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Recensioni

Recensione The Sinking City (PC)

Dopo i generalmente ben apprezzati titoli dedicati a Sherlock Holmes, i ragazzi di Frogware Games tornano ad esplorare il genere noir ed investigativo prendendo spunto stavolta dal terrificante corpus letterario dello scrittore più omaggiato (e spesso plagiato) dal medium videoludico: H.P. Lovecraft.

Saranno riusciti con The Sinking City, videogioco investigativo in terza persona totalmente ispirato a romanzi come L’Orrore di Dunwich, Il Re in Giallo e soprattutto L’Ombra di Innsmouth, ad adattare lo stesso senso di desolazione, pazzia e paura dell’ignoto creato dai testi dello scrittore americano senza sacrificare un ottimo gameplay? Scopriamolo insieme, ma occhio alla vostra sanità mentale…

 

“Mal di testa continui e visioni di entità demoniache? Le consiglio di visitare questa ridente località di mare…”

 

 

Charles Reed è un reduce della Prima Guerra Mondiale sopravvissuto ad un misterioso naufragio durante il suo servizio come marinaio. Dopo un violento ricovero in un sanatorio, inizia a soffrire di violente allucinazioni parecchio vivide e terrificanti riguardanti una misteriosa cittadina completamente sommersa e circondata da mostri sottomarini.

Oltre a ciò, ha sviluppato un particolare sesto senso che gli permette di vedere e percepire cose oltre l’umana percezione, il che lo ha aiutato parecchio nel suo nuovo lavoro da investigatore privato.

 

 

Prenderemo il controllo di Charles dopo esser arrivato all’isolata cittadina di Oakmont, Massachussets, colpita da una violenta inondazione. Il Detective è stato ingaggiato da un signorotto locale per risolvere il caso di una commissione di archeologi scomparsi nel nulla durante una spedizione, con la promessa che oltre ad una lauta ricompensa riceveremo anche delle risposte alle nostre visioni, che abbiamo scoperto esser comuni a molte altre persone in tutto lo stato.

L’avventura investigativa inizia dunque nel migliore dei modi, gettando solide basi per il proseguo delle indagini ma anche mille curiosità e nozioni di background della cittadina di Oakmont, che potremmo approfondire con numerosi documenti collezionabili e dialoghi scritti in maniera magistrale e doppiati piuttosto bene. Ogni missione principale ci permetterà di avvicinarci alla risoluzione del caso, ma aumenteranno di gran lunga anche i dubbi e le domande che sia Charles che noi come giocatori dovremo porci.

 

 

Sebbene la premessa iniziale di The Sinking City sia un accozzaglia di incipit narrativi Lovecraftiani, la struttura generale di tutto il gioco è basata su L’Ombra di Innsmouth, poiché oltre al tema della cittadina di provincia poco accogliente che nasconde un oscuro segreto troveremo anche l’omonima razza di Uomini Pesce, dove qui vengono trattati come una minoranza vittima di discriminazione.

Evitando agilmente il problema del plagio diretto, numerose saranno le altre citazioni e riferimenti ai racconti dell’orrore, altre evidenti e appartenenti alla cultura generale del Mito ed altre invece più specifiche e ricercate che verranno apprezzate moltissimo dai fan di Lovecraft.

 

 

Grazie a questa attenzione ai dettagli e ad una storia principale tutto sommato intrigante e piena di casi altamente affascinanti che pregano di venir risolti, The Sinking City non risulta esser mai troppo noioso e spinge ad un completamento abbastanza rapido, oltre che all’esplorazione con le varie quest secondarie e casi minori .

Eccezion fatta per l’ultimo caso/missione del gioco, che porta ad una longevità forse eccessiva e smorza un po’ troppo la tensione creatasi in precedenza, ed un finale decisamente sottotono e privo di quel fascino misterioso che ha avvolto l’intera avventura.

Avventura punta e clicca? Third Person Shooter? Why not both?

 

 

Il gameplay di The Sinking City si può suddividere in tre macro-sezioni: esplorazione, shooting e risoluzione dei casi.

La prima è abbastanza auto-esplicativa, e consiste nel muoversi tra una zona e l’altra della città completamente esplorabile a piedi, in una piccola barca o addirittura sott’acqua in uno scafandro. Sarà possibile entrare in moltissimi edifici per fare scorta di materiali per il crafting e proiettili, ma abituatevi a rivedere più e più volte gli stessi identici asset per gli interni, anche nelle missioni principali. Per orientarci non ci saranno simboli o indicatori sulla minimappa prestabiliti, ma dovremo inserirli noi basandoci sulle indicazioni stradali di documenti e testimonianze.

 

 

Lo shooting è la parte più debole dell’esperienza di gioco, supportata da dei controlli parecchio legnosi e da dei nemici mostruosi che, superato il terrificante primo approccio, risultano esser delle spugne mangia-proiettili semoventi facilmente neutralizzabili con un giusto posizionamento. D’altro canto avremo a disposizione una buona varietà di bocche da fuoco con cui potremo sfogare la nostra frustrazione e tensione generale, occhio però a non sprecare i proiettili, risorsa abbastanza costosa che anche a difficoltà basse richiede un discreto razionamento.

Il fiore all’occhiello di The Sinking City è, come da programma, la risoluzione dei casi: questi si svolgono in delle vere e proprie scene del crimine in cui dovremo aguzzare la vista e trovare qualunque indizio possibile, raccogliere testimonianze interrogando i presenti oppure sfruttare le nostre abilità sovrannaturali per trovare piste, segreti nascosti o addirittura ricostruire eventi passati. Una volta ottenuti determinati indizi chiave, dovremo collegarli tra loro attraverso un pratico menù per giungere a delle Deduzioni, che possono portare a diversi esiti e risoluzioni a seconda dei collegamenti fatti in precedenza, assicurando una discreta rigiocabilità al titolo.

