A distanza di circa due anni dall’uscita di Wildlands, Ubisoft pubblica un nuovo capitolo del franchise di successo Tom Clancy’s Ghost Recon: Breakpoint. Come il publisher francese aveva ampiamente annunciato nella campagna di marketing, il titolo in questione si proponeva di tornare alle “origini della saga”, riscoprendone le radici. In che modo? Con nuove meccaniche di gioco, nuove soluzioni di gameplay e, soprattutto con un elemento survival non presente nel precedente capitolo.
Nei vari trailer di presentazione, abbiamo avuto modo di comprendere quanto Ubisoft puntasse su Ghost Recon Breakpoint, tanto da avvalersi delle prestazioni (e del volto) di Jon Bernthal nel ruolo dell’antagonista principale della nostra avventura nelle terre di Auroa.
Dopo aver esplorato la mappa di gioco in lungo e in largo, dopo aver svolto un consistente numero di missioni (principali e secondarie) e, soprattutto, dopo aver sparato un sufficiente numero di proiettili, abbiamo avuto modo di crearci un’opinione ben delineata su Breakpoint, che cercheremo di spiegarvi nella maniera più dettagliata possibile nel corpo della nostra recensione.
Anno 2023. Ci troviamo ad Auroa, un’isola nell’Oceano Pacifico diventata una vera e propria utopia tecnologica e che, da qualche giorno, ha bruscamente ed inspiegabilmente interrotto le comunicazioni con il mondo esterno. Il governo degli Stati Uniti, preoccupato dalla situazione, ha inviato sul posto una squadra di circa 30 Ghost, soldati d’élite altamente addestrati, per capire cosa sia effettivamente accaduto.
Neanche il tempo di arrivare che la missione dei nostri eroi subisce un durissimo colpo. Gli elicotteri che trasportano i militari vengono attaccati da un’entità misteriosa, precipitando rovinosamente sull’isola e, di fatto, decimando il nostro plotone. Dopo la cutscene introduttiva, il giocatore si troverà a vestire i panni del colonnello Antony “Nomad” Perryman, uno dei pochi Ghost superstiti, a cui spetterà l’ingrato compito di portare a termine la missione, nonché di mettersi sulle tracce di altri soldati sopravvissuti.
Dopo il breve tutorial, basato sull’apprendimento di meccaniche fondamentali come la cura delle ferite e della mimetizzazione ambientale, il quadro della situazione diventa più chiaro. La Skell Technology, la visionaria impresa high tech, proprietaria di Auroa, è stata attaccata da un’organizzazione para-militare, chiamata i “Lupi”, con al comando Cole D. Walker, un ex Ghost che, di fatto, ha preso il controllo dei macchinari e della tecnologia Skell, iniziando a produrre droni militari, diventando un pericolo per tutte le democrazie mondiali.
La prima lezione che dovremo imparare sarà proprio questa: come sopravvivere da soli su un’isola che brulica di soldati nemici? Per prima cosa, dovremo curare immediatamente qualsiasi ferita che il nostro eroe dovesse subire. Questa è la prima novità di Ghost Recon Breakpoint: sottovalutare lesioni e fratture significherà andare incontro ad una mobilità sempre minore, fino all’incapacità di utilizzare qualsiasi arma, se non quella da fianco.
In secondo luogo, proprio come dice il nome del nostro corpo d’armata, dovremo diventare invisibili ai tanti occhi del nostro nemico, e quanto ora detto si potrà realizzare in due modi: pianificazione e mimetizzazione.
Sotto il primo aspetto, dovremo avvalerci di tutti i mezzi a nostra disposizione (mirini, binocolo e drone) per capire la consistenza numerica del nostro avversario, e pianificare con cura ogni singolo passo. A differenza di quanto visto in Wildlands, non avremo altri compagni controllati dall’intelligenza artificiale; dovremo quindi imparare a contare solo sulle nostre forze o, come vedremo in seguito, su quelle dei nostri fidati “compagni online“.
Per quanto invece riguarda la mimetizzazione, essa sarà l’elemento chiave delle nostre strategie. Cogliere il nemico di sorprese, colpendolo quando meno se l’aspetta, non sarà sempre un’impresa facile, soprattutto a causa dei tanti droni che potrebbero segnalare la nostra presenza. Proprio per questa ragione, è stata introdotta la mimetizzazione ambientale, che ci renderà tutt’uno con l’ambiente circostante, nascondendoci anche agli sguardi più ravvicinati.
Nonostante Ubisoft abbia annunciato che Breakpoint sarebbe stato un titolo molto diverso da Wildlands, i punti di contatto non mancano. Innanzitutto, ci troveremo catapultati in una mappa di dimensioni decisamente vaste, ancora più grande (anche se con meno biomi) e zeppa di attività da svolgere. Tra missioni principali, quest secondarie, fazioni da aiutare e casse da trovare, i giocatori saranno impegnati per circa 40 ore, il minimo consentito per completare l’ultimo capitolo di Ghost Recon.
