Un ragazzino dai capelli rossi a punta, una città invasa da mostri e idee come arma per combatterli. Little Town Hero è il nuovo gioco di ruolo per Nintendo Switch di Game Freak, la software house che ha realizzato la serie Pokémon, che in questo progetto si avvale anche della preziosa collaborazione di Toby Fox, papà del pluripremiato Undertale, nella composizione di (quasi tutta) la colonna sonora.
Il concept del titolo è alquanto singolare: di solito nei gdr c’è un momento in cui l’eroe abbandona la sua città natale per intraprendere un viaggio in un grande mondo pieno di luoghi da scoprire, persone da incontrare, nemici da combattere e tesori da trovare. In Little Town Hero questo fatidico viaggio non ha mai inizio: tutti gli eventi hanno luogo nella piccola città che sorge vicina ad un castello, l’unica via per raggiungere il mondo esterno. Il re non permette quasi a nessuno di abbandonare la città, tuttavia i cittadini non sembrano essere preoccupati della cosa e trascorrono una vita tranquilla e pacifica nel borgo.
Gli unici intenzionati a oltrepassare i confini sono il giovane protagonista Axe e i suoi amici che tentano più volte e in modi abbastanza goffi di oltrepassare il cancello del castello. Axe sogna di diventare un soldato e di iniziare una fantastica avventura, ma ribaltando completamente il topos gdierristico, questa volta, è l’avventura a raggiungere l’eroe per bussargli alla porta e dirgli: Ehy, sono qui! Scommetti che riusciamo a divertirci comunque anche senza uscire? Ho qualche idea!
Adesso, potrei procedere parlandovi subito del titolo e del suo combat system ma prima voglio fare alcune premesse che ritengo abbastanza importanti. Poco dopo l’annuncio di “Town” (questo era il nome in codice del progetto) ci furono reazioni contrastanti da parte del pubblico internettiano che via via si fecero sempre più radicali.
Senza andare troppo nel dettaglio c’era chi era contento di vedere finalmente qualcosa di diverso da Game Freak e chi invece malediceva il titolo per “aver rubato risorse preziose” come tempo, fondi e visibilità a Pokémon Spada e Scudo. Non intendo assolutamente parlare dei pregi e dei difetti dei due capitoli in uscita tra meno di un mese, quelli li approfondiremo nella nostra review, dopo aver provato il gioco. Quello che voglio fare è smentire tutte queste false dicerie che ruotano attorno alla nuova ip.
La popolarità di un brand è quasi sempre sinonimo della cristallizzazione del medesimo. Pokémon, lo conosciamo tutti: un successo videoludico (volendo transmediale) quasi senza pari. Quanto è cambiato il gioco dei mostriciattoli tascabili nel corso degli anni? Update grafici a parte da una generazione all’altra ha mantenuto essenzialmente lo stesso gameplay a turni con piccole variazioni.
Con un pubblico così grande e vario mantenere inalterato il core di gioco è la scelta più saggia. Tuttavia è necessario anche innovarsi. Dopo spin-off come i vari Mistery Dungeon e Pokémon Go! bisogna pensare a qualcosa di completamente nuovo.
Per venire incontro a questa esigenza, negli ultimi anni Game Freak ha riorganizzato le risorse umane, dedicando una piccola parte del suo team allo sviluppo di progetti secondari, dalla natura quasi indie. Questo per spiegare che lo sviluppo di Little Town Hero non ha in alcun modo interferito con Spada e Scudo.
Chiusa questa parentesi, torniamo a noi. Stavamo dicendo che è l’avventura a raggiungere il giovane Axe: per qualche strano motivo dei mostri appaiono in città e spetterà a noi sconfiggerli. Abbandonando i canoni tradizionali, il gioco abbraccia un combat system uno contro uno che prende ispirazione dai trading card game come Magic The Gathering ed Hearthstone. Come già detto all’inizio, combattiamo con le idee, chiamate “izzit” che sono rappresentate sotto forma di nuvolette con su scritto un numero che indica il costo in potere necessario per trasformarle in attacchi concreti, i “dazzit”. Ognuno di questi ha poi valori numerici di attacco e difesa e dobbiamo sceglierli con attenzione per eliminare quelli avversari.
