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Recensione: Dragonhold, il nuovo DLC per The Elder Scrolls Online

Ormai è un appuntamento fisso: quando esce una nuova espansione per The Elder Scrolls Online i nostri possenti PR, energumeni cresciuti in cattività e allevati a pane, chiavi dei giochi e malvagità, me la mandano direttamente, e per non farmi attardare si apprestano a percuotere il tamburo come dei novelli capo-voga di un’antica galea. Potrei aver esagerato e romanzato gli avvenimenti narrati, ma d’altronde è per questo che siete qui, no? Ok, magari anche per leggere la mia recensione sul DLC Dragonhold di ESO, ma solo perché ormai vi trovavate già in zona.

Dopo Elsweyr, l’espansione precedente che ci ha portati nell’affascinante atmosfera desertica da Le mille e una notte dell’Elsweyr settentrionale, stavolta Dragonhold ci permette di esplorare la parte meridionale della terra dei Khajiit.

Dragonhold mette fine alla Stagione del Drago

Iniziata con il dungeon pack Wrathstone, proseguita con Elsweyr e con il terrificante dungeon pack Scalebreaker, la Season of the Dragon di ESO arriva alle battute finali con questo DLC Dragonhold e con l’Update 24, di cui parleremo più avanti.

Oltre a una questline principale che ci porterà a spasso per una nuova regione esplorabile, piena di gattoni antropomorfi, e a un ricco corredo di quest secondarie, Delve (dungeon in solo, in sostanza), world boss e una carrettata di lore, Dragonhold ci farà incontrare nuovamente un vecchio alleato, Mastro Lindo Sai Sahan: aiuteremo la versione Redguard di Kratos, nonché membro dei Five Companions e portatore / salvatore del leggendario Amulet of Kings, a far tornare alla luce l’antico ordine dei Dragonguard.

Lo so, starete pensando ai Dawnguard di Skyrim: non sono loro, ma più o meno le storie sono simili, come vedremo tra un minuto.

Il DLC, comunque, contiene un sacco di ricompense, collezionabili e soprattutto achievement, che a loro volta sbloccheranno altri collezionabili, in un circolo vizioso che ci risucchierà nell’oscuro vortice degli MMO, da cui usciremo soltanto dopo aver rischiato di perdere ogni cosa, inclusa la nostra anim-ah, no: quello è il gioco di ruolo, apparentemente. Con gli MMORPG siamo ancora al sicuro. Ok.

L’espansione è gratuita per chi paga l’abbonamento mensile dell’ESO Plus, oppure è acquistabile nel Crown Store nella versione standard e nella Collector’s che ci regala anche una mount e un pet; chi gioca al PC può già ottenere quest’espansione, mentre i lettori che preferiscono le console dovranno aspettare il 5 Novembre (Remember, remember the 5th of November, appunto) per poterla giocare su PlayStation 4 e Xbox One.

Sistemate queste faccende, agguantiamo Sai Sahan per la barba e iniziamo a darci da fare per porre fine alla minaccia del Drago. Uuuh, scary.

L’ambientazione e la trama di Dragonhold

L’antico regno di Pellitine oggi costituisce la parte meridionale dell’Elsweyr, dopo essersi unito al reame settentrionale di Anequina; in passato questa regione è stata devastata da pestilenze e incendi, al punto che la sua superficie è ampiamente costellata di rovine infestate da banditi e schiavisti, che in sostanza circondano la capitale meridionale di Senchal.

Purtroppo per i nostri gattoni preferiti, però, perfino la labirintica città di Senchal ora è minacciata dalla minaccia draconica che proviene da Nord, e di nuovo bisogna fare i conti con il fuoco, la pestilenza e la rovina. Questo basterà per spezzare lo spirito dei micioni Khajiit?

La terra stessa, segnata profondamente dalle sventure che si sono ripetutamente abbattute su di lei, riuscirà a riprendersi anche dal bruciante fuoco dei draghi che ogni due per tre piombano ruggendo giù dal cielo, causando dei discreti infarti ai poveri recensori?

