“È difficile realizzare un videogioco?” questa è la domanda che si pongono moltissimi appassionati di tale medium, i quali, spinti da un sempre più saturo mercato indie vogliono cimentarsi in questa “eroica” impresa. Beh, prima di farvi venire l’idea di realizzare un videogioco assicuratevi di essere davvero degli eroi, dei combattenti nel campo, magari anche un esercito che non sia l’Armata Brancaleone. Il motivo? Rischiamo di ritrovarci titoloni come The Forbidden Arts dello studio Stingbot Games. Troppo cattivo? Non credo. In questa recensione vi spiegherò tutto nel dettaglio.
L’avventura ambientata in un reame fantasy, unisce l’esplorazione in aree a 3 dimensioni esplorabili a sezioni di platform in 2.5d. Giochiamo nei panni di un ragazzo di nome Phoenix, un piromante in erba che spinto da alcune visioni dovrà imparare a padroneggiare i suoi poteri per sventare i piani del solito cattivone e, come sempre, salvare il mondo. Insomma non la storia più originale, ma accettabile. Sembra un misto tra The Legend of Zelda e Avatar: The Last Airbender.
I problemi iniziano quando si prende il pad (o i joycon nel nostro caso) in mano. A primo impatto la grafica è da PlayStation 2, cosa che mi ha indotto a pensare che il progetto nascesse come titolo per smartphone e, in seguito, fosse stato upgradato per le major console.
Il gioco inizia in un ambiente in 2,5d abbastanza scarno e con modelli che oltre ad essere anonimi e ripetitivi sono anche poveri di poligoni. Le piattaforme su cui saltiamo sono squadrate, ispirandosi forse a quelle di Minecraft o magari frutto dell’inesperienza nel level design da parte dei developer, non saprei dire. Quel che certo è che i fondali sono davvero brutti e ripetitivi.
Come in ogni platform, l’obiettivo è raggiungere la fine del livello evitando di morire a causa degli attacchi dei nemici. Possiamo a nostra volta combatterli con una lama oltre che a utilizzare i famigerati poteri di fuoco. Viene lasciato spazio anche all’esplorazione: i livelli non saranno il massimo da vedere ma sono ampi e celano diversi collezionabili, utili per sbloccare zone e upgrade dei poteri (questi devo ammettere che sono curati benino) e della barra della vita del nostro Phoenix.
Ci sono poi ambienti 3d, anche essi semivuoti e non realizzati nel migliore dei modi. Essenzialmente servono per accedere ai vari livelli ma possiamo trovare anche collezionabili e personaggi con cui parlare.
In generale il primo impatto con il gioco è abbastanza deludente. Tuttavia questa povertà in ambito grafico sarebbe stata comprensibile dato che si tratta pur sempre di un indie. Magari avrei chiuso un occhio (magari anche due in questo caso) sull’aspetto “oldschool” ma purtroppo anche a livello tecnico non ci siamo.
Le collisioni, sia con in nemici che con le piattaforme, sono completamente da rivedere: molto spesso buggate e poco definite. Un po’ meglio la gravità ma talvolta ci sono delle cose senza senso, come i trampolini che generano una spinta propulsiva fuori dal comune che ci farà volare come un missile.
Le animazioni sono nella media. Ho riso davvero molto per l’animazione della corsa con le braccia all’indietro, identica a quella di Naruto.
Anche la difficoltà dei livelli è mal calibrata: talvolta due piattaforme sono troppo vicine tra loro in altezza e quindi i salti si fermeranno a mezz’aria, facendoci precipitare. Altre volte i nemici son troppo vicini, quindi sarà impossibile non perdere un terzo della barra della vita. Son piccolezze,ma che sommate tra loro e ai bug già accennati, rovinano l’esperienza rendendola frustrante. Altre volte invece è fin troppo facile superare delle zone, anche non uccidendo i nemici, evitandoli semplicemente con dei salti ben piazzati.
Un altro elemento da analizzare sono le bossfight che, sebbene rendano il gioco più vario, si portano dietro tutti i difetti dei livelli principali, oltre che ad essere prive di mordente.
Tra gli elementi positivi ci sono i dialoghi e il dubbing che sono abbastanza curati, ma non aspettatevi chissà cosa. Poi ci sono le musiche che sarebbero anche orecchiabili se non fosse per la loro odiosa ripetitività. Lasciamo proprio perdere gli effetti sonori, davvero fastidiosi.
Con grande rammarico mi ritrovo a dover bocciare questo titolo che sulla carta poteva essere migliore. Eppure, dopo due anni di early access su pc gli sviluppatori avrebbero dovuto raccogliere i feedback dei tester. Un gioco che non possiamo salvare nemmeno per il placement di prezzo a cui è stato posto. Nella fascia dei 10 euro su Steam e sicuramente 5 in più su Switch e le altre console si può trovare di meglio.
Ricollegandomi all’incipit, con questo giudizio non vorrei scoraggiare i ragazzi di Stingbot Games che magari “devono studiare un po’ di più”. Ci rivediamo a settem- ehm, volevo dire, al prossimo titolo? E non rimaneteci male, dai, farete meglio la prossima volta! Ragazzi, si che è difficile fare un videogioco, ma anche fare da recensore non è una passeggiata!
This post was published on 7 Agosto 2019 12:25
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