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Recensione Valfaris (PC)

C’è una volta un mondo dei videogiochi molto diverso da quello che ci troviamo continuamente ad esperire fatto di difficoltà abominevoli, di mezzi limitati e di una cultura fondamentalmente diversa da quella odierna. Valfaris guarda indietro con uno stile ed una personalità infiniti e, forte di una passione abominevole per l’estetica di Warhammer 40K e quella del heavy metal più truculento e ciondolante, tenta di portare a schermo un run and gun come non se ne vedevano da tempo, cercando di scavalcare i soliti stilemi del gioco indipendente dal punto di vista visivo.

Il titolo è una specie di seguito spirituale di Slain: Back From Hell, precedente titolo del game designer Andrew Gilmour (che si definisce figlio del metal e di Warhammer… non eravamo andati lontani) e tenta di mischiare con molta saggezza il mondo di contra a quello degli action bidimensionali come i primi cari Castlevania, in un pot pourrì che risulta incredibilmente efficace.

Il titolo può anche vantare di quella che è una colonna sonora coi controfiocchi, realizzata da Curt Victor Bryant (chitarrista della metal band Celtic Frost, non l’ultimo degli scemi) ed ha nel suo DNA una quantità indefinibile d’amore per il gaming d’altri tempi senza portarsi dietro determinate asperità. Con i mezzi attuali Valfaris riesce a consegnare al giocatore un’esperienza di gioco tutt’altro che antiquata e si arrampica prepotentemente sulla lista dei migliori giochi indipedenti di questo duemiladiciannove.

Vediamo insieme il perché.

Di sangue metallo e mostri truculenti.

La fortezza di Valfaris è scomparsa all’improvviso dalle carte stellari ed è improvvisamente riapparsa, soltanto dopo molto tempo, all’interno dell’orbita di quella che è una stella morente. Quello che una volta era un baluardo del bello ora si è ridotto ad un cumulo di macerie infestato da insetti spaziali e schifoserie di vario generis. Therion, una volta profondo conoscitore di Valfaris, ritornerà a casa armato di tutto punto per cercare di scoprire la verità che si cela dietro il suo tragico destino, al fine di sfidare le forze che hanno modificato così radicalmente il luogo che una volta poteva chiamare dimora.

Nel farlo il nostro prode omaccione nerboruto si troverà a dover compiere massacri indicibili, abbattendo gli ospiti indesiderati che hanno preso il possesso delle terre che una volta poteva chiamare casa a colpi di pistole al plasma, fucili a pompa e altre mestizie. Questi scempi di sangue e budella saranno compiuti dal nostro Therion e dal suo arsenale con una forza ed un’irruenza degna di un barbaro ultratecnologico. Come prevedibile da un incipit del genere Valfaris è un videogioco che non punta particolarmente sul comparto narrativo ma scarica tutto il peso dell’esperienza sul comparto ludico, sul gameplay. Per la trama nel flusso devastante di Valfaris lo spazio è ridotto: tra un boss e l’altro o durante alcuni spostamenti sarà possibile osservare qualche box di testo e poco altro; Therion passerà la stragrande maggioranza del suo tempo con il grilletto premuto a falciare avversari e mostruosità piuttosto che a ragionare sul senso del suo dolore.

Dal punto di vista prettamente ludico Valfaris è uno shooter a scorrimento orizzontale come il buon vecchio Contra di Konami, con miglioramenti quà e la per rivitalizzare un gameplay con trenta anni di carriera sulle spalle. Da Contra si distacca per il level design, più arzigogolato e legato a titoli come Turrican o Castlevania (nonostante qui il combattimento sia prevalentemente a distanza) e per la freschezza, grazie ad un armamentario intelligentissimo e ad una meccnica fondamentale: quella dell’energia e del parry.

Mentre si schivano frotte di proiettili ululanti e si saltano trappole mortali, magari attaccati al ventre di una scolopendra aliena, Valfaris permetterà al giocatore di utilizzare tre differenti tipologie di armi ed un particolare scudo che, se tirato fuori al momento giusto, permetterà di rimbalzare i proiettili avversari. Questo scudo, proprio come una delle tre armi di cui sopra, per ogni proiettile assorbito o rispedito al mittente consumerà una delle due risorse in mano al giocatore: l’energia. Fortunatamente per noi, per recuperare energia, potremo raccogliere dei particolari orb sparsi in giro per i livelli o andare a combattere all’arma bianca tutti i nostri avversari, attraverso spade, spadoni, asce e altre amenità di questo genere.

Le armi più potenti dell’arsenale del nostro Therion, infatti, saranno foraggiate dalla barra blu in alto a sinistra sullo schermo, quella che tipicamente nei videogiochi intendiamo come energia. Questa donerà al titolo un ritmo tutto suo, fatto di un protagonista che si troverà perennemente a dare spadate a destra e a manca al fine di recuperare quella necessaria all’attuazione del massacro; questo ritmo, fortunatamente, è aiutato anche da una solidità strutturale praticamente perfetta con un sistema di controllo ridotto all’osso e con una responsività ai massimi livelli.