Che ruolo avrà l’antico ordine dei Dragonguard, che sta tornando dall’orlo dell’estinzione con un carico di conoscenze e attrezzature specifiche per combattere i malvagi draghi? Draghi che, in realtà, sono delle grosse viverne. Ci tengo a questi dettagli, lo sapete, ma andiamo avanti.

Dragonhold introduce alcune succose novità

Oltre a nuovi pet, nuovi arredi e outfit styles a non finire, Dragonhold ci porta anche un aspetto che adoro: la possibilità di migliorare e personalizzare gradualmente una base principale, un po’ come in Neverwinter Nights 2 e in un lungo, lunghissimo elenco di videogame di ruolo. La base in questione è quella dei Dragonguard, naturalmente, necessaria più che mai con il ritorno del bullo draconico Kaalgrontiid che, a quanto pare, non le ha prese abbastanza durante l’espansione Elsweyr.

Solo mettendo piede nella regione di Dragonhold riceveremo un nuovo simpatico cappello, il Topal Corsair Helmet, ma questo DLC ci porta soprattutto sei nuovi set d’equipaggiamento per i nostri personaggi:

  • Marauder’s Haste, leggero, droppabile, indicato per i caster Magicka;
  • Dragonguard Elite, medio, droppabile, più adatto a melee Stamina;
  • Senchal Defender, pesante, droppabile, forse pensato più per i tank che per altri;
  • New Moon Acolyte, craftabile, adatto per un po’ tutti i damage dealer visto che ha Weapon Damage / Critical e Spell Damage / Critical;
  • Ancient Dragonguard, craftabile, adatto per i tank e forse per il progress (aumenta HP, resistenze, danni e critici);
  • Daring Corsair, craftabile, forse pensato per i damage dealer.

Tra le mount e i pet introdotti con questo DLC, direi che vanno ricordati il Legendary Dragon Horse e il Legendary Dragon Wolf, rispettivamente cavalcatura e pet, ottenibili con il Collector’s Bundle da 4.000 Crown. Non mi hanno fatto impazzire, sinceramente, quindi stavolta ho optato per la versione normale.

Il lato tecnico: l’Update 24

In contemporanea con il lancio di Dragonhold, è stato rilasciato anche un aggiornamento che va a migliorare notevolmente la gestione della memoria, riducendone la frammentazione e aumentando la stabilità di gioco soprattutto sulle console.

Sono state inoltre completamente riscritte alcune abilità di combattimento, per diminuire il carico sul server e migliorare le prestazioni durante i combattimenti prolungati nel tempo.

Soprattutto, però, è stato completamente rivisto il sistema del Looking for Group, che avevo criticato non poco nel mio precedente articolo: ora non resteremo inutilmente in coda per un’ora e mezza prima di andare in berserk e chiudere tutto con ALT+F4, o almeno si spera.

Passiamo alle dolenti note: la mia opinione su ESO – Dragonhold

Quest’espansione, in genere, ha un vibe mesoamericano: se il Northern Elsweyr evoca le Notti d’Arabia, l’entroterra del Southern Elsweyr sa più di Maya, Inca e Aztechi, mentre la labirintica capitale ha un qualcosa di asiatico, di vietnamita, fino alla foggia delle imbarcazioni e alla forma delle vele.

Non manca, inoltre, un certo non so che di Pirati dei Caraibi. Abbiamo addirittura la possibilità di metterci temporaneamente al timone di un veliero!

A proposito della capitale Senchal: la città, come già scritto, è labirintica e soffocante. Una volta lasciata la piazza principale, esplorare i vicoli è un po’ un incubo, come può esserlo il centro storico di una qualunque città italiana, e a volte ci si sente un po’ in trappola anche se non si è claustrofobici; perfino la telecamera stessa fa fatica a gestire le volte basse e gli spazi ristretti, soprattutto all’interno. Probabilmente si tratta di un effetto voluto, e devo dire che è riuscito fin troppo bene.

Quel che è riuscito un po’ meno, forse, è la gestione delle scenette degli NPC al di fuori dei dialoghi: sembrano condivise con gli altri giocatori, perché il mio Templar, pur non essendo un abile ladro, si è ritrovato a sgraffignare un manifesto di carico a circa trenta centimetri di distanza dalle faccione pelose dell’ispettore portuale e dell’armatore della nave in questione, senza che questi smettessero di bisticciare in merito al furto dello stesso manifesto di carico, presumibilmente compiuto da un altro giocatore, per poi ricominciare da capo e commentare il furto appena compiuto da me.