L’assenza dei compagni guidati dall’intelligenza artificiale renderà comunque possibile il completamento del titolo anche in single player, ma la difficoltà di gioco si innalzerà notevolmente. Tuttavia, state sereni: completare Breakpoint non si rivelerà mai e poi mai un’impresa ardua. Rispetto a Wildlands, il gunplay è stato notevolmente implementato, anche se, sotto questo aspetto, pesano non poco i tanti glitch in cui ci siamo imbattuti, e di cui vi parleremo a breve.
Un altro elemento di novità, che rompe con il recente passato del franchise, è l’inserimento di uno skill tree articolato, e capace di differenziare il gameplay. Sin dalle prime battute di gioco, ci troveremo quattro classi tra cui scegliere: Assalto, Pantera, Medico da Campo e Tiratore. A seconda di come decideremo di investire i punti abilità ottenuti, potremo sbloccare abilità attive e passive, capaci di garantirci diversi approcci al gioco.
Gli skill point in questione potranno essere ottenuti sia salendo di livello che con il PvP che, allo stato attuale, ci mette a disposizione soltanto due modalità: un deathmatch con una mappa che si restringe con lo scorrere del tempo (Eliminazione), e Sabotaggio, in cui una squadra dovrà piazzare un ordigno e proteggerlo dall’altro team, che invece dovrà disinnescarlo.
Purtroppo, diversi aspetti di Ghost Recon Breakpoint non ci hanno convinto, e quasi tutti risiedono nel comparto tecnico decisamente altalenante del titolo Ubisoft. Il nostro protagonista, dopo essere stato “plasmato” da un editor neanche chissà quanto nutrito, è dotato di espressioni ed animazioni non sempre all’altezza delle aspettative. Nel caso degli altri NPC, poi, la situazione è ancora peggiore.
Ciò che stupisce maggiormente di Breakpoint, però, è la sua veste grafica. Diciamolo chiaramente: l’ultimo Ghost Recon è graficamente superiore rispetto al suo predecessore, ma anche in questo caso si va a fasi alterne. Sarà frequente imbattersi in texture e modelli poligonali approssimativi (le colonne di fumo, ad esempio, sono un vero pugno in un occhio), senza tener conto dei tanti pop-in a cui dovremo purtroppo abituarci.
L’impressione generale è che il gioco affatichi veramente tantissimo l’hardware di PS4 Pro (la console da noi utilizzata), facendo apparire solo dopo diversi minuti i vari NPC dell’HUB, i veicoli subito fuori di esso, e persino le armi che il nostro personaggio dovrebbe imbracciare, senza parlare di un frame rate non sempre stabile.
Alle varie note dolenti vanno purtroppo aggiunti un menu che definire pesante, farraginoso e poco chiaro è poco, una ripetitività di fondo delle missioni (sia principali che secondarie), un’intelligenza artificiale non sempre adeguata e, soprattutto, dei server che, almeno nei primi giorni dell’uscita del gioco, hanno funzionato a singhiozzo, soprattutto considerando che, per giocare a Breakpoint, anche in single player, è obbligatorio essere connessi.
Un appunto finale sull’arsenale a nostra disposizione e sul sistema di looting. Breakpoint ha sterzato vigorosamente in questa direzione, spingendoci ad esplorare ogni anfratto della mappa di gioco alla ricerca di casse, in cui trovare armi, equipaggiamento o valuta virtuale. Tuttavia, le differenze tra i vari fucili, anche se di livello molto diversi, saranno spesso minime, soprattutto nell’efficacia contro i nemici, senza considerare i vari miglioramenti, su cui si allunga l’ombra delle microtransazioni.
Togliamoci subito il dente: Ghost Recon Breakpoint è una rivoluzione riuscita soltanto a metà. Se il lato tecnico ci lascia l’impressione, sotto certi aspetti, di una beta non ancora completata, ciò che lascia maggiormente l’amaro in bocca è il non essere riusciti ad osare con l’elemento survival, che avrebbe potuto riportare tutti noi ai primordi del franchise.
Nonostante quanto ora detto, però, Ghost Recon Breakpoint riesce comunque a divertire chi lo gioca, soprattutto se si decidesse di vivere l’avventura insieme ad altri “compagni d’arme”. Siamo sicuri che Ubisoft, con la release di qualche patch correttiva, possa regalare ai suoi fan un’esperienza di gioco decisamente valida e entusiasmante.
Tuttavia, nel momento in cui scriviamo queste righe, l’impressione è che sarebbe forse stato lecito attendersi qualcosina in più.
This post was published on 10 Ottobre 2019 18:27
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