Ovivo è un titolo fatto con due spicci che può divertire e che può affascinare, specie grazie alla veste visiva che ben si sposa con i gusti più minimali di una parte dell’utenza videoludica. Nel corso degli ultimi anni di storia videoludica, con la rinascita del videogioco indipendente lontano da dinamiche di mercato note, abbiamo visto un grandissimo numero di platform e/o puzzle games completamente incentrati su meccaniche specifiche, senza respiro per le altre componenti di un videogioco.
Gli esempi sono molteplici: chi ha amato i platform più tecnici ha potuto saggiare da vicino i deliri sanguinolenti di Super Meat Boy o la scalata psicologica di Celeste, chi è più legato al mondo dei Puzzle ha potuto vedere il proprio cervello esplodere in seguito ad un playthrough completo di The Witness, chi è più per gli ibridi è probabilmente rimasto ad amare l’insuperato Braid, del geniale Jonathan Blow (autore di The Witness, tra le altre cose).
Ovivo non si prende strane beghe autoriali ed ha origini modeste il giusto: esso è nato da una Game Jam e diventato poi titolo a se stante dopo aver ottenuto il plauso e l’affetto di giornalisti e giudici durante l’ImagineCup di Microsoft. I ragazzi di Izhard sono stati poi convinti da tutti questi feedback ricevuti in giro per il mondo a svilupparne una versione completa, capace di scavalcare i cancelli di Steam Greenlight e di affacciarsi nel mondo dei videogiochi; tutto questo nel 2017.
Due anni dopo il titolo ha raggiunto la consolina ibrida di Nintendo per portare, ancora una volta, la formula che ha fatto piacere questo titolo a più di trentamila persone (almeno secondo Steam Spy)
La disamina potrebbe partire da qui: Ovivo mostrerà su schermo praticamente sempre e solo due colori, il bianco e il nero. I i ragazzi di Izhard, forti del loro non aver chissà quale forza lavoro, hanno pensato bene fin da subito di far risaltare l’aspetto visivo del titolo grazie a scelte stilistiche ben calibrate. I livelli del titolo sono andirivieni di forme e linee, geometrie semplici e affascinanti in cui l’horror vacui è controbilanciato da una fortissima armonia di fondo. All’occhio i livello del titolo appaiono piacevoli grazie allo studio degli spazi fatti in fase di progettazione e la fruibilità degli stessi è in linea di massima molto buona. Mai durante la nostra run ci siamo sentiti privi di una direzione.
Il gameplay del titolo, vista la presenza di un estetica così minimale, non è da meno. Ovivo da al giocatore delle direzioni da intraprendere tramite la pressione dell’apposito tasto direzionale/analogico e la possibilità di rovesciare la gravità premendo un singolo tasto; fine. Tutto il resto del gioco si sviluppa su questi semplici concetti chiave, un po’ pochini per un videogioco a tutto tondo ma sicuramente una scelta funzionale per un titolo che dura una mezza dozzina di ore.
Muoversi all’interno dei livelli di Ovivo chiederà al giocatore di cambiare continuamente la gravità, in un modo non particolarmente dissimile da quello che magari abbiamo fatto in VVVVVV. A differenza di quest’ultimo non avremo schemi da risolvere ma ci ritroveremo a navigare per il livello alla ricerca della giusta tecnica da utilizzare per superare un determinato punto; basterà semplicemente tenere a mente che i due colori a schermo indicheranno anche la direzione della gravità stessa: muovendo il nostro avatar (una sfera chiamata Ovo) all’interno del colore nero verremo schiacciati verso il basso, muovendo il nostro avatar verso il bianco verremo schiacciati verso l’alto.
All’interno di ogni livello ci saranno dei semplici collezionabili che non hanno chissà quale utilità all’interno dell’alchimia di gioco ma che aggiungono (alla volte) un pizzico di sfida in più, dandoci del filo da torcere extra in un gioco altrimenti non particolarmente complicato per vocazione. Una volta giunti alla conclusione di un livello, la telecamera si allontanerà progressivamente dal proprio avatar sino a mostrare tutta la strada percorsa, dando respiro a degli splendidi quadri bidimensionali che non sfigurerebbero affatto come poster nella camera di un appassionato di arte moderna. Di pregio anche la colonna sonora, anch’essa lontana dai massimalismi orchestrali dei giochi di ruolo che conosciamo e molto più vicina alle melodie riflessive che un musicista ambient come Brian Eno ha tratteggiato e scritto sulle pagine della storia della musica.
Ovivo è sostanzialmente un gioco che si potrebbe finire di descrivere ora. Non c’è molto di cui parlare perché composto in modo praticamente totale dalle meccaniche platform sopra descritte che, nel corso delle sei ore di gioco che dura, a volte si complicano, a volte si semplificano. Quando si ottiene la giusta manualità con Ovo ci si inizia a muovere rapidamente i livelli, saltando letteralmente tra un ansa e l’altra del fiume di colori in una specie di buffo rhythm game con vezzi da platform, donando più di una soddisfazione a chi gioca. Purtroppo a mancare nel titolo sono contenuti in grado di prolungarne la vita o di aumentarne la varietà: un selettore di difficoltà, una modalità alternativa anche solo per cambiare i colori a schermo o una qualche idea del genere avrebbero potuto alzare la qualità del titolo.
Alla fin fine su Nintendo Switch Ovivo ci arriva praticamente identico alla versione Steam su cui è nato, un porting che non presenta difetti tecnici di qualche tipo e che si comporta onestamente sui Joycon. Curioso il fatto che non ci sia la possibilità di utilizzare il touch screen per comandare Ovo come è invece possibile su iOs e Android.
Ovivo è il primo lavoro di un team russo non ancora particolarmente esperto che ha dimostrato di saperci davvero fare con la cura visiva dei propri titoli. Nonostante una quantità non esagerata di contenuti, il prezzo basso rende il titolo un piacevole passatempo per gli appassionati di platform che hanno interesse nell’avere tra le mani un esperienza visiva di qualità. Izhard ha piantato un seme per il suo futuro di game developer, ora bisogna solo vedere come lo svilupperà.
This post was published on 29 Giugno 2019 11:56
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