Le conversazioni con i draghi, invece, sono spettacolari: sembra quasi di parlare con Smaug, con la sua voce cupa e roboante, anche se sicuramente il voice actor scelto da Zenimax – Bethesda non sarà matto come un cavallo drago al pari di Benedict Cumberbatch.

In combattimento, purtroppo, i draghi degli eventi durano meri secondi, e non si fa in tempo a partecipare a queste cacce al drago che, va detto, si ripetono in continuazione, una dopo l’altra.

Un eccellente DLC per i gattari

Naturalmente si scherza, ma devo dire che la preponderante -ma più che coerente e giustificata- presenza di gatti, gattini e gattoni in ogni istante di gioco rende Dragonhold particolarmente appetitoso per i gattari e le gattare di tutti il mondo.

Ce ne sono davvero di tutti i tipi, forse anche più che nel DLC Elsweyr: gatti antropomorfi (i Khajiit di tipo Cathay, ad esempio), tigri Pahmar, guerrieri – cavalcature da battaglia Senche-raht, mici Alfiq e diverse delle sfumature di Khajiit determinate dalle fasi delle lune del pianeta Nirn, cioè Masser e Secunda.

Gatti ovunque, insomma, a volte dotati di vocine buffe o addirittura fastidiose, come una certa altezzosa Alfiq che si dà arie da gran sacerdotessa, con tanto di vesti talari ma con la voce da chipmunk di Alvin Superstar, che fa crollare ogni sorta d’immersione nella seppur valida trama di Dragonhold.

D’altro canto, però, Zenimax ha lanciato un’iniziativa di beneficenza degna di nota: grazie alla collaborazione con GlobalGiving, ogni cinque draghi abbattuti fino al 9 Dicembre 2019, l’azienda donerà 1 $ ad alcune organizzazioni che si occupano del benessere degli animali domestici, tra cui Best Friends Animal Society, che lotta contro l’abbattimento di cani e gatti nei canili degli Stati Uniti d’America, e Four Paws, un ente internazionale che invece si preoccupa del benessere di tutti gli animali che vivono a contatto con gli umani, non soltanto di cani e gatti.

Finora sono stati raccolti 88.022 $, quindi andate ad abbattere malvagi bestioni fantastici (i draghi), a proteggere simpatici animali immaginari (i Khajiit), e a sostenere chi aiuta gli animali in carne e ossa con l’iniziativa #SlayDragonsSaveCats. E ora torniamo a noi, su su.

Anche troppa lore, poca immersività

So che il titolo suona malissimo, ma chi legge da un po’ i miei articoli qui su Player.it, e in particolare la rubrica mitologica della Tana dell’Orso, sa bene che sono sempre stato tremendamente interessato ai più apparentemente insignificanti frammenti della lore di The Elder Scrolls. In questo caso, però, i nomi dei draghi hanno iniziato ad confondersi l’uno con l’altro, e solo i provvidenziali riassunti dell’NPC principale di quest’espansione mi hanno mantenuto in carreggiata.

“Aspetta, tu quale sei?”

La difficoltà nell’immergersi nella narrazione è forse il più grande difetto di questo DLC: a differenza delle altre espansioni, non ho goduto della seppur minima sospensione dell’incredulità. Sono sempre stato conscio delle secchiate di mob e di lore che mi arrivavano in faccia, forse inserite ad hoc per aumentare la vita dell’espansione, che a tratti potrebbe sembrare stiracchiata, e dare una parvenza di profondità a una storia che, finora, sembra abbastanza lineare e forse anche prevedibile.

Solo in un punto ho dimenticato di essere un trentatreenne afflitto dagli strascichi di una dolorosa otite, di una fastidiosa bronchite e del dolorosissimo pagamento dell’assicurazione auto; non è il caso di parlarne perché si tratterebbe di uno spoiler bello corposo, ma posso dirvi che la magia è stata ben presto infranta da un espediente ormai piuttosto abusato: il nostro personaggio spia gli eventi che si dipanano da alcuni pertugi in una caverna e gli spezzoni,  in modo piuttosto conveniente, ripartono proprio dove li avevamo lasciati, mentre ci spostiamo da un punto d’osservazione all’altro.

