Code Vein è abbastanza una montagna russa; il primo impatto con il titolo un paio d’anni fa sollevava in chi si riservava il tempo per vederlo una curiosità niente male che andava poi scemando in seguito a demo e porcate di vario genere; nel corso dei suoi anni di sviluppo il titolo di Bandai Namco e Shift (quelli di Devil Dice e God Eater) ha subito un sacco di trasformazioni dal punto di vista qualitativo, passando da progetto interessante a immondizia in arrivo a titoli nuovamente molto interessante, specie dopo le prove fatte da pubblico e critica presso la Gamescom 2019 ed il closed network test di qualche mese fa.
Il titolo, pubblicato da Bandai Namco, è un altro soulslike a far capolino nel panorama videoludico moderno, caratterizzato da una spiccata propensione per il sembrare un anime e per essere una versione leggermente più accessibile del gameplay che ha consacrato all’olimpo dei videogiochi Dark Souls e soci, un po’ come anni prima successe similarmente quando Shift tirò fuori God Eater, considerato da tutti la versione più semplice e lineare del Monster Hunter di Capcom.
Code Vein, tra estetica anime, vampirismo spicciolo, gameplay interessante e tante piccole altre caratteristiche riesce a presentarsi al giocatore come un videogioco efficace e divertente, ribaltando tutte le aspettative negative che si sono formate nel corso dei mesi passati. Vediamo insieme perché.
La prima cosa che bisogna mettere in chiaro con il lettore quando si parla di Code Vein è semplice: è impossibile scindere la narrativa e l’estetica di quest’opera da quello che l’animazione nipponica ci ha proposto nel corso degli ultimi quindici anni. Code Vein abbraccia pienamente gli stilemi narrativi di tantissimi shonen anime o dell’animazione giapponese in generale, dando un nome ben specifico un po’ a tutti, giocando con gli stereotipi (come le terme onsen che faranno capolino presto nel titolo) e costruendo un mondo post-apocalittico dall’indubbio fascino.
Il mondo di Code Vein è cambiato dopo che un evento catastrofico conosciuto come Grande Rovina ha costretto l’uomo a rischiare la propria umanità per condurre un delicato esperimento il cui obbiettivo era quello di rianimare il maggior numero possibile di caduti. Per farlo il genere umano tentò di impiantare nel cuore della gente un particolare tipo di parassita conosciuto con la sigla BOR. Questo essere possiede un potere speciale, quello di trasformare l’essere umano mortale in una creatura semi immortale, capace di sfuggire alle braccia della morte più e più volte.
Per poter effettuare questa resurrezione il parassita ha bisogno di determinate risorse: sangue umano e memoria. Di morte in morte questi umani infetti, denominati redidivi perdono pian piano forma e umanità, riducendosi a mostri senza cuore. I redidivi, originariamente impiegati dall’umanità nella battaglia contro la misteriosa Regina, non sono serviti a molto se non a peggiorare la situazione. La caduta della regina è stata seguita dalla caduta del mondo per come lo conosciamo ora ed ha significato per, vaste aree del pianeta, l’arrivo della foschia rossa, un veleno impurgabile che uccide umani e redidivi.
Questi esseri viventi costretti ad una convivenza forzata hanno, nell’area circostante Tokyo, pian piano esaurito le risorse esistenti. In questa situazione estremamente delicata si pone il protagonista della storia, un personaggio senza nome creabile attraverso un’ottimo editor e proprietario di un particolare potere speciale: la possibilitàdi purgare i vischi (mento importante per la rigenerazione dei redidivi) dalla foschia rossa e poter utilizzare i codici sanguigni di chiunque ne abbia uno.
Nonostante le premesse parlino di una specie di soulslike ispirato ad un misto tra un anime post-apocalittico ed una puntata filler di Tokyo Ghoul, all’atto pratico il comparto narrativo di Code Vein, nel corso della quaranta ore di gioco necessarie alla conclusione della vicenda, si fa apprezzare moltissimo grazie a personaggi ben caratterizzati (nonostante la presenza di stereotipi visivi e fanservice) e ad un buon ritmo che alterna esplorazione e cutscenes. Shaft metterà in piedi un teatrino con tutti attori di buon livello, a partire da Louis (personaggio che si incontra dopo un’ora scarsa di gioco) e tutti i suoi amici destinati ad accompagnare il nostro protagonista verso la redenzione.
