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Recensioni

Recensione SolSeraph (Nintendo Switch)

C’era una volta Actraiser, un ibrido tra un videogioco action bidimensionale ed un god game come Populous.

Actraiser è stato sviluppato nel 1990 dal leggendario team Quintet, famoso per aver poi dato i natali ad una serie di action rpg di altissimo valore durante l’epoca del Super Nintendo. Il curioso ibrido tra action game e gestionale/strategico fece decisamente scalpore, trasformando il titolo in un buon successo commerciale che l’azienda giapponese provò a replicare con un secondo capitolo: ActRaiser2.

ActRaiser 2 non aveva molto di cui spartire, dal punto di vista qualitativo, con il capitolo originale; il titolo fu presto dimenticato ed entrò a far parte degli arcinoti giochi dimenticati che il tempo ha portato via con se: il classico videogioco che si vede all’interno delle classifiche storiche delle varie riviste e dei vari siti, simbolo di epoche e sperimentazioni passate.

A poco sono valse tutte queste posizioni in classifiche o il ritorno del brand sulla virtual console di Wii durante gli ultimi anni del primo decennio a doppio zero; ActRaiser e la sua formula sembravano appartenere ad un tempo passato nonostante una formula di gameplay efficace e curiosa; nessuno sembrava intenzionato a riesumare quello strano ibrido di gioco, nessuno sembrava intenzionato a sperimentare come aveva fatto Quintet anni ed anni prima.

Tutto questo aveva valenza fino al mese scorso, quando SEGA annunciò l’arrivo di SolSeraph: un nuovo titolo per le moderne console di gioco che prende la formula del vecchio capolavoro Quintet attualizzandola e modificandola il giusto, portando nuovamente il giocatore a ricostruire un mondo finito a pezzi a causa delle barbarie aiutando l’umanità nelle piccole cose.

Questo nuovo titolo, realizzato da ACE Team (Rock Of Ages e Zeno Clash, per dire due loro titoli), sarà riuscito soddisfare le aspettative dei vecchi e dei nuovi giocatori? Scopriamolo insieme all’interno di questa recensione!

SolSeraph e le sue divinità antipatiche per natura.

C’era una volta il caos, stato della materia assoluto e principale protagonista delle fasi iniziali del mondo in perenne divenire di SolSeraph. Questo fu sconfitto unicamente grazie all’alleanza tra Padre cielo e Madre Terra, al fine di generare il mondo per come noi lo intendiamo oggi. Dal caos nacquero le stelle, il sole, l’acqua e la terra; da questi germogliarono poi le piante e videro la luce i primi animali, precursori dei protagonisti della nostra storia: gli esseri umani.

Con l’arrivo degli esseri umani sul pianeta terra Padre Cielo e Madre Terra decisero di abbandonare il tutto, riposando e lasciando agli umani il compito di sopravvivere alle giovani divinità che regolavano la materia e le forze. Queste altre divinità, arroganti e crudeli, tormentarono l’umanità con flagelli e disastri finché essa non finì per disperdersi in tutto il mondo conosciuto.

Una divinità, innamoratasi di un essere umano, riuscì ad accudire un bambino chiamato Elio, destinato a divenire il cavaliere dell’alba. Elio, il nostro protagonista, è una specie di cavaliere angelico noto per la sua infinita misercordia. Elio sarà l’unica divinità minore del mondo di gioco a patteggiare per l’umanità, aiutandola (grazie al giocatore stesso) a sopravvivere in un luogo infinitamente più ostile di quello che oggi conosciamo; l’infinita crudeltà della natura verrà meno solamente grazie agli sforzi di un singolo

Il primo impatto con SolSeraph non è particolarmente esaltante: la storia del titolo inizia con un livello bidimensionale dove ci confronteremo per la prima volta con il sistema di movimento non particolarmente responsivo. Il nostro eroe alato potrà saltare, difendersi, balzare all’indietro ed attaccare ma nessuna di queste azioni sarà soddisfacente da eseguire; il combattimento, nello specifico, è  blando e vede il nostro eroe menare fendenti all’aria o scoccare frecce/usare poteri attraverso la semplice pressione di un tasto senza alcun tipo di combo o sinergia specifica; il titolo sembra rimasto ancorato agli standard degli anni novanta.

I nemici ad esempio non possiedono nemmeno animazioni dedicate alla morte, i boss hanno pattern di attacco abbastanza prevedibili e chiedono al giocatore semplicemente di portare pazienza. A far morire il giocatore durante il corso dei livelli sarà il salto, un po’ troppo fluttuante per gli standard moderni, che farà cadere il giocatore chissà dove più e più volte; non la migliore esperienza possibile vista la scarsa esperienza di controllo.

Fortunatamente per noi la maggioranza del gioco si svolge altrove.

Ma cosa stiamo gestendo?

ActRaiser, dall’alto dei quasi trent’anni che si porta sul groppone, aveva un concept di gioco originale che mischiava il godgame con un prototipo di tower defense; Solseraph, dall’alto dei suoi due mesi di vita ha una struttura da tower defense dura e pura, in grado di divertire per brevi periodi nonostante qualche problema a livello di bilanciamento.