Le parti relative ai draghi, alla negromanzia e a tutto il resto sarebbero anche coinvolgenti, se nel frattempo i buffi shenanigan dei Khajiit non ci distraessero dalla cupa minaccia che serpeggia appena oltre l’orizzonte. Sì, ok, c’è la fine del mondo, però prima devo assolutamente mettere pace tra un gattone guascone e la sua mammina felina. Ugh.

Forse ci si è ispirati troppo a Skyrim?

Non vi dico altro perché ci sarebbero tantissimi spoiler, ma è possibile trovare diversi collegamenti con Skyrim. D’altronde, come abbiamo già visto, sempre di draghi si parla.

Va bene, i Dragonguard sono fighissimi, ma se sostituiamo la parola Dragon con Dawn, e scambiamo i draghi con i vampiri, siamo tornati all’espansione Dawnguard del buon vecchio Skyrim: i vampiri / draghi minacciano la regione, allora ci alleiamo con un vecchio combattente per rifondare un vecchio ordine di cacciatori di vampiri / draghi, alleandoci con un vampiro / drago che ci fornirà preziose indicazioni su come combattere i suoi simili.

Le trame sono intercambiabili, ma almeno Skyrim ha le mod, e soprattutto non servono frotte di giocatori per buttare giù il drago che improvvisamente piomba giù in mezzo al villaggio di Rocca Fratta.

Un DLC afflitto dagli stessi problemi del gioco base

Purtroppo The Elder Scrolls Online, a prescindere dal DLC Dragonguard e dai precedenti, è caratterizzato da una particolarità che, alla lunga, può stufare anche il più appassionato di lore.

Dal vecchio «Va’ lì e ammazza dodici cinghiali» di World of Warcraft, siamo passati a «Leggi questa mezza pagina, va’ lì e ammazza dodici mostri A, poi tira una leva, va’ di là, ammazza dodici mostri B e ascolta la conversazione tra due NPC, in seguito va’ di qua, ammazza dodici mostri C, leggi un’altra mezza paginetta e infine ricevi come ricompensa un oggetto che non è nemmeno adatto per la tua spec».

Ok, la lore va benissimo, ma a ‘na certa, ragazzi…!

Ogni singola quest ti propina molteplici dialoghi di contorno con gli NPC, a volte un po’ cheesy, che magari racchiudono un sacco di lore ma alla lunga si fatica a seguirli; perfino gli appassionati, dopo un po’, inizieranno a skipparli. Ogni quest, tra l’altro, si traduce nell’attraversare mezza mappa, schivando le frotte di mob che popolano la mappa con una densità pari a quella di Sesto San Giovanni (che è tra le più alte d’Italia, ho controllato), e anche l’occasionale drago che vi passerà sopra in volo radente, facendovi perdere qualche mesetto di vita e, già che c’è, anche un paio di Soul Gem.

Il mio diario di avventura

Forse penserete che io stia esagerando, proprio come ho fatto per la questione della galea dei PR, e allora vi racconto la mia esperienza di gioco che risale proprio a ieri sera.

Leggo mezza paginetta di dialoghi, monto a cavallo con relativa animazione, corro per qualche minuto, incontro un fiume, il personaggio smonta automaticamente con relativa animazione; guado il corso d’acqua, rimonto a cavallo con un’altra animazione, galoppo finché non aggro accidentalmente un gruppo di mob che, però, sono sempre del livello del PG: l’area di aggro, quindi, è piuttosto ampia e gli avversari riescono a buttarti giù dalla mount, con relativi stordimento e animazione.

Li affronto, looto, rimonto e riparto; vedo un drago che solca il cielo davanti al tramonto, mi fermo a fare uno screenshot per l’articolo e vengo attaccato da un altro gruppo di mob, che mi dismonta, mi stordisce e mi si ammucchia addosso come neanche nel rugby e nella WWE; li accoppo, rimonto e corro, ma all’improvviso vedo uno skyshard (ogni tre shard guadagni un punto abilità), mi fermo a prenderlo e mi godo la relativa animazione, poi rimonto e riparto.

