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Recensioni

Oninaki | Recensione (PS4)

Dopo i discreti successi di I Am Setsuna e Lost Sphere, Tokyo RPG Factory ritenta ancora una volta sotto l’ala protettiva di Square Enix di riproporre la poesia ed il divertimento dei JRPG del passato in una salsa moderna ed indie con la loro ultima fatica, Oninaki.

Saranno riusciti questa volta ad innovare un po’ il cavallo di battaglia del Giappone videoludico, oppure avranno sfornato per l’ennesima volta un titolo carino ma fine a se stesso? Scopritelo attraversando il Velo e leggendo la nostra recensione. Siete pregati di lasciare il rancore ed i rimorsi sulla soglia dell’Oltretomba, prima di avanzare.

Lezioni di Buddismo per principianti

 

 

Il mondo di Oninaki è un regno in cui la vita di tutti i giorni, sia negli aspetti privati che sociali o politici, è dettata dal Credo della Reincarnazione: ogni essere umano che lascia la propria vita terrena è destinato a reincarnarsi in un tempo futuro o passato in un’altra persona, alimentando così il continuo rigenerarsi della razza umana all’infinito.

Tutti quanti vedono dunque la morte come un evento sacro e positivo. Capita però che chi muore di morte violenta o improvvisa possa avere dei rancori o dei problemi irrisolti che non gli permettano un trapasso completo, e rischia quindi di vagare per sempre sulla terra come un’Anima Perduta o peggio farsi corrompere dalla negatività e mutare in delle mostruosità pericolose per tutti i vivi.

I Watchers sono dei preti guardiani adibiti al risolvere le questioni in sospeso delle Anime Perdute, che siano dire addio ai propri cari, risolvere un omicidio o semplicemente vedere per un’ultima volta un paesaggio particolare. Il secondo dovere dei Watchers è quello di debellare qualsiasi tipo di mostro decida di attaccare gli umani, oltre che amministrare la legge del Regno. Per farlo, utilizzano l’aiuto di Daemons, particolari Anime Perdute che invece di diventare dei mostri si sono tramutate in spettri che possono manifestarsi nel mondo dei vivi e donare grandi poteri ai Watchers.

 

 

Il gioco seguirà le vicende di Kagachi, un giovane Watcher che a differenza dei suoi colleghi preferisce utilizzare il minor tatto possibile per trattare umani ed Anime Perdute. Nel corso della storia vedremo numerosi problemi insorgere nel suo mondo, ed un’incontro fugace con un’Anima di una bambina che sembra stravolgere tutto il concetto della Reincarnazione porterà Kagachi a riconsiderare completamente il suo ruolo e quello dei Watchers.

Se il mondo di Oninaki e le sue mille sfaccettature filosofiche e religiose sono senza dubbio di grande fascino e bellezza, ciò non si può purtroppo dire dei suoi personaggi, dei dialoghi e soprattutto della storia. Chiunque abbia giocato un J-RPG negli ultimi trent’anni riconoscerà diversi stereotipi nei protagonisti, così come nelle situazioni generali ed anche nei colpi di scena, già visti in numerose altre occasioni.

Il grande numero di cutscenes blande separate da numerosissimi caricamenti spezzeranno moltissimo il ritmo di gioco, annoiando parecchio il giocatore con dei discorsi prevedibili e privi di carico emotivo o interesse. Un grande peccato, visto le enormi potenzialità che il titolo ha da offrire nel world building e, soprattutto, nel gameplay.

 

I Ghostbusters orientali non le mandano certo a dire

 

 

 

Lasciando perdere l’impostazione a turni dei precedenti lavori di Tokyo Game Factory, il Battle System di Oninaki punta tutto su di un sistema molto più Action in cui avremo la possibilità di muoverci in tempo reale sul campo di battaglia con una visuale fissa a volo d’uccello, utilizzando poi un attacco base con la nostra arma equipaggiata e le varie abilità dei nostri Daemons che si ricaricheranno dopo un breve cooldown.

Quest’ultimi sono il vero fulcro del combattimento, e rappresentano un misto tra dei membri del party e dei Pokémon: ogni Daemon avrà un’arma dedicata da far utilizzare a Kagachi, una schivata unica ed un set di abilità attive e passive che andremo a sbloccare in un apposito skill tree simile alla Sfereografia di Final Fantasy X. Potremo equipaggiare fino a quattro Daemon per volta, intercambiabili con l’utilizzo dell’analogico destro e sostituibili su dei monoliti particolari con gli altri Daemons che troveremo in giro per la mappa, con cui potremo anche ascoltare le loro storie e memorie una volta sbloccate nel loro skill tree.

