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Recensioni

Man of Medan (PS4) | Recensione del primo capitolo dell’antologia The Dark Pictures

Finalmente è arrivato il momento di analizzare l’ultimo lavoro di Supermassive Games, lo studio di sviluppo dietro al bellissimo e peculiare Until Dawn, all’esperienza in VR The Inpatientprequel di Until Dawn – e a uno dei titoli più interessanti della serie Playlink, Hidden Agenda.

Man of Medan è il primo racconto interattivo della serie antologica The Dark Pictures, un archivio che si riempirà man mano di nuove storie, leggende in cui è labile il condine tra realtà è fantasia e folklore, tutte all’insegna del terrore e del mistero.

Come da tradizione dei prodotti Supermassive Games, siamo noi padroni del destino dei personaggi. Scoprite in questa recensione se vale la pena diventare gli autori materiali dell’orrore proposto da Man of Medan.

La leggenda dell’Ourang Medan

È necessario partire con un po’ di lore, come dicono quelli bravi. Man of Medan è ispirato alle storie sovrannaturali che si sono tramandate negli anni riguardo all’Ourang Medan, una nave mercantile olandese che ha davvero solcato gli oceani. L’esistenza di questa imbarcazione è documentata da vari atti ufficiali, tra cui gli Atti del Consiglio della Marina Mercantile; è ciò che accadde al suo equipaggio ad aver alimentato tantissime storie paranormali.

Nel giugno del 1947, l’Ourang mandò un segnale di soccorso che fu raccolto da due navi americane i cui occupanti, una volta saliti a bordo, trovarono l’equipaggio senza vita e in pose terrificanti. Sui cadaveri nessun segno di violenze subite.

Supermassive Games ha deciso così di proporre come primo racconto interattivo la triste sorte di quella che ormai da tutti è considerata una nave fantasma.

Immersioni e misteri da celare

Protagonisti di Man of Medan sono cinque giovani ragazzi appassionati di immersioni ed esplorazioni subacquee. Alex, suo fratello Brad, la sua fidanzata Julia e il fratello di lei Conrad affittano una barca per immersioni, la Duke of Milan, di proprietà di Fliss, intransigente navigatrice che non ama che vengano infrante le leggi del mare. Il loro obiettivo è andare alla scoperta del relitto di un aereo che perse quota molti anni prima e ora adagiato sul fondo oceanico.

Tra una birra al tramonto e una storia dell’orrore raccontata in compagnia, l’avventura dei giovani sembra andare tranquillamente finché il gruppo non viene preso di mira da quelli che, a prima vista, sembrano pescatori. La Duke of Milan diventa il luogo di un sequestro (la sezione che era possibile giocare nella demo), ma il vero orrore deve ancora avere inizio.

L’imbarcazione, in balia di una violenta tempesta, si ritrova pochi metri da una grossa nave mercantile su cui i giovani esploratori e i rapitori decidono di salire. Scopriranno a loro spese che si tratta proprio dell’Ourang Medan, un luogo da cui sarebbe stato meglio tenersi alla larga.

Questa è l’infrastruttura generale della trama che possiamo dividere, dunque, in tre tronconi: una prima parte in cui il giocatore prende confidenza con i personaggi e con i loro tratti iniziali (vedremo in seguito di cosa stiamo parlando), una seconda in cui avviene il cambiamento di stato e una terza che rappresenta lo snodo cruciale dell’avventura.

La storia è molto semplice da seguire, proprio come un racconto dell’orrore esposto ai propri amici seduti vicino a un falò con tanto di marshmallow in cottura. La finalità della narrazione, infatti, è quella di far sentire il giocatore unico vero burattinaio dei destini dei personaggi. Per fare ciò non è necessario un intreccio complesso, ma è essenziale che la storia sia in grado di mettere sul filo del rasoio le vite dei protagonisti, senza fronzoli e trovate artificiose, in modo che l’intervento del giocatore sia davvero fondamentale e ben percepibile.