Mi accorgo a un tratto che non è possibile tagliare per fratte e campagne, visto che il sottobosco cela una parete invisibile, quindi inizio a vagare, disperato; in quella zona la mappa non mi aiuta granché, ma a un certo punto ritrovo finalmente una strada secondaria; la seguo, e m’imbatto in un accampamento di mob proprio a cavallo della via. Cerco di aggirarli perché non voglio perdere tempo, inizio ad attraversare un vicino ponte ma due mob invisibili mi attaccano, così come quelli dell’accampamento e perfino i coccodrilli che riposano nel fiume subito sotto.

Stremato, mi faccio strada tra i cadaveri e il loot, per poi accorgermi di avere ormai le borse traboccanti; un vicino wayshrine mi viene in soccorso, lo sblocco e mi teletrasporto in città, dove svuoto l’inventario e ricomincio a viaggiare. Giunto finalmente a destinazione posso leggermi un’altra mezza paginetta di dialoghi, che mi spiegano come lo stereotipo del Khajiit in questione abbia rubato qualcosa, ma che non sia colpa del Khajiit: pensate a J’zargoM’aiq the Liar, e moltiplicateli per mille. Leggo anche che i draghi fanno cose da draghi, mentre i Dawnguard i Dragonguard si occupano delle faccende che competono loro, e così via.

Mentre scrivo questi appunti sento dei rumori strani provenire dal gioco in background, faccio ALT+TAB e mi accorgo che nel frattempo, pur essendo fermo e col gioco ridotto, ho aggrato due coccodrilli forse da duecento metri di distanza; le bestiole mi hanno stordito e ora stanno facendo le cosacce al mio corpicino stremato, depresso e già al 50% degli HP, perché su ESO o sei un tank (che ci mette ore a questare, ho provato) o sei un glass cannon che prende gli schiaffi dai coccodrilli, anche se sei un Templar.

Mi manca il mio Paladino Protection / Retribution, ragazzi. Con le mount volanti. E soprattutto l’auto-attack, che in ESO manca e va sostituito manualmente. Ma non è tutto!

Il Delve dei déjà vu

Nel Delve (dungeon in solo) Moonlit Cove, obbligatorio per la main quest, l’elevata velocità di respawn si è fatta sentire tutta: ho combattuto CINQUE VOLTE contro lo stesso gruppo di mob. Sto esagerando? Ok, vi racconto anche questa parte.

Caska si riferisce a me: ha fiutato la frustrazione che riesco appena a contenere dopo questo Delve.

Viaggio di andata, combattimento, mezza paginetta di chiacchiere che in sostanza dicono «Oh noes, torniamo indietro», viaggio di ritorno, combattimento, una gioia che consiste in una nuova meccanica molto cinematografica che lascerò scoprire a voi, prendo l’oggetto della quest, torno giù, combattimento, parlo con l’NPC e nel frattempo rispawnano i mob che subito interrompono il dialogo.

Combattimento, parlo nuovamente con l’NPC, mi allontano ma i mob mi assaltano da venti chilometri e li affronto nuovamente prima di uscire, affranto e con l’inventario di nuovo pieno di cianfrusaglie, tra cui i reward quotidiani che continuano ad accumularsi.

All’uscita mi rendo conto che per raggiungere il wayshrine più vicino avrei dovuto affrontare a ritroso la scarpinata dell’andata, e così ho usato il teleport. Che si paga: 146 gold per essere precisi.

Per finire questa recensione sono stato costretto ad adottare una strategia che in oltre quindici anni di MMO non avevo mai adoperato: mi sono messo i paraocchi.

Un raro scatto che raffigura me mentre gioco a The Elder Scrolls: Dragonhold.

Ho dovuto ignorare le quest secondarie, le accorate richieste degli NPC, gli occasionali eventi draconici che mi piombavano davanti, ma anche la chincaglieria e la miscellanea da raccogliere in giro, come ad esempio i libri della Gilda dei Maghi, le pergamene di lore generica, gli skyshard, le casse da scassinare, le risorse varie e quant’altro.