Lungi dal voler avere la complessità di un Age Of Empires o di un qualche RTS puro, SolSeraph mette a disposizione del giocatore una ventina di strutture da costruire divise tra di supporto e difensive all’interno di un interfaccia particolarmente comoda e ben fatta. Nei panni della forma alata di Elio ci ritroveremo a volteggiare nei cieli delle varie regioni, posizionando case, segherie, caserme e torri di guardia per abbattere le orde di nemici che voglio spegnere il falò che simboleggia la rivalsa dell’umanità sul buio mentre tentiamo di farci strada verso l’origine dei nostri mali.

I ritmi di gioco non sono particolarmente serrati e le minacce proposte facilmente arginabili; la difficoltà in SolSeraph non è predominante e permette anche ai giocatori meno attivi di primeggiare con qualche mossa smart sulle orde di avversari che arrivano; ciò che non convince, anche qui, è la cura ed il bilanciamento delle meccaniche di gioco.

Facciamo un esempio: nella regione montagnoso/vulcanica si avrà a che fare con una tipologia di nemici in grado di dare fuoco al terreno; il terreno infuocato potrà essere spento utilizzando il potere della pioggia. È lecito pensare che le fiamme facciano danni alle strutture ma, dopo una decina di ore di gioco chi scrive non è ancora in grado di dirvi se ciò è vero o meno vista l’assenza di una wiki in-game in grado di dare informazioni e l’assenza di una qualche spiegazione per tale meccanica di gioco.

Questa è una piccolezza ma lo stesso livello di cura e di bilanciamento non particolarmente curato può essere trovato in tantissime altre piccole pratiche:
A cosa mi serve creare una struttura in grado di potenziare una segheria se il numero di piante presenti sulla mappa è talmente basso da non valerne la pena?
Perché creare una struttura per potenziare le fattorie quando posso ottenere tutto lo spazio di costruzione che voglio semplicemente piazzando strade in giro per la mappa visto che queste non costano risorse?

Tutte domande che suoneranno piuttosto naturali a qualsiasi tipo di giocatore e che lasciano intuire una certa mancanza di cura durante l’affinamento delle meccaniche gestionali.

Fortunatamente il ritmo di gioco alterna con una certa cadenza sezioni gestionali e sezioni action/plaform, donando una varietà gradevole al gameplay; si fugge da una sezione noiosa per approdarne ad un altra ed in questo loop è possibile esaurire i contenuti di gioco senza soffrire troppo, in circa una quindicina di ore (morendo ripetutamente sui boss, alle volte artificialmente difficili).

Fammi chiudere gli occhi.

Un gameplay con gravi carenze può essere salvato da un comparto grafico artistico di qualità, giusto?
Tecnicamente si, ma è esso il caso di SolSeraph?
No, e guardando gli screenshot il perché si capisce anche abbastanza rapidamente.

L’art direction del titolo, specie nel caratterizzare i mostri, fallisce miseramente e presenta una versione molto classicheggiante del classico bestiario da fantasy occidentale con goblin e coboldi in gran quantità, aggiungendo slime, crostacei corazzati e altre tristi amenità di questo titolo. Il nostro personaggio oltre a non parlare mai possiede anche lo stesso carisma di una scarpa consunta trovata in riva al mare ed è semplicemente un (brutto) vettore attraverso cui portare le nostre azioni nel mondo di gioco.

Le ambientazioni alle volte lasciano sorridere con qualche scorcio interessante ma, nella maggioranza dei casi, si limitano a portare a schermo luoghi privi di personalità e già rimasticati in altre centinaia di produzioni videoludiche; un art direction completamente inoffensiva. La cosa che maggiormente ferisce è sapere che ACE Team è lo stesso team che ha creato piccoli bignami di follia visiva come Zeno Clash; vedere un titolo anonimo come SolSeraph fa proprio male.

La versione Switch del titolo (da noi recensita) soffre  di un’ ottimizzazione non particolarmente curata: i livelli bidimensionali, per inciso, hanno un framerate costante ma presumibilmente inferiore ai trenta ai cui siamo abituati, lasciando un impressione non particolarmente buona sul giocatore.

SolSeraph finisce per deludere tutti quelli che volevano un nuovo ActRaiser e va ad unirsi ad un lauto numero di occasioni sprecate già viste nel mondo dei videogiochi. ACE Team prova a fare un bel videogioco ma confeziona un prodotto farraginoso, non particolarmente curato dal punto di vista ludico e assolutamente anonimo dal punto di vista visivo. Nonostante un buon ritmo di gioco ed un’interfaccia ben realizzata le avventure di Elio, cavaliere del sole, finiranno per stancare presto eventuali giocatori.

This post was published on 17 Luglio 2019 9:30

Graziano Salini

Perennemente alla ricerca di legami tra argomenti distanti tra loro, con una certa predilezione per musica e videogiochi. Faccio il possibile per fare in modo che ci siano meno errori di concetto possibili sugli articoli di Player.it, grande fan degli errori grammaticali invece, quelli fanno sempre ridere. Quando non sto amministrando questo sito lavoro mi occupo di spiegare cose difficili in maniere semplici su altri siti, su tematiche molto meno allegre dei videogiochi.

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