Personalità da plasmare e tratti dinamici

Parlare di gameplay nudo e crudo per Man of Medan è un po’ insolito, perché, proprio come in Until Dawn e altri titoli che si focalizzano sulla possibilità di cambiare gli eventi attraverso il cosiddetto butterfly effect, il vero gameplay è rappresentato dalle nostre scelte. Ci muoveremo vestendo i panni, a turno, dei cinque personaggi – e qui subito va riconosciuta una certa legnosità nei movimenti che è comunque in linea col fatto che il gioco si concentra sulla variabilità delle situazioni, non sulla precisione degli spostamenti – agendo sulle fasi più concitate attraverso i molteplici QTE presenti.

Ciò che rende peculiare Man of Medan è la possibilità di plasmare le personalità dei personaggi e modificare i tratti che li contraddistinguono. Ciascun protagonista ha il proprio carattere che viene esposto al giocatore in un menu apposito – consultabile in qualsiasi momento – attraverso dei tratti (arroganza, fermezza, aggressività, timidezza, altruismo, etc.) che possono cambiare in virtù di scelte di dialogo fatte spesso sotto pressione e con un tempo limitato.

I tratti dunque sono dinamici e possono essere modificati a tal punto da portare un personaggio timido e docile a diventare aggressivo e noncurante della salute degli altri. Queste modifiche al carattere vanno a influenzare le relazioni, cioè il livello di legame (indicato da una barra bianca nello stesso menu) che intercorre tra un personaggio e tutti gli altri. Questo può migliorare o deteriorarsi andando a saldare o inficiare il rapporto con conseguenze ben tangibili durante il corso degli eventi. Ovviamente, per poter davvero assistere a mutamenti nei rapporti e, dunque, nella trama, è necessario portare a termine più di una run.

In Until Dawn, le scelte o i passi falsi che portavano all’evolversi di un evento venivano esplicitati all’utente attraverso uno stratagemma in game, il flashback. In Man of Medan, invece, questo è stato sostituito da un menu definito Moralità. Accedendo a questa scheda, si ha traccia di tutte le scelte fatte durante il gioco divise in sezioni, le diverse combinazioni di scelte portano a esiti differenti.

Prendere un coltello o non prenderlo cambia del tutto l’approccio alle scene successive, essere ottimisti circa una situazione farà cambiare idea sul nostro conto agli altri personaggi che, se guidati dall’IA, si comporteranno di conseguenza. Vi possiamo assicurare che in una singola scena è possibile modificare gli eventi tanto da portare a 4/5 esiti diversi che vanno poi a influenzare ciò che viene dopo, e così via per decine e decine di scene e opzioni di dialogo.

Di tanto in tanto, il gameplay sarà arricchito dal mini-gioco del battito cardiaco che si attiverà quando siamo nascosti. Se falliremo, il nemico verrà allertato dal nostro stato di panico. Ma in tutto questo, il nostro obiettivo qual è? Semplice: come in Until Dawn, dobbiamo portare tutti in salvo, infatti, la morte di uno o più personaggi non conduce al game over ma a uno dei finali.

Aspetti tecnici di Man of Medan

Dal punto di vista tecnico, è necessario fare qualche appunto. La grafica, che poggia sul motore Unreal Engine 4, è davvero esaltante per quanto riguarda gli sfondi e le ambientazioni chiuse – dove giocheremo per la maggior parte del tempo – offrendo un bel colpo d’occhio quando saremo sulla Duke of Milan e la giusta tensione quando faremo visita alla Ourang Medan. La qualità diventa altalenante quando parliamo di personaggi perché questi sono ben modellati e hanno un buonissima espressività, ma quest’ultima a volte sembra eccedere. Alcuni volti si spingono oltre, facendo smorfie che non sembrano molto realistiche.

Il sonoro ha la stessa sorte: ottimo come musiche d’accompagnamento e ancor migliore quando cessa e lascia il posto ai silenzi all’interno dei lunghi corridoi della nave. Il doppiaggio soffre maggiormente di alti e bassi con personaggi doppiati davvero benissimo e altri, invece, che sembrano essere addirittura svogliati.

Nell’insieme, comunque, il comparto tecnico è di buonissima fattura.