Per concludere

Dopo tutti questi racconti angoscianti e intrisi di frustrazione, consiglierei ESO: Dragonhold ai giocatori veterani? Sì. Se avete imparato a convivere con le peculiarità di ESO, non sarà Dragonhold a buttarvi giù. Lo consiglierei ai neofiti? …Fuggite, sciocchi! Iniziate piuttosto con la vecchia espansione Summerset, che ci presenta ufficialmente l’Ordine Psijic che abbiamo solo intravisto in Skyrim.

Nel frattempo, dopo Elsweyr, i due Dungeon PackDragonhold, possiamo dire che la Stagione del Drago sta per finire… ed è il momento giusto per voltare pagina, prima che questo drago inizi a puzzare di stantio.

Speriamo che la prossima espansione di The Elder Scrolls Online, oltre a introdurre storie epiche e interessanti come farà senz’altro, provi anche ad allentare un po’ i cordoni della metaforica borsa rappresentata dalla draconiana gestione dell’inventario, e magari riduca anche un po’ il raggio d’aggro dei mob, così da poter convivere pacificamente gli uni con altri. Appena un po’ di più. La mia salute mentale ne sarebbe assolutamente e indubbiamente lieta.

 

>>Leggi anche: La nostra recensione sul DLC Elsweyr di ESO<<

This post was published on 30 Ottobre 2019 18:30

Pierluigi Michetti

Pierluigi è un abruzzese di 33 anni, cittadino d'Europa e appassionato non soltanto di tutto ciò che sia vagamente fantasy, ma anche di mitologia, rievocazione storica e rasatura tradizionale. Cresciuto a pane, olio d'oliva, videogame di ruolo, letteratura fantasy, lezioni di pianoforte ed heavy metal, studia Scienze Politiche, prima, Pubblicità e Marketing, poi, e a metà della storia si ritrova a fare il copywriter e il redattore. Dopo aver adorato D&D 3.5, Sine Requie, Il Richiamo di Cthulhu e altri titoli meno celebri, si ritrova quasi per caso a sfogliare il PHB e la DMG di D&D 5E, e lì viene risucchiato in un vortice dimensionale senza via di scampo. Dopo aver giocato il Guerriero / Chierico per una dozzina d'anni, attualmente si diverte con un Barbaro in una campagna, fa il DM in una seconda, e gioca (male) un Warlock Legale-Malvagio in una terza, sempre con lo stesso gruppo. In tenera età, armato di un Amiga Commodore 64 e un SEGA Master System II Plus, inizia a esplorare il multiverso videoludico; la vera passione, però, sboccia soltanto con l'arrivo di un Pentium 1 133 MHz. I titoli amati, in ordine sparso: da Age of Empires a Earthsiege 2, da Earth 2140 a Carmageddon, e poi SimCity, SimCopter, i simulatori di volo, Populous, Black & White, Monkey Island, Wolfenstein, BloodRayne, Planescape: Torment, i Baldur's Gate (inclusi i Dark Alliance), Dark Forces, senza dimenticare Ultima Online, World of Warcraft, i due Knights of the Old Republic (giocati più volte di quel che il pudore mi consente di ammettere), Star Wars the Old Republic, i vari Max Payne, i Vampire the Masquerade: Redemption e Bloodlines, Kingdom Come: Deliverance e naturalmente la saga di The Witcher, quella di Dragon Age, i vari The Elder Scrolls (incluso l'Online) e soprattutto quella di Mass Effect, di cui è perdutamente innamorato. Dopo una primissima adolescenza trascorsa in compagnia dei romanzi di Tom Clancy e Bukowski, spicca il volo con gli autori canonici, tra cui Tolkien, G. R. R. Martin, J. K. Rowling, Weis - Hickman, Terry Pratchett, Stephen King, Gemmell, Howard e -in parte- Terry Brooks; attualmente adora la prosa di H. P. Lovecraft ma non tanto la sua poesia, divora Luk'janenko, Sapkowski, Karpyshyn, Zahn e tutto l'Universo Espanso di Star Wars.

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