Come si gioca questo Code Vein?
Il titolo, tra un vampiro ed una rigenerazione, si gioca come un ottimo ibrido tra il mondo degli action rpg più caciaroni e quello dei soulslike più crudeli, il tutto con un sacco di Giappone dentro. Code Vein si distingue dai Dark Souls per essere molto più morbido (e meno divertente) del suo fratellino di Publisher e per avere molte più opzioni al suo arco. Esistono le schivate laterali, i parry e il management della stamina ma sono soltanto la base fondante su cui poi si attacca tutto il resto del sistema di combattimento.
Un tasto è destinato agli attacchi orizzontali, uno ai verticali; gli attacchi verticali si possono caricare per aumentare la potenza e sbalzare l’avversario per aria; un tasto è destinato all’abilità del nostro velo (l’armatura di cui siamo equipaggiati); questa abilità, dotata di quattro differenti forme a seconda del proprio equip, permette al giocatore di rifocillare il proprio icore (o mana che dir si voglia) e di aumentarne il limite massimo, sostanzialmente aiutandoci nella gestione delle abilità.
In combattimento si possono utilizzare un massimo di otto differenti abilità (chiamate doni) senza dover passare per il menù di gioco; tutte quate attivabili con la pressione di una semplice combinazione di due tasti. Queste abilità, alimentate dal nostro icore, potranno portare il nostro personaggio a compiere le azioni più svariate. Dal volteggiare in aria con la spada, ad ottenere buff all’attacco, alla velocità o al donare elementi alla nostra arma di fiducia. Esistono abilità destinate al combattimento melee, abilità destinate a quello ranged, abilità di supporto per il nostro compagno di squadra (a cui arriveremo fra poco) e altre che invece sono del tutto identiche alle magie del nostro videogioco fantasy standard; in Code Vein ce ne sono di tutti i gusti.
Come anticipato sopra, ad accompagnarci nella nostra infinita battaglia per la libertà, ci sarà un compagno di squadra comandato dall’intelligenza artificiale. Questo, esattamente come noi, potrà schivare, attaccare, usare abilità ed aiutarci sfruttando tutte le possibilità del caso e ci aiuterà nei momenti più tesi del gioco ad abbattere gli avversari più ostici. Fortunatamente, il buon livello di difficoltà del titolo, lo renderà presto una risorse tutt’altro che immortale e ci costringerà a badare a due figure invece che ad una. I più coraggiosi avranno anche la possibilità di rifiutare qualsiasi tipo di compagnia e di tentare di completare il gioco in completa solitudine.
La caratteristica più importante del nostro protagonista è quello di poter padroneggiare i codici sanguigni, ovvero i poteri unici alcuni redidivi possiedono. Ogni redidivo è in possesso di un singolo codice e soltanto il protagonista in grado di modificare il suo adattandosi a quello degli altri; il risultato finale è quello di un job system all’interno di un titolo action, una combinazione che ci ha lasciato incredibili soddisfazioni.a
Ogni codice sanguigno rappresenta letteralmente una classe diversa e finisce per definire statistiche, abilità e armi che è possibile modificare. A differenza di Dark Souls e soci non è possibile intervenire sul singolo parametro ed è necessario costruirsi una classe che si adatti al proprio playstyle. Nel titolo esistono 24 differenti codici sanguigni, ognuno con il suo quid specifico e le sue abilità specifiche; queste ultime possono venir apprese e trasportate presso un’ altra classe massimizzandone la competenza, ovvero usando alcune risorse specifiche. Questo meccanismo ricorda da vicino lo splendido job system definitivo della saga Bravely Default (o di Final Fantasy V) per i più vecchiotti in cui era possibile sintetizzare la classe perfetta dopo aver ottenuto delle abilità da altre classi. Queste abilità, chiamati doni, sono quasi duecento e tra attivi e passivi ci permettono di creare mai come prima un personaggio che si adatti alle nostre necessità durante il combattimento.