 

 

Per tenere tutti gli indizi, le testimonianze, i documenti ed i pensieri di Charles avremo dalla nostra un diario molto comodo anche per ripassare i casi precedenti ed accessibile dal menù principale. Assieme ad esso troveremo una mappa dell’intera cittadina, una guida tutorial, l’apposito menù per il crafting ed un rudimentale skill tree che ci permetterà di potenziare alcune delle abilità principali, soprattutto passive e per il combattimento.

 

La discesa nella pazzia sarebbe potuta essere un pelo meno bagnata

 

 

Altra meccanica da tener bene in considerazione è quella della Pazzia, un must per ogni gioco lovecraftiano che si rispetti. Essa non è altro che una barra che si consumerà a seconda delle nostre azioni, come utilizzare a lungo i nostri poteri psichici o uccidere qualcuno, e degli eventi che vediamo (mostri, terrificanti visioni del passato e rituali magici).

Una barra della Pazzia deperita porterà Charles ad avere terrificanti visioni ad occhi aperti di nemici o personaggi precedentemente affrontati, delle distorsioni di colori e filtri visivi, curiose e dettagliate animazioni in cui non potremo controllare direttamente il detective e, soprattutto, il respawn di mostruosità illusorie ma che potranno danneggiarci e che non se ne andranno via a meno che non riusciamo a colmare la barra con l’utilizzo di sedativi.

 

 

L’unico tallone d’Achille di The Sinking City è il comparto tecnico, che sembra provenire direttamente da un’era buia e misteriosa dei videogiochi, probabilmente i primi anni del 900′. Texture ed effetti particellari sono ai minimi storici, con modelli poligonali che si salvano appena ed in generale una buona quantità di glitch e bug visivi. Vi è in aggiunta una strana patina di effetto bagnato perennemente attaccata al modello di Charles, sia all’interno all’asciutto che all’esterno in situazioni non piovose.

L’unico lato positivo è la grande quantità e varietà di NPC che trafficano e si muovono per le strade di Oakmont, con cui però purtroppo non potremo quasi mai interagire. Effetti sonori anch’essi sottotono, con spari, versi dei mostri e suoni ambientali non particolarmente memorabili, oltre che una traduzione dei dialoghi e sottotitoli da rivedere. Pregevole il main theme che si sente in sottofondo durante l’esplorazione nella città, rilassante ma allo stesso tempo carico di suspence e brivido.

 

In Sintesi

 

Sinking City ha ovviamente i suoi difetti, dovuti per lo più ad un budget non altissimo e a un comparto tecnico datato ed alcuni degli aspetti del suo gameplay lasciano a desiderare, ma i suoi punti forti non sono solo forti, ma solidi come il diamante: un’ottima storia ben curata che celebra enormemente i romanzi di Lovecraft ed un sistema di indagine e risoluzione dei casi intrigante ed azzeccato. Le aggiunte come il sistema di Pazzia sono ben accette, e tutto sommato l’esperienza di gioco è senza dubbio positiva. Consigliato largamente ai fan dello scrittore dell’Orrore Cosmico, a chi ha apprezzato i precedenti titoli di Frogware Games e chi in questa torrida estate predilige un’esperienza inquietante all’insegna della risoluzione di enigmi senza disdegnare un po’ di sano shooting. 

 

This post was published on 25 Giugno 2019 18:01

Riccardo Liberati

Classe 1997, cresciuto immerso dai libri, cartoni e videogiochi, ho sempre desiderato e provato fin dalla tenera età a creare storie fantasiose che rendessero un po' più brillante la mia vita monotona. Ho trascorso l'infanzia in solitaria, giocando a quanti più titoli possibili, spaziando dai vecchi J-RPG di Square Enix fino ai più violenti sparatutto su PC, non disdegnando nel frattempo RTS, platform e giochi di corse automobilistiche. Alle superiori riesco finalmente ad aprirmi e a trovare dei compagni con i miei stessi gusti e sogni, e capisco che non amo tanto i videogiochi, quanto la cultura ed i messaggi dietro di essi, gli stessi che ho sempre trovato nei libri, film e qualsiasi altro tipo di medium artistico. Inizio a lottare per questo concetto scrivendo all'impazzata ed accrescendo la mia cultura ancor di più, sia attraverso la scuola che attraverso gli incontri e le persone d'ogni giorno. Questo bel sogno finisce con l'arrivo all'università, periodo peggio di qualsiasi film horror che abbia mai visto e che mi costringe a mollare tutto e rifugiarmi nella mia Fortezza della Solitudine per tre anni, perdendo interesse e linfa vitale per qualsiasi cosa. Nel frattempo ho lavorato in numerosi settori, dall'aiuto vendita al libraio al tutor privato, e nel 2018 inizio a scrivere per Player.it, il mio primo incarico ufficiale come giornalista videoludico e che mi ha formato moltissimo sia nell'ambito dei videogiochi che in quello della scrittura basilare. Oggi ho ripreso a studiare grazie alla scelta repentina ed irrazionale di iscrivermi alla Scuola Holden di Torino, luogo da cui vi scrivo, abbandonando casa per la prima volta ed il luogo natale di ogni mio piccolo successo e grande fallimento. La mia speranza? Quella di poter riuscire a trovare una strada ben delineata, facendo quello che mi piace fare senza dovermi sottomettere a nessuno

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