Possiamo colpire un singolo dazzit nemico per volta e una sola volta per turno. Se riusciamo a fare piazza pulita di quelli dell’avversario entriamo nel turno di chance in cui possiamo attaccarlo direttamente per togliergli energia. Questa è rappresentata da tre cuori, ognuno protetto da una barra con un certo quantitativo di “guts” (che potremmo tradurre “resistenza”). Sì, specifico che il gioco è solo in inglese e giapponese dato che si tratta di un progetto low budget.
I dazzit si dividono in tre categorie: quelli rossi sono gli attacchi classici e possono essere utilizzati solo una volta per turno, i dazzit gialli agiscono come difesa e possono essere utilizzati più volte per turno, fino alla loro distruzione. Ci sono infine quelli blu che consistono in upgrade di attacco e di difesa delle varie idee o attacchi speciali.
Sul campo di gioco potremo avere un massimo di 5 dazzit, gli altri saranno contenuti nell’headspace e possono essere scambiati con quelli in campo con degli appositi “break point” che otteniamo ogni volta che eliminiamo tutte le idee avversarie. Tali punti sono necessari anche per ricreare le idee una volta esaurite.
La maggior parte dei combattimenti si svolge spostandosi da un punto all’altro di intere zone della città, suddivise in caselle simili a quelle del Gioco dell’Oca. Alla fine di ogni turno parte una roulette che indica il numero di caselle di cui avanziamo.
In alcune di esse troviamo i vari cittadini che possono essere usati come support. Per esempio uno di questi riduce a zero il costo di un’idea random, un’altro aumenta il livello di “guts”, un altro ancora attacca tutti i nemici infliggendo loro un determinato numero di danni. Il loro aiuto sarà indispensabile, specialmente nella seconda metà del gioco.
Quello di Little Town Hero è un sistema di combattimento tattico che ha sicuramente spunti interessanti e che molto spesso ci costringerà a ragionare sulle azioni da compiere.
Ogni dazzit può avere particolari bonus (o malus se sono del nemico). Per questo motivo dobbiamo adottare per ogni avversario (mostro o umano), strategie diverse.
Talvolta le battaglie potrebbero sembrare un po’ lunghe e potreste impiegare tempo per concluderle, specialmente se avete poca dimestichezza con i trading card game. Tuttavia, se siete tipi da gameplay lenti e ragionati troverete pane per i vostri denti.
Personalmente l’ho apprezzato per l’originalità: un combat system in cui non è possibile usare oggetti tradizionali, o curarsi è davvero particolare. L’unico neo che non mi ha un po’ infastidito è il fatto che alcuni combattimenti contro determinati avversari vengono riproposti più volte, fuori contesto, rompendo il ritmo. Inseriti, insomma, solo per allungare il gioco che di per sé è già abbastanza longevo. Parliamo infatti di una ventina d’ore ed è più che buono per un prodotto dal costo contenuto.
Il sistema economico è stato completamente ignorato per una questione di semplicità. Non saliamo nemmeno di livello dopo i combattimenti. L’unica cosa che accumuliamo sono gli Eurekas valuta con cui sblocchiamo nuove idee, le potenziamo e miglioriamo il livello di “guts” nei combattimenti. Sono tutte rappresentate in un albero che rirpoduce la forma del cervello, come se i neuroni di Ancestors non mi avessero gia rotto l’altra cosa che fa rima con “oni” qualche mese fa. Si scherza ovviamente.
I combattimenti non sono certo tutto ciò che Little Town Hero ha da offrire. Ci aspetta un’intero borgo da esplorare con tante persone da incontrare, sia nelle missioni principali che nelle secondarie.
