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Recensioni

Recensione Reventure (Nintendo Switch)

Se c’è un argomento narrativo che ha avuto fin da subito un successo magistrale nel mondo dei videogiochi è quello della damsel in distress, ovvero della principessa in pericolo che deve venir salvata dall’eroe di turno. Lo abbiamo visto anche nei grandi classici Nintendo che formano le fondamenta del videogioco console moderno; Super Mario Bros chiede al giocatore di cambiare continuamente castello e The Legend Of Zelda chiede al giocatore di armarsi per poter riportare la pace ad Hyrule salvando Zelda.

Reventure prende a piene mani da queste argomentazioni ma non impiega nemmeno venti secondi per iniziare a saltare di palo in frasca iniziando ad esplorare tutte le argomentazioni, le problematiche stilistiche e le idee malsane dei videogiochi. Reventure nel giro di un’ora vi avrà già fatto vedere i crediti di gioco per oltre una ventina di volte in modi sempre differenti, mettendoci dove serve una gag scema o un qualche tipo di commento ironico, con qualche colpo di genio molto meta e qualche momento altrettanto cringe.

Ma di che stiamo parlando ?
Di un platform, di un titolo indipendente in pixel art, di un simulatore d’appuntamenti o di una specie di stramba evoluzione di uno di quei giochi superfunny che si potevano trovare su Kongregate e simili?

Vediamolo insieme.

100 Reventure diverse.

Il titolo di Pixelatto, software house Spagnola, nasce dalle ceneri di una game jam in cui un manipolo di ragazzi si trovarono a programmare Lonk’s Greedy Adventure, un puzzle game ibridato con il platform e con gli adventure bidimensionali in cui si fanno cose al fine di ottenere finali. Reventure non è altro che una versione riveduta, corretta e particolarmente potenziata del concept sopra abbozzatto.

Forte di un incpit basilare come quello dell’ “salva la principessa mio giovane eroe della leggenda”, Reventure ci mette immediatamente nei panni di un’eroe alle prese con una missione più grande di lui. Al’interno di una struttura da action-adventure in pixel art minimale, Reventure nasconde l’anima di un puzzle game perennemente in bilico tra il nonsense e l’assurdità più totale. Il titolo, con oltre cento finali, chiede alla curiosità del giocatore di fare il resto e di fargli provare a risolvere le situazioni in cui si troverà nei modi più disparati.

I finali del titolo si ottengono con metodologie particolarmente variegate: alle volte basterà semplicemente rientrare nel letto da cui si è partiti, altre volte bisognerà accoltellare la persona sbagliata, altre volte tentare di fare l’amore con un drago millenario, altre volte ancora basterà gettarsi nel vuoto in luoghi troppo pericolosi per essere qui nominati. L’inventiva del titolo di Pixelatto a tal proposito è davvero notevole e stuzzica continuamente la fantasia del giocatore nella sua missione di trovare il successivo finale, intuibile leggendo degli indizi da trovare in giro per il mondo o dando libero sfogo alla propria creatività.

Andando in giro per il mondo di gioco il nostro eroe potrà trovare degli oggetti da portare con sé: una spada con cui abbattere i tirapiedi del cattivone di turno, uno scudo con cui proteggersi dai colpi, una pala con cui potersi scavare la strada verso il centro della terra, una gallina da mettersi in testa o una testata nucleare da recuperare nel soffitto di un negozio. La maggioranza di questi oggetti avrà un effetto ben preciso sulle nostre azioni mentre altri avranno conseguenze più sottili sul nostro agire, costringendoci a pensare continuamente al come poterli usare.

Se uccidere uno scagnozzo non causerà alcun tipo di reazione stramba, ucciderne 500 ci farà sentire in colpa e ci trasformerà in macchine omicide regalandoci un finale; uccidere il re ci renderà sovrani per un’istante e ce ne farà osservare un’altro, mettersi nell’inventario un pesante incudine da qualche centinaio di chili ci dimostrerà che la gravità ha sempre ragione. Ogni scena finale avrà la sua dose di comicità con sé e nella stragrande maggioranza dei casi, finirà per strapparvi più di una risata.