Le azioni che il nostro Therion può compiere sono poche: abbiamo tre tipi di fuoco diversi, un pulsante per il salto ed uno per mirare da fermi ma tanto basta per consegnare al giocatore un gameplay efficace e roboante, in grado di tenere il tasso di adrenalina sempre alle stelle grazie alla sopracitata responsività e alla grande varietà di situazioni su schermo. Ad insaporire ulteriormente il gameplay, rendendo il tutto un piatto da cui è difficile staccarsi, arrivare il sistema di sviluppo con cui il gioco continua ad aggiungere carne sul fuoco bilanciando rischi e ricompense. Tale bilanciamento, come in ogni videogioco che si rispetti, viene fatto attraverso la presenza di salvataggi e/o checkpoint.

Valfaris possiede un sistema di checkpoint basato sulla presenza di altari che possono essere attivati utilizzando idoli della resurrezione; accumulando idoli (non attivando i checkpoint) ci ritroveremo per le mani un Therion con più punti vita e più energia, consegnandoci un personaggio in sostanza più forte. Questa scelta permette al giocatore di adattare il titolo al suo livello d’abilità, consegnando di fatto nelle mani di chi gioca un sistema di selezione difficoltà di grande efficacia. I checkpoint servono anche a modificare l’arsenale del nostro personaggio, dandoci la possibilità di trovare la combinazione perfetta contro le minacce che ci ritroveremo ad affrontare. L’arsenale è variopintissimo ed in grado di adattarsi a molte situazioni con pistole laser, fucili a pompa violentissimi, lanciafiamme e altre amenità tipiche dei  titoli del genere.

Che belli i colori di Valfaris.

Valfaris è divertente da giocare in sostanza, fin qui ci eravamo arrivati un po’ tutti; quello che potrebbe lasciare in dubbio è il valore del comparto tecnico ma fidatevi, dopo una ventina di secondi in gioco probabilmente starete già navigando la rete alla ricerca di merchandise a tema. Valfaris è una specie di enorme quadro pixelloso in movimento, che utilizza con una maestria rarissima un certo tipo di arte low poly per mettere in piedi un mondo vibrante, con colori che si destreggiano abilmente tra registri acidi e colpi d’occhio rassicuranti.
Le illustrazioni, l’immaginario ed il mondo di gioco sembra provenire da tutto quel filone di arte sword and sorcery a cui fanno capo autori come Boris Vallejo o Frank Frazetta e lasceranno più di una volta a bocca aperta il giocatore.

L’immaginario fantasy high fantasy viene rielaborato, reso più crudo e più sanguigno; ad esso è stata aggiunta una dose di fantascienza ed una dose di pulp, il tutto per valorizzare l’anima  matura del titolo. Tale idillio si conclude con il botto, attraverso una colonna sonora composta da brani di metal strumentale eccezzionale. Questa soundtrack è caratterizzata da canzoni metal di grande valore, con melodie praticamente indimenticabili e distorsioni che fendono gli schermi per far male agli apparati uditivi del giocatore; tutti quelli che sono cresciuti sognando un gioco musicato nella maniera più heavy metal possibile hanno trovato pane per i loro denti.

Colori vibranti, immaginario vivido e affascinante, musiche assolutamente sul pezzo e gameplay devastante. Valfaris si presenta al giocatore con una solidità ed un divertimento davvero formidabili per un videogioco con idee vecchie di trent’anni. Dove la baracca scricchiola è nel comparto contenutistico, con una sola campagna non particolarmente rigiocabile che finirà per concludersi dopo cinque o sei ore di blasfemie e massacri; i giocatori più abili riusciranno a portarsi a casa il finale dopo giusto un paio d’ore e difficilmente avranno altre motivazioni per tornare sul titolo di Steel Mantis, per il quale ancora non sono stati annunciati DLC o contenuti post lancio.

Valfaris è bellissimo da vedere e divertentissimo da giocare. Un titolo che spruzza metal da ogni poro e che entrerà immediatamente nel cuore degli appassionati grazie ad un comparto artistico da mani nei capelli, con ambientazioni dettagliatissime, carismatiche e originali. Musicalmente parlando la colonna sonora, realizzata da Curt Victor Braynt, da sola potrebbe valere il prezzo del biglietto. Se a tutto questo aggiungiamo un gameplay divertente come poche altre cose, con la giusta profondità e la giusta adattabilità ci troviamo davanti ad una situazione chiarissima: Valfaris è uno di quei videogiochi da giocare nel corso del 2019, costi quel che costi.

 

This post was published on 10 Ottobre 2019 15:29

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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