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Recensione: Fear Effect Sedna (PS4)

Come recitava il titolo di celebre libro, “A volte ritornano“; in questo caso, però, si tratta di un ritorno tanto insperato quanto gradito. Dopo il successo della sua campagna Kickstarter, Fear Effect Sedna è finalmente tra noi. Quasi 17 anni sono passati dal secondo capitolo della saga, rimasto, tra l’altro, l’ultimo effettivamente pubblicato da Eidos Interactive. Come tutti sappiamo, il publisher è stato successivamente acquistato da Square Enix, che ha successivamente concesso a Sushee di sviluppare il suo progetto, basandosi in parte su ciò che sarebbe dovuto essere Fear Effect Inferno, il mai pubblicato terzo capitolo della serie, in attesa del reboot ufficiale del primo gioco del franchise. Tutti i fan del franchise sono stati abituati ad alti standard qualitativi. Proprio per questa ragione, il compito dello sviluppatore non si preannuncia per niente facile. È riuscito Sushee a creare un Fear Effect all’altezza dei suoi predecessori? Cercheremo di rispondere a questa domanda nella nostra recensione.

Fear Effect Sedna: il ritorno di Hana Tsu Vachel e soci

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È possibile che i giocatori più giovani possano non aver mai sentito nominare Fear Effect prima d’ora. Per farla breve, si tratta di una saga che ha debuttato su PSX nell’oramai lontano 2000, e che fu capace, come poche altre, di fondere elementi degli shooter in terza persona, degli action, dei giochi d’avventura, dei platform, con quel pizzico di horror che non guasta mai. Il giocatore avrebbe vestito i panni di un gruppo di cacciatori di taglie, tra cui spicca la figura di Hana Tsu Vachel, una donna tanto cinica quanto conturbante. Il corso degli eventi porterà Hana, Deke e Glas (questi i nomi dei personaggi giocabili del primo Fear Effect) a scontrarsi tanto con umani quanto con presenze demoniache, direttamente provenienti dal folklore cinese.

Nel secondo capitolo viene invece introdotta Rain, una donna altrettanto letale e con la passione per la tecnologia, che in breve tempo diventerà l’amante di Hana. La saga deve il suo titolo ad una delle sue principali caratteristiche: il Fear Effect. In parole povere, la barra della vita era rappresentata come un elettrocardiogramma di colore verde, che sarebbe aumentato di intensità e diventato rosso qualora il nostro protagonista avesse subito dei danni. I modi principali per guadagnare nuovamente salute erano risolvere i vari enigmi sparsi per il gioco ed effettuare delle uccisioni stealth.

Tra passato e presente

Il ritorno di Hana Tsu Vachel.

Come spesso accade con i grandi classici del passato, le evoluzioni della tecnica hanno reso obsolete determinate formule di gameplay. Proprio per questa ragione, Fear Effect Sedna si presenta con un’inedita visuale isometrica, tipica degli RPG “alla vecchia maniera”. Nonostante questo notevole cambiamento, le atmosfera tipiche della saga sono immediatamente percepibili. Ci troviamo in un’epoca non molto distante dalla nostra e dalle tinte cyberpunk, piena di luci al neon, veicoli volanti, ma in cui molti elementi sembrano provenire più dal presente che non dal futuro. Ritroveremo subito Hana, Rain, Deke, Glass ed il nuovo arrivato Axel, tutti con il loro inconfondibile look fornito dalla grafica in cel-shading.

Dopo l’ennesimo colpo, ad Hana e Rain si imbattono in una missione che, mano a mano, si trasforma in qualcosa di decisamente pericoloso. Ciò che era iniziato come un semplice furto di manufatti dell’antichità finisce col diventare una pericolosa missione che porterà i nostri protagonisti faccia a faccia con esseri che hanno ben poco di umano. Nulla che i nostri eroi non abbiano già vissuto in precedenza, per intenderci. La trama è ben congegnata nel suo complesso, riuscendo a mescolare con sapienza gameplay e cutscene, realizzando un’ottima narrazione. Tuttavia, la grande differenza rispetto al passato sarà rappresentata dal modo in cui i nostri mercenari affronteranno la loro avventura: non più da soli, ma attraverso il gioco di squadra.

Una formula innovata

La visuale isometrica è la novità di Sedna.

Se i primi due capitoli della serie erano degli shooter a telecamera fissa con degli elementi horror, la visuale isometrica di Fear Effect Sedna ci porta dritti alla sua prima, grande novità: la componente strategica. Nella gran parte dei casi, infatti, le nostre azioni dovranno essere coordinate con quelle degli altri membri del parti. Va da sé che ognuno di loro avrà le sue peculiarità e le sue abilità speciali.

Se Hana è un’abile pistolera, Rain invece potrà utilizzare la tecnologia a proprio vantaggio, producendo dei veri e propri cloni per confondere il nemico. Se Deke rappresenta il più classico dei tank, con tanto di lanciafiamme e lanciarazzi, Glass e Axel riusciranno a garantire soluzioni più strategiche, pur mantenendo inalterata la potenza di fuoco. Camminando da accovacciati, si riuscirà a scorgere il campo visivo degli avversari, in modo da poterli aggirare ed uccidere silenziosamente.

L’atmosfera cyberpunk del gioco è rimasta intatta.

Sempre soffermandoci sull’aspetto strategico, premendo il touchpad del Dual Shock 4 sarà possibile attivare un vero e proprio menu di pausa, con cui pianificare le nostre mosse. In questa schermata, tutte le azioni dei membri del nostro team potranno essere coordinate, in modo da avere la meglio sui nostri avversari. Questo elemento del gameplay, seppur davvero fresco ed intrigante, non si sposa benissimo con le meccaniche del joypad, lasciando intendere una maggiore “manovrabilità” con l’accoppiata mouse e tastiera. Tuttavia, è bene capire subito che gli scontri diretti non sono affatto la scelta migliore. Se non si vuol rischiare un prematuro game over, è sempre necessario un approccio stealth, cercando di essere scoperti il meno possibile.