Longevità e Multiplayer

Sulla longevità bisogna fare un discorso a parte e non basta indicare le ore che occorrono per portare a termine Man of Medan. Una run singola dura più o meno 5/6 ore: ora molti avranno storto il naso leggendo una durata così risicata, ma bisogna tenere conto di tre fattori – anzi, quattro, ma sul quarto ci torneremo dopo.

Il primo è che Man of Medan fa parte di un’antologia che verrà rimpinguata di episodi, come se si trattasse di una serie di racconti ad itinere che non è stata ancora completata. I racconti interattivi proposti da Supermassive Games saranno presumibilmente tutti di questa durata con lo scopo di proporre esperienze per riempire due/tre serate tra amici. Una sorta di Masters of Horror videoludico (una serie tv andata in onda su Showtime che prevedeva episodi auto-conclusivi di 60 minuti ciascuno diretti da registi diversi, da Dario Argento a John Carpenter).

Il secondo fattore riguarda il prezzo: Man of Medan è venduto, proprio per questa sua natura antologica, al prezzo budget di 29,99 euro. Onestissimo per ciò che offre.

Il terzo fattore è quello più importante: la rigiocabilità. Man of Medan non è pensato per una singola run, ma per essere rigiocato più e più volte. Giocare una sola volta significa perdersi quasi tutto.

Arriviamo così al quarto fattore che si collega direttamente alla longevità di Man of Medan: il multiplayer. Il titolo presenta due modalità multiplayer, una locale e una in co-op. Nel primo caso, abbiamo una modalità, denominata Serata al cinema, che ci riporta indietro nel tempo, ma perfettamente integrata al mood dell’esperienza. Fino a cinque giocatori seduti uno di fianco all’altro, ognuno prende le redini di un personaggio e quando si finisce il proprio turno, semplicemente va passato l’unico controller all’amico che deve giocare. Veloce e divertente.

Ma è la seconda modalità a giustificare la durata esigua della run singola: la co-op online. Per due giocatori, questa modalità è la più immersiva e la consigliata per giocare al meglio Man of Medan, tanto che gli stessi sviluppatori invitano a vivere l’esperienza con un amico. La peculiarità sta nel fatto che i due giocatori sono del tutto ignari delle scelte fatte dall’altro, quindi, ogni decisione va presa senza avere alcuna informazione su ciò che è successo all’altro. La tensione ne guadagna tantissimo, invogliando i giocatori ad approcciare in modo del tutto diverso rispetto a come farebbero in singolo.

Conclusioni

Man of Medan è un buon primo episodio dell’antologia The Dark Pictures. Il titolo di Supermassive Games offre un’esperienza horror contenuta nella run singola, ma altamente rigiocabile e godibile soprattutto in co-op o durante una serata con gli amici, grazie a un multiplayer locale divertente e originale. La storia da cui attinge Man of Medan è misteriosa al punto giusto e propone un’atmosfera da racconto horror da leggere durante una serata estiva. Qualche sbavatura nel doppiaggio, nell’espressività facciale e nel montaggio di alcune scene minano un po’ l’immersività. Man of Medan rimane un prodotto abbastanza valido per gli appassionati delle storie dell’orrore.

This post was published on 28 Agosto 2019 16:00

Michele Longobardi

Laureato in Lettere moderne, scopro la passione per il giornalismo quasi per caso. I videogiochi sono il mio più grande amore e così decido di coniugare le due cose. Il giornalismo videoludico diventa la mia forma finale. Per me i videogiochi sono una forma d'arte e guai a dirmi il contrario. Appassionato di tutto ciò da cui sgorga sangue: cinema horror (registi preferiti Argento e Romero), letteratura gialla e dell'orrore (autori preferiti Christie, Poe e Lovecraft) e ovviamente i videogiochi del genere (Silent Hill e Resident Evil sopra ogni cosa). Il mio videogioco preferito di sempre è Fahrenheit che ho finito un numero non precisato di volte, da lì scaturisce la mia ammirazione per tutti i lavori di David Cage. La mia "carriera" videoludica è segnata da un marchio da cui non sono mai riuscito a staccarmi: PlayStation! In circa 20 anni di gaming, ho completato più di 800 titoli.

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