Morte dopo morte il gameplay del gioco si mostrerà nella sua totalità: per poter ottenere determinati finali sarà necessario sudare le proverbiali sette camice perché alcune situazioni andranno appositamente studiare (e ricreate da zero) ogni volta, al fine di poter di poter utilizzare un oggetto in un modo o in un altro. Il tutto all’interno di un mondo di gioco piuttosto vasto con segreti sparsi dappertutto e alcuni piccoli enigmi ambientali da completare sfruttando al meglio le proprie risorse.

Che schifo la pixel art

Reventure si presenta al giocatore con un comparto tecnico basilare che non brilla per design o per qualità. Abbiamo a che fare con la solita pixel art che anima moltissimi progetti indipendenti e che questa volta non si fa notare per qualità o per personalità. Nel suo gioco di citazioni il titolo richiama l’estetica giocosa degli Zelda e aggiunge qua e la dei piccoli colpi di genio senza cambiare la vita di nessuno; molto più interessante è il gioco di zoom in e zoom out che fa la telecamera, spesso in grado di concentrare l’azione in base alla situazione e in grado di regalarci scorci che aumentano di molto l’effetto comico. Su Nintendo Switch, come prevedibile, il titolo è sprovvisto di problemi tecnici, motivo in più per consigliarne l’acquisto su tale piattaforma che ne valorizza la natura “mordi e fuggi”

Abbastanza innocua anche la colonna sonora del titolo, con una musica ad otto bit fatta di melodie non particolarmente esaltanti senza particolari ricerche timbriche. Anche qui ci troviamo davanti ad un compitino ben svolto che non lascia gridare al miracolo che non farà abbassare il volume a nessuno, peccato solo non aver visto nell’aspetto prettamente tecnico del titolo tutto l’impegno che si vede in fase di scrittura ed in fase di creazione delle situazioni.

Sì perché queste ultime, assieme alla scrittura degli eventi, rappresentano il vero punto di forza del titolo. Pixelotto ce la mette tutta dal punto di vista creativo e consegna al giocatore un mondo pieno di robe assurde, con situazioni al limite e tante scemenze cche faranno onestamente sogghignare i giocatori. Molto divertente anche l’idea di cambiare continuamente il modello del giocatore con una lunga lista di personaggi giocabili, quasi uguali pe caratteristiche ludiche ma che sono collegati al finale ottenuto in precedenza.

Il nostro prode eroe diventerà di volta in volta un mostro, un povero ustionato, un malato, un menomato, babbo natale, un gattino, suo cugino e moltissime altre cose che potreste indovinare voi stessi prendendo in mano un vocabolario e iniziando a cercare parole in modo completamente randomico. Nessun personaggio sarà indimenticabile, sia chiaro, ma questo aspetto aggiunge al titolo una sottolissima vena di novità che aiuta il giocatore a raggiungere la saturazione.

Saturazione che nel giro di quattro o cinque ore si farà strada nel cuore del giocatore. Dopo questo tempo difficilmente ci si concentrerà ulteriormente al raggiungimento del cento percento di completamento del titolo, considerando anche la completa assenza di aiuti al giocatore che non passino per i sopracitati indizi. Non parliamo della necessità di avere un walkthrough interno ma più della comodità di avere un diagramma in grado di mostrare a chi gioca le azioni che si sono compiute nello specifico nel corso delle precedenti partite, evitando il backtracking o le sperimentazioni inutili. Volendo aspirare al completismo Reventure è un titolo che si conclude in poco più di dieci ore, tra game over e altre maledizioni varie.

Reventure è un videogioco che si prende poco sul serio e che gioca continuamente con sé stesso ed il giocatore, proponendo grandi quantità di puzzle nascosti dietro la struttura di un action adventure bidimensionale. Dal punto di vista tecnico il titolo non grida al miracolo e non si farà sicuramente ricordare; fortunatamente i punti forti del titolo, ovvero la varietà di situazioni proposte e i continui piccoli colpi di genio creativi permetteranno al giocatore di sentirsi soddisfatti del proprio acquisto.

This post was published on 10 Ottobre 2019 9:30

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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