I cittadini non sono solo semplici support per le battaglie: girando per la città impareremo a conoscerli e ci affezzioneremo a molti di questi personaggi la cui scrittura è davvero ottima. Se ci dedicheremo alle side-quest scorpriemo molti dettagli di lore sia sui cittadini che del mondo di gioco. Questo è un aspetto che mi ha colpito non poco e molte sono state le sensazioni di deja-vu da giochi con elementi “sociali” come Persona e Undertale. Tuttavia il discorso è valido solo per i personaggi principali, ricorrenti nella storia. Quelli secondari sono spesso copia-incollati tra una zona all’alta e in un gioco in cui il focus è proprio il legame con le persone si tratta di un errore non trascurabile.
Parlando della storia: è un po’ lentina a decollare dato che nella prima parte del gioco vengono presentati i personaggi principali tra una battaglia contro un mostro ed un’altra. Il secondo atto riesce a coinvolgere molto di più toccando tematiche come l’amicizia, la famiglia e il tema del viaggio, contrapposto all’impossibilità di abbandonare la piccola città. Ho colto anche rimandi a jrpg storici (non solo quelli che ho già citato) ma facendo i nomi di quei precisi titoli farei uno spoiler enorme.
L’engine di gioco è Unity e lo stile grafico in cell shaded ricorda quello degli ultimi Pokémon per Nintendo 3DS, con uno stile semplice e minimale, piacevole da vedere. Certo, in docket si nota quel fastidioso aliasing che mi riporta ai tempi di PlayStation 2. Devo ammettere però che ci sono anche alcuni accorgimenti interessanti, come il cambio di posizione della bocca in base alla visuale della telecamera (un po’ come avviene negli anime).
Fin qui ho parlato in maniera abbastanza positiva del titolo, ma parlando del comparto tecnico è evidente che sia poco poco ottimizzato, almeno nella versione da me provata. Ogni tanto ci sono bug nei movimenti dei personaggi ed il frame rate è fin troppo spesso ballerino, neanche ci fossero così tanti oggetti nel mondo di gioco. Ora, non ne faccio un dramma perché stiamo comunque parlando di un jprpg, in cui la fluidità non è essenziale ma è comunque qualcosa che fa perdere preziosi punti ad un titolo che per il resto è confezionato bene. Daltro canto, riconosco anche che la radice di questi problemi sia legata alla realtà davvero piccola del team di sviluppo.
Come accennavo all’inizio, la colonna sonora è stata composta quasi completamente da Toby Fox, creatore di Undertale e Deltarune musicista e game designer di cui nutro una profondissima stima. Ho anche scritto un video dedicato alla sua carriera che arriverà sul canale di Player.it (prima o poi, lo prometto!) Altre tracce sono di Hitomi Sato, già autore delle musiche di alcuni Pokémon.
La qualità è sempre ottima: così come per i suoi giochi, Toby ha fatto uso di un motivo conduttore che crea coralità nell’opera. Per esempio spostandoci per la città sentiremo sempre la medesima traccia ma suonata con un timbro e strumenti musicali differenti in base alla zona in cui siamo situati.
Sono un videogiocatore che apprezza davvero tanto quei progetti che abbandonano la safe zone e, sperimentando, intraprendono vie alternative. Non per altro uno dei miei giochi preferiti è Undertale, un gdr che ribalta completamente il concetto di “nemico”. Con Little Town Hero possiamo fare un discorso simile ma sul concetto di “viaggio”. Axe vive una grande avventura assieme ai suoi amici tuttavia rimanendo sempre nella sua città.
Il combat system è originale ed efficace, anche se potrebbe annoiare un pubblico che cerca qualcosa di più immediato. Riguardo al giudizio, da recensore devo dare un parere oggettivo: a pregi, derivati da scelte cosi coraggiose, devo anche accostare i problemi tecnici del titolo, che non sono certo trascurabili in sede di valutazione e farne un bilancio.
Detto questo, consiglio Little Town Hero a coloro che cercano qualcosa di diverso dal solito gioco di ruolo. Specialmente considerando il fatto che costa poco più di una ventina di euro.
This post was published on 16 Ottobre 2019 11:52
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