e, dopo una cutscene spesso cruenta in cui il detective esaurisce la sua nona vita, il gioco riprende da qualche istante prima, dando la possibilità di riprovare.
Blacksad presenta anche altre meccaniche di contorno, come la raccolta di figurine collezionabili. Nulla di innovativo, per carità, ma se all’inizio è solo un qualcosa che si fa passivamente senza rendersene neanche troppo conto, col passare del tempo non si potrà fare a meno di voler finire l’album. Peccato invece per la meccanica dell’utilizzo dei grimaldelli, solo accennata in un paio di occasioni, e che da semplice idea poteva diventare qualcosa di più.
AGGIORNAMENTO IMPORTANTE: Con l’uscita del gioco è stata rilasciata una patch anche su PC. aggiorneremo l’articolo appena possibile.
Dal punto di vista tecnico, Blacksad è, senza mezzi termini, un colabrodo. Allo stato attuale delle cose, ad una settimana dall’uscita ufficiale, il gioco ha ancora così tanti bug da non sapere da dove iniziare. Personaggi che non compaiono o che spariscono durante i dialoghi, salvataggi che si buggano e impediscono di ricaricare la partita, dialoghi che si accavallano, effetti sonori o linee di dialogo completamente mancanti, ed elementi dell’interfaccia che non vengono visualizzati correttamente. Semplificando, ogni volta che c’è una transizione di stato c’è da sperare che nulla imploda. Ed è davvero un peccato! Perché visivamente Blacksad offre il meglio di sé, con personaggi splendidi e ambienti riccamente decorati e in grado di suscitare emozioni uniche a seconda della scena.
Ogni elemento visivo si integra perfettamente con il mondo intorno, che sia una scritta sul muro o il fumo della sigaretta, e sarebbe davvero impossibile chiedere di più in termini di gestione delle luci. Gli ambienti sono così belli e ricchi che viene spesso voglia di fermarsi a guardare la nebbia che sale dal terreno o le lucciole che illuminano i muri. Il contrasto tra la gestione della logica di gioco e il comparto tecnico è così forte che viene da chiedersi se si stia parlando dello stesso gioco.
Tutto sommato, il valore artistico è altissimo e resisterà nel tempo, cosa che non si potrà dire dei macchinosi controlli che ricordano un po’ i terza persona della prima Playstation. Per fortuna la telecamera automatica compensa egregiamente, riuscendo quasi sempre a trovare l’inquadratura ideale. Tutto ciò però ha un costo, i requisiti del gioco consigliano una Radeon RX VEGA 64 o una GTX 1080, e possiamo testimoniare che già con qualcosa meno, il framerate diventa ballerino.
Parlando del suono, Blacksad accompagna un doppiato (in Inglese, con sottotitoli in Italiano) di primo livello ad una colonna sonora apprezzabile ma ripetitiva e a tratti invadente, senza comunque nessuna traccia che la renda davvero memorabile. L’audio stereo nei dialoghi è una bella aggiunta e dimostra l’impegno degli sviluppatori, ma il continuo cambio di inquadratura lo rende più fastidioso che piacevole.
Blacksad: Under the skin è un titolo bello, senza giri di parole. Se da un lato ci sono dei difetti evidenti, ed il prezzo di lancio potrebbe essere troppo alto per un titolo dalla durata di 10 ore scarse, non si può negare che, controller in mano, il gioco sappia conquistare, mettendo in secondo piano qualsiasi altra cosa. Gli sviluppatori sono riusciti a trovare un giusto equilibrio tra una narrazione lineare e meccaniche interattive, mettendo il giocatore in condizione non solo di godersi una bella storia, ma anche di sentirsi parte integrante di essa. Paradossalmente, riesce ad andare a segno in tutto ciò che tenta di innovare, e tende a cadere negli elementi più standard e classici del videogioco (menù, transizioni, passaggi di stato ecc..) Ma nonostante tutto, Blacksad è un titolo che ci lascia con la voglia di giocarne ancora e ancora, e che ci fa pregare per un secondo capitolo che metta a posto i problemi riscontrati in questo. Manca forse un elemento di unicità nel gameplay, qualcosa che in futuro farà dire “E’ chiaramente ispirato a Blacksad”, ma importa poco, perché Blacksad è in fondo tutto ciò che prometteva di essere, un gioco bello.
This post was published on 9 Novembre 2019 12:48
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