Le unicità ed i vari stili di combattimento permettono di personalizzare al meglio Kagachi, regalandoli abilità passive, attacchi, buff e debuff unici a seconda delle combinazioni di Daemons che sceglieremo. A subire la nostra furia demoniaca ci saranno orde su orde di mostri dalla discreta varietà presenti sia nel mondo dei vivi che nel Velo, una sorta di al di là in cui dovremo entrare per interagire con Anime Perdute e portali per il teletrasporto.

 

 

Purtroppo l’intelligenza artificiale non è delle migliori, ed avremo a che fare con semplici mob senza cervello che avranno al massimo due pattern d’attacco. Per questo motivo il combattimento risulta abbastanza semplice da un punto di vista della difficoltà, salvo alcuni punti di spiccata frustrazione dovuti al continuo staggering di alcuni attacchi nemici che potrebbero portare ad una combo infinita di stordimento e morte.

Anche il level design delle mappe non convince appieno, con percorsi alquanto lineari e soprattutto spogli di qualsiasi cosa oltre ai nemici da abbattere. In Oninaki infatti a parte combattere e guardare le noiosi cutscenes si farà ben poco: potremo potenziare le nostre armi tramite un semplicistico sistema di crafting, risolvere delle quest secondarie che consistono nell’eliminare un determinato mostro o accompagnare un’Anima Perduta in un determinato luogo o da una determinata persona, ma oltre a questo vi è il nulla cosmico.

Anche la meccanica della transizione del Velo, utilizzata solo raramente per l’esplorazione della mappa, non è stata sfruttata a dovere: l’aggiunta di un qualche tipo di puzzle o di una determinata categoria di nemici affrontabili unicamente in una delle due dimensioni avrebbe giovato un sacco alla varietà del gameplay, che soffre dunque di una ripetitività generale abbastanza evidente, anche tenendo presente la complessità e la soddisfazione che il battle system regala.

 

La pazienza è la virtù dei forti, ma quando è troppo è troppo

 

 

Dal punto di vista artistico Oninaki si difende piuttosto bene: lo stile pastello tipico dei giochi dello studio di sviluppo indipendente è stato rinnovato e migliorato ancor di più, con una palette cromatica sgargiante e viva nel piano materiale ed una più tetra ed onirica in quello dei morti, il tutto accompagnato da una colonna sonora che, nelle poche scene e frangenti di gameplay in cui è presente, risulta emozionante e piacevolissima all’ascolto.

Il comparto tecnico, invece, risulta molto più problematico: su PS4 il gioco è tartassato da caricamenti piuttosto frequenti in ogni parte del gioco, dall’apertura del fast travel al cambio d’area in una singola mappa, dal passaggio nel Velo fino ad una breve cutscene con un singolo dialogo. Oltre a ciò ci sono numerosi problemi di framerate e qualche glitch grafico all’apertura degli Skill Trees.

 

 

Tutto ciò va ad inficiare particolarmente un ritmo di gioco già troppo diluito da fetch quest e scene messe appositamente per allungare il brodo, specie in momenti in cui ci si aspetta una battaglia all’ultimo sangue ma si viene interrotti da un caricamento estenuante accompagnato da un dialogo inutilmente lungo ed esplicativo. Si spera che questi disguidi tecnici vengano risolti con delle patch future, per permettere una fruizione del titolo più piacevole.

 

In Sintesi

 

Oninaki è un bel gioco con un battle system solido, una premessa narrativa intrigante ed uno stile artistico affascinante. Il problema è l’enorme potenziale sprecato, specialmente a livello narrativo. Un gioco simile avrebbe giovato moltissimo di una narrazione più implicita e silenziosa ed una qualche meccanica in più che desse più importanza alla dicotomia tra il mondo dei Vivi e dei Morti, ma purtroppo sembra che il focus sia andato sul realizzare delle cutscenes prive di mordente a causa di personaggi blandi ed una storia prevedibile. Oninaki rimane comunque un titolo divertente per chi apprezza gli Action-RPG con molti nemici a schermo e molte abilità da provare, se si riesce a sorvolare sui problemi narrativi. 

This post was published on 30 Agosto 2019 11:01

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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