Come specificato sopra, il sistema di combattimento di Code Vein ci permette di affrontare i nostri avversari con un vasto numero di armi. In combattimento sarà possibile portarsene due di armi e queste, pur non raggiungendo l’assoluto picco di varietà del primo Dark Souls, lasciano molte sorprese. Spade a una mano, baionette in grado di far fuoco, martelli, asce e chi più ne ha più ne metta saranno gli strumenti di morte del caso, anche questi dotati di un ampia possibilità di personalizzazione. Come nel primo Dark Souls, in Code Vein sarà possibile modificare le proprie armi secondo molte route diverse facendo acquisire loro danno elemantele, maggiore affinità con determinate statistiche e potenziamenti di vario genere.
Discorso simile può essere effettuato per i veli, le armature del titolo, anch’essi potenziabili in differenti vie e di capitale importanza per la riuscita di una qualche build, vista la possibilità per queste di alterare positivamente o negativamente l’efficacia dei doni e degli attacchi prosciuganti che ricaricano il nostro icore. Il comparto multigiocatore di Code Vein è leggermente più abbozzato di quello che abbiamo potuto osservare in titoli come Dark Souls. All’interno del titolo è possibile cooperare per abbattere nemici, uno per volta ed è un buon modo per proseguire quando ci si ritrovai in difficoltà visto che non è presente un bilanciamento di difficoltà in caso di presenza di giocatori esterni.
Dal punto di vista prettamente tecnico il titolo di Shift si difende con sufficenza dagli attacchi della concorrenza. Puntando praticamente tutto sullo stile anime, il titolo diventa polarizzante a seconda dei gusti personali di ognuno. I personaggi femminili del titolo hanno seni prosperosi in bella vista e anche quelli maschili tentano di accaparrarsi il cuore di chi gioca a suon di stereotipi, in un’incredibile gara a chi è il più “cool”. Le ambientazioni di Code Vein, tra lande apocalittiche, sotterranei e chiese gotiche si faranno ricordare più per il comparto estetico che per il level design, ancora grezzo rispetto all’eleganza di un Dark Souls o di The Surge, privo dei virtuosismi che han fatto di Lordran un luogo dove tornare ciclicamente.
La struttura dei livelli predilige i corridoi agli spazi aperti e la monotonia tende a farsi sentire molto rapidamente. I livelli di Code Vein non possiedono segreti articolati da trovare o importanti deviazioni da prendere; grazie alla presenza del radar mai ci capiterà di sentirci persi e mai ci capiterà di riuscire a sentire una storia del mondo che stiamo attraversando; il fascino dei bei colori e delle belle ombre finirà presto e lascerà spazio al gameplay puro.
I modelli poligonali che animano i personaggi del titolo sono generalmente curati ed efficaci, grazie anche alle stile in cel shading che ne valorizza l’ispirazione animata; discorso decisamente opposto per i modelli poligonali dei redidivi avversari, il cui character design non fa mai gridare al miracolo e lascia spesso con l’amaro in bocca. Onesto il framerate, con pochi cali su PS4 base e deludenti le animazioni, ancora troppo pesanti e sgraziate rispetto alla concorrenza. Di buona qualità anche la colonna sonora, realizzata per l’occasione da Go Shiina (nome storico di Bandai Namco) con brani d’atmosfera che si alternano a feroci sferzate di energia e adrenalina, senza lesinare nemmeno in melodie quasi emo dal piglio.
Code Vein è una delle piccole sorprese di quest’anno, un videogioco action RPG che riesce a rendere appetibili le meccaniche dei soulslike a praticamente tutti i tipi di videogiocatori grazie a intuizioni molto interessanti dal punto di vista ludico. Il titolo è destinato a fare breccia nel cuore di moltissimi giocatori grazie anche al comparto narrativo molto più standard rispetto a quello del suo padre putativo, figlio di anni e anni di animazione giapponese e forte di una trama che con il proseguire riesce ad intrigare un po’ ogni tipo di categoria di giocatore. Il gameplay intelligente e interessante, nonostante qualche scivolone dal punto di vista delle animazioni e del character design, riesce a consegnare questo titolo alla lista delle cose da riscoprire durante il corso dei prossimi anni; un tentativo riuscito di Bandai Namco di creare una nuova IP.
This post was published on 3 Ottobre 2019 17:19
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