Una delle poche pecche del combat system è rappresentata dalle fasi corpo a corpo. I nemici dotati di attacchi in mischia vi faranno non pochi danni, in quanto sarà per voi molto difficile schivare i loro attacchi.

Un giusto livello di difficoltà

I vari rompicapo sparsi nel gioco saranno impegnativi ma mai frustranti.

Ad un primo impatto, possiamo dire che Fear Effect Sedna presenta una difficoltà ben bilanciata. Gli scontri a fuoco e le varie boss fight sono impegnative quanto basta, così come gli enigmi. Una delle componenti più affascinanti della serie fa il suo ritorno in questo Sedna. Tutti i puzzle che ci troveremo ad affrontare saranno laboriosi ma mai frustranti, obbligandoci spesso a segnarci con carta e penna tutti gli indizi che incontreremo nel corso dell’avventura, riportandoci indietro nel tempo di almeno 20 anni. Dal punto di vista della longevità, l’avventura si attesta sulle 10/12 ore. Una durata che “ci sta”, soprattutto considerato il non enorme successo della campagna Kickstarter del gioco, ma che ci lascia con un po’ di amaro in bocca. La speranza è che Sushee possa aggiungere altri contenuti, magari nel prossimo futuro.

Da un punto di vista tecnico, Fear Effect Sedna, pur non brillando, riesce a piazzare pochi colpi, ma nel modo giusto. Non aspettatevi di trovare chissà quanti dettagli su schermo, ma quelli che troverete riusciranno quasi sempre a colpirvi. La stessa relazione tra Hana e Rain è stata mantenuta, anche se trattata in maniera più “elegante e sobria” rispetto al secondo episodio. Insomma, chiunque fosse un nostalgico dei primissimi episodi della serie può tirare un sospiro di sollievo: l’atmosfera di Fear Effect è stata perfettamente riprodotta. L’unico appunto da fare riguarda proprio l’elemento che da il nome al gioco. Il Fear Effect, come detto in apertura, rappresentava il vero e proprio stato di salute dei vari personaggi, e poteva essere recuperato unicamente compiendo determinate azioni. In Sedna, questo fattore sarà largamente ignorabile, dato che l’ECG potrà essere riportato a livelli normali semplicemente eliminando gli avversari.

Giudizio Finale

Fear Effect Sedna sorge dalle ceneri del mai pubblicato Fear Effect Inferno, e riesce a dare nuova linfa ad una serie che tutti oramai davamo per scomparsa. Nonostante un budget piuttosto risicato, Sushee è riuscita a dare alla luce un’esperienza di gioco decisamente valida, che farà la felicità di degli amanti del franchise. Non stiamo parlando di un gioiello della tecnica, ma di un gioco che comunque riuscirà a colpirvi e ad intrattenervi per una durata forse non troppo lunga, ma nemmeno brevissima. Nonostante la formula proposta sia nuova, l’atmosfera di Fear Effect è percepibilissima. Hana e soci mantengono la loro aria da duri, la loro moralità ambigua e, soprattutto, il loro granitico fascino. Un acquisto caldamente consigliato, soprattutto ai fan del Fear Effect che fu.

Si ringrazia sentitamente Square Enix per aver fornito la copia necessaria alla recensione.

This post was published on 12 Marzo 2018 14:18

Claudio Albero

Nasce a Torre del Greco, una piccola metropoli alle falde del Vesuvio, nei favolosi anni ’80, che già però non avevano più niente di favoloso. Provano ad educarlo con Beatles e musica classica sin dalla più tenera età, ma lui, di tutta risposta, si appassiona all’ heavy metal ed ai videogame , spendendo un piccolo patrimonio in sala giochi, quando queste due parole erano ancora slegate dalle slot machine. Dopo aver mosso i primi passi su Sega Master System II con Alex Kidd, il Super Mario con le orecchie a sventola, si innamora dei platform, degli action/adventure e degli RPG, con particolare attenzione alla saga di Final Fantasy. Inguaribile sognatore con le radici saldamente ancorate nel passato, scopre la sua passione per la scrittura quasi per caso, in uno dei tanti pomeriggi passati tra i corridoi della Facoltà di Giurisprudenza di Napoli, dove si laureerà giusto qualche anno dopo, con una tesi in Diritto d’Autore basata sull’opera multimediale. Dopo aver scritto di attualità e musica su Lacooltura.it , Road TV Italia e Federico TV , approda sui lidi di Player.it , in cui comincia sin da subito ad apprendere e fare domande, guadagnandosi rapidamente il titolo di “ redattore rompiscatole del mese ”. Nonostante sia legatissimo alla grande famiglia di Player, non sono rare alcune sue incursioni su portali come Gameplay Café e Spazio Rock . Musica, videogame, concerti, boardgame, modellismo, fumetti, cinema e serie tv: tanti hobby diversi tra loro, ma collegati da un fil rouge che li unisce tutti: il divertimento . È proprio questo che cerca in un videogame, è proprio questo sentimento che muove le sue dita, ed è sempre il divertimento la sensazione che cerca di infondere nei suoi articoli. Al di fuori del mondo del gaming, indossa giacca e cravatta per mimetizzarsi nel mondo degli avvocati, esercitando la professione forense, con lo scopo di conoscere a fondo le “ regole del gioco ”, nonché di minacciare di far causa a chiunque al minimo pretesto.

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